E’ ORA DI PRENDERE SUL SERIO UNA RECESSIONE GLOBALE GUIDATA DAGLI USA

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DI LAU NAI-KEUNG

Penso che sia il momento di dare uno sguardo serio alla possibilità che gli USA ci stiano per trascinare in una recessione mondiale nel giro di uno o due anni.
E’ risaputo che gli USA sono la maggiore economia del mondo, che costituisce circa il 30% del PIL globale, ma sono ormai anche il maggior paese al mondo che contrae debiti. Secondo le massime autorità in materia, il Comptroller General Statunitense David Walker, il quale verifica i libri del governo federale, il conto per le promesse a lungo termine che il Governo USA ha fatto a creditori, pensionati, veterani e poveri ammonta a 43.000 miliardi di dollari, 145.000 dollari per cittadino, ovvero 350.000 dollari per ogni lavoratore a tempo pieno.
E questa cifra non tiene nemmeno in conto tutti i debiti individuali quali fatture di carte di credito e ipoteche. Con un basso tasso d’interesse dell’1%, ripetutosi negli ultimi tre anni di fila, i risparmi sono precipitati fino ad appena l’1,8% l’anno scorso, sotto l’1% da gennaio e zero nelle ultime stime del Bureau of Economic Analysis. Nel 2000, per la prima volta in venti anni, il debito della famiglia ha superato il 18% degli introiti disponibili. I debiti da carta di credito costituiscono da soli una media di 7.200 dollari per famiglia.

Il debito del Governo USA è finanziato in questa maniera: gli USA attualmente mantengono un deficit commerciale approssimativamente al 6,5% del proprio PIL, e il divario si amplia ogni giorno. I suoi cittadini stanno spendendo sempre di più sui beni esteri, e, con il dollaro USA quale valuta internazionale, il Governo USA per finanziare il deficit emette denaro e basta. E con questo denaro le banche centrali dei paesi con un surplus acquistano la maggior parte delle obbligazioni del Ministero del Tesoro USA come riserve di valuta.

Ormai il Giappone è il maggior creditore del Governo USA, e il gigante Cinese è stato un fervido acquirente negli ultimissimi anni. Come per Hong Kong, la maggior parte se non tutte le nostre riserve sono in beni denominati dal dollaro USA. Il Governo USA in cambio si serve di questo denaro estero preso in prestito per finanziare fino al 90% del deficit federale che l’anno scorso si attestava sui 412 miliardi di dollari. Si calcola che attualmente il deficit federale aumenti di circa 2 miliardi al giorno.

Per farla semplice, gli americani hanno vissuto ben oltre le loro possibilità per troppo tempo. In cima a tutto questo, l’Amministrazione Bush ha tagliato le tasse per almeno tre volte durante la gestione di una costosa guerra in Iraq, già costata alla nazione 700 miliardi di dollari e che sta attualmente procedendo al ritmo di 5,6 miliardi di dollari al mese. Ora l’economia USA è dipendente dalle banche centrali di Giappone, Cina e altre nazioni che investono nell’erario pubblico USA e mantengono bassi i tassi d’interesse americani. I tassi d’interesse bassi fanno sì che i consumatori Americani non si lascino sfuggire i beni importati.

Ogni economista che si rispetti sa che questa situazione è insostenibile. Questo vale anche per la carismatica guida economica del paese Alan Greenspan, che ha recentemente avvisato i suoi connazionali che il deficit del bilancio federale impedirebbe alla nazione di assorbire probabili shock dal deficit commerciale elevatissimo e dal boom delle abitazioni. Ora potremmo dover aggiungere due ulteriori preoccupazioni: prezzi del petrolio alle stelle e cicloni.

Gli USA si trovano ora chiaramente in guai grossi, economicamente, socialmente, politicamente e internazionalmente. L’Amministrazione Bush si è messa ben bene nei pasticci con le conseguenze del ciclone Katrina a New Orleans e poi con la replica in tono minore di Rita a Houston, e questo scatenerà lo scoppio generale di insoddisfazione della gente nei confronti del governo, il che porterà grandi disordini interni per diversi anni. Con ogni probabilità i tassi d’interesse a lungo termine saliranno, e la più grande bolla di ricchezza che il mondo abbia provato scoppierà nel giro di uno o due anni.

Il conto alla rovescia è in corso, e non c’è possibilità che qualcuno possa fare qualcosa per invertirlo o tramite misure a breve termine quali politica fiscale e monetaria, o attraverso una riforma a lungo termine della politica di tassazioni, dei programmi di autorizzazione e anche dell’intero bilancio federale. Questo è tanto nevitabile quanto grave, ed avverrà sotto un nuovo ed inesperto presidente della Federal Reserve. Non voglio sembrare allarmista, ma vedo davvero brutti presagi.

Per semplificare le cose proviamo semplicemente ad esaminare alcune questioni economiche di base sollevate da alcuni economisti:

Cosa succede se il dollaro crolla? Lo faranno anche i titoli? E le pensioni?

Cosa succede se i tassi d’interesse volano verso l’alto? Come faranno i nuovi proprietari di case, che si sono arrabattati per comprare casa con mutui di soli interessi e variabili, a coprire le loro ipoteche?

Come farebbero i consumatori ad effettuare i loro pagamenti con un debito record sulle loro carte di credito? Smetterebbero di comprare? Di andare in vacanza? Che succederà se falliscono? Nuove norme che entreranno in vigore questa fine dell’anno rendono le cose più dure per questi debitori.

Come potrebbe un governo, che per operare dipende dalle tasse di un’economia forte, mantenere tutte le sue promesse?

Per noi la buona notizia è che quando il paese si troverà nei guai fino al collo, gli USA non avranno l’energia necessaria per stuzzicare un paese come la Cina. Anche se si rendesse necessario cominciare un’altra guerra per sviare l’attenzione della gente, ne sceglierebbero uno più piccolo per dimensioni e più debole per forza, come l’Iran. Ciò fornirà alla Cina un ambiente molto più amichevole per fare buon uso del suo “periodo di opportunità strategica” fino al 2020 affinché il paese passi attraverso una zona turbolenta tra introiti pro-capite di 1.000-3.000 dollari.

Ma, per farla breve, ora non sono solo gli USA a starnutire, ed ogni sintomo indica che stanno per soffrire di un problema come la SARS, è il mondo intero che dovrebbe prendere delle precauzioni straordinarie per non infettarsi. Una cosa è certa: un giorno di un futuro non troppo lontano ogni banca centrale e investitore istituzionale scaricherà dollari USA e obbligazioni del Ministero del Tesoro USA. Poi, quando un Paese come la Corea del Sud scaricherà dollari, l’erario pubblico USA ancora invenduto alla voce ‘disponibilità’ delle banche centrali asiatiche – 2.000 miliardi di dollari secondo alcune stime – crollerà. Il dollaro ridotto nel prezzo causerà un improvviso balzo dell’inflazione USA, che costringerà la Federal Reserve a tirar su i tassi d’interesse. Un balzo gigante nell’inflazione causerà una dura recessione, o forse una depressione, negli USA. Si prosciugheranno le esportazioni di questi Paesi verso l’America, che in cambio diffonderà in un lampo l’inflessione economica globale.

Dopo il fuggi fuggi chiunque si sarà fatto male, nondimeno la banca centrale Cinese e l’Autorità Monetaria di Hong Kong, che sono i principali creditori verso gli USA e con gli USA come loro mercato di esportazione numero uno. La recente riforma valutaria dell’RMB [ndt: indicata con Renminbi “RMB”, che in Cinese significa “valuta del popolo”, è la valuta Cinese, lo yuan; 1 yuan = 0.10 euro circa] è tempestiva, ed è ora di fare qualcosa per il dollaro di Hong Kong. Nello stesso momento, la Cina dovrebbe fare uno sforzo supplementare per riavviare il consumo interno, e diversificare il proprio mercato molto in fretta prima che la grande bolla USA esploda.

Lau Nai-Keung
Fonte:www.chinadaily.com.cn/
Link:http://www.chinadaily.com.cn/english/doc/2005-10/06/content_482807.htm
6.10.05

Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di ORIENTE

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