DI IDA MAGLI
Gli Italiani credevano forse di non essere più servi e sudditi dello Stato Pontificio. Ma si sbagliavano. Neanche lo Stato Pontificio nella pienezza del suo potere ha mai celebrato un Papa come la finta repubblica italiana ha fatto e continua a fare per la malattia e la morte di Karol Wojtyla. Sono stati proclamati tre giorni di lutto, con la bandiera a mezz’asta sugli edifici pubblici. Tutti i politici, a cominciare dal presidente della repubblica, hanno partecipato alla Messa in S. Giovanni in Laterano per pregare, o meglio per celebrare il potere del Papa, come non si usava più fare appunto dai secoli medioevali quando Roma e l’Italia erano piegate al dominio del “Sacro”, del Papato come incarnazione del Sacro, e la partecipazione ai rituali era obbligatoria pena il carcere o la morte. Allora sul ponte di S. Angelo venivano affisse a pubblico ludibrio le liste e la relativa condanna di coloro che non avevano adempiuto all’ordine di fare la comunione a Pasqua mentre a pochi metri di distanza erano rinchiusi nel carcere di Tor di Nona gli “impenitenti”.Adesso hanno provveduto a condannarci i governanti italiani, insieme ai servi dei servi, i giornalisti, che hanno imposto per due giorni di fila, senza soluzione di continuità, il loro potere assoluto su tutti i mezzi di comunicazione. Nessuno ha avuto scampo: né gli utenti della RAI che pure pagano il canone, né gli utenti dei canali commerciali, a dimostrazione del fatto che dove esiste lo spirito della tirannia, neanche la tanto osannata libertà del mercato può sfuggirvi.
La verità è che i detentori del Potere hanno avuto, con la lunga agonia e la morte di un Papa come Wojtyla, che ha incarnato l’assolutezza del suo primato, incurante delle conseguenze sulla Chiesa (quella Chiesa che il Cardinal Ratzinger ha descritto come ridotta in macerie), un’occasione ottimale per ristabilire sui sudditi la forza della Morte, senza la quale sanno di essere deboli e precari. Ci hanno imposto di vivere minuto per minuto la “penitenza” (penitenza e sofferenza nel cristianesimo sono la stessa cosa) attraverso quella di Wojtyla, con la sopraffazione della Televisione, cui i giornalisti si sono prestati in modo stupefacente, emettendo parole su parole senza interruzione come se partecipassero a quella famosa gara di ballo nella quale non si poteva smettere se non stramazzando in terra sfiniti.
Convinciamocene, cari Italiani: quale che sia il suo nome, il Potere in Italia è sempre tirannide. Per questo aggiungiamo a questa breve nota un passo di Vittorio Alfieri, nella speranza che il ricordo dei tanti grandi Italiani che hanno sofferto per l’Italia ci induca a scuoterci dall’oppressione della Morte.
Ida Magli
“Tirannide indistintamente appellare si deve ogni qualunque governo, in cui chi è preposto alla esecuzione delle leggi, può farle, distruggerle, infrangerle, interpretarle, impedirle, sospenderle; od anche soltanto eluderle, con sicurezza d’impunità. E quindi, o questo infrangi-legge sia ereditario, o sia elettivo; usurpatore, o legittimo; buono o tristo, uno, o molti; a ogni modo, chiunque ha una forza effettiva, che basti a ciò fare, è tiranno; ogni società, che lo ammette, è tirannide; ogni popolo, che lo sopporta, è schiavo”.
Vittorio Alfieri: Della Tirannide, 1777
(“uomo d’Italia” come lui stesso si definisce)
Fonte: www.italianiliberiassociazione.it
link:http://www.italianiliberiassociazione.it/Edito05/attpol20050403.htm
3.04.05