FAI, GAP, BR: QUALCUNO PESCA NEL TORBIDO ?

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DI EUGENIO ORSO
pauperclass.myblog.it

Roberto Adinolfi, Ansaldo Nucleare, Ansaldo Energia, Finmeccanica, scorie radioattive e centrali nucleari, proselitismo per reintrodurre l’atomo in Italia anche dopo Fukushima, fame di energia e rapporti con l’est europeo, situazioni poco chiare.

In questa vicenda, in cui qualcuno ha sparato alla tibia all’amministratore dell’Ansaldo Nucleare a Genova, senza però causargli danni rilevanti o permanenti, sembrano riemergere gli spettri della cosiddetta lotta armata degli anni settanta e dei primi ottanta, ed infatti, una parte dell’apparato massmediatico fa di tutto per accreditare subdolamente questa tesi.

Genova è un importante “luogo della memoria” di quegli anni, perché là si celebrò il processo contro i militanti genovesi del XXII ottobre predecessore dei GAP feltrinelliani (Gruppi di Azione Partigiana), là furono chiamate le BR, non ancora presenti a Genova con brigate e colonne, in occasione del processo e delle condanne dei membri del XXII ottobre, là fu rapito e tenuto prigioniero per oltre un mese (da aprile a maggio del 1974) il magistrato Mario Sossi impegnato nel processo, là vi fu collaborazione fra le BR e Azione Rivoluzionaria, gruppo anarchico del professor Gianfranco Faina docente universitario a Genova, a sua volta processato e morto nel 1981, là si devono cercare le ragioni che nel 1976 hanno portato all’esecuzione, da parte dei brigatisti rossi, del procuratore generale della Corte d’appello di Genova, Francesco Coco, che fu capo di Sossi.

La scelta di un obiettivo genovese da parte degli anarchici della FAI-FRI Nucleo Olga, ammesso che la loro rivendicazione sia autentica, è solo un caso?

E’ una pura coincidenza, perché la vera questione è il nucleare che certi interessi, per i quali lavora Adinolfi di sede a Genova, cercano da qualche tempo di reintrodurre in Italia?

E perché ci sono stati in rapida sequenza il “documento di appoggio” dei GAP (Gruppi Armati Proletari), diffuso in rete da Indymedia, la rivendicazione anarchica inviata al Corriere della Sera e i comunicati delle BR – vecchi e superati, parrebbe, non certo rivendicativi dell’azione contro Adinolfi – affissi in tre posti a Legnano, nel milanese?

La scelta del sito di Genova, gravido di memorie storiche riguardanti il cosiddetto terrorismo, e la dovizia di comunicati e “documenti di appoggio” (vedremo se ne arriveranno altri nei prossimi giorni), ingenerano il sospetto che ci può essere qualcuno, non anarchico, non informale, non brigatista e non “proletario”, dietro a questo evento.

Qualcuno che ha il compito di ingenerare allarme e nello stesso tempo di confondere le acque, approfittando della situazione per diffondere comunicati di varie sigle e di varia origine e provenienza.

Siamo nel bel mezzo di un passaggio storico delicato, come scopriremo meglio fra un po’, sulla nostra pelle, quando certi eventi matureranno completamente.

L’occhio del ciclone, cioè quello della crisi strutturale, è arrivato sull’Europa mediterranea, e lì, per ora, sembra essersi fermato.

Le tensioni sociali – siccome la politica dei governi nella sostanza non cambierà rotta, e meno di tutte quella del governo Monti-Napolitano – sono destinate a raggiungere livelli di guardia, perché nel prossimo futuro possiamo attenderci in Italia, ma non solo, esplosioni della disoccupazione e della povertà effettiva.

Ricordate la recente uscita di Passera, ministro dello sviluppo, che ha lanciato una sorta di “allarme povertà”, dichiarando che circa la metà della popolazione italiana è in difficoltà, e perciò potrebbe diventare imprevedibile la sua reazione?

Certo, è possibile che da questo governo arrivi qualche “obolo” propagandistico, atto caritatevole (ma sicuramente “peloso”) della Grande Finanza Internazionalizzata che lo manovra, come, ad esempio, erogare un paio di miliardi di euro per il sostentamento delle provatissime popolazioni del sud.

Ciò potrebbe non bastare, e sicuramente non basterà, come sanno benissimo Monti e soci (persino il Passera governativo che esterna, in veste di “poliziotto buono”), perché “la politica del rigore e dei conti a posto che va a braccetto con lo sviluppo” (come direbbe la Merkel), e che non si vuole abbandonare per nessun motivo (come impone la Merkel), genererà a stretto giro di posta nuova povertà e nuovo disagio sociale, aggravati dalla perdita di ogni riferimento politico (partiti dequalificati, ascari del sistema globale e sostanzialmente nemici), sindacale (sindacati tutti ausiliari, gialli e complici), etico e comunitario da parte della popolazione.

I riferimenti politici e sindacali, che potrebbero esser utili per controllare la popolazione, rendendo inefficaci le sue proteste, stanno venendo meno molto rapidamente.

Siccome “prevenire è meglio che curare”, è il sistema stesso che fin d’ora mette le mani avanti, e crea esso stesso, o almeno favorisce per sfruttarle a suo vantaggio, situazioni torbide come quella di Genova, molto adatte per creare allarmismi e per giustificare l’inizio, in futuro, di una grande ondata repressiva, che potrebbe spezzare le “tensioni sociali” annichilendo ancor di più una popolazione già provata e sostanzialmente inerte (almeno per ora).

Il ritorno degli “anni di piombo”, anche se improbabile e soltanto simulato, in piena Notte della Repubblica che oggi è più buia di quella che descrisse in altri anni il cupo Sergio Zavoli, può costituire un buon pretesto per giustificare questo tipo di prevenzione, e per demolire quel poco di autenticamente antagonistico che resta nella società italiana (che è poco, come sappiamo bene, e che si cerca col lumicino).

Un’Open Society, alla Soros e alla Popper, interamente volta al Mercato e allo Sviluppo, non può tollerare piccole sacche di antagonismo e indiscipline da parte di una popolazione che pretende di mantenere in vita le vecchie sicurezze sociali, i suoi vecchi costumi, pur trattandosi del tanto deprecato familismo amorale, diffusosi negli anni dal meridione al settentrione, o del “Mi manda Picone” che garantisce un lavoro.

Una popolazione che non vuole mutare geneticamente di sua spontanea volontà, trasformandosi in nuova classe dominata, nel Villaggio Global-Finanziario che si sta predisponendo per lei, a sua insaputa, e che non trova niente di meglio del chiudersi a riccio, in posizione di estrema difesa, per evitare il peggio.

La rivendicazione della Federazione Anarchica Informale – Fronte Rivoluzionario Internazionale, Nucleo Olga, perciò, non mi convince del tutto.

Non voglio dire che sia stata scritta direttamente dalle solite “polizie parallele”, da qualche agente segreto con licenza di azzoppare i manager, o sotto dettatura da anarchici posticci.

«Pur non amando la retorica violentista con una certa gradevolezza abbiamo armato le nostre mani» è certo una frase suggestiva (che curiosamente inizia con il ripudio della violenza), mentre l’epigrafe bakuniniana del comunicato mette in rilievo tutta l’impersonale spietatezza della tecnoscienza capitalistica nei confronti dell’uomo.

Ci sono poi, in epigrafe, due frasi di Adinolfi che lo “inchiodano” all’atomo, quale pubblicista e diffusore della morte radioattiva, e che dovrebbero giustificare l’azione e la scelta dell’obiettivo.

Nel testo, in relazione a Adinolfi e sempre per giustificare l’azione contro di lui, responsabile con l’ex ministro Scajola del rientro del nucleare in Italia, si evoca il disastro giapponese della centrale di Fukushima, che potrà ripetersi anche in Europa (ed in Italia) con un massiccio ricorso all’atomo per scopi energetici.

Quello che si può rilevare è che il contenuto del comunicato rivendicativo dell’azione di Genova è variamente interpretabile ed in qualche misura ambiguo, per come la vedo io, anche se molto chiaro nell’esposizione dei contenuti, e condivisibile in diversi passaggi da chi vorrebbe combattere questo sistema, non riconoscendosi in lui.

A tratti è squisitamente anarchico, fino a proclamare come obiettivo finale la distruzione dello stato, non la mera occupazione delle istituzioni o la loro trasformazione, e non manca neppure un esplicito riferimento al nichilismo bakuniniano: «Siamo dei folli amanti della libertà e mai rinunceremo alla rivoluzione, alla distruzione completa dello stato e delle sue violenze. Nella nostra rivolta anarchica e nichilista la speranza di un futuro senza confini, guerre, classi sociali, economia, sfruttati e sfruttatori.»

C’è il riferimento diretto alle strutture capitalistiche che producono armi e seminano morte attraverso l’atomo, come l’Alenia Nucleare del gruppo Finmeccanica, che giustifica l’azzoppamento di Roberto Adinolfi, manager di Alenia-Finmeccanica, pubblicista dell’atomo e della morte: «Finmeccanica vuol dire Ansaldo Energia con le sue tombe nucleari. Finmeccanica vuol dire Ansaldo Breda con i suoi treni ad alta velocità che devastano il territorio. […] Finmeccanica vuol dire Avio Alenia, Galileo e Selex con i loro mortali caccia bombardieri F35, e i terribili droni aerei senza piloti.»

C’è una visione del sistema a livello internazionale, peraltro condivisibile, che inghiotte stati e multinazionali quale “sistema capitalistico integrato di oppressione e sfruttamento generalizzati” (espressione mia): «Accordi sempre più stretti fra stati, capitalismo diffuso, scienza senza scrupoli, tecnologia criminale, stanno uccidendo inesorabilmente il pianeta.»

C’è anche una rivolta anticapitalista dai delicati lineamenti poetici, contro il progresso scientifico e la tecnica che devastano uomo e ambiente, una rivolta che tanti non anarchici e non violenti (decriscisti, ecologisti, eccetera) potrebbero condividere nella sua essenzialità: «Gli esseri umani sono fatti di carne e sogno. Il nostro sogno è quello di un’umanità libera da ogni forma di schiavitù che cresca in armonia con la natura.»

E in un altro passaggio del comunicato: «La scienza nei secoli passati ci aveva promesso un’età dell’oro, oggi ci sta conducendo per mano verso l’autodistruzione e la più totale schiavitù. Il binomio scienza-tecnologia non è mai stato al servizio dell’umanità […]»

C’è il riconoscimento di contatti con settori dell’anarchismo di altri paesi (non solo europei), o comunque il richiamo a lotte anarchiche parallele in altre nazioni, attraverso il riferimento ai fratelli e alla sorella greci, anarchici anche loro, incarcerati nell’Ellade, otto in tutto, in nome dei quali il Nucleo Olga del FAI-FRI dichiara che compirà altrettante azioni (ne restano ancora sette) dopo aver agito per Olga Ikonomidou: «Nelle nostre prossime azioni, il nome degli altri fratelli greci, un’azione per ognuno di loro.»

Ci sono critiche esplicite ad altre componenti anarchiche, che rivelano la complessità di quel mondo e le spaccature aperte al suo interno: «Realizzare oggi quello che solo fino a ieri ci sembrava impossibile è l’unica soluzione che abbiamo trovato per abbattere il muro dell’oppressione quotidiana, dell’impotenza e della rassegnazione che ci hanno visti fino ad ora come pedine di un anarchismo insurrezionalista di facciata, che con la sua mancanza di coraggio legittima il potere.»

Ed ancora, a tale proposito: «A progettare e realizzare questa azione sono stati degli anarchici senza alcuna esperienza “militare”, senza alcun specialismo, solo degli anarchici che con questa prima azione vogliono segnare definitivamente un solco tra loro e quell’anarchismo infuocato solo a chiacchiere e intriso di gregarismo.»

Ci sono passaggi che riportano all’internazionale situazionista e a quella “liberazione della vita quotidiana”, dei singoli e non delle classi, della quotidianità di ciascuno (richiamando vagamente l’Azione Rivoluzionaria di Faina degli anni settanta, a mia sensazione), che non chiede la riforma dello stato e delle istituzioni, ma semplicemente il loro superamento, il loro “azzeramento”, o più sbrigativamente la loro distruzione.

C’è il pieno riconoscimento che si deve superare a piè pari quella che io definisco la “linea rossa” neocapitalistica, al di qua della quale c’è solo internità al sistema, sterile e belante indignazione per qualche “malfunzionamento” del sistema stesso, non di rado spacciata per rivoluzione, anche se in realtà è una supplica ai potenti (Noglobal ieri, Indignados/ Occupy oggi), facendo procedere di pari passo le armi della critica con la “critica delle armi”, che in breve significa lotta armata, e che forse, nel caso del FRI, riecheggia sia pur alla lontana il brigatistico “tutto il potere al popolo armato”.

Già in passato, negli anni del duro confronto fra il movimento e lo stato, gli anarchici italiani hanno discusso se varcare (autonomamente rispetto alle BR e alle altre organizzazioni esistenti) quella “linea rossa” oltre la quale c’è lo scontro e la guerra, ma allora senza esiti rilevanti.

Sull’ultima questione sollevata e sulla necessità di una critica non soltanto intellettuale a questo capitalismo, ma ben più vigorosa e concreta, in linea di principio – è bene precisarlo, per non lasciare spazio a dubbi – convengo anch’io.

Tutti dovrebbero chiedersi se questa rivendicazione è autentica, mentre non sono neppure rivendicazioni quella dei (presunti) GAP pubblicata da Indymedia e quelle delle (presunte) BR affisse nel milanese, destinate con buona probabilità ad “intorbidare le acque” e a creare allarmismi intrisi di déjà vu, almeno per quanto riguarda i datati volantini BR.

E’ difficile esprimersi sull’autenticità della rivendicazione, ma personalmente ricordo che qualche anno fa, in coincidenza con l’esplosione della crisi sub-prime e con l’inizio di un ciclo di veloce impoverimento del ceto medio occidentale, oggi non ancora concluso, mi è “capitato per le mani” un rapporto di un gruppo di esperti del ministero della difesa britannico (difesa e non interni, se non erro, ma posso sbagliarmi citando a memoria) in cui si faceva un’analisi molto acuta, per certi versi sociologica, della nuova situazione con possibili, rilevanti risvolti di “ordine pubblico” e di tenuta sistemica complessiva, incentrata sulla difficile situazione in cui stava scivolando il ceto medio riplebeizzato (la Middle Class Proletariat), un’analisi che per la sua lucidità e per il potenziale rivoluzionario esplicitato (o pericolo rivoluzionario, dal punto di vista del governo britannico), in certi tratti pareva frutto di una critica antagonistica, e non di uno studio di esperti al servizio del sistema stesso.

E’ quindi possibile, per quanto mi riguarda, che nel documento rivendicativo anarchico ci sia almeno uno “zampino” di qualche esperto sistemico, provvisto di buoni strumenti culturali e in grado “ragionare con la testa“ di potenziali alternativi armati, ed in tale circostanza le parti si rovescerebbero, i buoni diventerebbero i cattivi e i cattivi i buoni.

Nel caso, però, che gli eventi confermino l’autenticità della rivendicazione e la buona fede degli anticapitalisti che hanno condotto l’azione di Genova, ai compagni anarchici (sempre che vogliano essere chiamati così) mi permetto di dire che l’unico modo per colpire la nuova catena di comando globalista, per ora, è di farlo nella dimensione nazionale, concentrando le azioni sul suo anello debole, ma le azioni militari devono essere condotte con sistematicità, perseguendo l’obiettivo di provocare un generale indebolimento nel punto più basso della catena di comando, e non sporadicamente, per “vendicare” compagni incarcerati, o semplicemente per infliggere una punizione ad una pedina del sistema che ci ammorba con l’atomo e le scorie nucleari.

 Nel dubbio, pensiamoci ancora su e seguiamo gli sviluppi della vicenda, prima di trarre frettolosamente conclusioni definitive, che potrebbero rivelarsi in seguito fuorvianti, erronee, falsate.

Del resto, lo scopo della disinformazione sistemica, diffusa dall’apparato massmediatico, ma che può nascere ben più in alto, è proprio quello di fuorviare, indurre in errore, falsare la realtà.

Eugenio Orso
Fonte: http://pauperclass.myblog.it
Link: http://pauperclass.myblog.it/archive/2012/05/14/fai-gap-br-qualcuno-pesca-nel-torbido-di-eugenio-orso.html
14.05.2012

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