DI CLAUDIO MOFFA
Ho avuto un eccesso di ottimismo nel pensare che il rischio guerra tra Russia e NATO non c’è? Forse, ho ripetuto a me stesso, ‘siamo alle solite’, ma la ‘Politica’ riuscirà a fermare il mostro, come nell’estate 2013 in Siria e come l’estate scorsa ancora in Ucraina. Adesso, però, le cose sono cambiate, e bisogna considerare tre fatti: la triangolazione Russia-Nato-Grecia; la questione del debito e della sovranità monetaria nel contenzioso che si è aperto tra l’UE-BCE e la Grecia, corteggiata da Mosca; e una coincidenza che riguarda un’altra guerra e Angela Merkel, come noto il Premier europeo che frena più di tutti sull’escalation in Ucraina.
In gioco, un punto di svolta cruciale che potrebbe fare precipitare la situazione: la consegna delle armi a Kiev. Con la Ministra alla Difesa Roberta Pinotti che per fortuna dice no, ma contrastata dal Ministro degli Esteri Paolo Gentiloni che azzera il valore del nuovo incontro a quattro (Merkel, François Hollande, Vladimir Putin più Petro Poroshenko) dichiarando irresponsabilmente, prima ancora che il quartetto si sieda al tavolo della discussione, che «adesso sta a Mosca muoversi».
Mettiamo assieme i tasselli: primo, la Merkel è il principale avversario di Alexis Tsipras, interessata sacerdotessa dei conti dell’UE e dei debiti da rispettare; Mosca, o per allentare la morsa ucraina o per l’occasione comunque ghiotta, apre ad Atene, fino a inviare nella capitale greca il Ministro della Difesa. La domanda dunque è: la Merkel, che già nel gennaio 2012 aveva manifestato chiari istinti colonialisti dichiarando la volontà di ‘commissariare’ la Grecia, cambierà posizione o si farà sconfiggere con olimpica indifferenza, se Putin non molla, non in Ucraina, ma in Grecia?
Secondo fatto: il caso Tsipras non è di poco conto, perché investe uno dei momenti focali della nostra epoca, un nodo non solo economico ma anche geopolitico. Se Tsipras esce dall’UE e Atene torna a stampare moneta, o se solo continua ad agitare questo spettro per trattare da posizioni di forza con Mario Draghi, l’ipotesi guerra si fa più concreta.
Dietro le primavere arabe c’è stato anche il fattore banche, e dietro la guerra di Libia il dinaro d’oro africano (come sottolineammo Ellen Brown, il sottoscritto e altri). La stessa seconda guerra mondiale scoppiò meno di tre mesi dopo la nazionalizzazione della Banca centrale tedesca (Legge sulla Reichsbank del 15 giugno 1939): questa cronologia nulla toglie alla questione dei crimini nazisti, ma è inquietante il possibile meccanismo causa-effetto.
La dimensione finanziaria e bancaria della Storia è spesso se non sempre occultata, eppure, a ben vedere è chiarissima la sua centralità ad ogni tornante epocale, in certe scelte che ‘fanno‘ la storia. E dunque: i contatti Mosca-Atene, in combinazione con la rivendicazione dichiarata di Tsipras della sovranità della Grecia, sono fatti che spingono alla guerra non solo l’Occidente in generale, ma anche il suo cuore economico, la BCE. E questo anche senza contare l’interesse del ‘piccolo’ Stato d’Israele, che tanto piccolo non è visto che Benjamin Netanyahu ha ammazzato 2000 palestinesi in pochi giorni l’estate scorsa, senza che nessuno leader occidentale reagisse con dignità all’eccidio. Infine la coincidenza: la Merkel ha già visto scoppiare una guerra senza averla voluta –l’intervento in Libia-, e l’ha ‘contemplata’ con olimpica o pilatesca indifferenza. Il 19 marzo 2011 la cancelliera tedesca si trovava infatti a Parigi su invito di Nicolas Sarkozy per ‘decidere’ come applicare la risoluzione sulla no fly zone decisa da un Consiglio di Sicurezza a cui partecipava una Russia monca di Putin perché guidata dal Presidente Dmitrij Medvedev.
Lei e Silvio Berlusconi provarono a fare opposizione, dicono le cronache. Ma il Presidente francese, grande alleato di Israele e lui stesso ‘espion du Mossad’ (‘Le Figaro‘), scatenò la sua aviazione mentre ancora era in corso il vertice. Scoppiò così, tre volte illegittima (uso disinvolto della no fly zone, golpe di Sarkozy, NATO esecutrice della risoluzione ONU) la guerra culminata nel linciaggio di Mu’ammar Gheddafi. Oggi potrebbe profilarsi uno scenario simile, con due differenze, una a vantaggio della pace e l’altra di una guerra dalle terribili conseguenze: a vantaggio della pace potrebbe stare l’interesse geopolitico della Germania a una stabilità sui suoi confini orientali, che non mettano a rischio la sua espansione economica verso l’Est fin da tempi del crollo del muro di Berlino.
L’assedio NATO confligge con l’economia tedesca? La seconda differenza è che la Russia non è la Libia, e Putin non è Gheddafi: la reazione di Putin sarà comprensibilmente dura -la NATO ai suoi confini è una opzione pazzesca dell’oltranzismo occidentale- ma la conseguenza sarà un conflitto che assomiglierà davvero all’inizio di una terza guerra mondiale: non subito forse, il primo passo è la consegna di armi ai golpisti Kiev, non solo dichiarata ma fattuale, ma nei prossimi mesi con maggiore certezza che in passato.
Occorre chiarezza di idee e un forte atto di coraggio nei Paesi occidentali per scongiurare il pericolo.
Claudio Moffa
Fonte: www.lindro.it
Link: http://www.lindro.it/0-politica/2015-02-09/166847-dietro-lucraina-la-grecia
9.02.2015