DI MASSIMO MAZZUCCO
Lo abbiamo detto tante volte, e lo ripetiamo anche oggi: le elezioni americane, comunque vadano a finire, non servono a cambiare il corso della storia. Nessun presidente, per quanto tenace e caparbio possa essere, è in grado di farlo.
Le elezioni americane servono però a capire quale sia il sentimento generale della popolazione in un determinato momento storico.
E le elezioni attualmente in corso ci stanno dicendo una cosa molto chiara: sia da destra che da sinistra, la gente è stufa del tradizionale sistema politico. Il fatto che a destra stia vincendo un candidato, Donald Trump, che non è mai stato eletto ad alcun ruolo pubblico nella sua vita, la dice lunga su quanto basso sia l’entusiasmo dei repubblicani per i loro rappresentanti moderati, “di sistema”, come Marco Rubio o Jeb Bush.Il fatto che a sinistra stia vincendo un candidato, Sanders, che si dichiara apertamente “socialista” – una parolaccia vera e propria, nella cultura americana – la dice lunga su quanto basso sia l’entusiasmo dei democratici per la loro rappresentante moderata, “di sistema”, Hillary Clinton.
La grande fatica che la Clinton sta facendo nell’imporsi in campo democratico, inoltre, rivela un’altra verità storica importante: quello che otto anni fa avrebbe rappresentato un cambiamento storico epocale, e cioè l’elezione della prima donna nella storia a presidente degli Stati Uniti, oggi è considerato semplicemente un fatto aneddotico: che vinca un uomo o una donna non fa più nessuna differenza per gli americani. Le nuove generazioni di donne non si sentono più in dovere di votare la Clinton “in quanto donna”, ma sono tornate a mettere le questioni di principio al di sopra di quelle di gender.
E, a quanto pare, sulle questioni di principio Sanders è molto più forte della Clinton. È bastato infatti che Sanders denunciasse pubblicamente il fatto che la Clinton abbia preso $ 800.000 di compenso dalla Goldmann Sachs per una banalissima conferenza, per appiccicare alla sua rivale quell’etichetta di “servitrice dei banchieri” che fa decisamente storcere il naso alla base democratica.
In sintesi, abbiamo una America fortemente polarizzata, sia a destra che a sinistra, con l’estremismo radicale e xenofobo di Trump a fare da traino sul primo fronte, e con un richiamo ai diritti sociali della middle-class a fare da traino sul secondo.
Alla fine, molto probabilmente, prevarrà una posizione centrista e moderata (rep o dem che sia, non fa molta differenza – la convergenza prima di novembre è d’obbligo, da un lato come dall’altro). Il vero vincitore sarà quindi il sistema stesso, che è stato progettato proprio per impedire scossoni e sbilanciamenti in qualunque direzione.
“In medium stat power”, dicono i banchieri di Wall Steet.
Ma resta il fatto che i prossimi anni vedranno una America fortemente divisa al suo interno, e questo non può essere che un cattivo auspicio per il resto del mondo: un’America polarizzata e divisa infatti è molto più facile da controllare, con un’opinione pubblica che può essere molto più facilmente indirizzata verso una guerra sempre più disastrosa per il mondo intero.
Se non c’è equilibrio all’interno della nazione americana, è ben difficile che possa esserci equilibrio nel resto del mondo. E a pagarne le conseguenze, come al solito, saranno le nazioni più deboli del mondo stesso.
Massimo Mazzucco
Fonte: www.luogocomune.net
Link: http://www.luogocomune.net/LC/index.php/18-news-internazionali/4343-elezioni-usa-e-pericolo-mondiale
10.02.2016