DI CHRIS HEDGES
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Il pianeta che abbiamo sconquassato si rivolterà furiosamente. La folle avidità della sconfinata espansione capitalista farà implodere l’economia mondiale. Il sequestro delle libertà civili, attuato nel nome della lotta al terrore, c’imprigionerà in una fitta rete interconnessa di sicurezza e sorveglianza, da Mosca, passando per Istanbul, fino a New York. Per affrontare quello che ci attende dobbiamo contare sull’immaginazione umana. Fu l’immaginazione umana che permise agli Afro-Americani del tempo della schiavitù e di Jim Crow di trascendere dalla loro condizione fisica. Fu sempre l’immaginazione umana che sostenne Toro Seduto ed Alce Nero mentre assistevano allo scempio delle loro terre e culture. E fu l’immaginazione umana che permise ai sopravvissuti dei campi di concentramento nazisti di conservare la forza del sacro.
E’ l’immaginazione umana che permette di trascendere. Canti, spirituals, gospel, il blues, la poesia, la danza e l’arte si sprigionarono dalla schiavitù per sostenere e nutrire l’immaginazione. Furono queste le forze che, come ha scritto Ralph Ellison, “avevamo al posto della libertà.” Gli oppressi – che conoscono il loro destino – sarebbero i primi ad ammettere quanto sia assurda, a livello razionale, una tale nozione, ma sanno anche che è solo grazie all’immaginazione che stanno sopravvivendo. Alcuni ebrei deportati ad Auschwitz pare abbiamo fatto un processo a Dio per l’Olocausto e poi lo hanno condannato a morte. Dopo il verdetto, era presente un rabbino per guidare le orazioni serali.
Gli Afroamericani e i Nativi Americani per secoli non hanno avuto mai molto controllo sui loro destini. Forze bigotte e violente li tenevano soggiogati dai bianchi. La sofferenza per gli oppressi era tangibile. La morte era la compagna più fedele per loro. E fu solo la loro immaginazione, come scrisse William Faulkner alla fine di “L’urlo e il furore” che gli permise di “resistere” – a differenza della famiglia bianca dei Compson nel racconto.
Il teologo James H. Cone ce lo rappresenta nel suo capolavoro: “La Croce e l’albero dell’impiccagione”. Cone dice che per i neri oppressi la croce era “un simbolo religioso paradossale perché invertiva il sistema di valori del mondo con la novità che la speranza ci arriva attraverso la sconfitta, che la sofferenza e la morte non hanno l’ultima parola, che gli ultimi saranno i primi e i primi saranno gli ultimi”.
E Cone continua:
“Che Dio potesse tirare fuori il tutto dal niente” attraverso la croce di Cristo era una totale assurdità per la ragione, eppure una profonda verità nell’animo dei neri oppressi. Gli schiavi neri che per primi ascoltarono il messaggio evangelico incentrarono tutto nel potere della Croce. Cristo crocifisso manifestava l’amore e la presenza liberatoria di Dio proprio nella contraddizione della vita dei neri a quei tempi – una presenza trascendentale nella vita dei Cristiani neri, da cui traevano la forza per credere che alla fine dei tempi, nel futuro escatologico di Cristo, non sarebbero stati sconfitti dalle “pene del mondo”, per quanto grandi e profonde erano le loro sofferenze. Credere in questo paradosso, questa assurda rivendicazione di fede, era possibile solo con l’umiltà ed il pentimento. Non c’era posto per i superbi e i potenti, per persone che credevano che Dio li chiamasse a comandare su altri. La Croce era la risposta di Dio al potere (bianco) con l’amore senza potere, che dalla sconfitta traeva la vittoria.
Reinhold Niebuhr, come ci dice Cone nel suo libro, chiamava questa capacità di sfidare le forze maligne “una sublime follia dell’anima”. Niebuhr scrisse che “solo la follia può confrontarsi con le forze del male”. ”Questa sublime follia, come la intende Niebhur, è pericolosa, ma anche vitale. Senza di essa “la verità viene oscurata”. E anche Niebhur sapeva che il liberalismo tradizionale era una forza inutile in quei momenti estremi.
Al Liberalismo, disse Niebuhr “manca lo spirito entusiasta, per non parlare del fanatismo, indispensabile per riuscire a cambiare i percorsi del mondo”. “E’ troppo intellettuale e troppo poco emotivo per essere una forza tale da muovere la storia.”
La “sublime follia” di Niebuhr permette a tutti di vedere le possibilità di un mondo che solo i visionari possono vedere, come gli artisti e i pazzi. E ci permette di lottare per queste possibilità. I profeti della Bibbia Ebraica avevano proprio questa pazzia sublime. Le parole dei profeti ebraici, come scrisse Abraham Heschel, erano un “urlo nella notte. Mentre il mondo è in quiete e dorme, il profeta sente le sferzate dal cielo””.
Primo Levi nelle sue memorie “Se questo è un uomo” parla di quando insegnava l’italiano ad un suo compagno di sventura, Jean Samuel, in cambio di lezioni di francese. Levi recitava a memoria a Samuel il Canto XXVI dell’Inferno di Dante. E’ la storia dell’ultimo viaggio di Ulisse.
Levi scriveva: “Ha ricevuto il messaggio. Ha sentito che è qualcosa che riguarda anche lui, è qualcosa che riguarda tutti gli uomini che faticano, e in particolare riguarda noi qui.” E continua: “E’ di assoluta e vitale importanza che lui ascolti, che lui capisca, prima che sia troppo tardi; domani io o lui potremmo essere morti, o non potremmo più rivederci.”
Dal ghetto di Varsavia il poeta Leon Staff scrisse: “In questo momento, abbiamo bisogno della poesia prima ancora che del pane; proprio ora, che sembra che essa non serva più a niente.”
Solo chi fa appello all’immaginazione, e attraverso questa aiuta anche chi soffre insieme a lui, riesce a trovare la forza per resistere.
“ … La gente notò che Cavallo Pazzo era più bizzarro del solito,” disse Alce Nero ricordando gli ultimi giorni della guerra contro gli indiani d’America. E sempre parlando del grande guerriero Sioux: “Non era quasi mai all’accampamento. La gente lo trovava da qualche parte all’aperto, al freddo, e gli chiedeva di tornare a casa con loro. Ma lui non ci andava, anzi a volte diceva alla gente quello che dovevano fare. A volte sembrava che non avesse mangiato niente da giorni. Una volta mio padre lo trovò così, da solo, e lui disse a mio padre: “Zio, hai notato come mi sto comportando. Ma non devi preoccuparti, ci sono grotte e caverne dove posso benissimo vivere, e lì gli spiriti possono aiutarmi. Sto facendo dei piani per la mia gente.”
Omero, Dante, Beethoven, Melville, Dostoevskij, Proust, Joyce, W.H. Auden, Emily Dickinson e James Baldwin, ed altri artisti come lo scultore David Smith, la fotografa Diane Arbus e il musicista blues Charley Patton, ce l’avevano tutti. Quella sublime pazzia che fa cantare, come fece il bluesman Ishman Bracey nella Contea di Hinds, Mississippi. “Sto male da così tanto tempo che stare male non mi preoccupa più”. E nelle nebbie dell’immaginazione si trova anche la certezza della giustizia divina.
Sento sorgere il mio inferno, sorge ogni giorno;
sento sorgere il mio inferno, sorge ogni giorno;
Un giorno brucerà tutte queste foglie e laverà via il mondo intero.
I più grandi eroi ed eroine di Shakespeare—Prospero, Antonio, Giulietta, Viola, Rosalinda, Amleto, Cordelia, e il Re Lear – hanno tutti questa sublime follia. Come dice Teseo nel “Sogno di una Notte di Mezza Estate”:
(..) Amanti e pazzi hanno un cervello così fervido,
una fantasia così fertile, che concepiscono
più di quanto la fredda ragione possa comprendere.
Il lunatico, l’amante e il poeta
sono tutti fatti d’immaginazione. (..) (Atto V)
E infine, l’artista ed il rivoluzionario fanno quello che fanno e pagano qualsiasi prezzo debbano pagare, poiché entrambi sono posseduti da una visione; e non sono tanto loro che seguono la visione, è la visione che li trasporta.” Scrisse James Baldwin. “Altrimenti, non resisterebbero così a lungo, non potrebbero abbracciare così a lungo la vita che sono spinti a condurre.”
Chris Hedges
Fonte: www.truthdig.com
Link: http://www.truthdig.com/report/item/a_time_for_sublime_madness_20130120/
20.01.2013
Traduzione per Comedonchisciotte.org a cura di SKONCERTATA63