ESTRATTO DAL GEAB n. 84 – ALLARME CRISI PER LA GOVERNANCE EUROPEA – GRAVE RISCHIO DI DIVISIONE FRA I LEADERS EUROPEI ED I LORO POPOLI

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FONTE: LEAP2020.EU

Dobbiamo presentare uno scenario molto cupo, corrispondente al pericolo che possa esserci un’evoluzione negativa per l’Europa. Pericolo che, a dire il vero, c’è sempre stato, ma la cui probabilità di sopravvenienza era comunque ben bilanciata … meno probabile, in altre parole, di una semplice transizione al di fuori della sfera d’influenza americana, verso un mondo multipolare al quale l’Europa poteva utilmente contribuire.

La crisi ucraina ha provocato il deragliamento dell’Europa che, d’ora in poi, correrà il drammatico rischio di prendere la direzione sbagliata, al di fuori del sentiero che conduce alla pace, all’indipendenza ed alla democrazia. La probabilità che questo accada è veramente preoccupante, crediamo dell’ordine dell’85% e, come tale, merita di essere presentata in dettaglio.

Nel GEAB N°1 del Gennaio 2006, Franck Biancheri (fondatore e coordinatore fino alla sua dipartita) anticipò la sequenza delle varie fasi della crisi:
1 . Crisi di fiducia nel Dollaro
2 . Crisi d’instabilità nelle finanze degli Stati Uniti
3 . Crisi petrolifera
4 . Crisi di leadership americana
5 . Crisi nel mondo arabo-musulmano
6 . Crisi nella governance del mondo
7 . Crisi nella governance europea

In tutta evidenza, ci troviamo nell’ultima fase della sequenza di eventi prevista da Franck Biancheri nel Gennaio del 2006. Per diversi mesi abbiamo cercato di attirare l’attenzione sulla crisi politica che stava colpendo l’Europa, descrivendo il crollo della governance europea del post-Maastricht, e cercando di dimostrare che la strada per risolvere la crisi esiste davvero, ed è quella che porta ad Eurolandia (Eurozona, ndt).

Se qualcuno si fosse chiesto perché la sequenza di Biancheri si era fermata alla fase della crisi politica europea, la situazione attuale gli dà la risposta: le sei fasi precedenti ci spingevano a metterci insieme, ma il risultato dell’ultima fase aprirà scenari radicalmente diversi, a seconda della sua natura. Sarà la stessa UE a provocare il proprio collasso, o la logica che porta ad Eurolandia riuscirà a trovare la sua strada?

ARRIVATA AL BIVIO, L’EUROPA HA SCELTO LA STRADA SBAGLIATA

Per diversi mesi abbiamo parlato di un’Europa arrivata al bivio. Abbiamo inoltre sostenuto la necessità di legami più stretti fra l’Europa ed i BRICS, come pre-condizione per una pacifica cooperazione tra i diversi centri del potere globale. Ma oggi l’Europa ha cominciato a perdere il senso del proprio destino, delle proprie responsabilità e dei propri valori … insieme alla sua indipendenza ed alla speranza di pace.

Nel numero precedente abbiamo descritto le conseguenze dannose per l’indipendenza dell’Europa, nel caso si costruisca una nuova “cortina di ferro” sul suo confine orientale. Un mese dopo, la retorica della “guerra fredda” continua ad essere sfruttata da tutti i nostri politici, dai media e dalla burocrazia di Bruxelles.

Resta quello che avevamo detto un mese fa [1]: nell’ambito dei negoziati per un accordo di libero scambio UE-Ucraina, l’Occidente (guidato dagli Stati Uniti) ha costretto l’Ucraina a respingere la proposta russa per un negoziato tripartito (russo-ucraino-europeo), che avrebbe consentito di raggiungere un accordo soddisfacente fra tutte le parti coinvolte.
Costretta a scegliere, l’Ucraina si è divisa, e ha perso la sua libertà ed il suo ruolo di stato-cuscinetto a garanzia dei buoni rapporti tra l’Europa e la Russia. Questa situazione ha delle logiche conseguenze sulle relazioni euro-russe, accentuando la posizione bellicosa ed autoritaria degli Stati Uniti, che continuano ad intervenire per destabilizzare le relazioni esterne europee, spingendo l’UE fra le braccia degli stessi Stati Uniti e della NATO.

Si tratta del ritorno sulla scena delle logiche assolutamente anacronistiche della “guerra fredda” e della NATO, che avevano perso velocità dopo la caduta del Muro di Berlino; del ritorno in auge del TTIP, che non aveva molte possibilità nel contesto precedente; dell’amplissima apertura in direzione di un partenariato energetico UE-USA.

Si tratta della polarizzazione del mondo nel momento in cui stava diventando multipolare [2]; dell’americanizzazione dell’Europa, quando gli scandali della NSA stavano per portarla ad un disallineamento di fatto; dell’emersione di una nuova ideologia “Occidentale” (contraria ai tanto vantati principi della globalizzazione “Occidentale”), gradualmente adottata dal resto del mondo; di una “cortina di ferro” ancora una volta calata sull’Europa, con la fattiva complicità di gran parte dei nostri governi.

LA DE-AMERICANIZZAZIONE DELL’EUROPA NON E’ AVVENUTA

Perché, contrariamente a quello che il “dibattito pubblico” sulla crisi ucraina sembra mostrare, la vera questione non è quella di sapere se Putin avesse o meno ragione nel pretendere la restituzione della Crimea, bensì … come possiamo accettare che gli Stati Uniti interferiscano fino a questo punto sugli affari esteri europei [3]?

Ricordiamo, in effetti, il clamoroso silenzio dei governi nazionali davanti alla follia della guerra che ha colpito Bruxelles ed i nostri media il mese scorso. La situazione, oggi, è persino peggiore: i nostri governi non solo sono silenziosi, ma stanno attivamente partecipando alla divisione dell’Ucraina.

La Francia ha chiesto l’annullamento del vertice UE-Russia [4], i paesi baltici hanno chiesto che le truppe NATO vengano stanziate nei loro paesi [5], la Polonia ha ridotto le proprie importazioni di gas russo [6], la Finlandia e la Svezia sembrano prese dal panico all’idea di un’invasione russa [7] … il lavaggio del cervello, guidato da molti governi nazionali, è al suo apice, mentre altri paesi sono ancora silenziosi …

Viene in mente l’invito cinese alla “de-americanizzazione del mondo”. In alcuni paesi l’avvertimento ha avuto un seguito: il grave conflitto diplomatico tra India e Stati Uniti [8] ed il vertice CELAC in America del Sud [9], suonano la campana a morto per l’influenza degli Stati Uniti in queste regioni così strategiche.

Anche da noi lo scandalo dello spionaggio della NSA ci aveva fornito le opportunità per liberare la nostre macchine statali da questi circuiti d’influenza americani, intervenuti anche in occasione della crisi ucraina [10].

DUE ESEMPI CONCRETI: POLONIA E ITALIA

Non ci è sfuggito, comunque, l’andamento altalenante di altri paesi del settore occidentale.

Il caso della Polonia è molto rappresentativo. Al termine del mandato dei fratelli Kaczynski, decisamente “atlantisti”, l’elezione a Primo Ministro di Donald Tusk, nel 2007, sembrava avesse segnato l’uscita della Polonia dal periodo del post-Muro di Berlino. Il nuovo leader aveva avviato una politica decisamente pro-europea, respingendo l’installazione dei missili americani e lavorando per ripristinare i legami con la Russia.

Questo fino al Luglio del 2008. In quel periodo egli rifiutò, per l’ultima volta, d’installare lo scudo antimissile, al cui riguardo gli Stati Uniti non avevano mai smesso d’insistere. Perché, nel successivo mese di Agosto (2008), egli è invece capitolato, affermando che “grazie a questo scudo, gli Stati Uniti e la Polonia saranno più sicuri”? Quali argomenti sono stati in grado di far cambiare idea a Donald Tusk, su un punto così cruciale? Mistero. Qualunque essi siano stati, la Polonia di Donald Tusk, da allora, svolge un ruolo fondamentale nell’intensificazione delle tensioni euro-russe [11].
Più di recente, il “colpo di stato” di Matteo Renzi in Italia (una vera e propria portaerei della NATO) è servito per garantire la buona cooperazione di questo paese con gli Stati Uniti. Renzi è un uomo della sinistra, tagliato nei panni dei vari Clinton, Blair, Schröder, Obama, Strauss-Kahn e via dicendo.

Ben istruito dagli anglosassoni sulle teorie neoliberiste, egli è utile per far passare quelle misure anti-sociali che potrebbero causare delle proteste veementi (specialmente quando arrivano da destra). La LSE (London School of Economics) lo qualifica “pro-europeo e buon amico dell’America” [12], una combinazione che ora provoca un brivido lungo la schiena.

LO STRANO RIMPASTO DEL GOVERNO FRANCESE

Ancor più di recente, la svolta a 180° [13] delle politiche francesi di François Hollande costituisce un vero motivo di preoccupazione.

La scarsa consistenza del Partito Socialista alle elezioni comunali è stata chiaramente esagerata da parte dei media (ma d’accordo con il governo, perché nessuna voce è stata sollevata, da sinistra, per sottolineare che, nel contesto di una crisi così grave e della conseguente cronica impopolarità, il risultato del Partito Socialista non era da considerarsi poi così grave), per costringere il Presidente ad un rimpasto di governo. Dobbiamo quindi chiedercene le ragioni, ed al contempo esaminare con molta attenzione i curricula dei nuovi membri.

Ciò che molto ci preoccupa è il profilo in perfetto stile Clinton-Schröder-Blair-Obama-Renzi di Manuel Valls [14], che si è già dichiarato favorevole ad una politica di riduzione fiscale [15], all’indebitamento ed all’”espansionismo” della BCE [16], caratteristiche del pensiero FMI-Washington, contrarie all’ortodossia conservatrice professata dalla BCE, volta alla riduzione dell’indebitamento (torneremo poi su questo argomento).

C’è anche il sorprendente trasferimento del Dipartimento per il Commercio Estero dal Ministero dell’Economia al Ministero per gli Affari Esteri, [17] che solleva questioni di tipo commerciale, come ad esempio il TTIP (Transatlantic Trade and Investment Partnership) che rientra, in questo modo, sotto la giurisdizione della politica nazionale, consentendo l’aggiramento dell’obbligatorietà della sua accettazione da parte dell’Assemblea Nazionale, rafforzando l’influenza straniera sulla questione. Senza tener conto del fatto che gli Affari Esteri continuano ad essere nelle mani di Laurent Fabius, il cui “atlantismo” non è certo un segreto.

Il terzo punto che molto ci preoccupa riguarda lo spostamento dello SGAE (Segretariato Generale per gli Affari Europei) sotto l’influenza diretta dell’Eliseo [18]. Questo cambiamento potrebbe essere sia una buona che una cattiva notizia: rafforza da un lato la politica europea francese, mettendola sotto il controllo diretto del Capo dello Stato ma permette, dall’altro, che le decisioni by-passino il controllo parlamentare, cui le decisioni di un Primo Ministro sono soggette, a differenza di quelle del Presidente.

Potrebbe essere un metodo per aggirare la democrazia e accelerare l’adozione del TTIP, ad esempio … ma riteniamo che sia troppo presto per giudicare se quest’ultima misura, in particolare, sia una strategia di lotta, o invece il sintomo di una resa.

LA GERMANIA VIENE TIRATA IN TUTTE LE DIREZIONI

Sul versante tedesco la situazione è particolarmente poco chiara, anche per mancanza di obiettività nell’interpretazione mediatica degli eventi. Il 25 Marzo [19] il Capo della Bundesbank, Jens Weidmann, sembrava che fosse improvvisamente diventato favorevole ad una politica di Quantitative Easing da parte della BCE (riconoscendo in questo modo un rischio-deflazione), solo per aver spiegato quali significative differenze ci sono tra il QE della Banca d’Inghilterra e quello della Banca del Giappone, della Fed e di altre Banche Centrali [20]. In effetti, il successivo 10 Aprile, ha dichiarato che il rischio-deflazione nell’Eurozona era ancora molto basso [21].

Ma da qui a sostenere che l’Euro è diventato troppo forte, e che sarebbe necessario un “alleggerimento”, ce ne corre. [22] Possiamo intuire quale enorme pressione si stia facendo sul banchiere tedesco! Schäuble, Ministro delle Finanze tedesco, resiste e continua a lottare per un più forte controllo politico e democratico di Eurolandia, sostenendo la creazione di un Parlamento dell’Eurozona [23].

Ma la voce della Merkel, dopo che questa aveva cercato di alzarla contro le sanzioni alla Russia, è sempre più impercettibile. Steinmeier, Ministro degli Affari Esteri, ha nel frattempo sorpreso proprio tutti affermando, davanti ad una platea di imprenditori fortemente contrari alle sanzioni, che non sarà più possibile commerciare con i russi come lo è stato fino ad ora [24].

Quanto a lungo potrà resistere la Germania?

PAURA DEL FUTURO ED ARROCCAMENTO DEL SETTORE OCCIDENTALE

A questo punto dobbiamo capire quali siano state le motivazioni alla base di una tale capitolazione dell’élite europea (burocrati, politici e giornalisti). Tutta questa classe politico-mediatica, in realtà, non può essere improvvisamente diventata traditrice della causa europea. Deve sentirsi in qualche modo giustificata per aver attuato un così radicale ri-orientamento strategico. Ma quali possono essere le giustificazioni?

Le ragioni possono essere innumerevoli, ma a noi interessano solo quelle che sono probabilmente servite a convincere i vertici della piramide europea. Il nostro team ha individuato due elementi che, messi in prospettiva, potrebbero aver spaventato i nostri leaders.

Da parte americana c’è questo famoso “tapering” (riduzione progressiva del QE, ndt) che ha segnato, come abbiamo illustrato nel mese di Febbraio, il fallimento della precedente politica di indebitamento segnalando, al contempo, l’avvio del processo di esplosione del Dollaro [25]. Da parte europea, inoltre, c’è questa paura della deflazione [26], che ridurrebbe a niente gli sforzi di buona gestione fatti dagli europei in questi ultimi anni.

Questo duplice contesto ha reso possibile il sopravvento degli occidentalisti di Bruxelles e Washington, che hanno così trovato gli argomenti “giusti” per convincere tutti gli altri dell’urgente necessità di un’alleanza di ferro tra Europa e Stati Uniti.

Un’alleanza che, purtroppo, può essere fatta solo contro il resto del mondo (fatto che, già di per sé, avrebbe dovuto eliminare dal panorama questa cosiddetta soluzione): voi europei siete sul punto di esplodere, con la vostra austerità che genera il rallentamento dell’economia e la deflazione … se il Dollaro dovesse crollare voi non reggereste … cerchiamo quindi di unire le nostre forze per salvarci tutti insieme!

Facciamo insieme un’enorme zona di libero scambio Euro-Dollaro (o, meglio, Eurodollaro-Dollaro, e poi Dollaro-Dollaro [27], perché è inevitabile che l’Euro diventi parte integrante della zona-Dollaro), che consenta a queste enormi somme di denaro di continuare a circolare!

Riorganizziamo il mercato dell’energia sulla logica dell’autosufficienza del mondo Occidentale (con il fracking in tutti i paesi)! Formiamo un mondo chiuso, composto da amici, sulla base dei noti principi del mondo-di-prima, lontano dalla complessità del mondo multipolare – che finirà con il farci perdere il nostro status (il che è vero per gli Stati Uniti, ma non per l’Europa) – e dalla sua sleale concorrenza!

E, in aggiunta, manteniamo il controllo sui mezzi per la ristrutturazione del nostro debito (ovvero mettiamoci una pietra sopra, a buon mercato). Nessuno li ha avvisati, però, che un match dell’Occidente contro le “nazioni emergenti”, è anche un match “debitori contro creditori”.

Dare ad un cane un brutto nome per poi impiccarlo (ovvero, chi vuole annegare il proprio cane lo accusa di avere la rabbia, ndt), è l’atto di chi, non volendo più ripagare il vicino, lo dichiara suo nemico.

DE-OCCIDENTALIZZAZIONE DELLE ORGANIZZAZIONI INTERNAZIONALI E TRANS-NAZIONALI … O LORO ESPLOSIONE

Ovviamente, solo una logica militare può sottostare a questo tipo di sviluppo … la qual cosa è un’ottima notizia per la NATO che, dopo la fine della “cortina di ferro”, stava stagnando nella noia, nell’inutilità e nell’obsolescenza.
E’ inoltre interessante rilevare che la NATO e l’UE (entrambe composte da 28 Stati membri, la maggior parte dei quali sono gli stessi) … sembrano aver unificato i loro ordini del giorno (hanno entrambe sede a Bruxelles, insieme alle loro presunte assemblee parlamentari, [28] che non rappresentano più nessuno).

François Ruffin ha scritto un libro chiedendosi se fosse un bene “far saltare” Bruxelles [29]. Egli ha concluso di “no”, ma si sbagliava. Il problema dell’Unione Europea è che essa è davvero un ghetto non democratico, fatto di istituzioni tecnocratiche e monolingue, chiuse in se stesse e scollegate dalla realtà europea, capaci solo di blandire le cancellerie dei vari Stati per garantire la loro sopravvivenza.

Il nostro team ha una conoscenza diretta della questione, avendo lavorato al progetto EuroRings del 2002-2006 [30], nato per far germogliare l’idea che le Istituzioni dell’UE dovessero essere localizzate in tutte le maggiori capitali europee, per “aprirla” e permetterne la democratizzazione e l’effettiva proprietà da parte degli europei.
In campo militare, lo scorso mese abbiamo visto che la crisi ucraina potrebbe servire a far annullare i tagli di bilancio recentemente imposti al Pentagono. Il nostro team segue regolarmente le notizie su quest’argomento ma, per ora, non sembra esserci alcunché in ballo.

Ciò che è apparso in televisione, invece, è il dibattito su un nuovo aumento dei contributi statunitensi alle Organizzazioni Internazionali, come ad esempio le Nazioni Unite [31].

Non appena ci siamo soffermati su quest’argomento, abbiamo scoperto l’esistenza di questioni molto interessanti. L’Ucraina, ad esempio, si è rivelata un grosso problema per gli Stati Uniti, che non hanno più i mezzi per sostenere le proprie politiche.

Impedire che la Russia guadagni influenza in Ucraina, sì … evitare il fallimento di quel paese, no. Chi pagherà? L’Europa? Il FMI? In ogni caso non gli Stati Uniti i quali, tutto sommato, hanno offerto solo 1 dei 35 miliardi di Dollari di cui l’Ucraina ha bisogno per pagare i suoi debiti [32] … con la Russia, oltretutto.

Per quanto riguarda l’esercito, più o meno è la stessa cosa: le riduzioni di bilancio hanno tagliato le ali del Pentagono. Una strategia di basso costo, quindi, non può che essere composta dal ri-acquisto del controllo di Organizzazioni Internazionali, quali il Fondo Monetario Internazionale (per finanziare l’Ucraina) o le Nazioni Unite (per riprendere il controllo delle forze di pace).

Per ottenere tutto questo potrebbe essere una buona cosa, tanto per cominciare, aumentare i contributi versati a queste Organizzazioni, che sono costantemente diminuiti in termini assoluti, sia per mancanza di risorse che per l’arrivo di nuovi aderenti.

Ma c’è un primo problema: il Congresso degli Stati Uniti rifiuterebbe (l’aumento dei contributi, ndt) [33]. Ce n’è anche un secondo: se vogliamo che queste Organizzazioni ricevano soldi da parte degli altri paesi, perché attuino le politiche statunitensi, dobbiamo anche ceder loro “potere”. Fermo restando che russi e cinesi mai avrebbero accettato il finanziamento di Organizzazioni che attuino politiche contrarie ai loro interessi.

Il tentativo di “recuperare” queste Organizzazioni agli interessi occidentali, in conclusione, è inevitabilmente destinato a fallire, perché spaventerebbe i membri non-occidentali e, quello che rimarrebbe, ammesso che qualcosa possa restare, non sarebbe più “internazionale” … senza tener conto del fatto che non è certo l’Occidente in crisi che potrà finanziare generosamente queste Organizzazioni, tornate di nuovo “alla moda”.

DALL’OCCIDENTE ALL’OCCIDENTALISMO

L’anticipazione politica è lì a ricordarci che, quando un sistema non è più in grado di adattarsi alle tendenze storiche di fondo (e l’emersione di nuovi “poli” è la profonda tendenza storica che caratterizza il 21° secolo), il tempo si ferma per lasciar spazio agli anni di pietra cui la storia è abituata, ovvero a regimi ideologici e totalitari di ogni tipo, che si dipanano nel sangue per consentire ai trends di rinnovare il loro corso.

Ciò che distingue la caduta del Comunismo di Stato (fine degli anni ’80) dal crollo del mondo americano (primo decennio di questo secolo), è che la prima è consistita nella fine di un sistema ideologico, e nel ritorno al mondo reale delle regioni coinvolte. Nel secondo caso, invece, è successo davvero l’opposto. Il mondo americano non era che un sistema dominante adattato alle caratteristiche del suo tempo, che ora galleggia sulle dinamiche reali degli scambi e delle relazioni [34].

Ma il mondo americano, che navigava sulla realtà imposta dal carattere bipolare del pianeta, ha cominciato a divorziare da quella stessa realtà quando essa è radicalmente cambiata, nel 1991. In 20 anni il sistema ha cominciato sempre più a malfunzionare. La crisi sistemica globale, scatenatasi nel 2008, corrispondeva simultaneamente sia ad un’uscita di pista del sistema (negativo), che all’emersione di nuove caratteristiche strutturali (positivo).

Per quanto riguarda l’Europa, essa ha trovato il proprio posto con facilità. Come abbiamo più volte sostenuto, la sua inclusione nel paradigma che si stava creando sarebbe stata in grado di aiutare persino il perdente naturale, gli Stati Uniti, nella transizione verso la nuova configurazione mondiale.

Ma la strada che abbiamo imboccato ci allontana da questo scenario. Stiamo assistendo al tentativo di fare un passo indietro, in direzione di un mondo bipolare costruito sul confronto. E questa volta ad aver torto è l’Occidente, costretto ad inventarsi un’ideologia, una specie di “democrazia-occidentale” (o qualcosa di simile), per giustificare la costruzione di un paranoico sistema chiuso.

DALLA DEMOCRAZIA AL DEMOCRATICISMO

Se la parola “democrazia” viene utilizzata per fini meramente tattici, conduce alla completa disconnessione tra le persone e l’elite politico-amministrativa. I popoli, in effetti, stanno dando alle élites molte occasioni di preoccupazione:

– La deconnessione, innanzitutto, non è un fenomeno nuovo. Fin dal trattato di Maastricht, il trasferimento di autorità a livello europeo, non accompagnato dal trasferimento del potere politico, ha generato il divorzio tra le élites ed i popoli;
– Dal 2008, la crisi ha ulteriormente rafforzato il senso d’impotenza dei cittadini europei nei riguardi di burocrati non-eletti oppure che, se lo sono, non hanno guardato ai loro interessi (dei cittadini).
Ma fino ad ora l’interazione politico-amministrativa era più o meno ancora adeguata. La crisi ucraina ha portato ad un forte cambio di dimensione:
– Il posizionamento militare ed il dispiegamento delle truppe ai confini dell’Europa, per “motivi di Stato” che sfuggono alla ragione del cittadino, non stanno avvenendo senza che un certo senso di abbandono abbia preso il cittadino medio;
– Le costanti interferenze di Washington negli affari puramente europei, ben visibili dopo il dibattito sulla crisi ucraina, pone ai cittadini europei delle domande inquietanti sull’indipendenza e sull’identità di coloro che governano l’UE;
– Una BCE pronta a ricorrere ai metodi statunitensi del Quantitative Easing, aspramente criticati nel corso degli ultimi sei anni, e la cui inefficacia sono oggi sotto agli occhi di tutti, provoca inevitabilmente dei forti sospetti;
– Le manovre utilizzate per accelerare la firma dell’ormai famoso TTIP (“Transatlantic Trade and Investment Partnership”, torneremo su quest’argomento più avanti), a dispetto di tutti i consigli (da parte dei consumatori, dei libertari, degli imprenditori etc.), finiscono con il porre queste macchinazioni nella categoria del “tradimento” dei più evidenti interessi europei.

NO, LA FIRMA DEL TTIP NON E’ MOTIVATA DA INTERESSI EUROPEI

Soffermiamoci un attimo su questo TTIP, dalla cui introduzione la Commissione Europea afferma di poter “vincere” 120 miliardi di Euro di ulteriore attività economica. La prima cosa che viene in mente è: “com’è possibile che una mera facilitazione degli scambi commerciali (con il mercato decisamente stagnante composto dai 250 milioni di consumatori americani), fatta a scapito dell’accesso ai mercati in rapida crescita dei paesi emergenti (miliardi di Dollari e miliardi di persone), possa essere un buon affare?”.

Perché è proprio questo il problema: possiamo vedere chiaramente che il TTIP ci taglia fuori dal mercato russo, tanto per cominciare, e poi da quello degli altri BRICS [35], i quali non potranno che rafforzare i legami tra di loro, come logica reazione all’atteggiamento aggressivo dell’Occidente [36].

Inoltre, gli scambi commerciali tra Stati Uniti ed Europa hanno beneficiato già a lungo di tariffe doganali molto basse (raramente più del 3%) [37]. Non sono quindi le barriere tariffarie che il TTIP sta attaccando, ma la tutela giuridica, ovvero quello che l’Europa ha costruito per proteggere il proprio mercato, in particolare dai prodotti tossici.

Per decenni gli europei hanno costruito un mercato, in particolare nel settore alimentare, nel rispetto di rigorose norme sanitarie, riducendo al minimo gli OGM, gli ormoni ed ogni sorta di prodotti chimici … standards che noi applichiamo al nostro mercato, ed ovviamente ai prodotti importati.

E’ grazie a questi standards che gli europei hanno beneficiato di prodotti alimentari che sono fra i più sani e controllati del pianeta. Questi standards si sono imposti sul resto del mondo, ed esercitano una spinta qualitativa verso l’alto, a vantaggio dei consumatori di tutto il mondo. E’ grazie a questi standards che l’Europa si è costruita la giustificata immagine di produttore di alimenti di alta qualità, quindi facilmente esportabili.

L’obiettivo del TTIP è semplice: ridurre gli standards per renderli compatibili con quelli degli Stati Uniti. La conseguenza di questa deregulation sarà quella di dar accesso al nostro mercato ai prodotti statunitensi, che saranno inevitabilmente competitivi in ​​termini di prezzo, data la loro qualità inferiore, che nel medio termine spingerà in basso la qualità della produzione alimentare europea, comprimendo in questo modo la sua competitività sul piano qualitativo.

A questo punto possiamo capire meglio la ragione per cui i leaders tedeschi del mondo degli affari, ad esempio, sono stati fin dall’inizio contrari al TTIP.

Oggetto di attacchi contro il TTIP, è lo ISDS (“Investor-State Dispute Settlement”, Organismo per la Risoluzione delle Controversie Stato-Investitore), che dà un enorme vantaggio alle imprese degli Stati Uniti, nel caso ci siano dei contenziosi [38].

Da parte europea c’è ancora un po’ di tempo perché questa clausola possa essere rimossa dal TTIP ma, da parte americana, non c’è alcun dubbio sul suo inserimento. Ma ormai gli europei si son piegati, e non resta loro che impegnarsi a “convincere” la società civile dei benefici dello ISDS, con argomenti che siano molto trasparenti! [39]

Ma molte altre ragioni stanno mobilitando le associazioni dei cittadini, dei consumatori e degli uomini d’affari contro il TTIP. [40] Da quanto abbiamo sostenuto in precedenza, emerge una caratteristica che, secondo noi, condanna di fatto questo Trattato: esso è, sopra ad ogni altra cosa, uno strumento al servizio delle esportazioni americane.
I tentativi di Obama di corto-circuitare il Congresso attraverso i meccanismi del “fast track” (mandare avanti un progetto in modo rapido, ndt), la dicono lunga sulla natura vitale che il TTIP ha per Washington, molto più che per l’Europa. Possiamo facilmente immaginare, inoltre, quali poteri siano al lavoro dietro a questo Trattato, in primo luogo la gigantesca Monsanto [41].

AUMENTO DELLE TENSIONI FRA L’UNIONE EUROPEA ED I CITTADINI EUROPEI

Il senso crescente di un tradimento dell’élite europea (al servizio più che altro degli interessi delle potenze straniere e delle multinazionali) nei riguardi dei cittadini europei, aggrava inevitabilmente il malcontento.

La recente esplosione di una bomba ai piedi dell’edificio della troika ad Atene, [42] le manifestazioni a Bruxelles contro l’austerità [43] ed il TTIP (con slogans tipo “Europa: di proprietà dei lupi, governata dai cani”), le manifestazioni represse in modo sempre più brutale (d’ora in poi saranno fuorilegge, [44] particolarmente in Spagna) … rivelano la caduta nel panico di una società civile che non sa più a che santo votarsi.

Ed in effetti è proprio questo il cuore del problema: quello che i media interpretano (ed orchestrano) come un sentimento anti-europeo, non è che la crescente presa di coscienza che lamentarsi con i nostri governi non offre molte possibilità di successo … più a causa della loro impotenza che della loro sordità. Ma con chi dobbiamo lamentarci? Con l’Europa? “Chi devo chiamare, se voglio chiamare l’Europa?”! [45]

Ma la soglia che sembra stia per essere superata è questa: i dirigenti dell’UE e degli Stati membri, in cerca delle leve del potere, ma incapaci di trovarle vicino ai loro “amministrati”, stanno oramai allontanandosi dai cittadini europei, per avvicinarsi ad una nuova leva di potere, quella di Washington, che sta dando loro una direzione comune (diversa dall’interesse collettivo europeo), e che è in grado di organizzarli e di ripristinare il senso del “si può fare” (il “si può fare” si riferisce alla creazione di un enorme mercato transatlantico, al trovarsi un comune nemico, all’adozione della forza militare …).

E’ questa l’estrema destra che temevamo riempisse il vuoto della politica europea. Beh, almeno inizialmente, [46] avremo un regime di “collaborazione”, come ci viene detto da quelle stesse forze che ammaliarono l’élite europea durante la Seconda Guerra Mondiale.

Quando una classe dirigente è scollegata dal suo popolo, solo la collaborazione con l’uomo forte del giorno potrà farle recuperare l’ebbrezza del potere … una sensazione cui nessun politico di medio livello è in grado di resistere [47].
I leaders degli Stati membri dell’UE, pertanto, insieme ai burocrati di Bruxelles, si sono messi in fila, a ranghi serrati, sotto la guida di Washington. Ed ora non ci resta che attendere, per vedere quali metodi questo “bel mondo” userà per imporre il suo attraente trattato di collaborazione, il famoso TTIP, agli europei (ed agli americani).

IMPORRE AGLI EUROPEI UN GRANDE MERCATO TRANSATLANTICO CHE NON ESSI NON VOGLIONO: ISTRUZIONI

Con il TTIP, in effetti, si è pressoché completata la scissione tra l’UE e la società civile, che è stata messa sull’avviso, in termini di politica commerciale, dal Trattato di Lisbona e dal modello stesso dei negoziati sul TTIP [48].

Inoltre, alla domanda “si deve consultare la società civile, o quanto meno effettuare uno studio di fattibilità sulle conseguenze del mercato transatlantico?”, il Parlamento, senza alcun dibattito, ha semplicemente risposto: “no” [49].
Da un lato abbiamo dei politici non eletti (la Commissione Europea e la sua orda di negoziatori) in possesso dei poteri più ampi per trattare questioni commerciali [50] (comprese, in questo caso, disposizioni che rientrano nell’esclusivo potere dello Stato) [51], che non devono rendere conto a qualsivoglia organo di vigilanza (il Parlamento Europeo ed il Consiglio [52] hanno ufficialmente conoscenza del Trattato solo dopo che questo è stato firmato dalla Commissione Europea, nel momento in cui viene loro sottoposto per la convalida) [53], che non sono privi di conflitti d’interesse [54] e che sono messi sotto pressione da parte delle lobbies industriali e finanziarie (mentre va ricordata, in conclusione, l’immunità a vita per gli atti compiuti nell’esercizio delle loro funzioni) [55].

Dall’altro abbiamo delle istituzioni pseudo-democratiche che, nella realtà, non controllano in nessun momento il processo decisionale. I negoziati condotti dalla Commissione Europea sono quasi segreti, il testo viene rivelato solo dopo che l’accordo è stato firmato, mentre il consenso del Parlamento Europeo, considerando i grandi equilibri politici che ci sono in Europa, e la preponderanza dei Partiti che sostengono il TTIP [56], è pressoché scontato. [57] La sola libertà d’azione che resta al Consiglio Europeo è quella di firmare o meno l’accordo, ovvero un margine di manovra che si riduce al “prendere o lasciare” [58].

In conclusione, è di scarso interesse affrontare la questione del ruolo del Parlamento Europeo nell’accettazione o meno del TTIP. Senza il potere di bloccare la procedura accelerata (che invece ha il Congresso degli Stati Uniti, e che impedisce ad Obama di poterlo aggirare), [59] il Trattato arriverebbe sul tavolo del Consiglio Europeo perché sia automaticamente convalidato, senza alcun dubbio.

Considerando quanto sta bussando, questo “bel mondo”, alla nostra porta, possiamo concludere che la questione del TTIP è veramente importante. Non meno di sette Commissari Europei sono in corsa per le elezioni del prossimo Maggio 2014. Persone che, come Karel de Gucht (Commissario per il Commercio) o Ollie Rehn (Responsabile per l’economia, gli affari monetari e l’Euro), hanno un profilo industriale, commerciale o finanziario. [60]

E’ il menù di una coalizione di mammut, composta dalle lobbies che agiscono all’interno dei gruppi parlamentari, cui tutti questi Commissari sono perfettamente abituati …

Qualunque sia la nuova composizione del Parlamento Europeo, sarà il Consiglio Europeo a prendere le decisioni, lo stesso che (ovvero con gli stessi componenti, ndt), nel Luglio del 2013, aveva dato all’unanimità il mandato a trattare alla Commissione Europea. Non ci sarà alcun cambio di Ministri, nel frattempo.

Renzi [61] è ovviamente a favore della TTIP e, in Francia, Fabius, l’”atlantista” Ministro degli Affari Esteri, ha aggiunto il portafoglio del Commercio Estero al suo ministero (con la benedizione del Presidente Hollande) [62], mentre il Segretario di Stato, Fleur Pellerin, si è affrettata a dar sostegno al TTIP, il giorno successivo a quello della sua nomina [63].

Si noti, a questo punto, di come la coppia franco-tedesca stia convergendo perfettamente sul TTIP, con i Ministri francesi e tedeschi degli Affari Esteri (il socialdemocratico Steinmeier ed il socialista Fabius) e del Commercio Estero (ancora il socialista Fabius ed il socialdemocratico Gabriel) [64]. Se non si raggiunge l’unanimità, sarà sufficiente una maggioranza qualificata.

Possiamo vedere quale sforzo politico-procedurale e legislativo sia stato messo in atto per ottenere, a tutti i costi, la firma di un Trattato che, più che mai, coinvolge la società civile europea, e non solo le organizzazioni anti-globalizzazione, come abbiamo visto sopra!

MA SE QUESTO ANCORA NON BASTA, RESTA LA POSSIBILITA’ DI DEMONIZZARE GLI EUROPEI

Ma se tutto questo non è sufficiente per far passare il TTIP sotto il naso dell’opinione pubblica europea, non è inconcepibile che il Consiglio giochi una carta anti-democratica.

Esacerbato da un Parlamento Europeo che dovesse opporsi al TTIP, il Consiglio Europeo potrebbe anche decidere di andare oltre, concludendo che il Parlamento Europeo non ha alcuna legittimità su questa materia, e quindi adottandolo di propria iniziativa.

Su questo punto, la presunta “ondata” di estrema destra in Europa (combinata con un’esplosione dei disordini sociali, nel contesto dello scoppio di una quasi-guerra con la Russia), potrebbe servire in modo mirabile le intenzioni dei leaders europei e dei tecnocrati dell’UE, che potrebbero usare il pretesto di un grave rischio per la democrazia europea per interrompere, anche se solo temporaneamente, il processo elettorale del prossimo Maggio.

Da Febbraio, improvvisamente, il tempo sembra essere diventato maturo perché siano interrotti i processi democratici in Europa, in nome della democrazia e per proteggere l’Europa stessa dagli europei, che sono diventati dei pazzi, cercando in questo modo di evitare uno scenario tipo quello della Germania del 1933 …

La storia si ripete, ma mai nello stesso modo: la creazione di un regime totalitario in Europa potrebbe essere realizzato con il pretesto di evitare una ripetizione della presa del potere nazista … dove i partiti di estrema destra hanno un utilissimo mantello rosso.

I collegamenti concettuali stanno già fiorendo: razzisti = anti-democratici = democratici = antieuropeisti = anti-austerità = Eurocritici = filo-russi = anti-TTIP = … tutti terroristi! Eccolo il nemico interno che presto sarà da combattere.

E’ TEMPO DI ESSERE UN PO’ PARANOICI … SENZA CADERE NEL NAIF

I nostri lettori sanno che non è nostra abitudine essere allarmisti per quanto riguarda l’Europa. Ed il fatto è che, fino allo scorso Febbraio, l’Europa stava seguendo, in modo caotico ma sicuro, un percorso che poco alla volta la stava conducendo verso relazioni equilibrate tra lo storico alleato, gli Stati Uniti, ed i nuovi poli del potere mondiale, costituiti dai BRICS. Relazioni equilibrate che avrebbero garantito all’Europa indipendenza ed importanza nel “gioco globale” del 21° secolo.

Un Euro forte, un’economia potente, un commercio equilibrato, un forte impegno per la ristrutturazione della governance economico-politica dell’Eurozona, una naturale connessione economica con i mercati emergenti … l’Europa aveva in mano tutte le carte per uscire ancora più forte dall’attacco della crisi globale.

Ma l’attacco cui è stata sottoposta lo scorso Febbraio l’ha fatta deragliare, ed il nostro team trova delle difficoltà a scorgere gli appigli che le permetterebbero di uscire dal burrone nel quale è stata gettata.

Questi appigli, senza alcun dubbio, potrebbero trovarsi all’incrocio fra la società civile, le “normali” forze economiche (quelle che stanno vedendo di come gli investimenti fatti per aprire nuovi mercati stiano andando in fumo), i piccoli partiti progressisti e, forse, alcuni organismi europei (come la Corte di Giustizia, che ha appena respinto una misura della Commissione, per il monitoraggio dei telefoni e di internet) [65].
Ma questo “mondo” non è organizzato al livello europeo, i potenziali partners non sono facili da trovare, ed i nuovi mezzi dell’azione politica stanno lottando per inventare se stessi … se gli Stati membri, unici seppur cattivi garanti dell’interesse collettivo, lasciassero fare ai cittadini, non ci sarebbe davvero alcuna ragione per preoccuparsi.

CI SONO RAGIONI PER SPERARE ?

In questo scenario particolarmente allarmante di cui tutti siamo consapevoli, facciamo senz’altro riferimento alle raccomandazioni del mese scorso (Marzo 2014, ndt), che ancora rappresentano un percorso per uscire dalla crisi. [66] Abbiamo inoltre fatto riferimento alle difficoltà che sta incontrando Obama nell’ottenere che le sue proposte vengano accelerate dal Congresso (il fast-track già citato, ndt).

Potrebbe arrivare, infine, la speranza, proprio dal luogo da dove è partito l’attacco, ovvero dagli stessi Stati Uniti? O persino dai BRICS, che potrebbero trovare un modo per riportare tutti ai loro sensi, con la forza della convinzione oppure con altri mezzi …

E’ improbabile che le elezioni europee forniscano la base per un dibattito pubblico di qualità su questi temi. I Partiti maggiori sono troppo occupati a rivendicare i loro mediocri programmi comuni che con molta difficoltà sono riusciti ad inventarsi [67].

I Partiti anti-democratici si accontenteranno di essere “anti-europei” nel nome della sovranità nazionale, mentre i Partiti più piccoli, dai quali potrebbe arrivare una qualche speranza, non saranno in grado di unire le loro forze a livello trans-europeo.

Ma quella trans-europea è probabilmente l’ultima strada che potrebbe portare a delle migliori opportunità per l’Europa ….

Fonte: www.leap2020.eu

Link: http://www.leap2020.eu/Excerpt-GEAB-April-2014-Crisis-Alert-for-European-governance-Risk-of-a-Very-Large-Separation-between-EU-leaders-European_a16307.html

(Pubblicato il 15 Aprile 2014)

7.06.2014

Scelto e tradotto per www.comedonchisciotte.org da FRANCO

NOTE:

[1] Fonte: Communiqué public GEAB N°83, LEAP/E2020, 15/03/2014.
[2] Su quest’argomento, si legga “the Ukrainian Crisis, a dramatic blow to Euro-BRICS rapprochement and the emergence of a multipolar world”, pubblicato da LEAP’s Euro-BRICS network. Fonte: LEAP/Euro-BRICS, 04/04/2014
[3] Sono stati gli Stati Uniti ad anticipare e a guidare l’intera reazione europea alla crisi ucraina: furono loro i primi ad attaccare la scelta di Yanukovych in favore di un accordo con la Russia, a fare pressioni sui nostri leaders per imporre sanzioni (Financial Times, 30/03/2014), ad insultarci quando non ci siamo adeguati sufficientemente in fretta (The Guardian, 07/02/2014), a decidere la data per la firma del Trattato EU-Ucraina (EU Business, 13/03/2014), a posizionare le truppe della Nato alle frontiere orientali dell’UE (ABC, 09/04/2014), etc. Gli Stati Uniti stanno soffiando in favore di una guerra senza che alcun governo europeo abbia dato la benché minima risposta.
[4] Fonte: Deutsche Welle, 20/03/2014
[5] Fonte: Financial Times, 09/04/2014
[6] Fonte: The Economist, 04/04/2014
[7] E’ un quotidiano Americano che li ha portati in questa direzione. Fonte: Washington Post, 09/04/2014
[8] Fonte: Reuters, 13/03/2014
[9] Fonte: MercoPress, 28/01/2014
[10] Fonte: Deutsche Welle, 20/03/2014
[11] Per averne una prova, cliccate su Google “Tusk + Ukraine”.
[12] Fonte: LSE, 29/11/2013
[13] Il nostro team, in ogni caso, non sta criticando l’onestà e l’indipendenza delle politiche fatte da Hollande nei primi due anni di presidenza. In termini economici, la Francia ha infatti un modello ben bilanciato fra austerità e indebitamento (su quest’argomento si legga l’articolo “The Plot against France” di Paul Krugman, pubblicato il 10/11/2013 sul ”The New York Times”), basato su una tassazione equa. Quanto alla politica estera, con speciale riferimento all’Africa, condotta in partnership fra politica regionale e forza militare, essa costituisce una reale speranza di rinnovamento nella gestione di questo tipo di crisi. Tutto ciò ha comunque causato sia la furia dei media che il risultato delle elezioni (la famosa “batosta di Hollande”), ai quali il Presidente francese, politicamente indebolito, sembra aver ceduto lo scorso Febbraio.
[14] Ad esempio: “Manuel Valls: a smart operator in the Blair mould”, The Guardian, 01/04/2014
[15] Ad esempio: “Manuel Valls promises further €11 bn cut to French taxes”, Financial Times, 08/04/2014
[16] Fonte: MNI, Deutsche Börse Group , 08/04/2014
[17] Fonte: Reuters, 03/04/2014
[18] Fonte: Libération , 08/04/2014
[19] Fonte: Reuters, 25/03/2014
[20] Fonte: La Tribune , 26/03/2014
[21] Fonte: Bloomberg, 11/04/2014
[22] Fonte: ForexMinute, 14/04/2014
[23] Fonte: Financial Times, 27/03/2014
[24] Fonte: EUObserver, 10/04/2014
[25] Fonte: GEAB N°82, LEAP/E2020, 15/02/2014
[26] Parleremo in dettaglio del rischio-deflazione più avanti, in questo stesso Geab.
[27] Inoltre, abbiamo notato il ritorno della retorica anti-euro (l’articolo “kill the Euro to save Europe” sul Vif-L’Express del 01/04/2014, dà una buona indicazione di questo rinnovato trend). Ma, se ci si pensa bene, si deve tener conto del fatto che è impossibile tornare istantaneamente alle valute nazionali: un’uscita dall’Euro significherebbe che l’Europa (almeno temporaneamente) sarà adottata dal Dollaro … i sovranisti di tutti i generi, che difendono orgogliosamente quest’idea, dovrebbero avere l’onestà intellettuale di portare a compimento il loro ragionamento … ma sembra che in Europa, di questi tempi, essere “sovranisti”, e lasciare che Washington diriga gli affari europei, non sia un problema …
[28] Voi non lo sapevate, e nemmeno noi, ma … sì: la Nato ha una sembianza di legittimità democratica, l’Assemblea Parlamentare! Fonte: Wikipedia
[29] Fonte: Faut-il faire sauter Bruxelles ?, Amazon
[30] Fonte: Europe2020, 15/04/2002
[31] Fonte: CNSNews, 02/04/2014
[32] Fonte: Bloomberg, 06/04/2014
[33] Fonte: Xinhuanet, 15/01/2014
[34] Contrariamente a quanto qualcuno sostiene, il capitalismo non è un’ideologia, ma una realtà senza tempo, capace di produrre sia il meglio (quando la ricchezza creata serve gli interessi del benessere e del bene comune) che il peggio (quando predomina l’accaparramento della ricchezza da parte di una minoranza).
[35] Fonte: Deutsche Welle, 06/04/2014
[36] E’ importante sforzarci di guardare alla situazione in cui ci siamo messi dall’angolo dei BRICS. Un osservatore dovrebbe concludere che l’Occidente non è più credibile, che gli Stati Uniti sono diventati notevolmente pericolosi, e che è necessario liberarsi della loro influenza il più velocemente possibile.
[37] Fonte: ArteTV, 17/02/2014
[38] Fonte: Euractiv, 22/01/2014
[39] Fonte: Commission européenne, 27/03/2014
[40] Notiamo che l’altro importante Trattato per il Libero Commercio, quello fra Asia e Stati Uniti (TTP, Trans-Pacific Trade Partnership) sta incontrando notevoli difficoltà ad andare avanti. Fonte: The Japan Times, 10/04/2014
[41] Dove sia l’interesse di questa multinazionale si capisce quando, ad esempio, su richiesta di Washington, ha deciso di ridurre l’intensa attività di lobbying a Bruxelles … per non rischiare di turbare le trattative … Fonte: CBCNews, 03/06/2013
[42] Fonte: Reuters, 10/04/2014
[43] Fonte: EUObserver, 04/04/2014
[44] Fonte: The Guardian, 21/11/2013
[45] Una frase famosa attribuita (probabilmente sbagliando) a Henry Kissinger. Fonte: Wikiquote
[46] Davanti ad un tale tradimento da parte delle élites, i democratici di tutti i colori troveranno un nuovo e favorevole campo di gioco mentre i tecnocrati, alla ricerca di un punto di leva per gestire il popolo e l’ordine, probabilmente sceglieranno, in una seconda fase, l’alleanza con tali forze.
[47] Un’altra frase di Henry Kissinger: “Il potere è l’afrodisiaco più forte”. Fonte: Wikiquote
[48] Fonte: Négociations UE-USA, la procédure
[49] Fonte: no-transat.be
[50] L’articolo 207 § 3 del TFEU (Trattato per il Funzionamento Dell’Unione Europea) afferma che: “per la comune politica commerciale, si applica l’art. 3 del TFEU, sotto l’esclusiva autorità dell’Unione Europea”. Source : Représentation Permanente française auprès de l’UE
[51] “Il Consiglio dà il via libera perché comincino i colloqui con gli Stati Uniti in vista della conclusione di un Trattato per il Libero Commercio”. Fonte: Council of the European Union
[52] Nemmeno gli Stati membri possono sapere cosa è previsto dal TTIP prima che questo sia stato firmato dalla Commissione. Fonte: Deutsche Wirtschafts Nachrichten, 08/03/2014
[53] Fonte: Prawokulturi.pl, 26/03/2014
[54] Si guardi alla lista dei negoziatori del TAFTA (un altro nome del TTIP… per perdere la cittadinanza, va bene anche dare dei nomi multipli allo stesso Trattato), si notino i nomi delle industrie, dei gruppi alimentari, di quelli finanziari etc. Fonte: Quadrature du Net
[55] Fonte: Newropeans Magazine, 23/03/2004
[56] Si noti il voto del Parlamento Europeo a supporto del mandato a negoziare (Aprile 2013): Si: 78 % – No: 18 % – Astenuti: 4 %
Questo è il voto espresso per Gruppo Politico:
Partito Popolare: Si (204/217)
Partito Social-Democratico: Si (125/143)
Liberali: Si (59/66)
Verdi: No (43/47)
Sinistra Radicale: No (30/30)
Fonte: Les enjeux du TTIP
[56] L’Art. 218 (6) del Trattato di Lisbona, paragrafi (a) e (v), pone un criterio aggiuntivo alla necessità di un consenso pre
ventivo da parte del Parlamento Europeo (ovvero prima che un accordo sia firmato), restringendolo alle aree alle quali si applica la procedura legislativa ordinaria (OLP). Visto che il commercio è ora coperto dalla OLP, sembra confermata l’idea che il Parlamento Europeo debba, d’ora in poi, dare il proprio “consenso” per l’adozione di tutti gli accordi commerciali. Fonte: ICTSD, December 2009
[57] Fonte: European Commission; and TTIP : Une négociation à la Pirandello, EPC, 23/01/2014
[58] Fonte: Commission européenne; et TTIP : Une négociation à la Pirandello, EPC, 23/01/2014
[59] Fonte: Wikipedia; What’s the deal with fast-track authority?, UNC, 07/02/2014
[60] L’Italiano Antonio Tajani (industria); il Finnico Olli Rehn (affari economici, monetari ed Euro), il “Public Accounts Chief Inspector”; il Polacco Lewandowski (programmazione finanziaria e budget); il Croato Mimica (consumi); il Belga Karel de Gucht (commercio) … Fonte: Challenges, 03/04/2014
[61] Fonte: IlSole24Ore, 09/04/2014
[62] Da quando è stato invitato negli Stati Uniti, il giorno dell’apertura delle Olimpiadi di Sochi, Hollande è diventato un fan del TTIP. Fonte: Euractiv, 12/02/2014
[63] Fonte: Challenges , 12/04/2014
[64] Fonte: Deutsche Mittelstands Nachrichten, 24/03/2014
[65] Fonte: EUObserver, 08/04/2014
[66] “Ukrainian crisis: Eight strategic recommendations”. Fonte: Newropeans Magazine, 31/03/2014
[67] Nei fatti, essi sono molto orgogliosi di far fare un progresso alla democrazia … ma dovevano farlo 20 anni fa … nominando un capolista (la democrazia europea è una questione per teams e non per individui) e sviluppando un programma comune, sedendo tutti quanti intorno ad un tavolo (nonostante sia necessario lavorare in piccoli gruppi, per arrivare a contenuti negoziabili, disposti in un ordine logico). Da bravi studenti, i Partiti avrebbero lavorato su dei compiti precisi, e avrebbero difeso il loro programma comune, che ora è del tutto disconnesso dalle istanze della realtà, come ci fa ben capire il caso della crisi euro-russa.

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