Di Michele Rallo
Dopo aver consegnato il pezzo per la stampa, apprendo l’esito della “giornata storica” di ieri. Dopo aver drammatizzato il non voto dell’altro giorno dei Cinque Stelle, prendendolo a scusa per salire al Colle, Draghi ha adesso dribblato abilmente la campagna organizzata da Taluni (italiani o stranieri che siano) per lasciarlo al suo posto. Una campagna che – chissà perché? – mi ricorda tanto quella che, secondo certuni, aprì la strada al bis di Mattarella. Certo non ci sono più gli applausi alla Scala di Milano o le foto degli scatoloni finite sui giornali, ma il sistema é sostanzialmente lo stesso: convincere l’opinione pubblica che il cambiamento rappresenti un salto nel buio.
Non é così: Draghi il suo lavoro l’ha già fatto, comunque voglia giudicarsi questo lavoro. Io lo giudico come il peggio del peggio: la continuazione del Britannia, delle privatizzazioni, della consegna della nostra economia reale agli stranieri. Certo, non é rimasto molto: i balneari, i tassisti, piccoli manrovesci sulle case degli italiani, e poco altro. Ma
– come diceva Pierino – il pensiero é quello che conta.
Lui aveva sistemato (si fa per dire) le cose ancóra prima, quando si preparava al salto verso il Colle più alto. Ce lo aveva comunicato col sorriso sulle labbra. Ricordate la sua conferenza-stampa? Il PNRR é già incardinato, le “riforme” pure, e quindi poteva tranquillamente lasciare le redini del governo in altre mani.
Allora non gli andò bene. Invece gli é andata benissimo adesso. É stato bravo al Senato: li ha messi alle corde con grande abilità, sia i grillini che il “centro-destra di governo”. Una sequela di attacchi ben calibrati, con calcolata arroganza, con spocchia da vero banchiere della Goldman Sachs. Fino a costringerli a staccargli definitivamente la spina.
Così ha ottenuto quello che voleva. Defilarsi prima che la situazione diventi esplosiva. Lui sa bene che l’Italia viaggia verso una crisi economica e sociale da brividi, una crisi dovuta alla politica suicida delle sanzioni e del prolungamento artificiale della guerra in Ucraina. Lo sa bene, ed ha preferito lasciare ad altri la patata bollente.
E speriamo che non sappia altro. Che non sappia – per esempio – che gli americani si apprestino a una escalation della loro guerra “per procura” contro la Russia, utilizzando i prestanome ukraini per provocare un incidente nucleare a Zaporižja o per tentare l’invasione della Crimea. O che, addirittura, non vogliano coinvolgere direttamente nel conflitto la NATO, e quindi anche l’Italia. Ma – lo sottolineo a scanso di equivoci – questa é soltanto fantapolitica. Mi auguro che rimanga tale.
In ogni caso, Sir Drake ha preso tutti in contropiede e si é tirato fuori dai pasticci. Da qui al giorno delle elezioni ne vedremo ancora delle belle. O, più facilmente, delle brutte.
Di Michele Rallo
Michele Rallo è storico e saggista, ex parlamentare della Repubblica Italiana