Un esperimento Hi-Tech per la discriminazione
DI ANDRÉA SCHMIDT
Molta gente considera importanti le elezioni che stanno per aver luogo ad Haiti, le prime dopo l’espulsione del governo di Aristide e dei suoi con un colpo di stato a fine febbraio dell’anno scorso.
I membri della Comunità Internazionale che hanno appoggiato il colpo di stato dicono questo all’unisono. Ad esempio il Consigliere Speciale del Canada, Denis Coderre, le ha definite un “momento cruciale” e “una svolta storica”. L’élite economica haitiana che ha orchestrato il colpo di stato e alla quale ci riferiamo anche noi chiamandola senza ironia la “società civile” è pure d’accordo nel vedere queste elezioni come un processo attraverso il quale il popolo può consolidare il potere. E molti attivisti di Lavalas, sia nei centri urbani che quelli rurali, credono che, adesso che i preparativi sono in corso, questo sia un momento critico per dimostrare di essere ancora quel partito che rappresenta la maggioranza povera del paese.
C’è però un’altra ragione per cui queste elezioni sono significative, specialmente perchè nessuno sembra parlarne: Haiti sta per sperimentare le prime elezioni biometriche.Per poter votare ogni haitiano con almeno 18 anni d’età deve registrarsi per ricevere la nuova carta d’identità nazionale che sostituirà ogni precedente tipo di identificazione. Dopo le elezioni questa Carta d’identità diventerà obbligatoria per tutti i cittadini per collegarli ai servizi forniti dal governo e alle liste dei contribuenti.
Ogni carta nuova ha una foto digitale e le impronte, pure digitali, del titolare. Al momento si sono registrati e sono in attesa della carta 2,9 milioni di elettori su un totale stimato di 4 milioni nei diversi uffici che operano in tutto il paese gestiti dal Consiglio Provvisorio Elettorale (CEP) con il concreto supporto dell’Organizzazione degli Stati Americani (OAS).
Il problema se questo tipo di carta d’identità sia o no auspicabile non è stato dibattuto pubblicamente sulla stampa haitiana, nel governo ad interim o nella società civile tutta e la maggior attenzione nella discussione sul processo di registrazione si è accentrata sul fatto che giungesse al povero sia nelle città che nelle campagne e basta. Un solo ufficio di registrazione serve Cité Soley e lo hanno sistemato in periferia. Per raggiungere questi punti di registrazione ci sono contadini che devono camminare per 4 o 5 ore. E non solo! Quando la carta sarà disponibile, dovranno tornare a prenderla.
Nessuno poi sembra tener conto del contorno di questa operazione. Attraverso questa carta d’identificazione biometrica, il governo e gli apparati statali saranno in grado di controllare la privacy del cittadino.
La gente mi ha guardato divertita quando ho riferito di come il Parlamento Canadese nel 2003 ha respinto una Carta d’identità biometrica per i cittadini canadesi, dopo che i cittadini si erano espressi con gran clamore sulle minacce alla propria privacy. La carta era stata proposta proprio da Denis Coderre, a quel tempo Ministro dell’Immigrazione che citò l’importanza di un tal documento per la sicurezza nazionale sull’onda delle manifestazioni del 9/11. Così il Ministero la istituì obbligatoriamente solo per gli immigrati che avevano un permesso di soggiorno permanente. Questa carta non è propriamente biometrica benché contenga una fascia digitale in cui ci sono un certo numero di informazioni che consentono al Governo canadese di rintracciare il portatore.
Patrick Féquière è un membro del CEP, l’istituzione provvisoria amministrativa che ha deciso questo tipo di identificazione biometriica per queste elezioni. Secondo lui è una vittoria per un paese dove 450.000 persone, in maggioranza contadini poveri, sono di fatto sconosciuti all’amministrazione governativa perché non hanno alcuna identificazione. Con questo metodo finalmente “esisteranno agli occhi dello stato”.
Secondo noi invece avrebbe senso che in elezioni all’indomani di un colpo di stato in un paese caratterizzato da disoccupazione di massa, da violenza e riorganizzazione paramilitare, di impunità della polizia, violenza sociale, ed interventi massicci internazionali ad ogni livello del potere ci fosse un dibattito nazionale sulla biometria visto che ci sono altre priorità più importanti per Haiti.
Malgrado la retorica di inculcamento che si sta usando per introdurre queste carte d’identità, queste minacciano di diventare una nuova forma, stavolta hi-tech, di escludere a livello nazionale e dall’emisfero occidentale del mondo moltissimi haitiani.
L’identificazione biometrica si poggia su un sistema computerizzato che raccoglie dei dati unici e personali come le impronte digitali, la scannerizzazione del fondo della retina o le foto digitali. Una volta raccolti, li digita e li immagazzina in un banca dati centralizzata. Ogni volta che la carta viene presentata e strisciata per il riscontro, il computer tira fuori tutti i dati che ha ricevuto sotto quel dato nome. Ci sono molte altre informazioni che si possono rilevare: la data di nascita, l’indirizzo attuale, la storia fisica e medica, il livello di credito bancario, la storia politica, o altre informazioni fornite dai servizi segreti che concernono il soggetto titolare. Queste informazioni sono facilmente scambiabili con altri stati e governi che possono confrontarli con quelli di cui questi ultimi sono in possesso e rintracciare persone che entrano in quei paesi per giudicarli a rischio per l’immigrazione o potenziali terroristi.
Un sistema biometrico di identificazione è utile, si dice, perché impedisce che i dati personali vengano “rubati” e usati fraudolentemente per il voto, per accedere ai servizi sociali, per passare le frontiere.
Ci sono però anche le critiche a tale sistema che, coinvolgendo la privacy e la sicurezza, coinvolgono l’uso possibile da parte dello stato per farsi un’idea, per rintracciare, per escludere certe persone o gruppi sulla base dei dati a disposizione.
Féquière dichiara che il governo haitiano non ha alcun progetto di aprire la propria banca dati ad altri paesi di questo emisfero, ma dice che la scelta fatta per questo tipo di identificazione è stata sicuramente influenzata da considerazioni di sicurezza nazionale dopo l’11 settembre. Inoltre prevede che quando gli haitiani viaggeranno negli USA i dati biometrici saranno naturalmente usati per confronto dal governo USA stesso con i propri dati. (Ricordiamo che la presa digitalizzata delle impronte digitali è pratica corrente per la maggior parte degli stranieri che entrano negli USA).
Se così fosse, l’uso obbligatorio della Carta d’identità biometrica è molto pericoloso a causa della funzionalità con la quale istituzionalizza e acutizza i doppi standard e le esclusioni che si vanno accumulando non solo nella società haitiana, ma in tutto il mondo. Haiti è un paese dove la gente combatte per sopravvivere nei quartieri più poveri e sono già considerati dei potenziali terroristi, mentre ex-comandanti mercenari come Jodel Chamblain sono ancora a piede libero. Haiti è anche un porto di traffico attraverso il quale passa un sacco di cocaina diretta negli Stati Uniti. Ad esempio, in Colombia viene usata la retorica della guerra contro la droga per inquadrare, terrorizzare e uccidere la povera gente e gli attivisti progressisti, mentre membri del Cartello come Guy Philippe hanno la facoltà di correre per la presidenza della repubblica con la benedizione dei protettori internazionali come il Canada e gli USA.
Per di più in un contesto politico globale in cui gente come Maher Arar, cittadino canadese, è già deportato in Siria per essere lì torturato perché di razza diversa e perché etichettato come “terrorista” da un sistema di controllo USA sulle Liste Passeggeri, il pericolo di essere disegnati in modo sbagliato da un’identificazione biometrica è grandissimo.
Le carte d’identità biometriche di Haiti sono fabbricate e digitalizzate fuori del paese, dalla filiale messicana della Digimarc, compagnia con sede nell’Oregon che è nell’elenco dei fornitori del Fondo Internazionale per i Sistemi Elettivi. (L’IFES collabora con organizzazioni come l’USAID, l’Istituto Democratico Nazionale, le Elections Canada, con lo scopo di “fornire assistenza tecnica mirata per rafforzare la transizione alla democrazia”.)
Digimarc ha firmato un contratto di 1,5 milioni di dollari con l’OAS e i suoi sistemi sono già usati in tutto il continente americano. Ha prodotto o sta producendo carte di registrazione per votanti per un bel numero di paesi latino-americani fra cui la Colombia, l’Honduras, il Brasile, il Messico e Puerto Rico. Oltre a ciò ha implementato sistemi biometrici anche per le patenti di guida in 32 stati degli USA.
La collaborazione fra IFES, Digimarc e OAS ci suggerisce che i programmi per il “rafforzamento della democrazia” nei paesi tipo Haiti stanno mettendo in atto con sempre maggiore facilità un sistema di rintracciabiltà integrato e di sorveglianza per tutto questo continente.
Quale miglior modo per integrare un intero paese in un programma di questo tipo se non sponsorizzare un colpo di stato e poi avvantaggiarsi del silenzio dovuto al fatto che coloro che potrebbero mettere in questione questo processo di identità biometrica sono più preoccupati per la repressione politica, l’abuso dei diritti umani, le caduta delle rendite e la paura di instabilità politica?
ANDRÉA SCHMIDT
Fonte: www.counterpunch.org
Link: http://www.counterpunch.org/schmidt10062005.html
6.10.05
Trdauzione per www.comedonchisciotte.org a cura di ALDO C. MARTURANO
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