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La Redazione

 

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EURO, GRILLO E QUALCOSA CHIAMATO CAPITALISMO

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A cura di Davide
Il 14 Maggio 2012
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DI NICOLAI CAIAZZA
megachip.info

Al Summit MMT di Rimini alla fine del febbraio scorso una certa risonanza ha avuto l’intervento di Alain Parguez [1] sui retroscena che hanno portato alla costituzione dell’Euro.

Le informazioni che dá Alain Parguez sulle origini storiche dell’euro come moneta sembrano abbastanza esaudienti. Egli inquadra le attività per la formazione della moneta unica come parte della strategia delle grandi lobbies finanziarie per creare una forma di governo dispotico a scala mondiale. Lui non è il primo che parla di questo.

Già Daniel Estulin ha fornito un’abbondante documentazione sulle linee strategiche ordite da queste lobbies quando ha analizzato le origini e il funzionamento del gruppo Bilderberg. Gruppi di potere che hanno come obiettivo il dominio del mondo, ma basati anche sul disprezzo per la popolazione. Parguez cita un personaggio attivo nella preparazione di queste strategie – un monaco appartenente alla Opus Dei – che predicava appunto la necessità di imporre la sofferenza per il popolo mediante tutta una serie di restrizioni.

Piccante a questo proposito è che in tempi piú recenti la detta Madre Teresa di Calcutta applicava nella pratica proprio questi principii sulla sofferenza. Ai malati che avevano la sventura di capitare sotto la sua giurisdizione venivano negati mezzi per alleviare la loro sofferenza proprio perchè, sosteneva, più soffrivano, più erano degni di godere della vita eterna (questa volta senza sofferenze!): insomma la sofferenza come investimento per l’aldilà.

Il Bildberg ha già dagli anni ’50 deciso le linee politiche per arrivare a una società dominata da una oligarchia che eserciterebbe il potere per mezzo di un governo dispotico mondiale. A questo scopo sono fondamentali i criteri di organizzazione del sapere: monotematico e funzionale alle esigenze della produzione. Allo stesso tempo la neutralizzazione delle organizzazioni dei lavoratori in modo che ognuno di essi debba operare come individuo e non come gruppo o categoria, essendo costretto quindi ad accettare quanto gli viene dato dal padrone, se anche gli viene dato.

Parguez sostiene peró che ormai il capitalismo produttivo non esiste più, perché il profitto è prodotto dalla rendita finanziaria. Questa interpretazione, del resto abbastanza diffusa, mi sembra piuttosto il prodotto di una visione storica incidentale. Cioè mentre è vero che i possessori di patrimoni, le banche, i finanzieri preferisconno fare shopping nella Borsa anziché investire nella produzione di una qualche merce, è anche vero che queste attività di shopping sono anche conseguenza del fatto che produrre in questo periodo non è molto redditizio. Ma questa credo sia una situazione che può durare un periodo, non potrà essere il modo di funzionare normale della società anche se dispotica. Alla fine per rubare c’è bisogno che qualcuno produca ricchezza.

Anche immaginando una situazione in cui in Europa gli operai guadagnino come quelli cinesi, questo comunque avverrebbe in una situazione di contrasto di classe. Cioè in Cina con le loro 20-30mila rivolte l’anno non è che il sistema sia così stabile. Il capitalismo può certo, per mezzo della propaganda e di mezzi di condizionamento mentale cercare di assopire le persone e renderle passive. Attività che del resto sembrava avere riscosso un certo successo negli ultimi anni.

Il controllo sembrava fosse quasi a un buon punto quando sono scoppiate le rivolte nel mondo arabo, negli Usa e nel resto del mondo. Quando gli Occupy hanno dato le cifre di 1% e di 99% nessun economista o sociologo di servizio ha contestato questi dati. Questi dati sono ormai parte della coscienza mondiale. Che il disegno del capitalismo sia quello di un dispotismo mondiale inperniato intorno a una struttura oligarchica invece che a una corte imperiale è certo. Ma allora già sarebbe una cosa diversa dal capitalismo. Perché finchè si produrrà merce ci dovrà essere chi la compra. Ricominciando quindi il ciclo di salario prezzo e profitto.

La previsione e quindi denuncia del ruolo che avrebbe svolto il Mercato comune europeo come parte della strategia verso una dittatura del capitale, fu fatta dal già Presidente del Consiglio della Francia, Mendès-France nel 1957. Questi spiegò in un discorso all’Assemblea Nazionale che la costituzione di una unione europea non preceduta dalla costruzione di strutture politiche e quindi basata su di una comunità con poteri reali legislativi e giudiziari sarebbe divenuta una costruzione basata su di un vuoto di potere sociale e politico. Questo vuoto, sosteneva, sarebbe stato colmato dalle forze economiche che avrebbero potuto agire senza nessun controllo creando quindi una situazione favorevole per una sua evoluzione verso una dittatura. Nessuna organizzazione politica prese atto di questa sua analisi, al contrario ci fu la gara a chi era piú europeista, confondendo l’aspirazione a una unione dei popoli europei con la dittatura del capitale. L’allarme di Alain Parguez sulla situazione europea è preciso. Solo che adesso le uova sono rotte.

Ma oltre a studiare i piani del capitalismo a scala europea, è anche necessario vedere la situazione nel suo complesso. Perché proprio quando il capitalismo contava di gestire la propria crisi storica spingendo le masse lavoratrici a una lotta fratricida per accreditarsi i pochi mezzi di sussistenza disponibili sono esplosi movimenti di rivolta, di opposizione, di contestazione a scala mondiale. La rivolta nei Paesi arabi e i suoi riflessi in tutta l’Africa e il Medio Oriente, i movimenti di Occupy, stimolati dagli indignados 15M della Spagna, le lotte degli studenti in Cile, le rivolte nel Wisconsin e altrove negli Usa, le rivolte giovanili in Italia a partire dal movimento tsunami del 2008, la vittoria del popolo islandese contro i vampiri delle banche, le decine di migliaia di rivolte in Cina. Il processo di indipendenza dall’impero Usa dei vari Paesi dell’America latina, il nuovo Statuto dei lavoratori in Venezuela che entrerà fra breve in vigore. E così via. Per raccontare questi ultimi due anni saranno necessari vari volumi di storia.

Un dato comune a tutti questi movimenti è la radicalizzazione sociale, cioè il popolo composto dal 99% contro l’1% che detiene il potere economico e militare. E che questo 99% non é piú disposto a convivere con il regime capitalista. Anche se buona parte della popolazione non si considera anticapitalista e aspirerebbe a una societá piú pulita, piú giusta, con un reale mercato, senza peró la interferenza della grande finanza. Alla deviazione della opposizione al capitalismo verso altri responsabili hanno svolto un ruolo abbastanza importante gruppi di intellettuali, giornalisti e anche politici. Questi hanno cominciato a indicare come responsabili della cattiva amministrazione della cosa pubblica tutto il gruppo di politici e di faccendieri, la cosidetta casta. Ora è certo che il capitalismo per esercitare il proprio dominio in campo amministrativo e politico ha bisogno di tutta una sequela di persone a capo delle varie istanze pubbliche, di governanti e amministratori locali che portino avanti i loro interessi. Ma è anche certo che questo personale non adempie al servizio per passione o senso del dovere, ma esige in cambio denaro e privilegi vari. Volendo questo personale si può anche definire casta ma, ammesso che fosse possibile, non è che il loro esilio dal potere risolverebbe i problemi. Questi risiedono nella struttura della societá capitalista.

In un certo senso anche Beppe Grillo vorrebbe riformare la società, togliere il potere ai politici e amministratori corrotti e dare luogo a un sistema sociale virtuoso in cui i capitalisti sono sí imprenditori che guardano al profitto ma vogliono anche il bene del Paese. Il programma del Movimento 5 Stelle presenta tutta una serie di rivendicazioni gagliarde come aste online per l’aggiudicazione di lavori, controllo delle organizzazioni di cittadini su attività che li concernono, referendum propositivo, eliminazione del doppio incarico per i parlamentari, ricorso al personale interno alle amministrazioni per lavori da svolgere, etc. (v. M5S programma)

Questo del M5S pur essendo un programma democratico, nel senso che non si propone di rovesciare il potere capitalista costituito, nella sua messa in pratica provocherebbe un inevitabile scontro frontale con il potere capitalista e non solo a scala nazionale. Invocare il rispetto delle regole democratiche, allora, non avrebbe nessun seguito. Solo la mobilitazione articolata per mezzo di organismi che coinvolgano tutta la popolazione potrá avere successo contro gli organi di repressione capitalista. Tuttavia l’azione di Grillo è orientata verso la via elettorale.

Quando ci fu la possibilitá di portare mezza Italia a Roma nel 2009, Grillo si piegò alle minacce della Questura di Roma che voleva imporre un percorso fuori del centro della cittá. La programmata manifestazione che, data la situazione di tensione sociale presente, avrebbe potuto assumere un carattere insurrezionale, fu allora da Grillo annullata. La sua azione cominció allora a prendere la forma di opposizione nei comuni e quindi organizzata come Movimento 5 Stelle. Che ha per obiettivo arrivare a gestire le redini del potere amministrativo sia nei comuni, sia nel Parlamento, per mezzo delle elezioni. Ma proprio l’indirizzo elettorale ha bisogno di una strategia per conquistare il piú alto numero di voti, togliendoli ai concorrenti piú prossimi. Nella quotidianetà ciò può prendere la via di assecondare i sentimenti diretti di parte della popolazione invece di riferirsi alla reale situazione.

Tipica a questo proposito è la questione degli immigrati. Nessuna organizzazione politica di rilievo quantitativo, ha mai voluto spiegare l’immigrazione come una necessità imposta dal capitalismo per cercare di aumentare “l’esercito proletario di riserva”. Politica che è necessaria al capitalismo per diminuire i salari e potere cosí accrescere o comunque mantenere il saggio di profitto. Come effetto collaterale la immigrazione ha anche lo scopo di creare divisione nel campo dei lavoratori, sia per quanto riguarda i posti di lavoro disponibili sia per il fatto che introduce un nuovo segmento gerarchico. Ció è di ostacolo allo sviluppo di un sentimento comune di solidarietà proprio perché provoca competizione. Sulla questione dell’immigrazione dunque, anche Grillo, forse per motivi elettorali, si è pronunciato contro gli immigrati proponendo uno stop all’immigrazione.

D’altro canto il Movimento 5 Stelle è inserito in un piú vasto movimento a scala nazionale di azione autonoma dei Comuni.

Il sindaco di Napoli De Magistris ha cominciato a introdurre la critica e la minaccia di disobbedienza al governo nazionale se questo impedirà una amministrazione confacente della città. Inoltre ha messo in atto una contestazione della fiscalità centrale oltre alla suddivisione degli importi delle entrate fiscali. Molti altri comuni stanno cominciando a muoversi nello stesso senso. È in atto la ricerca di una forma di organizzazione per coordinare l’azione dei Comuni.

Il M5S conquistando molte municipalità potrá svolgere allora un ruolo importante in vista della formazione di un Coordinamento Nazionale dei Comuni che potrebbe esercitare una sorta di doppio potere istituzionale in Italia.

Nicolai Caiazza è un giornalista freelance che pubblica irregolarmente articoli di analisi e opinione su blogs e media vari. Risiede nei Paesi Bassi ed è collegato a vari movimenti di contestazione del capitalismo.

Fonte: www.megachip.info
Link: http://www.megachip.info/tematiche/democrazia-nella-comunicazione/8214-euro-e-grillo.html
14.05.2012

Note:

[1] http://www.youtube.com/watch?v=F91V8yzyS_s.

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