DI PAUL KRUGMAN
nytimes.com
Sembra proprio che, dopotutto, non avremo una seconda Grande Depressione. Che cosa ci ha salvato? In sintesi, la risposta è il Grande Governo.
Per essere chiari: la situazione economica resta catastrofica, in realtà peggiore di quanto si sarebbe potuto pensare solo poco tempo fa. Da quando è cominciata la recessione il paese ha perso 6,7 milioni di posti di lavoro, e se teniamo conto del fatto che una massa crescente di popolazione in età lavorativa ha bisogno di un’occupazione sfioriamo adesso i 9 milioni di posti mancanti.
Non c’è stata inversione di tendenza nel mercato del lavoro: la leggera contrazione del tasso di disoccupazione rilevata il mese scorso è probabilmente l’effetto di una fluttuazione statistica. Non abbiamo ancora raggiunto il punto in cui la situazione comincia realmente a migliorare; per adesso possiamo rallegrarci solo del fatto che le cose peggiorano meno rapidamente.
Nonostante tutto, l’ultima infornata di rapporti economici suggerisce che l’economia si è allontanata dall’orlo del precipizio.
Solo qualche mese orsono, la possibilità di finire nel baratro sembrava quasi inevitabile. Il panico finanziario di fine 2008 era per molti versi paragonabile a quello bancario dei primi anni ’30, e i principali indicatori economici (commercio mondiale, produzione industriale globale, quotazioni azionarie) stavano crollando a una velocità pari a quella del 1929-1930, se non maggiore.
Ma negli anni ’30 le linee di tendenza continuarono a precipitare, mentre adesso sembra che, dopo un anno tremendo, la caduta stia finendo.
Cosa ci ha salvato da una replica della Grande Depressione? Con quasi assoluta certezza la ragione va cercata nel diverso ruolo del governo.
L’aspetto probabilmente più importante del lavoro svolto dall’amministrazione in questa crisi non è quello che è stato fatto, ma quello che non è stato fatto; a differenza del settore privato, il governo federale non ha ridotto drasticamente la spesa quando le entrate si sono contratte (quella delle amministrazioni locali e statali è una storia differente). Le entrate fiscali si stanno riducendo, ma la previdenza sociale onora ancora i suoi assegni, Medicare continua a rimborsare le fatture ospedaliere, gl’impiegati federali – dai giudici alle guardie forestali e ai militari – continuano ad essere pagati.
E tutto ciò ha sostenuto l’economia nel momento del bisogno, a differenza di quanto accadde nel 1930, quando la spesa federale rappresentava una percentuale molto più limitata del PIL. In altre parole, i deficit di bilancio, pessima cosa in tempi normali, sono ora un buon segno.
Oltre a svolgere una funzione stabilizzatrice “automatica”, il governo si è mosso per ridar fiato al settore finanziario. Potrete dire che il salvataggio delle società finanziarie avrebbe dovuto essere gestito con procedure più efficaci, o che i contribuenti hanno pagato troppo e hanno ricevuto troppo poco: si può essere scontenti, o addirittura furiosi, per il modo in cui sono state condotte le operazioni, senza al tempo stesso negare che in assenza d’interventi la situazione sarebbe stata di gran lunga peggiore.
Il punto è che questa volta, a differenza degli anni ’30, il governo non ha assunto una posizione di attesa mentre buona parte del sistema bancario collassava. E questa è una ragione in più per capire come mai non stiamo vivendo una seconda Grande Depressione.
Per finire, ma l’argomento non è marginale, sono stati i deliberati sforzi del governo a rimettere in moto l’economia. Sin dall’inizio avevo concluso che la portata dell’American Recovery and Reinvestment Act, il piano di stimolo messo a punto da Obama, era troppo limitata; stime ragionevoli suggeriscono però che, senza questo piano, un altro milione di persone (e il numero è senza dubbio destinato ad aumentare) sarebbe oggi senza lavoro e che lo stimolo ha svolto un ruolo importante nel fermare la caduta libera dell’economia.
Tutto considerato, il governo ha svolto un ruolo cruciale nello stabilizzare la crisi economica. Ronald Reagan aveva torto: qualche volta il problema è il settore privato, e il governo è la soluzione.
E non siete contenti che proprio adesso il governo sia in mano a persone che non lo odiano?
Non sappiamo quali sarebbero state le politiche economiche dell’amministrazione McCain-Palin, ma sappiamo comunque quello che ha detto l’opposizione repubblicana; la loro posizione si riduce a chiedere al governo di smetterla d’interferire con una possibile depressione.
Non sto parlando solamente di opposizione a qualsiasi forma di stimolo; i leader repubblicani vogliono anche sbarazzarsi delle procedure di stabilizzazione automatica. A marzo John Boehner, il capogruppo della minoranza dalla Camera, ha dichiarato che siccome le famiglie stavano soffrendo “era tempo che il governo stringesse la cinghia e lo facesse capire agli americani”. Per fortuna il suo punto di vista è stato ignorato.
Sono ancora estremamente preoccupato per la situazione economica. Sussistono, temo, forti probabilità che la disoccupazione resti per molto tempo a livelli elevati, ma il peggio sembra essere passato: la catastrofe totale non appare più inevitabile.
E il Grande Governo, guidato da gente che ne capisce le virtù, è la ragione principale della nuova situazione.
Paul Krugman
Fonte: www.nytimes.com
Link: http://www.nytimes.com/2009/08/10/opinion/10krugman.html?_r=1&ref=opinion
9.08.2009
Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di CARLO PAPPALARDO
Copyright 2009 The New York Times Company
Paul Krugman, professore di Economia e Relazioni Internazionali alla Princeton University ed editorialista del The New York Times, ha ricevuto nel 2008 il premio Nobel per l’Economia. Ha scritto numerosi libri, tra cui The Conscience of A Liberal e il recente The Return of Depression Economics.