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La Redazione

 

DIPENDENZA DA PETROLIO E IDENTIT

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A cura di Davide
Il 13 Settembre 2010
86 Views

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DI SCOTT BROWN
carolynbaker.net

Le cause e le conseguenze della crisi

Come chiunque altro, vorrei che il disastro del Golfo del Messico fosse l’ultimo avvertimento per incoraggiare la nostra società ad allontanarsi dal petrolio e dagli altri combustibili fossili. Un probabile risultato della tragedia sarà una crescita di attivismo verso quella soluzione. In effetti, se gli ultimi 40 anni di ambientalismo possono essere un segnale, la transizione seguiterà ad essere minima e troppo lenta, e il collasso della civiltà continuerà con la stessa intensità. Perché? Perché c’è un’importante parte dell’equazione che ancora manca nella cultura dell’ambientalismo e nella società in generale. Quella parte può essere riassunta in un’unica parola: psiche (come psicologia). È una parola che non si sente molto, e in effetti, per tanti aspetti, è la parola più importante del mondo. Il termine psiche deriva dal greco e significa anima, mente, respiro di vita. La nostra dipendenza dal petrolio non è che un fenomeno psicologico. Le radici di questa dipendenza portano direttamente al nostro modo di pensare, alla consapevolezza più profonda di ciò che siamo, di cosa è il mondo e del perché siamo qui. Per la maggior parte di noi nordamericani, la visione del mondo e i pensieri più profondi includono diritti, superiorità e senso di diversità dagli altri e dalla natura. Si tratta di pensieri inconsci. I pensieri profondi sono, appunto, “profondi”, proprio perché si formano quando siamo molto piccoli, molto prima della parte razionale del cervello. Essi modellano i tratti principali della nostra personalità e le nostre abitudini. Si può tentare di gestire i pensieri profondi, ma occorrono consapevolezza, tempo ed energie.

È stato il nostro modo di pensare a generare le varie crisi che ci troviamo ad affrontare oggi: quella ambientale, quella economica e quella sociale. Non sono casuali, ma sono un fenomeno naturale. È il nostro pensiero che crea la dipendenza da standard lussuosi di comodità, dal complesso di superiorità, e dalla credenza più pericolosa di tutte: quella che siamo diversi l’uno dall’altro e dalla natura. Lo studio della scissione della natura umana è territorio dell’ecopsicologia. Per oltre trenta anni mi sono interessato ai motivi per cui distruggiamo il nostro sistema di supporto vitale e altre cose belle del mondo.

Gli ecopsicologi sostengono che la risposta risiede nella scissione della natura umana. Noi non siamo esseri distinti dalla natura, anche se pensiamo e agiamo come se lo fossimo. Tale divisione ci lascia allo sbaraglio e da ciò scaturisce insicurezza e appetito insaziabile, che possiamo placare, ma senza alleviare la profonda solitudine, il vuoto e la paura che proviamo. La scissione della natura umana è la prima ferita, il “trauma originario”, per usare l’espressione di Chellis Glendinning, che deve essere curato, se si intende intraprendere il cammino verso una vita e una società sostenibile.

La separazione, o se vogliamo usare il termine psicologico, l’individuazione, è considerata una fase fondamentale e naturale della crescita dell’essere umano. Fa parte dell’infanzia e dell’adolescenza. Ma i problemi sorgono quando lo sviluppo si blocca in quella fase. Molto del lavoro dell’età adulta consiste nell’espandere il proprio circolo di identità, vivendo e comprendendo le relazioni e l’interdipendenza tra le cose. L’individualità non solo rimane, ma è rinforzata dal processo di riconoscimento delle diversità e della natura interconnessa della realtà. Amiamo noi stessi e il nostro posto centrale nello schema delle cose, e, allo stesso tempo, amiamo e rispettiamo ancora di più gli altri esseri umani. Il cammino verso la guarigione dalla scissione della natura umana accresce il senso dell’io, in direzione di un eco-io o di un io ecologico, un io che include la natura nel suo circolo di identità.

Lo sviluppo dell’eco-io inizia con l’umiltà. L’intelletto può aiutare nel processo, ma ciò che è fondamentale è l’esperienza diretta. La scissione della natura umana riflette la divisione tra mente, corpo e spirito. Il risultato è che grandi fette della nostra esperienza e consapevolezza vengono messe a tacere e represse. Conosco queste limitazioni per esperienza personale. Tutto, dall’indifferenza verso gli insetti, al silenzio di fronte all’enorme perdita di petrolio nel Golfo, mi ricorda quanto lavoro devo ancora fare. Quindi, mentre molti di noi dicono di sentirsi vicini alla natura e di amare gli animali, in realtà c’è ancora una scissione di base.

E come se ciò non fosse di per sé un ostacolo, c’è un ulteriore passo da fare, un passo ancora più difficile. Lavorare per accrescere il proprio senso di identità, per sviluppare l’eco-io, pone le basi per un’esperienza dell’io ancora più radicale e spirituale: quella del non-io. Il concetto di non-io si rivolge alla natura unica della realtà, nota a molte, se non tutte, le culture di buon senso. Il famoso monaco e fautore di pace buddista, Thich Nhat Hanh, ha coniato la parola “interessere” per descrivere questa realtà. Tutto ciò che esiste deve la sua presenza ad altre “cose”. Se pensiamo con profondità all’essere umano, possiamo vedere che dipendiamo strettamente dal sole, dalla pioggia, dal suolo, dalle montagne, dai fiumi, dalle piante, dagli animali, dall’aria, ecc. Non saremmo qui senza questi elementi, processi, e altre cose del mondo. L’insegnamento buddista, ad esempio, spiega che tutto deriva e dipende da qualcos’altro. Non esiste un essere stabile e indipendente, e credere che non sia così non reca che delusione.

Le implicazioni dell’attivismo in questa comprensione della realtà profondamente interconnessa e spirituale sono molte. Nel cancellare la nozione di separazione, viene a meno l’immagine e l’idea di “noi contro gli altri”. L’azione politica diventa costruzione delle relazioni e sconfitta delle ingiustizie, non sconfitta delle persone.
Il lavoro di espansione e di dissolvenza del senso di sé consiste nel lavorare con la psiche. Poiché di solito tale lavoro non viene incoraggiato in occidente, ci troviamo inermi. La connessione tra l’essere adulti e l’impegnarsi in un processo graduale di presa di coscienza non viene trattata dai giornali, dalle TV e dai sistemi scolastici e politici. E di fatto, a noi occidentali, che abbiamo ferite dovute al contesto industriale e tecnologico, resta particolarmente difficile lavorare con la psiche. L’idea che lavorare attivamente con la psiche sia dannoso per la nostra salute, per il nostro benessere, e perfino per la nostra sopravvivenza, pone un ulteriore ostacolo. Ecco perché la nostra dipendenza dal petrolio probabilmente persisterà fino al collasso della civiltà, così come la intendiamo noi.

Quindi, se la psiche è importante, quale deve essere la reazione salubre e reattiva a questa consapevolezza? Si potrebbe iniziare rallentando abbastanza da notare le nostre reazioni quotidiane ai singoli eventi, ad esempio all’insetto che si posa sul nostro braccio, all’automobilista che ci fa spazientire. Se riusciamo ad essere comprensivi con noi stessi, possiamo creare autoconsapevolezza e comprensione per gli altri. Potremmo iniziare a porci delle domande sull’origine dei diritti, della superiorità e della divisione. Il vero lavoro inizia nel momento in cui smettiamo di puntare il dito contro gli altri e iniziamo a guardare a noi stessi, osservando obiettivamente il nostro comportamento e i nostri pensieri. Gandi diceva: “Sii il cambiamento che vuoi vedere avvenire nel mondo”, frase famosa per la profondità e verità che esprime.

La maturazione è un processo. Il lavoro di portare comprensione e compassione al piccolo io, in modo da coltivare un io più grande, non ha mai fine. Pensate al piccolo io come a un io infantile, l’ego. Con il piccolo io tutto si riconduce ai bisogni e alle certezze personali. Mossi dal piccolo io, molti Americani supporteranno, sia espressamente sia tacitamente, non solo le piattaforme offshore, ma anche le miniere di carbone, i nuovi impianti nucleari, e altre tecnologie che promettono benessere in eterno. Le preoccupazioni circa le conseguenze per le altre persone e per le altre specie saranno sempre un problema secondario. Se la stragrande maggioranza degli americani continua a seguire il piccolo io, ne consegue che ogni programma ambientale ambizioso fallirà, e si continuerà a fare la guerra, dato che i politici rappresentano la volontà della maggioranza. Loro sanno perfettamente quando la preoccupazione per una questione è vasta ma poco profonda, e in questo caso è la profondità che conta.

Sia che andiamo avanti in un sentiero di suicidi di massa, sia che decidiamo di cambiare direzione, la psiche rimarrà intimamente coinvolta. I cambiamenti comportamentali duraturi iniziano e terminano con la psiche. La grande domanda non è chi detiene il potere o quanto sono efficaci i programmi di conservazione, entrambi lasciano intatta la dipendenza dai combustibili fossili. La domanda è: quali sono gli elementi cardine per porre le basi di una società sostenibile, che dà valore alla vita? Un elemento critico, penso, è l’elasticità interiore, che solo il lavoro sulla psiche può portare.

Scott Brown è un ecopsicologo e co-fondatore della Open Path, LLC. Vive a Boulder, Colorado. Il suo indirizzo e-mail è: [email protected]. Ulteriori informazioni su http://www.openpathtrainings.com/

Fonte: http://carolynbaker.net
Link: http://carolynbaker.net/content/view/1749/1/
30.08.2010

Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di STEFANIA MICUCCI

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