L’Europa corre un grave rischio di interruzione di corrente e potrebbe perdere il controllo sulla sicurezza energetica, senza una radicale revisione delle sue politiche caotiche – ha ammonito il capo dei cani da guardia dell’energia del mondo.
“In Europa siamo di fronte al rischio che le luci si spengano e questo non è uno scherzo” – ha detto Fatih Birol, Economista Capo dell’Agenzia internazionale per l’energia.
Birol ha detto che l’Unione Europea, nel prossimo decennio, con la chiusura delle sue vecchie centrali, potrà perdere un quarto dell’energia elettrica cioè 150 gigawatt di approvvigionamento e questo per la struttura disuniforme dei prezzi dell’energia dell’UE che ha creato una crisi tanto profonda da non poter finanziare nuovi progetti. “I Prezzi dell’energia all’ingrosso sono il 20% più bassi del prezzo dei costi di recupero, quindi non c’è nessun appetito per investire. L’Europa deve cercare di ristrutturare profondamente il suo mercato energetico“.
Secondo la AIE entro il 2035 il mondo ha bisogno di 48.000 miliardi di dollari di investimenti per scongiurare una crisi ed avverte anche che l’energia a basso prezzo ormai è una cosa del passato, perché le compagnie petrolifere e del gas ormai hanno svuotato le riserve più facili da raggiungere e i costi di capitale sono raddoppiati negli ultimi 10 anni e più dell’80% degli investimenti delle compagnie petrolifere serve per trovare alternative ai giacimenti esausti.
E’ tutt’altro che chiaro se gli stati petroliferi del Medio-Oriente abbiano abbastanza capitali da investire in capacità extra, dato che i proventi petroliferi vengono dirottati per coprire la spesa sociale e per le sovvenzioni. Il break-even del “costo fiscale” per i bilanci di questa regione oscilla intorno a 100 dollari al barile di petrolio.
L’AIE afferma che la soluzione deve arrivare dagli effetti del blitz per energia solare, idroelettrica e per le altre fonti rinnovabili, che costituiscono il 60% dei nuovi investimenti. Il resto dovrà arrivare da una maggiore efficienza di automobili, frigoriferi e dall’isolamento, per cui si dovranno spendere, entro il 2031, 550 miliardi di dollari, contro i 130 miliardi di oggi. Sarà comunque più conveniente che cercare di estrarre il gas dal Mar Artico o dal centro dell’Atlantico.
Anche se il carbone è abbondante, è il combustibile più sporco e per il recupero delle sue emissioni di carbonio (CCS), la tecnologia è ancora indietro. L’AIE ha detto se non si bloccherà l’uso del carbone, sarà impossibile raggiungere gli obiettivi di CO2 e contenere il riscaldamento globale a 2°C gradi di aumento entro il 2100.
Se non dovessimo sostituire le attuali politiche energetiche le temperature salirebbero di almeno 4C e molti scienziati dicono che questo livello potrebbe innescare una reazione a catena, come lo scioglimento delle calotte di ghiaccio in Groenlandia e in Antartide e come l’ aumento della temperatura più di quanto può essere assorbito dal pianeta.
“Senza bloccare gli effetti del carbonio possiamo dimenticarci l’obiettivo clima”, ha dichiarato Maria van der Hoeven, Direttore della IEA.
L’agenzia ha detto che l’industria del carbone ha un interesse diretto per la sua sopravvivenza alla realizzazione del CCS, perché altrimenti potrebbe trovarsi con 300 miliardi di dollari di “attività bloccate” per aver superato i limiti stabiliti. La Environmental Protection Agency USA ha sparato un colpo di avvertimento, lunedi scorso divulgando nuove regole per limitare le emissioni, che entro il 2030, dovranno ridurre l’inquinamento del 30% rispetto ai livelli del 2005.
L’AIE ha detto anche che vorrebbe vedere un nuovo “paesaggio di investimenti” per contenere il riscaldamento globale entro i 2°C, aumentando le spese previste dal disegno di legge fino a 53.000 miliardi dollari. I combustibili fossili, in 20 anni, si ridurrebbero dall’82 % al 65% del totale dell’energia prodotta. “ Servirebbero altri sei-mila-miliardi di dollari extra per l’efficienza. La differeza di costo è molto piccola” ha detto il Dr. Birol.
Ci sono state due rivoluzioni nel campo dell’energia globale negli ultimi decenni: lo shale fracking negli USA e le energie rinnovabili in Europa. Mentre entrambe hanno portato ad un aumento dell’offerta, in Europa si è speso tre volte di più, anche se questo potrebbe cambiare con la caduta dei costi per il solare. I moniti della AIE su possibili black-out in Europa riecheggiano i commenti dell’ultima settimana dalla Cedigaz europea che ha detto le centrali elettriche a gas rischiano la chiusura perché non possono competere con il carbone a buon mercato statunitense. Il rischio è che gli investimenti per gli impianti a gas si bloccheranno.
Eppure per il carbone non si possono invocare altri ritardi perché le norme UE dovranno far chiudere impianti a carbone per 70 gigawatt. La Cedigaz afferma che così l’Europa rischia di perdere un terzo della sua capacità di potenza, senza avere ancora raggiunto sufficienti flussi di energia eolica e solare per sostituirla. “La situazione attuale ha il potenziale per svilupparsi in una grave crisi strutturale“.
La radice dei mali europei si trova in un sistema di scambio pasticciato con prezzo del carbonio che confonde, così come le raffiche di approvvigionamento di energia eolica e solare della Germania che possono interferire sulla rete e sugli utili delle imprese. Le scoperte scientifiche per lo stoccaggio dell’energia, col tempo, potranno ridurre l’effetto della “maledetta- intermittenza” dell’energia prodotta dalle fonti rinnovabili.
L’Europa conta sul gas naturale liquefatto per mantenere in funzione le fabbriche, ma questo ha un prezzo. L’AIE ha detto che spedire il gas GNL costa 10 volte di più che far arrivare petrolio o carbone e che le vendite al dettaglio di gas in Europa sono tre volte più alti che negli Stati Uniti.
Il Commissario UE dell’energia Gunther Oettinger ha detto : “Se non saremo in grado di abbassare i prezzi dell’energia , rischiamo di perdere la maggior parte delle industrie chimiche e siderurgiche.”
Fonte : http://www.telegraph.co.uk
03.06.2014
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