DI DANIEL MC GOWAN
Counterpunch
Difensore dello stato ebraico; nega l’oppressione palestinese
Il primo ministro israeliano Ehud Olmert ha suggerito di rimpiazzare il presidente di Israele Moshe Katzav con Elie Wiesel. Le dimissioni forzate di Katzav vengono chieste a causa delle accuse di violenza sessuale che gli sono state imputate.
Le qualifiche di Wiesel per tale incarico sono impeccabili. E’ l’icona di quello che Norman Finkelstein ha definito “l’industria dell’Olocausto” e per questa ragione è servito da specchietto per le allodole per “ottenere il voto ebraico” per tutti i presidenti americani a cominciare da Gerald Ford. Difende Israele considerandolo “Lo Stato Ebraico” anche se molto più della metà della popolazione dei territori controllati da Israele non è ebrea ma arabo-palestinese. Elie Wiesel non chiama campi di concentramento Ketziot o Gaza, non chiama muro la “barriera di sicurezza” e non ammette che Israele sia uno Stato apartheid in cui gli ebrei hanno l’egemonia e i non ebrei godono di minori diritti o addirittura nessuno.Per Wiesel l’Olocausto riguarda esclusivamente gli ebrei ed è il culmine di 2000 anni di persecuzioni da parte dei goyim. L’Olocausto è un avvenimento mistico insondabile e indiscutibile come il concepimento della Vergine, l’apertura delle acque del Mar Rosso e l’Arca di Noè. Per Wiesel “Auschwitz non può essere spiegato né visualizzato…L’Olocausto trascende la storia….I morti possiedono un segreto che noi vivi non siamo degni né capaci di penetrare…L’Olocausto [è] l’avvenimento ultimo, il mistero definitivo impossibile da comprendere o trasmettere” (Elie Wiesel, “ La Volgarizzazione dell’Olocausto”, New York Times, aprile 1978).
Elie Wiesel è miliardario ma cura con attenzione un’immagine di professore perennemente trasandato. In Israele molta gente non gradisce il modo in cui ha sfruttato l’Olocausto per guadagnarsi da vivere, nonostante abbia preso il Premio Nobel per la Pace , la Medaglia Presidenziale della Libertà, la Medaglia di Guardiano di Sion e il premio letterario Ophra. Alcuni israeliani lo considerano un “sho’an”. “Sho’a” significa Olocausto in ebraico, con l’aggiunta del suffisso definisce un professionista specializzato sull’argomento, un “shoalari”. E’ un soprannome giocoso e dispettoso allo stesso tempo, simile a quello impiegato da Norman Finkelstein quando si riferisce a Wiesel chiamandolo “pagliaccio in carica” del circo dell’Olocausto
Israel Shahak, un sopravvissuto all’Olocausto, che visse e lavorò in Israele, definiva Wiesel un “imbroglione patriottico”, non patriota del suo paese natale, la Romania , e neanche degli USA, bensì patriota dello “Stato ebraico” di Israele. Si dice che Wiesel fece pressione su Clinton perché perdonasse il finanziere latitante Marc Rich e ha condotto per molto tempo una campagna a favore della liberazione della spia israeliana, reo non confesso, Jonhatan Pollard. Tuttavia, Wiesel rimase muto quando Israele sequestrò Mordechai Vanunu (per aver dato informazioni sull’arsenale nucleare israeliano), lo incarcerò per 18 anni e continua virtualmente a mantenerlo agli arresti domiciliari. La seconda carcerazione di Vanunu, dopo aver scontato l’intera condanna, turbò persino un acerrimo sionista come Alan Dershowitz, ma non Elie Wiesel che considera Vanunu solamente un traditore di Israele e non un eroe della lotta antinucleare.
Nel 1948 Wiesel lavorò come giornalista per l’Irgun, una banda di terroristi ebrei che perpetrò il massacro di Deir Yassin (1), probabilmente uno dei fatti più significativi della storia palestinese del XX secolo. Tuttavia questo “umanista di prestigio mondiale” rifiuta di chiedere perdono o di riconoscere l’assassinio, il caos e la pulizia etnica attuati dal suo datore di lavoro. Si reca spesso a Yad Vashen, il più celebre museo dell’Olocausto di Gerusalemme e dal Museo dei Bambini può vedere, sull’altro lato della valle, il luogo dove si trovava il villaggio di Deir Yassin. Ciò nonostante non ha mai ammesso i fatti commessi dal suo datore di lavoro; semplicemente, da patriota quale è “non dirà mai niente di brutto sugli ebrei”.
Wiesel cita spesso il grande accademico e pensatore spirituale Martin Buber, ma ignora che Buber ha detto: “I fatti di Deir Yassin sono una macchia nera sull’onore della nazione ebraica”. Da patriota sempre ubbidiente, Wiesel mostra la sua coerenza ignorando i massacri commessi dagli ebrei a Deir Yassin , Sabra e Shatila , Cana e Jenin.
Wiesel pontifica: “Il contrario dell’amore non è l’odio, ma l’indifferenza” e il suo atteggiamento nei confronti del popolo palestinese,depredato e disumanizzato dai sionisti, è di totale indifferenza.
Proclamato “messaggero dell’umanità”, Wiesel nel suo discorso alla consegna del Premio Nobel per la Pace nel 1986 “giurò di non tacere mai ovunque gli esseri umani patissero sofferenza e umiliazione”. Questo significa che considera i palestinesi inferiori agli umani? Che Dio ci liberi dal pensiero che Wiesel consideri i palestinesi Untermenschen, come i nazisti consideravano ebrei e zingari.
Molti israeliani pensano che Wiesel doveva stabilirsi in Israele dopo la guerra invece di andarsene in Francia e poi negli Stati Uniti dove prese la cittadinanza amricana nel 1963. “ Un ebreo può essere ebreo lontano da Gerusalemme, ma non senza Gerusalemme. Anche se un ebreo non vive a Gerusalemme, Gerusalemme vive dentro di lui”. Forse adesso, a 78 anni, è l’ultima occasione per Wiesel di trasferirsi in Israele e servire il suo paese.
Daniel McGowan, professore emerito delle università Hobart e William Smith e attualmente è direttore di Deir Yassin Remembered, una associazione di persone ebree e non che collaborano per costruire nella parte occidentale di Gerusalemme un ‘luogo della memoria’ per Deir Yassin. Per chi volesse contattare McGowan: [email protected]
Versione originale:
Daniel McGowan
Fonte: http://www.counterpunch.org
Link: http://www.counterpunch.org/mcgowan10252006.html
25.10.2006
Versione spagnola:
Fonte: http://www.rebelion.org
Link: http://www.rebelion.org/noticia.php?id=40340
Versione italiana:
Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di EV
NOTA:
1. Deir Yassin è il nome di un villaggio palestinese vicino a Gerusalemme dove, tra il 9 e l’11 aprile 1948, membri del gruppo sionista Irgun assassinarono a sangue freddo 100-120 civili palestinesi, per la maggior parte bambini, donne e anziani. Il terrore provocato da questo massacro contribuì in maniera decisiva al successivo esodo di civili palestinesi, delle cui terre, a oggi, si appropriarono gli Israeliani.