EBOLA E LE CINQUE FASI DEL CROLLO

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DI DMITRY ORLOV

cluborlov.blogspot.it

Al momento, il virus Ebola si sta diffondendo in modo violento in tre stati: Liberia, Guinea e Sierra Leone – dove il livello del contagio si sta raddoppiando nel corso di poche settimane, ma si stanno registrando casi isolati e gruppi di casi individuali in varie zone densamente popolate del globo. Un focolaio di Ebola del tutto indipendente è stato rilevato in Congo, ma questo indica una cosa ben precisa: anche se la diffusione del virus è tenuta sotto controllo (benchè già qualcuno parla di pandemia), le continue deforestazioni e la distruzione degli habitat naturali in quelle aree abitate da quella specie di pipistrelli portatrice del virus, rendono molto probabili futuri focolai.

Il tasso di mortalità dell’Ebola può raggiungere il 70%, ma attualmente sembra essersi attestato al 50% nei principali luoghi dei focolai. Questo è un dato peggiore di quello della peste bubbonica, che uccise un terzo della popolazione europea. Precedenti casi di focolai di Ebola si sono verificati in zone rurali isolate, esaurendosi poi da soli, venendo a mancare nuove vittime da colpire. Ma gli attuali focolai si stanno verificando in zone metropolitane densamente popolate e ad alto tasso di mobilità, e le probabilità di un esaurimento spontaneo del contagio in tali contesti sono praticamente nulle.

Ebola ha un periodo d’incubazione di circa tre settimane, durante le quali i soggetti contagiati non sviluppano alcun sintomo e, assicurano gli specialisti, non sono contagiosi. Tuttavia, alcuni pazienti non sviluppano alcun sintomo neanche dopo, nonostante la forte reazione infiammatoria che li rende, quindi, contagiosi. Nonostante questo, sappiamo che quelli non presentano i sintomi di Ebola – febbre alta, nausea, spossatezza, sangue nelle feci e nel vomito, sanguinamenti nasali ed altri sintomi emorragici – non possono contagiare nessuno. Ci viene anche detto che Ebola può diffondersi soltanto attraverso il contatto diretto con i fluidi corporei di un soggetto infetto; tuttavia è noto che tra i suini e le scimmie il contagio avviene per via aerea; e ci viene detto che la possibilità di essere contagiati attraverso colpi di tosse, starnuti e contatto con maniglie, corrimano o sedili dei water è totalmente fuori questione. Va notato che molti individui del personale medico che finora sono stati infettati, lo sono stati nonostante indossassero maschere, guanti, occhiali e tute protettive. In poche parole, niente e nessuno è in grado di garantire che non saremo infettati, a meno che non indossiamo una tuta spaziale o non ci trasferiamo su una stazione spaziale.

C’è un test che mostra se una persona sia o meno infetta da Ebola, ma si sa anche può dare risultati negativi falsati. Altri metodi di controllo attualmente in uso sono anche peggiori. Non saranno certo le attuali misure di “controllo rafforzato” in uso presso diversi aeroporti internazionali, dove i passeggeri che arrivano da paesi potenzialmente rischiosi vengono sottoposti a un controllo per la rilevazione di febbre, spossatezza e nausea, a fermare individui infetti o contagiosi. Sono molto simili a quelle altre misure di sicurezza definite “teatrali” oggi in voga, come quelle di far levare le scarpe o assaggiare il latte materno dei biberon negli aeroporti. Va anche detto che quei termometri che gli agenti puntano alla testa dei passeggeri e che hanno l’aspetto di una pistola, non sono stati una trovata molto felice. Chiunque li abbia ideate merita l’Alta Onorificenza per la Sicurezza Nazionale – magari a forma di bomba e per uso rettale…
Non è chiaro quale sia quella tecnica o quella combinazione di tecniche che possano realmente garantire di poter fermare la diffusione di Ebola. Persino una quarantena di un mese per tutti i passeggeri potrebbe costituire, in ogni caso, un veicolo di trasmissione, a causa dei casi di asintomaticità. E anche una quarantena di confinamento individuale (per quanto impraticabile e illegale) potrebbe esercitare una pressione evolutiva su questo virus a rapida mutazione, spingendolo ad adattarsi ad un’incubazione più lunga di qualsiasi periodo di quarantena.

Il trattamento delle vittime di Ebola si riduce a una terapia di reidratazione e cure palliative. Le trasfusioni di sangue donato da un sopravvissuto sembrano essere l’unica terapia efficace a disposizione. Un farmaco sperimentale chiamato ZMapp è stato dimostrato riesca a fermare Ebola nei primati non umani, ma la sua efficacia negli esseri umani si è dimostrata inferiore al 100%. Si tratta di un farmaco sperimentale, realizzato in piccoli lotti infettando giovani piante di tabacco con un contagocce. Anche se la sua produzione aumentasse, sarebbe troppo poco e troppo tardi per avere un effetto misurabile sull’attuale epidemia. Allo stesso modo, i vaccini sperimentali di Ebola hanno dimostrato di essere efficaci nei test sugli animali, di cui uno si è rivelato sicuro negli esseri umani, ma il processo di dimostrazione dell’efficacia negli umani e la successiva produzione in quantità sufficienti può richiedere più tempo di quanto non occorra al virus per diffondersi in tutto il mondo.

Lo scenario in cui Ebola rischia di far sprofondare il mondo non è ancora certo, ma non può essere liquidato come una sorta di delirio apocalittico: le probabilità che ciò accada non sono nulle. E se Ebola non si fermasse, ha il potenziale per ridurre la popolazione umana della terra da oltre 7 miliardi a circa 3,5 miliardi in un periodo di tempo relativamente breve. Si consideri anche che un calo demografico di tale portata è ancora ben lontano dal provocare l’estinzione umana: dopo tutto, circa la metà delle vittime può guarire pienamente e divenire immune al virus. Ma supponendo che Ebola faccia il suo corso, che tipo di mondo si è lasciato alle sue spalle? Quello che più conta ora è che è il momento più adatto per iniziare a pensare dei modi in cui le persone possano adattarsi alla realtà di un Ebola pandemica globale, allo scopo di evitare una serie di esiti ben peggiori. Dopo tutto, rispetto ad alcuni altri scenari apocalittici, come il cambiamento climatico fuori controllo o l’annientamento nucleare globale, un crollo della popolazione può considerarsi un evento abbastanza benigno, e considerando gli impatti totalmente insostenibili che il genere umano sta avendo sull’ambiente, potrebbe anche finire con il diventare un fatto non del tutto negativo…

Comprendo bene che un tal modo di pensare sia visto come anatema da quelli convinti che ogni problema ha una sua soluzione – altrimenti non vale la pena neanche di parlarne. Certamente non è mia intenzione scoraggiare quelli che stanno tentando seriamente di arrestare la diffusione di Ebola, o di rallentarla fino a che non sia disponibile un vaccino, li aiuterei io stesso se ne fossi capace. Non sono un suicida, e non mi piace affatto pensare alla morte di quasi metà delle persone che conosco. Ma non condivido l’opinione che considerare un tale sviluppo e, in qualche modo, prepararsi ad esso, sia una pessima idea. Lo diventa se provocasse il panico generale. Quindi, se siete persone ansiose e da panico, forse è meglio che vi fermiate qui senza leggere oltre.

Quindi, per il bene di quelli che invece non sono particolarmente soggetti all’ansia e al panico, vado ad applicare la mia vecchia tecnica di esaminare un eventuale crollo in “cinque fasi” : finanziaria, commerciale, politica, sociale e culturale, per poi descrivere brevemente le varie ramificazioni di un’eventuale riduzione del 50% della popolazione mondiale alla luce di questo prisma di lettura. Se volete sapere di più su queste “cinque fasi”, le troverete ben descritte nel mio libro.

Il crollo finanziario

Il nostro attuale sistema di accordi finanziari, con alti livelli di indebitamento che provocano un aumento artificiale del valore dei titoli, delle materie prime, degli immobili e dei…grandi economisti, si basa su un assunto fondamentale: che l’economia globale è destinata a crescere in modo illimitato. E’ vero, la crescita globale ha iniziato la sua corsa al passaggio del secolo, si è fermata per un po’ durante il crollo finanziario del 2008, e da allora è rimasta anemica, con dei timidi segni di ripresa per lo più legati a una quantità spropositata di banconote emesse dalle banche centrali del mondo; e i grandi economisti restano fiduciosi che la crescita continuerà la sua corsa. Tuttavia una cosa è chiara: il dimezzamento del numero dei lavoratori e dei consumatori non sarebbe un fattore favorevole al rilancio della crescita economica.

Anzi, il contrario: significherebbe che molta parte del debito dovrebbe essere cancellata. E allo stesso modo, diverrebbe molto improbabile che le società possano continuare a crescere, con metà della domanda e con metà dei lavoratori a disposizione. Lo stesso nel campo immobiliare: metà degli immobili diverrebbero fatiscenti e vuoti e crollerebbe il loro valore. Se l’approvvigionamento di petrolio superasse improvvisamente la domanda del 50%, questo provocherebbe un crollo del prezzo del petrolio fino a un punto tale da non poter più coprire i costi di produzione, e le compagnie petrolifere sarebbero costrette a chiudere i battenti. Non sarebbe un evento felice per quei paesi talmente dipendenti dalle esportazioni energetiche da far dipendere da queste le loro importazioni di derrate alimentari. E non sarebbe un fatto positivo neanche per quei paesi che hanno necessità di riprogrammare continuamente debiti per migliaia e migliaia di miliardi di dollari a breve termine per poter continuare a sfamare la propria popolazione, attraverso aiuti governativi (uno a caso: Stati Uniti).

“E la conservazione della ricchezza?” si domanda forse già qualche lettore in preda al panico. “Come reagirà il mio portafoglio di fronte al un calo della popolazione mondiale del 50%?” Beh, la risposta è semplice: faresti bene a liberarti di tutto quello che è cartaceo. Valuta, azioni, titoli, mutui e ipoteche. Liberatevi della maggior parte dei beni che possedete: energia, ovviamente, ma anche metalli preziosi, perchè non è di oro che vi potrete nutrire. Andate a cercare persone e terre da coltivare (entrambe le cose diverranno preziose) e fatevi una cultura di come fare per produrre alimenti per sfamarli. Se vi saranno abbastanza grati per il vostro aiuto, loro stessi, un giorno, vi sfameranno. Oppure, vi potete sedere su quella montagna di carta che possedete, che non vi porterà a niente, e aspettatevi di veder arrivare torce e forconi. E poichè i ricchi sono abituati a consumare tanto per se stessi, abbatterli potrebbe diventare una buona strategia per la conservazione della ricchezza per gli altri che ricchi non sono. Quindi, ognuno si senta libero di fare la sua parte.

Il crollo commerciale

Sarebbe un azzardo mantenere in funzione catene di approvvigionamento globali mentre il valore delle materie prime precipita, il credito non è più disponibile, e iniziano a farsi sentire altri effetti a catena del collasso finanziario. Dal momento che gran parte della produzione dipende dai fornitori d’oltremare, molta di essa verrebbe cancellata, venendo a mancare la disponibilità del credito internazionale. I paesi che hanno una sicurezza degli approvvigionamenti di cibo, un forte controllo centralizzato, molte aziende statali e accordi di scambio a lungo termine con altri paesi (due a caso: Russia e Cina) avranno la possibilità di tornare a gestire le proprie economie alla vecchia maniera, in modo tale che i prodotti fondamentali restino sempre disponibili quei prodotti necessari per i sopravvissuti.

Si può prevedere che determinate forme di produzione, in particolare quelle ad alta intensità di capitali, scomparirebbero del tutto. Esempi possono includere i circuiti integrati, l’industria farmaceutica, l’estrazione petrolifera offshore, le tecnologie satellitari e così via. Certe tecnologie di lunga durata, come ad esempio le macchine da stampa e da scrivere manuali e le radio a onde corte (alimentate a pannelli solari), resterebbero in uso, fino a quel momento conservate e messe da parte come cimeli tecnologici del tempo andato.

Per molte attività produttive, si renderebbero necessari dei cambiamenti strutturali del personale. Ad esempio, le navi dovrebbero raddoppiare i loro equipaggi, nella previsione che almeno la metà del personale possa morire durante i viaggi. Questo non sarebbe poi così problematico come potrebbe sembrare: ai tempi delle grandi esplorazioni non era cosa insolita perdere metà dell’equipaggio durante il viaggio, per cause legate a traumi contusivi o a scorbuto. Il passaggio a un personale raddoppiato sarebbe particolarmente importante per le operazioni che riguardano la sicurezza pubblica e, in particolare, le centrali nucleari.

Il crollo politico

Una riduzione del 50% della popolazione mondiale indubbiamente accelererebbe il processo già di per sé rapido con cui gli stati-nazione falliscono e diventano regioni ingovernabili. Non passa neanche un anno senza che uno o più stati vivano attualmente questa trasformazione: Iraq, Afghanistan, Somalia, Libia, Siria, Yemen, Ucraina… E alcuni stati Africani potrebbero unirsi a questa lista prima della fine di quest’anno.

Particolarmente a rischio saranno quei paesi che, dopo un’eventuale crollo petrolifero, si troveranno nell’incapacità di sfamare la propria popolazione. Ad esempio, l’Arabia Saudita è destinata a questa fine se all’improvviso viene a mancare tutta la ricchezza della Casa di Saud. Non appena ciò avvenisse, diverrebbe un facile bersaglio del Califfato Islamico, con conseguenze importanti in tutta l’area in questione.

Ci sarebbe un effetto comune a tutti i paesi, o almeno a quei paesi che ancora non hanno vissuto un crollo politico: poiché la popolazione diverrebbe sempre più giovane di età, scomparirebbe la gerontocrazia. Il numero dei decessi in aumento causerebbe un calo nell’aspettativa di vita, ma dovremmo aspettarci che tale effetto sia molto più evidente nella parte più estrema dello spettro di età. In molti tra i paesi più ricchi e avanzati, c’è attualmente un aumento della popolazione anziana. In tali paesi le persone vivono sempre più a lungo grazie alle cure mediche sempre più efficaci: chirurgie oncologiche, terapie farmacologiche e tante altre terapie di altra natura. Molte di queste persone vivono molto a lungo ma in condizioni di salute sempre più precarie, ed è probabile che un virus come Ebola provochi la morte di un numero elevatissimo di questa fascia di età. Organizzazioni come il Senato, dove l’età media si aggira intorno ai 60 anni, potrebbe perdere più della metà dei suoi membri – per la gioia di molti cittadini americani, a sentire i sondaggi di opinione.

Per quei paesi che riusciranno a rimanere stabili, la scomparsa di una larga parte della popolazione anziana porterà a profonde riforme economiche e politiche su vasta scala. La gente più anziana tende a votare più dei giovani e a dare il suo voto a quei rappresentanti che garantiscono una conservazione dello status quo, invece che ad altri che promuovono il cambiamento. Questo è particolarmente evidente in alcuni paesi, come gli Stati Uniti, dove la gente più anziana vota per mantenere quei privilegi conquistati nei tempi di prosperità, privando così le nuove generazioni, e i loro stessi nipoti, di un altrettanto prospero futuro. Si invaliderebbe così la proiezione attuale secondo la quale ci sarebbero solo due persone in età lavorativa a sostenere ogni pensionato. Potranno verificarsi altri tipi di cambiamenti positivi, ad esempio in molte discipline accademiche, dove niente cambia finchè non si estingue la vecchia guardia, potrebbero assistere a un nuovo rapido progresso.

Il crollo sociale

C’e’un ampio spettro di sviluppi possibili. Quelle comunità etnicamente omogenee, ben difese, fortemente unite da tradizioni sociali e religiose conservatrici e uniformi, con una storia tale dall’aver favorito autosufficienza e perseveranza, avrebbero maggiori possibilità di sopravvivenza e di guarigione. Invece, altre comunità etnicamente divise, caratterizzate da una storia di fanatismo, razzismo e conflitto etnico, con norme deboli, opzionali o addirittura inesistenti, di etica morale pubblica, integrati nell’economia mondiale in maniera non-opzionale, abituate al disagio, hanno maggiori possibilità di soccombere in maniera massiccia.

Il crollo culturale

Le comunità con più possibilità di sopravvivenza sono quelle che possono conservarsi in modo autonomo e in piccola scala. Particolarmente favorite sono quelle con una forte tradizione orale, che educano i propri figli all’interno della loro famiglia piuttosto che mandarli alle scuole gestite dal governo, e che fanno affidamento su sistemi interni di giurisprudenza e di governo, in barba a qualsiasi interferenza esterna. E’ difficile immaginare che i Rom dei Balcani o i Pashtun del Waziristan non riescano più a trasmettere la loro cultura solo perché la metà di loro improvvisamente muore. Tali circostanze possono sembrare terribili per la maggior parte di noi, ma per queste tribù non è che una passeggiatina al sole o una gita in barca sul lago, e potrebbero anzi aggiungere un paio di poemi epici su questa nuova esperienza.

Dall’altro estremo ci sono quelle culture che dipendono fortemente dall’insegnamento scritto e che hanno un sistema di scrittura abbastanza complesso da richiedere molti anni di scuola solo per raggiungere un livello base di alfabetizzazione (inglese, cinese). L’educazione si basa sulla trasmissione d’informazioni dai soggetti più anziani a quelli più giovani, e poiché un gran numero di decessi causati dal virus comprimerebbe lo spettro dell’età verso la sua estremità più giovane, il numero degli “insegnanti” sarà ridotto. Insieme ad atre inevitabili “interruzioni”, l’istruzione pubblica potrebbe diventare impossibile in molte aree, con la conseguenza, nelle generazioni successive, di livelli più bassi di alfabetizzazione. Privata del suo principale meccanismo di acquisizione della conoscenza, la cultura della gente in queste aree ne risulterebbe distrutta. Agli estremi dello spettro potrebbero trovarsi delle bande di bambini allo stato selvaggio, che parlano una lingua che nessun adulto sarebbe in grado di comprendere. E a questo punto ci troveremmo di fronte al compimento del crollo culturale.

Strategie di difesa

Ho già detto in precedenza che sarebbe una buona idea creare degli accordi secondo i quali i sopravvissuti potrebbero continuare a sfamarsi e a rifornirsi dei beni di prima necessità.
Oltre a questo, ci sono i meccanismi di base della gestione della pandemia. La strategia attuale lo considera come un problema medico, che può essere meglio gestito da medici e infermieri che lavorano in ospedali e in cliniche. Questa strategia funziona solo fino a quando l’epidemia si potrà considerare sotto controllo; una volta che essa non lo è più, i medici e i paramedici (i più esposti al contagio e quindi alla morte) farebbero bene a rifiutare di prendersi cura di malati di Ebola.

In mancanza di un’efficace prevenzione e cura, i pazienti di Ebola hanno bisogno di un rifugio, di idratazione, di igiene e di cure palliative e, se e quando muoiono, del giusto smaltimento dei resti. Lo scopo è quello di fare ciò che è possibile per dare ai pazienti una possibilità di poter guarire più o meno da soli. A tale scopo, è molto importante fare tutto quanto sia necessario perché la gente muoia soltanto per l’Ebola e non a causa di un’esposizione, disidratazione o di altre malattie che insorgono in circostanze di grave disagio come il colera o il tifo. L’igiene è la cosa più importante di tutta quest’operazione.

Questi servizi non è necessario che siano forniti da personale medico qualificato. I due principali requisiti sono: 1. l’immunità psicologica a scene di sofferenze terribili e di morte; 2. l’ immunità a Ebola. Il primo è una dote naturale, alcuni la hanno, altri no. Il secondo, invece, proviene gratuitamente dal virus Ebola stesso in collaborazione con i sistemi immunitari dei sopravvissuti.

La lingua inglese non ha un termine che descriva questo tipo di figura “specialistica”, ma altre lingue lo hanno: ad esempio il termine russo “sanitar” . Un detto russo dice: “i lupi sono i sanitar della foresta” poichè la liberano dagli esseri malati, deboli e zoppicanti, dando così a chi sopravvive una maggiore possibilità di continuare a vivere. Un “sanitar” non ha bisogno di una formazione strettamente medica, anche se una certa preparazione è comunque necessaria per la diagnosi, per le cure palliative, per le misure igieniche da seguire e per lo smaltimento dei cadaveri.
Un terzo requisito si applica al servizio sanitario nel suo insieme: il numero degli operatori sanitari deve crescere a mano a mano che il virus si diffonde. Dal momento che il numero delle persone infette aumenta in maniera esponenziale, anche il numero degli addetti sanitari deve poter crescere allo stesso ritmo. E’ assurdo pensare che si troveranno tante persone disposte a collaborare volontariamente; quindi bisogna trovare la maniera per procurarsene. E una maniera più che ovvia è che i sopravvissuti al virus possano restare a disposizione del personale sanitario: una volta che si è dentro, ci si resta finchè non è passata la pandemia o fino alla morte, a seconda di cosa avverrà per primo. Se una persona guarisce dal virus, dopo un breve periodo di formazione, dovrebbe prestare servizio nel campo sanitario, fino al debellamento del virus.

Se non condividete le strategie di difesa che sto proponendo, sentitevi liberi di proporne una vostra. Ricordate, tuttavia, che qualunque cosa voi proporrete dovrà sempre fare i conti con un tasso di infezione virale di tipo esponenziale. Certo, potrete proporre un ottimo budget di pubblica sanità, ma qualunque esso sia dovrà raddoppiarsi ogni mese, e dovrà continuare a raddoppiare fino a che il numero dei pazienti non sarà più in milioni, ma raggiungerà il miliardo.

Dmitry Orlov

Fonte: http://cluborlov.blogspot.it

Link: http://cluborlov.blogspot.it/2014/10/ebola-and-five-stages-of-collapse.html

10.10.2014

Traduzione per www.comedonchisciotte.org acura di SKONCERTATA63

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