DI ALESSANDRA COLLA
alessandracola.net
Ebola non c’è neanche bisogno di spiegare cos’è perché ormai lo sappiamo — ahinoi — tutti.
Excalibur è il nome del cane di Teresa, l’infermiera spagnola contagiata da Ebola, ucciso ieri.
“Animalari” è il termine dispregiativo con cui i non-animalari designano abitualmente noi animalisti/antispecisti [A/As] (e si qualificano da soli: a suo tempo Lenin ha fatto riflessioni interessanti sull’uso dell’insulto in politica).
Così, all’indomani del contestatissimo abbattimento del povero Excalibur, reo soltanto di essere il cane di un’umana che — pare per sua leggerezza — si è beccata il virus Ebola, ecco che sul web e sui media fioriscono i soliti commenti: “preferiscono salvare un cane che una persona”, “fosse per loro dovremmo morire tutti”, “quante storie per un animale” eccetera eccetera, secondo un repertorio tristo e trito che conosciamo ormai a memoria.
A parte certe posizioni personali, che impegnano soltanto chi le esprime (come me, per esempio, prontissima a dichiarare senza alcuna difficoltà che non riconosco la superiorità assoluta di qualsiasi vita umana su qualsiasi vita non-umana, e che fra certi esseri umani e un qualunque vivente non-umano preferisco quest’ultimo) — a parte queste posizioni meravigliosamente scandalose, dunque, resta l’abisso della profonda incomprensione di ciò che si è consumato ieri, e che i non-animalari liquidano con qualche battutina e il sorrisetto-di-superiorità d’ordinanza.
Quello che noi A/As contestiamo è che si sia deciso di abbattere Excalibur a prescindere; ovvero senza aspettare di tenerlo in osservazione ed effettuare una qualche indagine conoscitiva per verificare il suo effettivo stato di salute e trarre utili indicazioni, pragmaticamente parlando (come sottolinea Juanjo Villalba), sulle modalità di contagio dell’Ebola, le possibilità di cura e la risposta di un organismo animale al virus — è chiaro che il concetto che non siamo topi di 70 chili, come diceva il tossicologo Hartung, è ben lungi dall’essere essere un dato acquisito; ovvero senza riservargli le attenzioni e le cure che si riservano abitualmente ai viventi umani, come se Excalibur non fosse (stato) un essere senziente, con la capacità di provare gioia, piacere, dolore, angoscia. Figuriamoci. Poiché c’era un sospetto di contagio, raus, kaputt, senza se e senza ma. Eppure la possibilità di mettere Excalbur in quarantena c’era, dice Amanda Romero (Igualdad Animal) nell’intervista linkata più sopra: il fatto che si sia preferito percorrere la via più breve denuncia inequivocabilmente la totale incuria nei confronti degli animali ben radicata in Spagna, come lamenta Romero: ma purtroppo presente ovunque nel mondo, aggiungo io. Un mondo psicotico in cui l’assoluta, cieca e abnorme centralità dell’individuo umano viene ribadita con arroganza paranoica da religiosi e da laici, da persone colte e dall’uomo della strada, dai media e dalla moda, in ossequio a un condizionamento culturale plurimillenario che sta precipitando il pianeta nel baratro: e se prima “c’era tempo”, adesso il tempo sta finendo. Non capirlo è criminale. O è stupido. O entrambe le cose.
Adesso però vorrei sapere quand’è che ammazzeranno il marito di Teresa e tutte le altre persone sospettate di essere entrate in contatto con lei: prevenire è meglio che reprimere, lo sanno tutti e soprattutto gli Usa, che nel dubbio se un paese ospiti dei terroristi oppure no decidono di raderlo al suolo subito così ci leviamo il pensiero. E se invece erano tutti innocenti e/o incapaci di difendersi pazienza: ci siamo portati avanti.
Meditatela, l’analogia: perché non è peregrina.
Alesandra Colla
Fonte: www.alessandracolla.net
9.10.2014