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DS: TRA DERIVE E INCIUCI, E' ROSSO SOLO IL BILANCIO POLITICO

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A cura di Davide
Il 18 Gennaio 2006
36 Views

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DI GIULIETTO CHIESA

Si sono autoassolti tutti, i DS, all’unanimità, perchè – si direbbe, o almeno così hanno detto loro – il fatto non costituisce reato. E, infatti, a quanto se ne sa al momento, non c’è stato reato. Giovanni Consorte e il fido Sacchetti hanno tentato una scalata bancaria e loro hanno fatto il tifo. Punto e basta. Che c’è di male? Niente se D’Alema e Fassino fossero dei banchieri. Sfortunatamente per la sinistra , e per il centro-sinistra, non lo erano e non lo sono.
In altri termini è vero fino a prova contraria che il fatto non costituisce reato, ma potrebbe essere un misfatto. Ed è anche vero che non tutti i misfatti sono reati. Ma se è stato un misfatto non si può essere assolti, o autoassolversi, politicamente, perchè politicamente esso resta tale. E il misfatto cui assistiamo ormai da anni – e che ora è venuto al pettine – è la perdita progressiva dell’insediamento popolare, della rappresentanza storica che i DS impersonavano. E’ andata perduta, irrimediabilmente, irreversibilmente, la diversità berlingueriana, ed è stata imboccata una china il cui punto terminale non è ancora stato raggiunto, ma di cui alcune tappe, alcune pietre miliari sono già state segnate e compiute, tra cui – eminente per la sua sesquipedale evidenza – la piena e totale riabilitazione di Bettino Craxi.

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Non è un incidente di percorso, del resto. Si scivola in giù non perchè trascinati da una qualche forza di gravità inesorabile. Si usano, al contrario, le racchette, si spinge. Sono anni che questo slalom è in corso, sempre più veloce. L’unico rallentamento, ogni tanto, è rappresentato dalla necessità di non perdere del tutto il contatto con il proprio elettorato, che non riesce a capacitarsi della deriva, non se la sa spiegare, ma non sa neppure rinunciare alla propria storia, e quindi non può credere di essere stato abbandonato. Questione di generazione e di vischiosità della storia. Naturalmente le generazioni passano e si succedono, gli anziani se ne vanno a miglior vita, e sono quelli che reggono le bandiere, finchè possono. Ai giovani non si ha più niente da dire, da proporre, e quindi non vengono. Il saldo netto è sempre negativo. Ma non si può avere la botte piena e la moglie ubriaca, o come si dice a Genova, “nu se pò sciurbì e sciuscià intu mèshimu tempu”, non si può espirare e aspirare nello stesso tempo.

Loro lo sanno, perchè sono abbastanza scafati da rendersene conto, e indorano le pillole. E va detto che sono riusciti a contenere entro limiti accettabili l’emorragia elettorale. Così come sono riusciti a traghettare, seppure con fatica, una parte del loro elettorato là dove il coro dei revisionisti storici, capitanati da Paolo Mieli, Barbara Spinelli e Giuliano Ferrara, li spingeva.

Così tra scarpe da due milioni di vecchie lire, e leggi che introducono il precariato di massa, e barche in leasing, e telefonate e incontri con i vari Colaninno, Gnutti, e consorterie varie ed eventuali, sperando che altre registrazioni non vengano fuori col contagocce, o magari tutte insieme a dieci giorni dal voto, non si può poi pretendere che funzioni l’ancoraggio morale con la sensibilità dei propri elettori.

Come scriveva quel geniale matusalemme di Carlo Marx, l’uomo è il punto d’intersezione dei suoi rapporti sociali. Che è una versione epica del buon vecchio proverbio secondo cui “dimmi con chi vai e ti dirò chi sei”. E allora se dialoghi nei modi che adesso sappiamo, in piccola parte, con l’amico degli amici dei furbetti del quartiere, e anche, direttamente, proprio con i furbetti del quartiere, allora non puoi pretendere di rappresentare quella grande parte della società italiana che vive con 1200 euro al mese, più o meno.

Non è che li si vuole poveri e vestiti col saio, questi leader. E nemmeno l’elogio del pauperismo. Basterebbe che sapessero quanto costa al mercato un chilo di cavoli e un etto di salame, o l’affitto di una casa. Perchè se lo sapessero non andrebbero nel salotto di Vespa a parlare con i lanzichenecchi che hanno occupato il potere come se fossero dei gentiluomini con cui si può trattare un’intesa che garantisca la convivenza civile.

Tutti capiscono che è un dialogo impossibile, che non porterà a nulla se non alla delegittimazione della sinistra: tutti tranne loro.

Ma questo è solo il punto terminale di una lunga scivolata. Cominciata quando si decise, cioè decisero loro, che il partito pesante non serviva più, e che andava sostituito con quello leggero, altrimenti detto “d’opinione”. Il crollo del comunismo sovietico li aveva sorpresi, folgorati sulla via di Damasco, e decisero che bisognava andare a Washington, anzi a Londra, da Clinton e da Tony. Furono loro, per primi a tirare fuori l’idea del partito democratico, tanto per imitare il modello americano di bipartitismo perfetto, costituito – come ha ben spiegato Gore Vidal – da due ali, entrambe destre.

Furono loro a tirare fuori il sistema maggioritario, che avrebbe dovuto consentire la modernizzazione e la governabilità di cui tanto aveva parlato il defunto in odore di santità tardiva Bettino Craxi.

Tutto ciò – passando per la splendida trovata dei “ragazzi di Salò”, del grande Luciano Violante – senza darsi conto che nelle nuove condizioni sarebbe stata la televisione a decidere “l’opinione” dei più. E senza avere ben realizzato che proprio il loro nuovo punto di riferimento ideale, cioè Bettino Craxi, aveva qualche tempo addietro regalato le televisioni a Berlusconi. Per cui la massima di Platone secondo cui “i pochi controllano i molti attraverso l’opinione” sarebbe stata applicata non da loro ma da Berlusconi.

Di conseguenza, poichè una ciliegia tira l’altra, si trovarono a non avere più i soldi per fare andare avanti un grande partito e neanche avendo più le televisioni di stato, che avevano conquistato con orgogliosa baldanza, infarcendole di clienti del nemico nella speranza di conquistare il centro. I clienti del nemico hanno fatto i clienti del nemico e loro si sono trovati a fare gli ospiti nel salotto di Vespa, cioè a fare gli attori nelle soap opera dell’avversario.

Conclusione provvisoria: diventava inevitabile fare patti per avere soldi e garantirsi spazi nell’universo televisivo. Che è esattamente quello che è avvenuto. Una volta capito questo insieme di dettagli, diventa improvvisamente chiaro perchè Fassino va alle manifestazioni “unitarie” in Piazza del Campidoglio, insieme a Fini, e a Sandro Bondi. O si siede allo stesso tavolo con Berlusconi per salvare gli ostaggi in Irak, o pencola non sapendo che dire circa i motivi della guerra afghana, e poi l’appoggia, ma si trova in difficoltà con la guerra irachena, sebbene tutto sia chiaro fin dall’inizio: che era tutta una bufala colossale inventata da Dick Cheney, e Osama bin Laden più o meno come l’11 di settembre del 2001.

Se ci aggiungi l’inciucio dell’elezione del Consiglio di Amministrazione della Rai, realizzato con la visita di Petruccioli, presidente allora della Commissione Parlamentare di Vigilanza, nella residenza privata del capo del Governo e padrone della concorrenza, da cui Petruccioli esce insignito della carica di presidente della Rai, si può immaginare, sebbene con qualche repulsione (perchè il troppo è troppo), la quantità di patti bipartisan che sono stati siglati all’insaputa del colto e dell’inclita in questi anni.

Nessuno stupore, dunque, se la capacità e la voglia di mobilitazione di questo centro-sinistra è così scarsa e assente. Basti vedere come tutte le sue componenti si siano dimostrate incapaci di gestire perfino la raccolta delle firme per il referendum che – si spera ancora – dovrebbe abrogare la demolizione della Costituzione repubblicana. I lanzichenecchi ci stanno portando via la democrazia, nientepopodimeno, e l’opposizione – che ha regalato loro la schiacciante maggioranza nelle due Camere – non è nemmeno capace di sollevare le piazze per impedire il martirio della Costituzione. Che altra prova occorre per completare la dimostrazione scientifica che questa classe politica ha ormai raggiunto lo stato fisico caratteristico dell’oligarchia? Cioè di un gruppo definito di persone che, a prescindere da cosa li divide, sono accomunate dalla cura di impedire alla gente che le ha elette di ficcare il naso negli affari loro, cioè negli affari pubblici.

Ma la crisi italiana ha galoppato comunque, nonostante l’oligarchia bipartisan. Siamo al si salvi chi può e i patti, più o meno segreti, stanno saltando ad uno ad uno. Se Berlusconi perde è chiaro che la famosa Casa delle Libertà si scioglierà come neve al sole. Malignamente qualcuno che scritto che a Forza Italia succederà Forza Milan e la vecchia Democrazia Cristiana suonerà le trombe dell’adunata richiamando le truppe cammellate che si erano disperse provvisoriamente nei due campi. Alle quali si aggiungerà il neo democristiano Rutelli, sotto le stesse bandiere di Casini, Follini, Mastella and company. Una previsione attendibile è che, cioè, anche il centro sinistra avrà vita breve, nella sua attuale forma, dopo la fine del “nemico”, cioè con il tramonto dell’equivoco rappresentato da Berlusconi.

En attendant le ulteriori, possibili, anzi probabili, registrazioni telefoniche di questo e di quello, senza alcuna speranza che questo o quello dei leader DS si dimetta prima dell’arrivo della bufera, non ci resta che attendere l’uscita dei conigli ancora sconosciuti che Silvio Berlusconi – che non intende arrendersi – dichiara di avere nel suo cappello a cilindro. L’avanspettacolo della politica italiana continua. Non per niente lui intratteneva gli ospiti sulle navi da crociera.

Giulietto Chiesa
dal mensile Galatea
Fonte: www.giuliettochiesa.it
17.01.06

 

  

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