DI SALIM LAMRANI
L’accanimento degli Stati Uniti contro Cuba non conosce tregua.
Condoleezza Rice ha appena deciso il rafforzamento del blocco economico dell’isola, mentre l’incaricato degli affari statunitensi a La Havana inventa una pseudo-opposizione completamente riconducibile a Washington.
L’amministrazione Bush spera che l’embargo renda la vita impossibile ai cubani e li spinga a rovesciare il governo, permettendole così di piazzare i propri uomini al potere.
Il crudele stato di assedio che gli Stati Uniti impongono a Cuba dal 1959 si fa via via più severo. L’obiettivo di rovesciare il governo di La Havana ad ogni costo è ormai pubblicamente riconosciuto e le sofferenze causate alla popolazione rappresentano solo un aspetto secondario per la Casa Bianca [1]. Lo sconvolgimento del panorama politico latino-americano, con il consolidarsi del prestigio del presidente venezuelano Hugo Chávez e la spettacolare vittoria di Evo Morales, nuovo presidente della Bolivia, non ha fatto che rafforzare la volontà statunitense di porre termine al « cattivo esempio» cubano, sinonimo di speranza per i popoli latino-americani devastati da decenni di politica ultraliberale [2].Il 19 dicembre 2005 il segretario degli Stati Uniti, Condooleza Rice, si è riunita con la Commissione di sostegno per Cuba Libera con lo scopo di aumentare le sanzioni economiche. Nominata nel 2003 dal presidente George Bush, la Commissione aveva già presentato un primo rapporto nel maggio 2004 che stabiliva nuove misure coercitive contro l’isola; tra le altre, il divieto ai cubani residenti negli Stati Uniti di recarsi in visita ai propri parenti per più di 14 giorni in un periodo di tre anni [3]. Non soddisfatta delle terribili conseguenze umane causate da questo strangolamento economico inaudito, la Signora Rice ha previsto ulteriori misure aggressive per il maggio 2006 [4].
Una delle principali politiche di destabilizzazione elaborate da Washington consiste nel fomentare la sovversione interna, organizzando e finanziando certi individui poco scrupolosi attirati dalle ricompense offerte. L’attuale budget destinato alla creazione di un’opposizione interna ammonta a più di 50 milioni di dollari [5].
Michael Parmly
Il nuovo capo della Sezione affari nord-americani (SINA), Michael Parmly, che ha rimpiazzato James Cason il 15 settembre 2005, si è immediatamente messo al lavoro incontrandosi con i tre mediatizzati membri della «dissidenza» cubana [6].
La nomina di Parmly non è casuale e la dice lunga sugli obiettivi di Washington. Prima d’ora, questo diplomatico è stato inviato in Afghanistan per circa tre anni e qui ha maturato una certa esperienza sulle società devastate dalla guerra [7]. «vengo da un certo numero di società post-conflittuali interessate da lunghi periodi di difficoltà», ha sottolineato, sottintendendo che la sua esperienza poteva essere utile nel caso di Cuba [8].
Il 15 dicembre 2005, Parmly ha convocato i «dissidenti» nella sua residenza personale a La Havana. Si è affrettato a felicitarsi con i suoi invitati per il loro lavoro in favore del «cambiamento democratico». «L’america non imporrà il proprio stile di governo ha detto il presidente Bush. Il nostro obiettivo è piuttosto quello di aiutare gli altri a trovare la propria voce, a conquistare la propria libertà e a costruire il proprio cammino», ha affermato nella maniera più seria del mondo, ignorando, per il tempo di un discorso, l’imperdonabile aggressione politica ed economica inflitta alla piccola isola dei Caraibi. Sotto gli occhi attenti delle Dame in bianco, di Oswaldo Payá, Valdimiro Roca e Marta Beatriz Roque, ha decretato che «il governo cubano non rappresenta il proprio popolo e non ha alcun interesse a migliorare la loro [ condizione di] vita». Evidentemente Washington ha come principale interesse nient’altro che il benessere dei cubani com’è chiaramente dimostrato dalla ferocia delle loro ritorsioni, poiché le sanzioni economiche sono destinate a « ristabilire la democrazia » e non ad affamare il popolo [9].
La Signora Marta Beatriz Roque, presidente dell’Assemblea per la promozione della società civile, ha rivelato il funzionamento del commercio della «dissidenza», nel corso di una conversazione telefonica registrata a sua insaputa. Riferendosi a certe persone che avevano rifiutato di partecipare al «congresso della dissidenza» da lei organizzato nel maggio 2005, sotto l’egida degli Stati Uniti, ha dichiarato che «nessun abitante di Pinar el Río [provincia ad ovest di La Havana] andrà a Miami. Gli Americani hanno affermato che non rilasceranno una sola visa». Così, per arruolare dei nuovi collaboratori, la SINA, oltre ad un sostanziale incoraggiamento economico, promette una visa per coloro che sapranno mostrarsi docili ed obbedienti [10].
La conversazione telefonica registrata dai servizi d’informazione cubani ha mostrato anche il vero volto della Signora Beatriz Roque. «Se questo costerà al governo cubano una invasione da parte degli yankee, poco m’importa», ha dichiarato al suo interlocutore. Con tali propositi, è facile capire le ragioni per le quali Beatriz Roque non suscita molto entusiasmo nella popolazione cubana [11].
La stampa internazionale, che conosce bene questa realtà e che non ignora nessuna delle trame orchestrate dagli Stati Uniti, si allinea molto disciplinatamente sul punto di vista di Washington. Così, fa finta di dimenticarsi della reazione ostile degli abitanti alle manifestazioni dei gruppi dei «dissidenti», saggiamente organizzate dalla SINA, e denuncia il rifiuto popolare cui sono soggetti i «militanti pacifici dell’opposizione». Omette evidentemente di menzionare che essi fanno parte di una strategia destinata a destabilizzare il paese.
Marta Beatriz Roque
Senza dubbio Beatriz Roque si aspettava di essere accolta con bouquet di fiori dopo che le sue dichiarazioni erano state trasmesse dalla televisione cubana. Quanto a Parmly, egli ha definito i cubani che sostengono il governo di essere «una versione moderna delle camice nere naziste o del Ku Klux Klan [12]».
La complicità dell’Unione Europea con la politica ostile degli Stati Uniti è stata confermata dall’assegnazione del Premio Sakharov alle «Dame in bianco [13]», e dalle dichiarazioni del nuovo rappresentante nordamericano a La Havana. In effetti, Parmly si è felicitato con i parlamentari europei che «hanno davvero dimostrato coraggio e perspicacia scegliendo le Dame in bianco». Ha anche aggiunto che le divergenze con l’Europa a proposito delle sanzioni economiche non rivestono che un carattere «tattico», dato che Washington e Bruxelles sono allineate quanto alla «direzione che deve prendere Cuba [14]».
Talvolta Parmly spinge la propria sincerità al punto da esprimere le sue reali impressioni sulla popolazione cubana: «Faccio delle lunghe camminate e visito i posti frequentati dai cubani […]. Mi fermo nei chioschi dei giornali, nei ristoranti, e passeggio sulla spiaggia, dove parlo ai pescatori, ai giovani […]. Sono rimasto estremamente sorpreso dalla grandezza della creatività e della spontaneità del popolo cubano. Se parlate alle persone, queste vi rispondono. Non parlo solo con gli artisti, i musicisti o i [militanti] indipendenti. La mentalità cubana è molto vivace [15]».
Arriva addirittura a confessare di essere stato sorpreso dal sostegno del popolo per il proprio governo: «C’è un certo numero di persone che credono al sistema. Per darvi un’idea, ho incontrato una persona che ha espresso il suo scetticismo in faccia … ai dissidenti, perché essi minacciano le conquiste della rivoluzione […]. Mi ha detto che tutto ciò che essa era e tutto ciò che aveva realizzato è un prodotto della Rivoluzione […]. Sono stato molto colpito da questa conversazione [16]».
Il panorama della società cubana presentato dal rappresentante degli Stati Uniti a La Havana è totalmente diverso dall’immagine di un mondo sclerotico promosso, in virtù degli imperativi ideologici, dalle transnazionali dell’informazione. Le reazioni del capo della SINA non sorprendono, poiché esse semplicemente illustrano la meschinità ideologica della Casa Bianca, incapace di accettare l’indipendenza di Cuba. Ma è vero che è politicamente penoso ammettere che i cubani sostengono ancora il governo nonostante tutti i metodi utilizzati per rovesciarlo, compreso il terrorismo.
A questo riguardo, il caso di Luis Posada Carriles, criminale convinto, responsabile di numerosi attentati contro civili, [17] continua a creare profondo imbarazzo all’amministrazione Bush. Arrestato per essere entrato illegalmente nel territorio statunitense, il governo nord americano rifiuta l’estradizione al Venezuela, che lo reclama, ed esclude di processarlo per il suo passato di terrorista [18]. Il motivo è che Posada Carriles, che ha lavorato a lungo per la CIA, ha chiaramente minacciato di rivelare dei segreti di Stato nel caso in cui fosse posto sotto processo [19].
Tuttavia, la legge statunitense vieta la detenzione indefinita degli stranieri irregolari, che non siano stati estradati entro un periodo di 90 giorni. In prigione dal 17 maggio 2005, Posada Carriles potrebbe essere rimesso in libertà a partire dal 24 gennaio 2006, data in cui il suo status sarà riesaminato dai servizi dell’immigrazione [20]. Josè Pertierra, rappresentante legale del governo venezuelano in questa disputa, ha espresso il proprio stupore:
«Questo significa, né più né meno, che entro qualche settimana Posada Carriles – autore dell’esplosione di un aereo civile con 73 passeggeri, nel 1976 – potrebbe essere liberato dal governo federale […]. Tuttavia, questa legge non protegge i terroristi […]. Non c’è alcun bisogno di indagare a lungo per concludere che Luis Posada Carriles è un terrorista. Basta leggere il suo libro, ‘Los Caminos del Guerrero’, nel quale racconta con fierezza delle azioni terroristiche che ha organizzato. Basta anche esaminare i rapporti della CIA che riportano le sue dichiarazioni, qualche giorno prima dell’esplosione dell’aereo, [in cui affermava] che avrebbe fatto esplodere un aereo di passeggeri cubani. Basta leggere l’intervista che ha concesso al New York Times nel 1998, nella quale ammette di essere l’ideatore dei sabotaggi dinamitardi organizzati da mercenari centroamericani in diversi hotel e ristoranti di La Havana nel 1997, e che hanno causato la morte di un turista italiano e fatto diversi feriti. Basta leggere il rapporto del Tribunale di Panama, che lo ha condannato per un tentativo di attentato dinamitardo contro un anfiteatro pieno di studenti panamensi, durante un discorso del presidente cubano Fidel Castro nel 2000 […]. Negli Stati Uniti ci sono leggi sufficienti per mantenere in prigione questo terrorista. Ciò che manca, è la volontà politica del governo federale di far prevalere la giustizia. [Ma] sin dall’inizio, l’amministrazione Bush ha voluto proteggere questo terrorista, ed evitare di processarlo [21]».
Il caso di Posada Carriles è solo un’ulteriore prova del doppio standard che gli Stati Uniti applicano alla « lotta al terrorismo ». I media internazionali hanno anch’essi grande responsabilità nella cultura di questo doppio discorso sulle questioni di terrorismo. Le rare volte in cui la stampa internazionale ha fatto furtivamente allusione a Posada Carriles, non lo mai qualificato come «criminale» o «terrorista», ma come «anticastrista», «dissidente» o «ex-terrorista». La possibile liberazione del «peggior terrorista del continente americano», com’è stato in precedenza definito dall’FBI, è stata completamente nascosta all’opinione pubblica mondiale.
Per contro, in una manovra di diversione, la stampa di tutto il mondo si è lanciata, in modo incredibilmente sproporzionato, su un documentario di propaganda presentato dal realizzatore tedesco Wilfried Huisman che pretende, ancora una volta, che il vero responsabile della morte di John F. Kennedy altri non sia che Fidel Castro [22]. La frenesia mediatica ha raggiunto un livello tale che il vice-ministro degli affari esteri della Repubblica tedesca, Helmut Schaefer, ha definito il lavoro di Huisman come fantasia: questo documentario «è privo di qualunque logica politica [e] completamente improbabile», ha dichiarato, aggiungendo che «un realista come Castro non correrebbe mai il rischio di far scoppiare un conflitto militare con gli Stati Uniti [23]».
La preoccupazione di Washington si spiega con l’influenza e il prestigio conquistati da Cuba nell’emisfero americano, soprattutto presso certi dirigenti quali Hugo Chávez ed Evo Morales. Cuba è stata il primo scalo del nuovo presidente boliviano, che non ha nascosto la propria ammirazione per il modello ed economico dell’isola: «La lotta del popolo cubano, soprattutto quella del Che, non è stata vana. Essa ha sparso il seme ed ora i frutti sono visibili, non soltanto in Bolivia, ma in tutta l’America Latina », ha detto durante la sua visita [24].
Accordi bilaterali di cooperazione in materia di educazione, salute e sport sono stati firmati dai presidenti cubano e boliviano. Uno degli accordi prevede in particolare di alfabetizzare tutta la popolazione boliviana tra luglio 2006 e dicembre 2008. Questo ambizioso progetto è già stato messo in atto dai Cubani in Venezuela con successo impressionante, poiché l’analfabetismo è stato totalmente sradicato, facendo del paese di Chávez il secondo territorio latino-americano esente da analfabetismo dopo Cuba [25].
Quanto a Chávez, oltre ad imperniare la propria politica sociale sui diseredati del proprio paese, esso ha anche deciso di aiutare i poveri della più ricca nazione del mondo in seguito alla domanda di un gruppo di senatori statunitensi. Abbandonati da molto tempo dal proprio governo, il Venezuela ha deciso di fornire petrolio a basso costo ai cittadini di basso reddito di New York e del Massachusetts, gettando così l’amministrazione Bush in un singolare stato di disagio [26].
La volontà di realizzare un altro modello economico basato non sul profitto, ma sui bisogni del popolo, come fa in certa misura il governo cubano, ha fatto nascere un’immensa corrente di speranza sul continente. Ma la Casa Bianca, già screditata in seno all’opinione pubblica internazionale per la propria egemonia bellicosa, non può ammettere questo nuovo affronto.
Talvolta, l’ostilità statunitense verso Cuba segue strade irrazionali. Per esempio, il Dipartimento del Tesoro ha vietato la partecipazione della squadra cubana di base-ball alla prossima coppa del mondo che si terrà negli Stati Uniti nel marzo 2006. Il pretesto avanzato è che la competizione permetterebbe a Cuba di ottenere dei guadagni finanziari e costituirebbe una violazione delle sanzioni economiche. Di fronte a questa decisione stravagante, più di 100 imbarazzati parlamentari statunitensi hanno scongiurato il proprio governo di ritornare sui propri passi [27]. Quanto a Cuba, si è impegnata a dare tutti i propri guadagni in beneficenza alle vittime dell’uragano Katrina. Ma le autorità del Tesoro sono state inflessibili [28].
L’ossessione degli Stati Uniti per la Rivoluzione Cubana riflette anche una certa disperazione. Nonostante un’invasione militare, una minaccia di conflitto nucleare, una feroce campagna di terrorismo e di sabotaggio, una guerra batteriologica, un implacabile blocco economico regolarmente accentuato, un’intensa aggressione politica, diplomatica e mediatica, Washington non è mai riuscita a scoraggiare i cubani [29]. Peggio ancora, la crescita economica per l’anno 2005 ha raggiunto l’11,8% [30]. Il livello vertiginoso di sviluppo umano di cui Cuba gode getta sempre più il vicino del Nord in profondo imbarazzo. Resta da sperare che la disperazione non si trasformi in follia e che il governo statunitense non tenti qualche avventura militare che non avrebbe altro risultato che un interminabile conflitto dal quale la prima potenza mondiale non uscirebbe certamente vincitrice.
Salim Lamrani
Ricercatore francese all’università Denis-Diderot (Paris VII), esperto in relazioni tra Cuba e gli Stati Uniti. Ultima opera pubblicata: Washington contre Cuba: un demi-siècle de terrorisme et l’affaire des Cinq, Le Temps des Cerises éd.
Fonte:www.voltairenet.org
Link:http://www.voltairenet.org/article134007.html
17.01.06
Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di ALICE
Note
[1] «[Enrique Román Hernández: Cuba è pronta ad affrontare un’aggressione, ma temiamo una destabilizzazione]», Voltaire, 18 novembre 2005.
[2] Christopher Toothaker, «Morales Aligns Himself With Castro, Chavez», The Miami Herald, 3 gennaio 2006.
[3] «Le plan Powell pour l’après-Castro» di Arthur Lepic, Voltaire, 16 juin 2004. Il lettore troverà il testo completo del rapporto Powell in allegato alla fine dell’articolo.
[4] Condoleezza Rice, «Meeting of the Commission for Assistance to a Free Cuba», United State Department of State, 19 décembre 2005. (sito consultato il 21 dicembre 2005).
[5] Colin L. Powell, Commission for Assistance to a Free Cuba, p. 22; Roger F. Noriega, «Assistant Secretary Noriega’s Statement Before the House of Representatives Committee on International Relations», Department of State, 3 mars 2005. (sito consultato il 9 aprile 2005).
[6] Michael E. Parmly, « Speech by U.S. Interests Section Chief of Mission Michael Parmly Marking the 57th Anniversary of the UN General Assembly’s Adoption and Proclamation of The Universal Declaration of Human Rights», United States Interest Section, 15 décembre 2005. (sito consultato il 29 dicembre 2005).
[7] United State Department of State, «Biography: Miachel E. Parmly», 22 settembre 2005. (sito consultato il 21 dicembre 2005).
[8] Frances Robles, «My Interest Is the Future», The Miami Herald, 25 dicembre 2005.
[9] Michael E. Parmly, op.cit.
[10] Jean-Guy Allard, «Que los yanquis invadan a Cuba, me da los mismo», Granma, 22 décembre 2005. (sito consultato il 23 dicembre 2005).
[11] Ibid.
[12] Parlement Européen, «Trois lauréats pour le Prix Sakharov 2005. Femmes courage à Cuba: un groupe de femmes manifeste contre les détentions abusives», 20 octobre 2005. (sito consultato il 31 ottobre 2005).
[13] Agence France-Presse, «Seule une infime minorité de Cubains profiteraient de la levée de l’embargo», 20 décembre 2005. « La politisation du prix Sakharov» di Salim Lamrani, Voltaire, 12 gennaio 2006.
[14] Ibid.
[15] Frances Robles, op.cit..
[16] Ibid. Sulle ragioni del sostegno popolare al regime castrista, leggere « Cuba n’est pas un fragment de l’URSS oublié aux Caraïbes» di Rémy Herrera, La Pensée libre n.6, giugno 2005.
[17] « Les confessions de Luis Posada Carriles», Voltaire, 14 giugno 2005.
[18] « Appel de six personnalités pour le jugement au Venezuela de Luis Posada Carriles» di Noam Chomsky, Adolfo Pérez Esquivel, José Saramago, Rigoberta Menchú Tum, Salim Lamrani, Voltaire, 29 agosto 2005.
[19] Oscar Corral & Alfonso Chardy, «One Mysterious Voyage Links Five», The Miami Herald, 31 dicembre 2005.
[20] Wilfredo Cancio Isla, «Considera EEUU conceder libertad condicional a Posada Carriles», El Nuevo Herald, 4 gennaio 2006;
[21] José Pertierra, «Posada Carriles a punto de irse a la calle», Cuba Debate, 4 gennaio 2006.
[22] [22] Anthony Summers, « $6,500 to Kill a President : Did Oswald Sell His Soul to Cuba ? », The Times, 7 janvier 2006 ; BBC News, « JFK Assassination ‘Was Cuba Plot’ », 4 janvier 2006 ; José Pino Valencia, « ‘Castro Ordered Kennedy’s Assassination », Deutsche Welle World, 5 janvier 2006 ; Mark Trevelyan, « Cuba Behind JFK Killing, New Film Says », The New Zealand Herald, 5 janvier 2006 ; Kate Connolly, « Cuban Secret Service Plotted JFK’s Death, New Film Claims », The Syndney Morning Herald, 5 janvier 2006 ; Dominican Today, « Cuba Paid Oswald to Kill Kennedy, New Film Says », 5 janvier 2006 ; El Nuevo Herald, « Culpan a Cuba por la muerte de Kennedy », 5 janvier 2006 ; Mark Trevelyan, « Cuba Behind JFK Killing, New Film Says », Reuters, 4 janvier 2006 ; Matt Trevalyn, « Cuba Behind JFK Muerder, Claims Film », The Irish Examiner, 6 janvier 2006 ; David Crossland, « Filmaker Links Island to ’63 Killing of Kennedy », The Washington Times, 6 janvier 2006 ; Hugh Williamson, « German Film Links Cuba to Kennedy Assassination », The Financial Times, 6 janvier 2006 ; Philippe Gélie, « L’assassinat de John F. Kennedy est de nouveau attribué à Cuba », Le Figaro, 7 janvier 2006 ; L’Express, « Lee Harvey Oswald payé par Cuba pour assassiner John F. Kennedy ? », 4 janvier 2006 ; Mark Trevelyan, « Lee Harvey Oswald payé par Cuba pour assassiner John F. Kennedy ? », Libération, 4 janvier 2006 ; Hugh Williamson, « Film : Cuban Secret Service Organized JFK’s Murder », The Miami Herald, 7 janvier 2006 ; Le Nouvel Observateur, « Un documentaire relance la thèse du complot castriste », 4 janvier 2006.
[23] La Jornada, «No es responsable Cuba del asesinato de Kennedy: Berlín», 8 gennaio 2006.
[24] Joaquín Rivery Tur, « Suscriben Fidel y Evo Morales acuerdo de cooperación bilateral», Granma, 31 décembre 2005.
(sito consultato il 2 gennaio 2006).
[25] Frances Robles & Pablo Bachelet, «Cuban Policy Commission Revived to Take a Fresh Look», The Miami Herald, 20 dicembre 2005.
[26] Justin Blum, «Chavez Pushes Petro-Diplomacy», The Washington Post, 22 novembre 2005, p. A22.
[27] Frances Robles, «Lawmakers: Let Cuba Play Ball», The Miami Herald, 18 dicembre 2005.
[28] Anne-Marie Garcia, «Cuba Offers to Donate Money to Hurricane Victims as Baseball Reapplies for Permit», The Sun-Sentinel, 23 dicembre 2005.
[29] « Les États-Unis en guerre de basse intensité contre Cuba» di Philip Agee, e « Un demi-siècle de terrorisme états-unien contre Cuba» di Salim Lamrani, Voltaire, 10 settembre 2003 e 29 novembre 2005.
[30] Andrea Rodriguez, «Cuba Announces 11.8 Percent Economic Growth in 2005», The Sun-Sentinel, 23 dicembre 2005.