DI EUGENIO BENETAZZO
eugeniobenetazzo.com
Se ci fosse un modo per vendere allo scoperto l’Italia, non ci penserei
un attimo. Per chi non è del mestiere con questa terminologia si
denominano le operazioni finanziarie effettuate con l’intento di
ottenere un profitto a seguito di un trend o movimento ribassista delle
quotazioni di un qualsiasi bene quotato in una borsa valori.
Fortunatamente, per voi che leggete, il valore delle vostre case, il
valore della laurea di vostro figlio, il valore del comprensorio
turistico in cui andate a fare le vacanze o il valore del benessere
della città in cui vivete non sono oggetto di quotazione presso nessun
mercato borsistico. Se cosi fosse infatti, avremmo assistito all’arrivo
di migliaia di speculatori pronti a vendere allo scoperto un paese che
nel suo complesso è destinato progressivamente a perdere di valore.
Vi accorgete di quanto valiamo come paese o come popolazione lavorando o
interagendo con altre nazionalità (Stati Uniti a parte), in cui quello
che è normale o consuetudinario negli altri stati, in Italia è
straordinario oppure eccezionale. Da due anni si continua a parlare
ormai di questa famigerata crisi finanziaria che ora è diventata crisi
planetaria e che ha ripercussioni molto rilevanti anche in Italia: vi
faccio una domanda. Pensate seriamente che le persone al momento al
governo o all’opposizione, le quali sono state artefici di aver condotto
il paese alla sfida della globalizzazione, senza ipotizzare alcun tipo
di difesa, siano adesso in grado di risolvere i problemi che
quest’ultima ha procurato allo stesso paese. Chi siede a Bruxelles o
Roma a rappresentarci ha un’età media oltre i sessant’anni, lo stesso
premier è ormai in prossimità degli ottanta anni: tutti loro sono ormai
mentalmente obsoleti, incapaci di astrarsi intellettualmente per
comprendere su cosa e come intervenire, capaci solo di aizzarsi per le
solite beghe di partito. Non me la prendo più di tanto con Berlusconi,
Fini, D’Alema, Bersani, Bossi o Casini, ma con chi li vota. Alla fine
gli italiani hanno la classe politica che si merita e la stessa si
dimostra un fedele specchio del paese.
Quei pochi vanti che avevamo nei confronti di altre nazioni non li
abbiamo mai coltivati a sufficienza, lasciandoli appassire lentamente:
qualcuno mi ricorda come in più occasioni abbia menzionato il mancato
sfruttamento del potenziale turistico ed artistico italiano. Non rinnego
questa mia constatazione, tuttavia soffermiamoci a riflettere su come è
strutturato questo potenziale inespresso: migliaia di alberghi,
pensioni, residence ormai fatiscenti, la maggior parte a conduzione
familiare, risalenti, assieme all’arredamento, a oltre trent’anni fa.
Per non parlare delle logiche campanilistiche di attrazione ed
accoglienza turistica di enti locali, aziende di soggiorno ed
associazioni di albergatori che competono una con l’altra. Piuttosto che
fare sistema tra di loro preferiscono perdere il cliente: è la logica
dell’orto di casa, quello che è mio non lo condivido con nessuno.
Purtroppo manca un disegno di regia unitaria che dia l’imprimatur ad una
svolta gestionale e direzionale degna del paese che “in teoria” vanta
il maggior appeal turistico ed artistico del mondo. Per questo motivo a
guidare il Ministero del Turismo ci dovrebbe essere un “dream team”
costituito dai migliori marketing manager del mondo, e non una ex
valletta di periferia dalle discutibili competenze professionali ed
imprenditoriali.
Qualcuno mi scrive confidando molto presto in una rivoluzione, magari in
una rivoluzione culturale per cambiare definitivamente il destino di
lento e progressivo impoverimento del paese, che ormai vive solo grazie
alle montagne di risparmio accantonato e al mercato sommerso
dell’evasione fiscale. Ma chi dovrebbe farla questa rivoluzione ? Le
forze giovanili attuali ? Prima mi viene da piangere e dopo da ridere:
intere generazioni di ragazzi italiani buoni purtroppo a nulla, senza
spirito di sacrificio e con professionalità inesistente, tutto questo
grazie a scuole superiori e laureifici (leggasi università di stato)
attrezzati per elargire una qualche sorta di riconoscimento accademico o
suo surrogato. Le lauree italiane (al pari dei diplomi) non servono
ormai più a nulla in quanto è cessata da quasi vent’anni la funzione
sociale per cui sono state concepite ovvero fare selezione, individuare i
più promettenti, scartare gli inetti e bocciare gli incapaci. Care
mamme evitate di scrivermi dicendo che vostro figlio è un genio e che
sono esagerato: fate così mandatelo a lavorare all’estero, vediamo chi
ve lo assume per una mansione dirigenziale. La formazione accademica
italiana era tra le migliori (forse la migliore al mondo) fino a 20/25
anni fa, poi lentamente questo primato ci è stato sottratto per
l’incapacità di aggiornare il modello scolastico e soprattutto per la
lentezza di ammodernizzarsi dell’intero paese. Sicuramente qualcuno che
vale esiste (purtroppo sono veramente molto pochi), ma vale per un
qualche dono di natura, non certo per quello che le istituzioni
scolastiche ed accademiche gli hanno insegnato.
Tra vent’anni in Italia ci scontreremo con un’altra triste realtà,
quella di non essere più a casa nostra: grazie infatti ad un liberismo
sfrenato alle frontiere, saranno infatti in maggioranza numerica tutte
le altre etnie che abbiamo fatto entrare senza tante riflessioni, con un
aumento della conflittualità sociale che ora non immaginiamo nemmeno.
Aumentano in continuazione invece i paesi occidentali che stanno facendo
l’impossibile per far rimpatriare le ondate di immigrazione degli anni
precedenti, proponendo addirittura bonus economici a chi se ne ritorna
da dove è venuto. Ovunque (persino a Malta), tranne in Italia, ci si
rende conto dei disagi e danni economici che hanno provocato gli
extracomunitari (abbassamento dei livelli salariali, criminalità per le
strade, intolleranza nei confronti della cultura ospitante,
prostituzione, disagio e tensione sociale con gli autoctoni). Noi
italiani invece per evitare di offendere la sensibilità di qualche
attivista per l’integrazione razziale stiamo serenamente lasciando che
questa diventi la casa di qualcun’altro. Per le conseguenze che ci
aspettano, la gestione dei flussi migratori dovrebbe essere una priorità
nazionale. In qualsiasi città italiana andiate vi rendete conto voi
stessi di un dato oggettivo: queste persone non solo non si sono
integrate, ma nemmeno lo vogliono, ogni etnia infatti si è
autoghettizzata per conto proprio (dai cinesi ai nordafricani, ogni
comunità vive con le sue regole, fregandosesene del paese che la ospita.
Datemi retta vendete tutto quello che ha senso vendere e accaparratevi
quel poco di buono che ancora rimane dell’Italia: tra quindici anni ci
chiederemo come sia potuto accadere, come sia stato possibile lasciar
marcire il paese fino a qualche anno fa invidiato da tutti. Se qualcuno
di voi spera in qualcosa, allora deve sperare che arrivi, emerga o si
imponga un nuovo Lorenzo Il Magnifico, una personalità giovane,
visionaria, intraprendente, scomoda per l’attuale establishment
industriale e politico, che abbia la capacità di rinnovare il paese, e
stravolgere la sua popolazione, proprio come fece allora Lorenzo Dè
Medici riformando completamente tutte le istituzioni statali dell’epoca e
risolvendo le rivalità e le problematiche dei grandi gruppi di potere,
assicurando al tempo stesso un periodo di equilibrio, crescita,
stabilità e slancio per tutta la penisola. Tuttavia fin tanto che da
quasi vent’anni in Italia continuano ad alternarsi a livello politico e
mediatico sempre gli stessi attori (da Berlusconi a D’Alema, da
Montezemolo a Tatò, da Pippo Baudo a Raffaella Carrà), il problema non
sarà tanto come cambiare il paese, ma come cambiare gli italiani, ormai
assopiti ed addormentati proprio come recitava il poeta Ugo Foscolo: e
mentre io guardo la tua pace, dorme quello spirito guerrier ch’entro mi
rugge.
Eugenio Benetazzo
Fonte: www.eugeniobenetazzo.com
Link: http://www.eugeniobenetazzo.com/event/distinti_salumi.htm
26.08.2010