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È IMPOSSIBILE VINCERE UN NEMICO INVISIBILE

Discorrendo sui Nuovi Tempi occorre sapere: chi è il nemico, che posizione occupa, quali le armi che usa
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A cura di Redazione CDC
Il 15 Gennaio 2023
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Di Romano Cristiano

A qualcuno potrà sembrare assai curioso che, in una guerra, ci possa essere un nemico del tutto invisibile; anzi, non soltanto curioso, ma anche impossibile. La realtà è però un po’ diversa: curioso, sì; impossibile, no. E lo affermo con convinzione, sia pur nel caso in cui, fino a questo momento, un fatto del genere non sia mai successo. Se non è successo, ciò non significa che non possa succedere. Faccio un esempio: è incredibile come, ai tempi d’oggi, si parli, in un modo quasi esagerato, di democrazia, ma pochi ne conoscano il significato vero e próprio o profondo. Questo fatto, per caso, è dannoso? Sì, senza dubbio; e mi spiego. Non credo ci sia qualcuno capace di contestare la seguente asserzione: la democrazia è il miglior regime politico possibile. Alla fin dei conti, gli esseri umani sono tutti uguali e, quando vivono in società, hanno tutti il diritto di prender parte all’amministrazione della stessa, in un modo giusto e chiaro. C’è però un problema: nella vita in società è essenziale che tutti i rispettivi membri rinuncino ad una parte dei loro diritti come esseri umani, affinché tutti i membri della società possano avere uguali diritti; in altri termini, la vita in società comporta limitazioni. Una logica conseguenza sta nel fatto che, se un gruppo di membri si serve di sotterfugi per accaparrarsi maggiori diritti, a detrimento di quelli dgli altri, tale condotta può scatenare una guerra, capace di assumere una forma tradizionale o una forma assai originale.

Mi dispiace dirlo, ma siamo in piena guerra, anche se il fenomeno non è affatto percepito da parte cospicua dell’umanità. Si tratta d’una guerra senza quartiere, ma non dichiarata, che ci viene mossa da gente la cui identità e posizione non conosciamo, e che per giunta usa armi del tutto sconosciute, perché non convenzionali e mai usate nella storia dell’intera umanità. Si dice che la guerra sia una cosa molto seria per essere affidata ai generali. Verità santa! I generali sono degli esperti nell’arte d’affrontare e vincere una battaglia. Ma la guerra non è una battaglia o un insieme di battaglie: è qualcosa di assai più complesso. Richiede tantissime cose, di natura diversa, che possono essere offerte soltanto da esperti nelle materie specifiche richieste. C’è bisogno di studi e di preparazioni preliminari; d’una strategia generale; di diverse tattiche particolari; di conoscenze approfondite sulle armi esistenti, sulla geografia del territorio nemico e sui mezzi di comunicazione; e di tantissime altre cose. Mi azzardo a sostenere ci sia bisogno anche di un po’ d’umanesimo. Mi spiego. Come appassionato di storia, ho recentemente letto diversi libri su Napoleone (il Grande), il quale, pur non essendo ritenuto uno stratega geniale, era però assai stimato e rispettato come un abilissimo e sorprendente tattico. Ebbene, dopo molta riflessione, sono arrivato alla conclusione ch’egli era del tutto sprovvisto di umanesimo, la cui mancanza lo ha letteralmente annientato.

Vado oltre. Già da tempo, mi considero un giurista com solide basi filosofiche. Ebbene, come filosofo, mi sono accorto d’una cosa che mi è parsa assai utile: la nostra mente opera su tre livelli diversi: quello della semplice erudizione (che sorge quando si memorizza ciò che hanno scoperto gli altri); quello della cultura propriamente detta (che sorge quando, nell’esercizio d’una attività, si incomincia a pensare con la propria testa); quello della filosofia, madre delle scienze (che sorge quando, nell’esercizio d’una attività, si riesce ad andare oltre i limiti di questa). Oggi, nella vita in società, sentiamo necessità premente d’amministrare un problema addirittura colossale: abbiamo a che fare con nemici poderosi che, per andare avanti nella conquista del potere globale, sfornano continuamente, a più non posso, teorie meravigliose ed attraenti, tutte però all’infuori di ogni logica. Un problema del genere può essere affrontato soltanto da un filosofo. Da notare che, per filosofo, non intendo il professore di storia della filosofia, il quale, nella maggior parte dei casi, trasmette ciò che ha imparato a memoria quando alunno; la filosofia pura non ha nulla a che vedere con i filosofi esistiti: essa tratta, unicamente, della maniera con cui la struttura della nostra mente funziona.

Naturalmente, quando mi riferisco ad una guerra in corso, non intendo alludere alle operazioni belliche della Federazione Russa in territorio ucraino, le quali hanno l’apparenza d’un attacco, ma sono in realtà una risposta a delle provocazioni, avendo dunque valore difensivo. È risaputo che le apparenze ingannano; ce lo ha lasciato scritto anche il Manzoni, concludendo: “Così va spesso il mondo”. Ma c’è di più: i napoletani, quando s’accorgono d’avere a che fare con un “furbo”, hanno spesso l’idea d’avvertirlo con questa frasetta: “Ccà nisciuno è fesso!” Comunque – potrebbe dire qualche lettore – sembra che la Russia stia affrontando una Ucraina assai sostenuta (con danaro, armi, soldati ed informazioni) da membri della NATO e dell’Unione Europea; questo significa che, almeno sul piano pratico, ci troviamo davanti ad una guerra vera e propria, di proporzioni notevoli e conseguenze disastrose. Non lo contesto: è proprio vero. Pur tuttavia, e a dispetto di qualsiasi apparenza in senso contrario, non si tratta d’una guerra di tipo equivalente a quelle anteriori.

È apparso un curioso fatto nuovo, che viene chiamato “guerra per procura” e che non s’era mai visto fino ad oggi, in tutta la storia dell’umanità. Questo strano ed originale fenomeno appare nel momento in cui, d’un tratto, uno stato sovrano entra in guerra – direttamente o no – con un altro stato sovrano, senza che il secondo abbia fatto del male al primo e senza che il primo intervenga in virtù di speciali doveri legati a trattati di alleanza militare. Come facciamo a sapere che siamo davanti ad una guerra per procura? Per deduzione: osservando l’assoluta mancanza di logica che l’avvenimento bellico rivela con enorme chiarezza, a dispetto degli edificanti e sublimi discorsi che spesso si fanno per giustificare l’intervento, diretto o indiretto. Per quale strano motivo, nell’ambito d’uno stato sovrano, avvengono cose molto importanti (come, per esempio, una di quelle guerre assai disastrose, che nessuno riesce a spiegare o capire), però del tutto sprovviste di logica?

Qui il discorso diventa eccezionalmente delicato. A dire il vero, le sovranità non hanno sempre le stesse caratteristiche. Esistono, per esempio, stati a sovranità piena e stati a sovranità limitata. Durante il periodo coloniale, esistevano la colonia propriamente detta e il cosiddetto protettorato. Quest’ultimo si distingueva dalla colonia perché la potenza dominante non sopprimeva lo stato occupato e non ne assumeva l’amministrazione: lasciava tutto come stava, anche gli occupanti delle più alte cariche dello stato, i quali, però, venivano controllati da un rappresentante della potenza occupante, ch’era sempre presente con un esercito. In termini giuridici, il protettorato non esiste più; ma, di fatto, continua ad esistere. In caso d’esistenza, l’antica potenza occupante può apparire sotto la forma d’uno stato dominante, con una o più basi militari nel territorio dello stato dominato, il quale viene detto satellite o vassallo; ma può anche apparire sotto la forma di gruppo sociale poderoso, interno o internazionale, non personificato, il quale, in genere, esercita il suo potere nel modo più indiretto possibile, usando diverse tattiche, tra cui l’azione per procura.

Credo d’essere giunto al punto culminante, e critico, del mio ragionamento. Sì, perché, se noi arriviamo alla conclusione che, effettivamente, esistono degli stati sovrani che muovono guerre per procura, e veniamo a saperlo in virtù del fatto che le dette guerre rivelano una mancanza di logica da far rabbrividire, ciò significa che qualcuno, in un modo assolutamente eccezionale, muove i fili dietro le quinte. Ora, se è próprio vero che qualcuno aziona i fili dietro le quinte, è impossibile non fare emergere un preoccupante binomio: “falso belligerante” (che si vede e si ritiene sia l’unico) e “vero belligerante” (che non si vede, ma è di gran lunga il più importante e pericoloso dei due).

Cosa si può concludere in base ad un quadro del genere? Qualcuno potrà dire: “Va bene: c’è la mancanza di logica. Ma come si fa a sapere con tanta precisione che la detta mancanza significhi, in pratica, presenza di qualcuno che non si vede?” In realtà, non c’è soltanto mancanza di logica: c’è anche un’altra cosa. Quando qualcuno opera dietro le quinte, si nasconde, quindi inganna. Già è stato detto (pare da Lincoln): “Nessuno riesce ad ingannare tutti continuamente”. Questo vuol dire che, ad un certo punto, qualcuno comincerà ad avvertire qualcosa. Perché ed in che modo? Spiego quello che succede a me, in base ad un miracolo fatto dalla mia filosofia. Se l’agente opera di nascosto, credendo di farlo nel modo più assoluto, il suo atto, in verità, non sarà mai assoluto, dal momento che, senza accorgersene, lascerà ogni tanto delle orme, tracce, indizi, insomma dei segni che io uso come tasselli, da fissare in un pannello ideale, come in un mosaico, dopo averne scelto la posizione secondo la rispettiva natura specifica. Dopo breve tempo, i tasselli assumono dei contorni vieppiù definiti, rivelandomi una realtà che turba e mai nessuno mi ha raccontato.

Adesso, finalmente, una dolorosa constatazione: nel caso in cui il mio lungo ragionamento sia vero, dobbiamo correre ai ripari, e in fretta. Sì, perché, se noi non conosciamo il nostro nemico, la nostra possibilità di vincerlo si riduce a zero. Napoleone (il Grande) è stato vinto da un nemico ch’egli non riusciva a vedere. Mi si dirà: “Però, nella battaglia di Borodin, ha visto il nemico e l’ha finanche vinto”. A dire il vero, ha avuto una vittoria tecnica, permessa dalla Russia, la quale, ad un certo punto, ha deciso di non correre rischi, ritirandosi; in pratica, l’esercito russo é rimasto quasi sempre nei pressi di quello francese, senza esporsi, per non dare a Napoleone la possibilità di fare quello che faceva meglio: usare le sue note abilità tattiche per sorprendere il nemico e stupirlo. La campagna di Russia, in effetti, ha avuto esito negativo perché Napoleone si è trovato a combattere con un nemico ch’egli non vedeva. Da notare che, chiarendo queste cose, non penso all’Ucraina ed ai suoi aiutanti, i quali, messi insieme, costituiscono il falso belligerante, non il vero. Ma, alla fin dei conti, chi è il vero belligerante, cioè quello che veramente prende le decisioni ed ordina?

A rigore, nessuno dimostra di saperlo; o perlomeno tutti agiscono como se nessuno lo sapesse. Il problema è assai grave, dal momento che è impossibile vincere un nemico invisibile. Per quale motivo? Quando il nemico è invisibile, vengono a mancare le condizioni per stabilire delle strategie valide e delle tattiche efficaci; simultaneamente, non si conosce la posizione nemica, ragion per cui può succedere che si vada in cerca del nemico in una posizione “A”, mentre esso osserva e ride di tutti in una comoda posizone “Z”; infine, non si conoscono le armi che esso usa, le quali possono essere del tutto non convenzionali, caso in cui le armi convenzionali, probabilmente, non avranno alcun risultato. A proposito! Ricordo una certa epoca recente, durante la quale la Chiesa Cattolica, per arginare il dilagare di nuovi costumi popolari, contrari alla morale religiosa, promuoveva dei movimenti di piazza, cui partecipava sempre molta gente, ma che mi lasciavano assai perplesso perché, allo stesso tempo, i nemici della Chiesa, nei parlamenti di paesi cattolici, collezionavano vittorie, ottenendo leggi che favorivano i detti costumi. La perplessità mi richiamava una famosa frase latina: “Dum Romae consulitur, Saguntum expugnatur”; la quale può essere interpretata così: “Mentre nella città di Roma si perde tempo in chiacchiere, l’alleata Sagunto viene espugnata”.

A questo punto, tenendo conto di tutte le considerazioni già fatte, mi viene da chiedere: come interpretare, nella maniera più razionale possibile, le operazioni belliche realizzate dalla Russia in territorio ucraino? A mio avviso, in primo luogo, c’è da osservare che ufficialmente l’Ucraina ancora combatte da sola; tutti però hanno ormai capito che non è vero, dal momento che, come ho già fatto notare (in base a notizie di tutti i mezzi di comunicazione), essa riceve aiuti continui, ingenti e diversificati da stati membri della NATO e dell’Unione Europea, che si comportano, secondo quel che si dice, come veri e propri alleati. Ciò significa per caso che la Russia stia combattendo di fatto contro l’Ucraina e tutti i suoi alleati? Non posso crederlo, perché non può essere, non ha alcun senso. L’Ucraina sta soffrendo bombardamenti costanti; e gli ucraini stanno fuggendo tutti, verso paesi vicini e lontani. Quanto agli alleati, vengono vieppiù commentati fatti allarmanti: economia in declino, scarsezza di impieghi, inflazione in aumento, prospettiva di un inverno rigido e privo di riscaldamenti; ed altre … belle cose. Quale il motivo di tutto ciò: forse i cittadini degli stati alleati stanno, curiosamente, diventando masochisti? Credo che la realtà sia purtroppo ben più semplice: in mancanza di dati concreti, sono propenso a credere che i governanti dei cittadini citati stiano ricevendo delle precise e convincenti istruzioni da gruppi poderosi, provvisti d’una speciale, anzi straordinaria, abilità a mimetizzarsi, affinché nessuno possa aver la capacità di identificarli.

Insomma, è confermata la tesi del binomio “falso belligerante / vero belligerante”, già enunciata. Si potrà dire: “Ma qual è, in sostanza, la differenza tra una figura e l’altra: il risultato pratico non è lo stesso?” Senz’alcun dubbio, non è lo stesso! Al contrario, è sostanzialmente diverso. Il motivo di tanta diversità è alquanto facile da capire: in una guerra, quando si vince un falso belligerante, il vincitore può avere l’irreale e pericolosa impressione d’aver risolto tutti i suoi problemi; può essere però sorpreso da uno spiacevole particolare: il vero belligerante può non essere stato vinto. In una situazione del genere, egli avrà la possibilità di riorganizzarsi con facilità e prepararsi, con notevole calma, ad attaccare di nuovo. C’è di più: potrà farlo con maggiore veemenza – con conseguenze inaspettate e probabilmente funeste – nel caso in cui usi armi non convenzionali e sconosciute.

La situazione appare, ai miei occhi, come rivestita d’una eccezionale delicatezza e gravità. A tal punto da non ammettere vie d’uscita? Secondo me, una via d’uscita c’è sempre; ma, nell’attuale realtà, essa esige visione eccezionalmente ampia, massima chiarezza d’idee, grande fermezza di propositi, un coraggio senza limiti e … una capacità di dialogo gigantesca. Dialogo tra chi? A mio avviso, in una situazione così confusa come quella d’oggi, tre sono gli agenti fondamentali: il vero politico, il vero stratega, il vero filosofo. Tutto il resto è secondario. Che Dio ce la mandi buona!

Di Romano Cristiano

ROMANO CRISTIANO è nato nell’antica terra dei Bruzi, dove ha ricevuto una solida formazione umanistica e, soprattutto, filosofica, che gli è stata utilissima nella vita, per aver sviluppato notevolmente delle spiccate tendenze innate alla logica e alla ricerca gnoseologica. Finito, per mancanza di lavoro, a San Paolo del Brasile, è stata appunto la filosofia a fare il miracolo: imparata in poco tempo la lingua, si è laureato presso la più famosa facoltà di legge del Brasile, vincendo più tardi un difficile concorso per occupare una carica di procuratore di stato, che, inaspettatamente, come studioso, gli ha spalancato le porte dell’affascinante mondo delle attività imprenditoriali, alla cui attuale complessità ha dedicato molti anni della sua vita, scrivendo, in portoghese, dodici libri e innumerevoli articoli. Siccome, però, la filosofia è la regina delle scienze, con l’aiuto di essa affronta, non raramente, problemi d’altra natura (politici e di emigrazione, per esempio).

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