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La Redazione

 

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ESSERE O NON ESSERE ?

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A cura di Davide
Il 30 Giugno 2016
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DI CARLO BERTANI

carlobertani.blogspot.it

Il responso di Brexit è stato chiaro: è pur vero che un 52 a 48 non è un 3-0 calcistico, ma quando una consistente fetta degli interrogati si mostra contraria (in democrazia decide la maggioranza, ma anche un 49% dovrebbe far riflettere un governo che qualcosa non va) bisogna correre ai ripari. Sull’onda dell’emozione, sono comparsi articoli un poco stravaganti – quando mai la Scozia potrà chiedere un “Gb-exit” con un nuovo referendum od un posticcio attaccamento all’UE? – visto che gli Stati Nazionali hanno storie centenarie, e nemmeno le due guerre mondiali ne intaccarono i confini, se non per minimi aggiustamenti o per territori di recente contesa. Vedi il Saarland, restituito dai francesi, oppure l’Istria, terra slava restituita agli slavi.

Non voglio accendere polemiche sui singoli casi ma, se due guerre mondiali hanno intaccato modestamente i confini, non si capisce come grandi spostamenti possano avvenire per referendum. Bisogna ragionare “a bocce ferme” e non farsi catturare dall’emozione: è quello che cercheremo di fare. Nessuno ha conigli nel cappello, ma un sano dibattito fra i lettori è sempre salutare: il mio compito è soltanto quello di mettere in ordine gli eventi.

Stabilito che l’Unione Europea e la gestione dell’Euro hanno mostrato, in breve tempo, un quadro fallimentare, ci sono i due partiti: chi crede che l’UE/Euro sia ancora riformabile, oppure chi desidera gettare acqua e bambino. Ai primi, si dovrebbe far sapere che non si tratta soltanto di riformare qualche regolamento o trattato, mentre i secondi dovrebbero esporsi, e dire a quale situazione si vorrebbe tornare, ossia Stati Nazionali o Macro-Regioni omogenee per popolazione ed economie? Un bel rebus, e le urla servono a poco.

L’Unione dei primordi – quella di Adenauer, ossia la CECA – era ricalcata sul processo di Zollverein tedesco di metà ottocento, che portò alla nascita della Germania: si trattava d’abbattere i dazi e favorire la circolazione delle merci. Capitali e popolazioni erano escluse da questo processo, poiché si riteneva che il rispetto delle singole peculiarità fosse un valore aggiunto, mentre i movimenti “selvaggi” di capitali avrebbero condotto a disordine economico.

Il segno, che qualcosa si stava muovendo verso nuove dimensioni, fu il cosiddetto “Serpente monetario” e il successivo Sistema Monetario Europeo, ossia un complesso di regole e parametri che limitava gli scostamenti fra le monete europee, il quale fece scorrere tonnellate d’inchiostro dal 1972 fino alla nascita dell’Euro. Non fu un errore “tecnico”, bensì un’errata valutazione di principio: non è agendo sulle monete che si rendono più omogenei – attenzione: economicamente! – le aree, bensì comprendendo la natura di quelle aree e studiandone attentamente le peculiarità, se si vuole migliorarne l’economia, non agendo sulle monete, che sono solo un parametro susseguente. Un’inversione nella catena di cause ed effetti, drammatica: testimonianza di una logica distorta, da “furbetti del quartierino”, non da statisti.

Già qui si nota un tentativo d’imporre il “monetarismo” come medicina assoluta per tutte le economie che condusse –paradosso! – a misurare la curvatura delle banane con apposito strumento legislativo (poi rimosso nel 2008). Insomma: la moneta come “misura” delle realtà economiche, che non tiene conto (perché non è lo strumento adatto!) dei territori e delle loro caratteristiche. Questo tipo di distorsione giunse all’apoteosi proprio negli stessi anni, quando – sotto i morsi della crisi economica – la Banca Centrale Europea si mostrò infastidita dalle intromissioni della politica in area economica, e rivendicò (Trichet, poi Draghi) un primato sulla politica (come “tecnici”) che non ha radici nella Storia e tanto meno nella prassi economica. E, questa primazia, fu silenziosamente accettata dal Parlamento Europeo e dalla Commissione, quasi senza “mal di pancia”: un atto di resa dalle prerogative della politica.

Se questo fu un grave errore d’impostazione, altrettanto grave fu il rapporto con la NATO la quale – da alleanza difensiva – dopo il 1990 fu “sdoganata” come “guardiano del pianeta”. Un guardiano ai comandi di chi? Non solo degli americani…sarebbe stato il male minore…no…la NATO come custode degli interessi dell’iper-liberismo nel Pianeta…una contraddizione lacerante con i valori primigeni dell’UE.

Nel 2003 gli USA iniziarono il processo di destabilizzazione dell’area mediterranea e medio orientale a danno, soprattutto, dell’Unione Europea che stava costruendo, fra mille contraddizioni, il suo “cortile di casa”; come gli USA definiscono le Americhe Centrale e Meridionale. In un decennio, furono completamente destrutturate nazioni come l’Iraq, l’Egitto, la Tunisia e la Libia, mentre in piena Europa fu l’Ucraina a diventare una sorta di cavallo di Troia. La Georgia e (per ora) la Siria si salvarono dal rullo compressore americano solo per il tempestivo intervento russo. Tanto per comprendere cosa ha significato la distruzione politica della Libia, riflettiamo sul progetto Desertec (oggi abortito) – che doveva fornire il 20% dell’energia elettrica per l’Europa, con fonti fotovoltaiche e termodinamiche nel deserto libico – il quale era una partnership fra la Germania e la Libia di Gheddafi. Il 20% del fabbisogno elettrico europeo è una quantità enorme, di Watt e di soldi: difatti, la Germania si chiamò fuori dalla guerra contro Gheddafi.

Stupirà, ma la somma bruta di mezzi da guerra posseduti dagli eserciti europei (aerei, tank, ecc) mette l’UE al primo posto nel pianeta. Le capacità di comando ed organizzazione sono, ovviamente, quasi nulle, se non al diretto comando degli USA. Quando, nel 2003, scoppiò la guerra del Golfo, Romano Prodi – all’epoca Presidente della Commissione Europea – definì ironicamente la politica estera europea con un “Avanti tutta, in ordine sparso”. Bel modo di rimuovere le proprie responsabilità ironizzando.

Ci fu quindi, e tuttora continua, un assalto all’Europa chiamato “immigrazione”, che fa saltare i nervi e scardina le frontiere: per contrappasso, aumentano le chiusure ed i conseguenti razzismi. Perché? E’ un’arma semplice, poco costosa e che ingrassa le mafie internazionali, grandi alleate in questioni geopolitiche: basta bombardare fabbriche, impianti e case e…voilà…vedrai se non crei masse di disperati in movimento! E grossi problemi alle nazioni europee.
Si giunse così al 2008, alla crisi finanziaria, mediante la quale il FMI, la Banca Mondiale, la Commissione Trilaterale (vera, orribile mostruosità) e le grandi banche d’affari – tramite la BCE – ereditarono il controllo dell’UE. Ci si potrebbe chiedere come siano riuscite, queste potenti organizzazioni, ad impadronirsi dell’Europa: il metodo viene da lontano, ed è sempre l’apparente contraddizione dello scontro all’interno della borghesia, ma della sua sostanziale unitarietà d’intenti e di fini da perseguire.

Le borghesie internazionali, o almeno i loro vertici, sono da sempre riuniti nella Massoneria, nel club Bilderberg od in altre, simili compagnie di ventura: il loro scopo è quello di mantenere saldo il controllo delle borghesie (banche, finanza, ecc) e di ripartirne i proventi in maniera che lo scontro sia mantenuto a livello di pura contrattazione poiché, non dimentichiamo, lo scontro fra le borghesie nazionali si chiama guerra. E, fin quando vi sono proventi di vario tipo da spartire, questo rischio non lo correranno mai, se non nelle periferie del pianeta. Oppure, giunti a livelli di rischio (Siria, Ucraina, ecc) si torna a trattare: oggi, in un mondo di armi nucleari sulle quali non si ha il completo controllo, il rischio di un conflitto è troppo elevato per rovesciare il piatto, meglio cedere qualcosa che domani potrà essere riguadagnato da altre parti e con altri modi.

Ecco da dove nasce e dove prospera il ladrocinio che ci riguarda: le grandi borghesie, all’occorrenza, fagocitano anche le piccole e medie borghesie e soltanto chi sopravvive nell’agone finanziario riesce a mantenere e ad allargare le proprie ricchezze. Gli altri, vengono mantenuti su livelli di pura sopravvivenza. E la politica? Inesistente: semplice “costo” da mettere a bilancio affinché il gioco possa continuare: così, Mario Monti viene inviato in Italia, gli si trova una nomina (senatore a vita, Napolitano) ed una maggioranza parlamentare (Pd ed aggregati) e può iniziare il massacro del lavoro e delle pensioni, per accantonare altre ricchezze da far confluire sulla finanza internazionale. E la democrazia?

Qui c’è un vulnus eclatante ed evidente. Nella “catena” delle istituzioni europee, c’è una interruzione fra il livello degli eletti (il Parlamento, eletto per suffragio elettorale) e il “Governo” (la Commissione Europea col suo Presidente, oggi Juncker). La Commissione viene nominata dai governi dei singoli Stati: fanno ai futuri commissari l’esamino di cultura generale e di lingue e…voilà, commissario (cioè ministro) per l’Istruzione, i Trasporti, eccetera. Quante persone sono coinvolte in questo processo? I votanti sono circa 500 milioni, i quali eleggono il Parlamento Europeo, mentre i Capi di Governo propongono i vari commissari: poche persone giungono a decidere chi sarà a comandare e pochissimi saranno coloro che dovranno prendere realmente delle decisioni. Una struttura oligarchica, fortemente orientata verso un’oligarchia sprezzante ed autoritaria. E i voti, gli eletti? Diamo loro lauti stipendi, ricchi rimborsi e che stiano lì a scrivere roboanti relazioni sullo stato dell’Unione, compresa quella sulla curvatura delle banane. All’occorrenza, daremo loro anche un apposito martello di gomma per raddrizzarle, basta che non rompano i cosiddetti.

Non sottovalutiamo, però, il potere del Parlamento Europeo – di poteri reali non ne ha quasi – però Bruxelles è diventata la città dei lobbisti: di tutte le età, le nazioni, i sessi e, soprattutto, gli obiettivi. Così, capita che un oscuro parlamentare europeo venga contattato da un lobbista – ci sono strutture specializzate che si occupano di queste faccende, la recente vicenda di Luca Volonté (c’è qualcuno che si rivolta nella tomba, vero Luca?) lo dimostra, che hanno nella loro organizzazione tutto, dal settore finanziario per far “scivolare” i soldi sull’acqua fino ai Caraibi, alle escort che devono “ammorbidire” il parlamentare, sempre un po’ “rigido” di fronte a queste profferte. Poi, creata una piccola “corte” all’interno del Parlamento, si contatta il commissario corrispondente, c’è una trattativa…anche qui, soldi, escort, ecc…e, infine, la decisione del Commissario viene magari suffragata pure da un voto parlamentare – non sarebbe necessario – ma, come dicono a Napoli, dove c’è sfizio non c’è perdenza.

Le altre decisioni, i voti su questioni anche importanti, sono ben accette e doverose: ci penserà il relativo Commissario a catalogarle e conservarle per anni fin quando, scadute, finiranno nel trita-documenti: un procedimento lungo ma corretto, con un’appendice ecologica.

Stabilito che l’altra struttura comunitaria, la BCE, è il regno dei desiderata del sistema bancario e dei sacerdoti dell’Euro, non sprechiamo nemmeno tempo a parlarne. Interessante è, invece, il settore della Giustizia, con la Corte di Giustizia Europea e quella dei Diritti dell’Uomo: qui, qualcosa è sfuggito al controllo e, talvolta, questi giudici scassano proprio i cabassisi. L’Italia è la nazione che fornisce alle Corti il più alto numero di ricorsi: risultati? Le norme europee affermano che una sentenza europea deve essere immediatamente recepita negli ordinamenti nazionali, ma non è affatto vero. Ne è un caso eclatante quello della Tv Europa7, perché i giudici nazionali, semplicemente, se ne fregano. Ma non sempre: il risultato è che il medesimo ricorso viene accolto a Torino e non recepito a Firenze, e così in tutta Europa. Il risultato finale? La giustizia di Arlecchino.

Qui termina la nostra analisi: ci sarà senza dubbio dell’altro che ho dimenticato, ma già ciò che ho esposto mi sembra sufficiente per spiegare il crescente rifiuto – direi quasi viscerale – da parte di molti cittadini. S’aggiungano le mille pastoie in economia, che sembrano messe lì solo per farteli girare, più le ingiustizie palesi che causano spesso dolore e disperazione: il cittadino europeo mastica tristezza, è deluso, fa fatica a comprendere perché guerre che vanno chiaramente contro gli interessi di nazioni europee siano portate avanti da altri…con forze armate europee! E incomprensione ed infelicità dilagano: soprattutto quest’ultima, ecco perché gli europei sono sempre più dubbiosi.

La proposta di riforma più seria riguarda proprio il mutamento di “pelle” all’interno della UE. Siccome la “scollatura” fra Parlamento e Commissione è un evidente regalo alle lobbies – al punto che è plausibile chiedersi se sia nato prima l’uovo o la gallina, ossia se le istituzioni siano state “pensate” già per essere comodamente infestate dal virus delle lobbies – c’è chi pensa che riportando un funzionamento “naturale” fra le istituzioni: elezioni, parlamento, creazione di una maggioranza parlamentare, espressione di un governo. A questo punto, è verosimile pensare che il “peso” delle singole nazioni possa decrescere, poiché quel governo è espressione diretta del voto popolare e, se sbaglia, se ne va e governa una diversa coalizione. Purtroppo, le esperienze nostrane – ma anche in altre nazioni, da noi però s’è visto proprio il peggio – non invitano a crederci molto: si ha paura che, una volta eletti, questi formino il solito “carrozzone” con tutti dentro, dove si sale e si scende secondo le convenienze personali. E delle lobbies.

Un punto trascurato, ma importante, riguarda la Costituzione – non una serie di trattati insulsi – una costituzione discussa ampiamente (non imposta da qualche “saggio”) e poi messa ai voti dei cittadini. Perché, senza una carta fondante, che ti dica – ad esempio – se nel mandato parlamentare c’è libertà personale, se serve una presidenza (e di che tipo), che definisca i rapporti fra l’esecutivo, il legislativo ed il giudiziario, non si va da nessuna parte. Immaginiamo che sia mantenuta (come in Italia) la libertà di mandato – in una struttura così lontana dal singolo cittadino – le lobbie “vignano” alla grande. E poi: rapporti limpidi e precisi con la magistratura, che impediscano il gioco al massacro come sta avvenendo in Italia, dove sei assolto o condannato solo per vicinanza o convenienza politica. Perché è giusto fermare chi delinque, ma non usare la stessa arma per scopi politici. Il discorso sarebbe lungo, ma si può condensare in poche parole: passare da una unione confederale ad un vero Stato federale, dove pesi e contrappesi sono definiti con chiarezza, mentre le unioni confederali, storicamente, hanno sempre avuto vita breve.

L’alternativa è andarsene: ognuno per sé e Dio per tutti. Funzionava (dicono): ma all’epoca dei Moschettieri. E solo nei romanzi di Dumas. In un pianeta nel quale vi sono colossi come USA, Russia, Cina…credete che vi lasceranno in pace a coltivare l’orticello? Se ne avranno bisogno, lo occuperanno e vi faranno una pernacchia: cosa mi fai? Sempre che l’Italia non mediti di riprendersi l’Istria, la Germania le terre “tedesche” oggi in Polonia, la Spagna Gibilterra…e via discorrendo. Le alleanze si creano in fretta, le guerre pure ed i milioni di morti anche. Sarebbe bello vivere nel paesello senza complicazioni, ma una qualche forma di aggregazione è necessaria, se non altro per aspetti di difesa.

Se trasformare l’Europa in uno Stato federale puzza – nel senso che si temono gli stessi interventi delle società segrete, lobbies e compagnia cantante – si potrebbe pensare ad una ripartizione che smantella lo Stato nazionale a favore delle macro-regioni, omogenee per economia e cultura. Si tratta di un percorso più laborioso, il quale però prenderebbe due piccioni con la medesima fava: uno stato federale europeo e disinnescherebbe moltissime tensioni per quei territori che anelano all’indipendenza o che mordono il freno per maggiori autonomie. Ad esempio, la Spagna diventerebbe Catalogna, Castiglia, Andalusia, Paese Basco…l’Italia Lombardo-Veneto-Emilia, Regione Occidentale, Toscana-Umbria Marche…e così via. La frantumazione dello Stato Nazionale, però, richiederebbe una maggior attenzione per quanto riguarda i diritti dei cittadini – più l’entità è piccola, maggiori sono i rischi di prevaricazioni dall’alto – perciò regole comuni per fiscalità, lavoro, previdenza, ecc. Oltre, ovviamente, ad un Parlamento dove non puoi cambiare partito: ti dimetti e basta, un’analisi preventiva delle leggi per osservare la loro costituzionalità, ecc: insomma, un simile quadro richiederebbe un’attenzione certosina per leggi e “contrappesi” fra le varie istituzioni. La moneta? In un simile quadro, l’euro potrebbe anche rimanere, previa riforma della BCE a banca pubblica di proprietà delle singole entità, siano esse stati o macro-regioni.

Potrebbe funzionare? Dipende dall’impegno e dalla volontà di cancellare l’attuale obbrobrio e dall’onestà di chi dovrebbe mettersi prima ad immaginare, poi a far funzionare il sistema. Comunque la si osservi, è molto difficile giungere ad un simile “sogno”. Alternative? Non ne vedo.

Il vero problema è di potere: se debba essere preminente il potere della finanza oppure quello della vita dei cittadini. A mio avviso, questa Europa va rasata a zero: un’altra? Possibile, ma quale? Un’Europa come, forse, la immaginarono al tempo della CECA, potremmo dire un’Europa che sostituisca il PIL (Prodotto Interno Lordo) con il QFN (Quoziente di Felicità Netta). Non è un’utopia, ma si tratta di una inversione di tendenza totale, di una rivoluzione di pensiero in campo sociale, economico, energetico, ecc. Si tratta di “pensionare” (al minimo) tutti i personaggi che hanno costruito questo obbrobrio, e di chiedere – con apposite consultazioni, preceduto da un lungo dibattito pubblico fra persone nuove – ai cittadini europei cosa vogliono, rendendoli però coscienti che un ritorno al passato, puro è semplice, non è possibile.

Subito prima della guerra alla Libia, Saif al Islam Gheddafi – l’unico figlio maschio ancora in vita del colonnello, oggi in galera in Libia in attesa dell’esecuzione – ebbe a dire: “Fermateli! Oggi tocca a noi, ma domani toccherà a voi!”.

Parole profetiche? Chissà…

Carlo Bertani

Fonte: http://carlobertani.blogspot.it/

Link: http://carlobertani.blogspot.it/2016/06/essere-o-non-essere.html

30.06.2016

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