Hugh Fearnley Whittingstall domanda: “Perché non dovremmo reclamare l’autorità morale di uccidere gli animali per la nostra alimentazione sulle basi del fatto che offriamo loro un trattamento migliore in vita rispetto a quello che otterrebbero da soli senza il nostro aiuto?
Perché, ritiene il prof. Andrew Linzey, non abbiamo il diritto di colonizzare e uccidere milioni di altri esseri senzienti per farne risorse alimentari, dal momento che si può vivere una vita salutare e felice seguendo una dieta vegetariana.
Caro Hugh
Il vegetarianismo etico si fonda principalmente su due argomenti. Il primo è che è sbagliato uccidere animali senzienti quando questo non è realmente necessario.
Per secoli, cibarsi di carne è stato ritenuto essenziale alla salute dell’uomo. Forse, nel passato, c’erano dei luoghi dove questo era vero. Può darsi che ci siano ancora posti nel mondo oggi dove mangiare carne sia necessario. Ma qualsiasi cosa fosse giusta per i nostri antenati, o anche per qualche persona che vive in luoghi sperduti del mondo, possiamo esser certi che mangiare carne oggi non è fondamentale per noi in questo Paese.
Tale consapevolezza dovrebbe guidare il nostro calcolo etico. Dal momento che siamo liberi di farlo, sussiste prima facie l’obbligo morale di rispettare la vita di altri esseri senzienti.La seconda argomentazione afferma che è sbagliato causare sofferenze gratuite o inutili. La maggior parte delle persone dice di non essere contraria all’uccisione di animali per l’industria alimentare, a condizione che questi vivano una vita naturale e siano trattati, e uccisi, umanamente. Ma ci sono prove schiaccianti che rivelano come nessuna delle condizioni è pienamente soddisfatta nell’allevamento moderno.
Le moderne tecnologie di allevamento espongono gli animali a sofferenze fisiologiche e psicologiche. Condizioni intensive spesso inibiscono le loro naturali necessità comportamentali. A questo si aggiunge la sofferenza insita nel commercio di animali, soprattutto ai mercati e nel trasporto di lungo raggio.
E poi c’è l’atto della macellazione in sé stesso. Sfido chiunque a visitare un normale mattatoio e affermare che gli animali non soffrono. La gente non è consapevole del prezzo pagato in termini di sofferenza animale per la produzione di carne.
Quelli che in buona fede ritengono che gli animali debbano essere mangiati solo se vivono in condizioni dignitose e senza soffrire devono giocoforza diventare vegetariani, o dimostrare che la carne che mangiano è prodotta senza che sofferenza da parte loro, a tutti i livelli di produzione.
Caro Andrew,
Tu riassumi bene gli abusi del moderno allevamento di bestiame. Ma nella tua ultima frase riconosci la strategia alternativa tramite la quale possiamo opporci a queste crudeltà inaccettabili, ovvero supportando i prodotti di coloro che producono carne umanamente, estensivamente e con il dovuto rispetto al benessere e alle necessità istintuali del loro bestiame. Questo è quello che definisco il “contratto di buona amministrazione”, che rappresenta la vera base su cui tutta una serie di relazioni interspecie si sono svolte per millenni.
Ciò che spesso non viene compreso è che l’addomesticamento delle specie da bestiame non fu una riduzione repentina in schiavitù ma una simbiosi evolutasi per gradi. Dapprima alcune specie divennero “inseguitori di accampamenti umani”, dipendenti dagli avanzi che gli uomini lasciavano loro. Poi vennero l’allevamento di bovini e ovini, e l’agricoltura da foraggio specificatamente per ingrassare gli animali al fine di migliorare l’alimentazione. Man mano che questa simbiosi si trasformava in addomesticamento vero e proprio, i capi di bestiame ricevevano protezione dai predatori, sostegno per il parto, e addirittura una rudimentale assistenza medica. Essi hanno prosperato fino a divenire, insieme a noi, una delle specie meglio affermatesi del pianeta.
Il punto critico, tuttavia, è che potremmo reclamare l’autorità morale di uccidere gli animali per cibarcene, sulla mera base del fatto che offriamo loro una vita di molto migliore rispetto a quella che vivrebbero senza il nostro aiuto. E tuttavia sono totalmente convinto che le attuali pratiche di allevamento intensivo rappresentano una violazione cinica e inaccettabile del contratto di buona amministrazione.
La protesta è pienamente condivisibile. Ma diventare vegetariani è una protesta negativa, assimilabile al lavarsene le mani della questione. Al contrario, scegliere la carne attentamente, da carnivoro consapevole, e insistere su prodotti provenienti da allevamenti estensivi e che non arrechino sofferenza agli animali, è un voto positivo che si dà in funzione della restaurazione dei valori del contratto di buona amministrazione e del miglioramento delle condizioni di vita degli animali da allevamento.
Caro Hugh,
Non ho ammesso l’esistenza di una “strategia alternativa”. Ho sottolineato che quelli che accettano il principio che non dovremmo infliggere sofferenze inutili agli animali hanno bisogno, al fine di essere coerenti, di dimostrare che a tutti i livelli la carne è prodotta conseguentemente. Questa è una condizione molto più impegnativa, praticamente impossibile, rispetto a quella di cui tu parli.
Tu affermi che si possono uccidere gli animali solo a scopo alimentare sulla sola base del fatto che offriremmo loro una vita migliore di quella che vivrebbero senza il nostro aiuto. Bene, prendi gli uccelli. Ci sono circa 120 milioni di polli da allevamento in questo paese. I polli da allevamento non riescono nemmeno ad aprire una sola ala, e vivono perennemente sopra reti di metallo inclinate in condizioni di semi oscurità. Persino le anatre e gli uccelli da cacciagione oggi sono allevate intensivamente.
Obietterai che questo è solo un eccesso dell’allevamento industriale. No, anche se si scelgono prodotti biologici la prassi si regge sull’abuso sistematico. Entro 72 ore dalla nascita, milioni di indesiderati polli maschi vengono gassati, soffocati o omogeneizzati (nutriti attraverso tritacarne in massa). Una vita migliore? Davvero?
A dire la verità sono ancora curioso di sapere perché pensi che abbiamo il diritto di colonizzare e uccidere milioni di altri individui senzienti per farne del cibo. Persino le arcaiche pratiche non si autogiustificano moralmente. Anche se si accettasse, tanto per dire, che i cacciatori dell’antichità avevano bisogno di uccidere, questo non fornisce risposte alle domande sull’opportunità di farlo oggi quando si può vivere in salute e felici con una dieta vegetariana.
Tu affermi che il vegetarianismo è una “protesta negativa”, ma molti sistemi sono così intrinsecamente sfruttatori che il disimpegno è l’unica strada. L’idea che si possa ridurre ogni anno in Inghilterra 840 milioni di mammiferi in carne senza “inaccettabili crudeltà” manca di lungimiranza.
Caro Andrew,
Proprio la lungimiranza! La mia visione di un sistema di allevamento nel quale la carne è prodotta senza crudeltà potrebbe sembrare improbabile. Ma in confronto alla tua, tuttora poco chiara, visione di un mondo privo di carne animale, è il massimo della chiarezza e della plausibilità. Conosco molte persone che lottano per ottenerla. Metto me stesso fra questi. Noi stiamo allevando animali felici, li alimentiamo bene e in modo appropriato, li trasportiamo con attenzione al vicino mattatoio. Essi vivono bene e, in confronto ai loro simili in libertà, muoiono soffrendo al minimo.
Si, siamo una piccola minoranza, una goccia nell’oceano paragonati alla produzione industriale di carne. Ma siamo consapevoli del nostro impegno e determinati ad aumentare di numero. E facendo questo, il benessere degli animali delle nostre fattorie aumenterà.
Nel frattempo, forse puoi spiegare come affronteresti la transizione verso un mondo senza la presenza di carne, e in che modo ne gioverà il nostro bestiame. Sei a favore del macello di massa degli animali da allevamento, per accelerare la rivoluzione agricola?
Terresti le specie domestiche o permetteresti la loro estinzione? Come verrebbero gestite le popolazioni residue? In assenza di predatori che li uccidano, queste morirebbero una morte lenta e straziante. I vegetariani ammetteranno l’intervento umano? la carneficina umana? Nel qual caso, perché non cibarsi delle carcasse che ne risulterebbero?
Caro Hugh,
Stai cambiando le carte in tavola. Poco fa hai detto che “potremmo reclamare l’autorità morale di uccidere gli animali per cibarcene, sulla mera base del fatto che offriamo loro una vita di molto migliore rispetto a quella che vivrebbero senza il nostro aiuto”. Ora, stai sostenendo che tu e gli altri “lottate per raggiungere” questa prospettiva. Non puoi avere la botte piena e la moglie ubriaca. O il mangiare carne è difendibile perché procura una “vita migliore” o non lo è.
Hai preso ad eccezione l’uso del mio vocabolo “lungimiranza”, ma ammetti che gli allevatori responsabili, come te, sono “una goccia nell’oceano”. Ciò deve significare, inevitabilmente, che la grande maggioranza degli allevatori non riesce, secondo i vostri standard, a trattare gli animali in modo appropriato. La mia affermazione che sia poco “lungimirante” presupporre che si possano ridurre ogni anno 840 milioni di mammiferi in carne senza crudeltà è giustificata dalle tue stesse parole. Sono curioso di sapere perché vorresti essere portavoce di una pratica che, persino nei tuoi stessi termini, danneggia gli animali.
Mi chiedi del mio punto di vista. Credo nel progressivo disimpegno, sia individuale che sociale, dal danneggiamento degli animali verso la realizzazione dell’obiettivo di un mondo di pace. Ma il progressivo disimpegno deve essere solo questo. Plaudo gli sforzi per ridurre la sofferenza degli animali da allevamento, come avrei difeso i tentativi di rendere il commercio di schiavi più umano. Ma la via migliore, e l’obiettivo che dovremmo perseguire, non è di avere schiavi umani o animali. Gli animali in fattorie industrializzate sono diventati solamente questo: cose fungibili, macchine, merci, risorse messe lì per noi.
Sostieni che il tuo obbiettivo sia “raggiungibile”, ma perché, allora non è stato raggiunto da quelle persone che tu pensi debbano veicolarlo, gente sulla quale, tu affermi (e questo è un punto cruciale), si fonda la “sola” giustificazione morale per l’allevamento di bestiame?
Senza una visione pragmatica, raggiungibile visione di un mondo senza carne, il vegetarianismo si riduce ad un istintivo fondamentalismo morale: che mangiare animali è sbagliato. Ma ciò non è vero in sé e per sé. Sono i metodi e le conseguenze dell’essere onnivori ad fare la differenza. Una politica di vegetarianismo avrà conseguenze massicce sull’ambiente, e sulla vita, la morte, il benessere e le sofferenze degli animali nel mondo, sia in cattività che non. Sarà davvero un miglioramento?
Caro Andrew,
So che non pensi che io sia un “portavoce” delle pratiche industriali di allevamento, più di quanto tu non lo sia. E tutt’altro che cambiando le carte in tavola, sto sostenendo il totale rifiuto dell’allevamento intensivo a favore di un sistema pienamente estensivo in cui gli animali vivano e muoiano umanamente. Il fatto che ciò sia lontano dall’essere applicato difficilmente ci impedisce di non considerarlo come un’opzione morale. Se fosse così, dove porterebbe il tuo stesso tentativo di promuovere un mondo di pace attraverso l’astensione dal mangiare carne?
Nel frattempo, devo chiederti di essere più chiaro. Se la mia visione personale di una produzione di carne estensiva e senza crudeltà potesse essere realizzata, allora riconosceresti che mangiare carne è moralmente accettabile? O credi che uccidere gli animali per cibo è intrinsecamente crudele, e perciò fondamentalmente sbagliato?
Nel primo caso, allora la mia visione morale, comunque ottimistica, vale la pena di essere sostenuta. Se si trattasse del secondo caso, allora semplicemente non sono d’accordo. A meno che non muoiano di fame, per ferite o malattia, tutti gli animali vengono uccisi da altri animali – normalmente al fine di cibarsene. Allora perché gli esseri umani devono essere esclusi da questa legge naturale? E se dovessimo esserne esclusi, quale degli altri tre metodi di morte sceglieresti per i tuoi animali? Questi comporterebbero senza dubbio maggiore sofferenza della macellazione umana per mano di umani che si cibano di carne.
Sembri nondimeno determinato nel sottrarti ai problemi pratici, come a quelli morali, di dove tenere i capi di bestiame di cui non si farebbe più uso in un mondo vegetariano. Nella mia ultima lettera, ti ho posto sei specifiche domande a riguardo, e nemmeno una di queste ha trovato risposta.
Descrivimi dunque, con le tue ultime 300 parole, una coerente visione di un mondo senza carne, che faccia fronte a tutti questi problemi di vitale importanza. Potresti essere il primo vegetariano a far questo.
Caro Hugh,
Esistono potenti argomenti ambientali, economici e persino sanitari a favore del vegetarianismo. Ma ho cercato di indirizzarmi al nucleo morale della questione.
L’essere onnivori vìola due princìpi.
Il primo è che non dovremmo uccidere esseri senzienti dal momento che non è strettamente necessario. Mammiferi e uccelli, almeno, sono esseri intelligenti, senzienti. Sono capaci di sentire, godere della vita, avere interessi, provare sofferenza in misura maggiore o minore di quanto facciamo noi stessi. Offuscare deliberatamente la capacità di un altro essere di vivere una vita senziente senza un buon motivo è sbagliato. Non è sufficiente il fatto che ci piaccia il loro sapore. Ovviamente tu non ti sei attaccato a questo.
L’argomentazione per cui offriamo agli animali una “vita migliore” non ha senso: neghiamo loro la capacità di vivere la vita e basta. L’assunto per cui tutti gli animali muoiono comunque è anche la giustificazione per uccidere i le persone anziane. E’ come dire: “Visto che molti animali muoiono con grandi sofferenze o per le malattie, è giusto che li salviamo dal dolore e ci mangiamo un ottimo pasto”. Analogamente, la tua nozione di “contratto è fantasiosa. Gli animali non possono firmare contratti. Nessuno di loro va al macello di propria volontà.
Il secondo principio che il cibarsi di carne vìola è che non dovremmo infliggere sofferenze inutili. Infatti, lo hai già anticipato tu. Ammetti che l’allevamento responsabile che tu e gli altri cercate di ottenere rappresenta niente di più che “una goccia nell’oceano”. Ne consegue, nei tuoi stessi termini, che virtualmente ogni produzione di carne è implicitamente crudele. Di conseguenza, tutti quelli che accettano tale argomentazione dovrebbero rinunciare virtualmente a tutti i tipi di carne.
Non ho detto che sei un portavoce dell’allevamento industriale, ma della pratica del mangiare carne. Uccidere milioni (miliardi in tutto il mondo) di individui senzienti richiede una giustificazione valida. Non l’hai fornita.
Caro Andrew,
Per la seconda volta, stai completamente evitando il problema di come l’utopia vegetariana debba essere realizzata senza né l’eliminazione di massa né l’estinzione graduale dei capi di bestiame. Invece di dibattere sulla logica conclusione del tuo punto di vista, continui a ritornare ai “principi” di una natura fondamentalista, e quindi sospetta: per esempio, uccidere gli animali è sbagliato, quindi mangiare animali è sbagliato. Speravo che fossi pronto a interrompere questo noioso circolo.
Continui a chiedermi di tentare di giustificare le pratiche crudeli di allevamento intensivo, quando le ho chiaramente condannate dall’inizio. Possono rappresentare la maggioranza dei sistemi di allevamento, e (nel caso della produzione di suini e pollame in particolare) riconosco che le alternative etiche, estensive sono veramente scarse. Eppure esistono, e io e gli altri stiamo lavorando sodo per promuoverle e svilupparle. Alla fine dici che tutti quelli che riconoscono la scarsità delle pratiche di allevamento responsabile “dovrebbero rinunciare virtualmente a tutti i tipi di carne” (corsivo mio). E dunque riconosci effettivamente il mio punto di vista: che esiste un piccolo ma valido spazio nel mercato dove carne allevata estensivamente, da animali che hanno vissuto in salute e felici, può essere acquistata da parte di persone le cui coscienze sono pienamente impegnate nel consumo critico.
Conosco molti ex-vegetariani che passano dal voto negativo della totale astinenza al voto positivo della scelta di carne con credenziali etiche verificabili – spesso comprando nei mercatini degli allevatori, dove quelli che hanno cresciuto gli animali sono presenti e responsabili al proprio punto vendita.
Loro credono che facendo questa scelta stanno facendo molto di più per il benessere dei nostri animali di quanto potrebbero mai farne attraverso la totale astinenza. E penso che hanno ragione.
Hugh Fearnley* Whittingstall e Andrew Linzey**
Da: www.theecologist.org
http://www.theecologist.org/article.html?article=476
21 ottobre 2004
Fonte:www.peacelink.it
Traduzione per Peacelink a cura di Agostino Tasca
*Hugh Fearnley Whittingstall è uno dei più importanti esperti d’arte culinaria della Gran Bretagna. Molto noto in patria per una serie di programmi televisivi: “Cook on the Wild Side and TV Dinners”. E’ anche autore di diversi libri di cucina molto venduti.
**Andrew Linzey è professore di teologia al Mansfield College di Oxfors. E’ autore di numerosi libri di teologia ed etica, inclusi testi sul rapporto tra cristianesimo e animalismo, tra questi: “Christianity and the Right af Animals” e “Compassion for Animals”, in collaborazione con il filosofo Tom Regan.