DI MAURIZIO BLONDET
maurizioblondet.it
Due informazioni interessanti sono arrivate, che danno occasione a un po’ di filosofia spicciola della comunicazione – e della loro “forza” politica.
La tv russa mostra per errore un’arma segreta
Che disdetta! Non una, ma due tv russe – NTV e Pervy Kanal – hanno rivelato segreti di Stato. E’ accaduto a Soci, durante una riunione del presidente Putin con alti responsabili militari. Da sopra le spalle di uno di detti responsabili, le telecamere hanno occhieggiato una pagina che l’alto ufficiale stava leggendo. Erano disegni e descrizione di un siluro – più precisamente un drone subacqueo – a testa atomica. Ed hanno indugiato abbastanza perché si potessero leggere le didascalie, subito tradotte dalle agenzie occidentali.
Si tratta dello Status-6, un apparato che può essere lanciato come un siluro da un sottomarino, ed esplodere sotto costa di un paese nemico, con lo scopo (dice la traduzione) di “danneggiare componenti importanti dell’economia dell’avversario in area costiera ed infliggere al territorio di un paese danni inaccettabili creando ampie aree di contaminazione radioattiva che diventerebbero impraticabili per ogni attività economica, agricola, militare o d’altro genere per un lungo periodo di tempo”.
Va da sé che le due tv hanno avuto l’ordine di cancellare le immagini. “In effetti, certi dati segreti sono stati filmati, per cui sono stati poi soppressi”, ha dichiarato Dmitri Peskov, il portavoce del Cremlino. Peccato però che Sputnik News le avesse già diffuse e restano in circolazione (e poi non dite che in Russia non c’è libertà di stampa).
Vulnerabile…
Chissà a quale economia da danneggiare hanno pensato a Mosca. Forse un paese petrolifero che ha in area costiera non solo i maggiori giacimenti, ma gli impianti, raffinerie, e teste di oleodotti, per non parlare delle gigantesche cisterne di stoccaggio che devono essere per forza sulla costa in attesa delle petroliere? Un paese – si dice per pura ipotesi – che magari fa’ un doppio gioco ributtante sulla questione della Siria, mandando i suoi ministri a trattare amichevolmente con Putin e continuando ad armare i terroristi dell’ISIS e peggio, a diffondere il fanatismo wahabita che la Russia sente come una minaccia diretta?
Rendere impraticabile per lungo tempo le zone costiere economicamente floride di questo ipotetico paese, lo farebbe scomparire per sempre dalla mappa degli attori geopolitici; senza dire del vantaggio collaterale che ciò porterebbe ad un rincaro del barile, prospettiva altamente auspicabile per Mosca.
Ci sarebbe anche un altro staterello la cui contaminazione radiattiva di ampie aree farebbe tramontare per decenni la funzione di terra promessa. Un paese la cui aviazione ha bombardato installazioni militari a Damasco, nonostante gli accordi presi con Putin. Che, magari, sa troppo su chi e come ha fatto esplodere il volo dei turisti russi da Sharm.
Ma naturalmente sono pure ipotesi, del tutto improbabili. Quel siluro non sarebbe usato se non in caso estremo, di guerra a morte totale. O forse è invece un’arma atomica tattica? Resta l’involontaria fuga di notizie. Ora l’Occidente lo sa.
“Ho sparato io a JFK”
Nei giorni scorsi l’ergastolano James Files, 72 anni, è stato trasferito da un carcere di massima sicurezza ad un altro a regime più lieve, in vista della sua liberazione, dopo 36 anni di galera per vari omicidi. Così il suo nome è riapparso su qualche giornale, forse per l’ultima volta. E’ dal 1994 che Files ha sostenuto di essere stato lui, e non Lee H. Oswald, a sparare il colpo mortale al presidente J F Kennedy qual giorno del 22 novembre 1963 ad Houston.
Files ha sostenuto di essere stato arruolato nella nella 82a Airborne <https://it.wikipedia.org/wiki/82nd_Airborne_Division> , il corpo speciale parà usato al tempo in operazioni inconfessabili nel Laos e in Vietnam; di essere finito sotto corte marziale con l’accusa di aver ucciso due dei suoi uomini durante una delle operazioni nel Laos; di essere stato “protetto” in quel frangente da un agente della Cia di nome David Atlee Philips, che gli presentò (quello che poi sarebbe stato fatto passare come lo sparatore solitario a Kennedy); nello stesso tempo, diventò autista e guardaspalle di Charles Nicoletti, un capo gangster della mafia di Chicago nel ’61. Fu Nicoletti a parlargli del piano per uccidere Kennedy, rendendo chiaro che era un’operazione congiunta Mafia-Cia; che a lui Nicoletti l’azione era stata ordinata da Sam Giancana. A sparare doveva essere Nicoletti; solo se questi avesse sbagliato mira, l’ex parà sarebbe intervenuto a finire il presidente. La moglie, Jacqueline Kennedy, non doveva essere toccata.
Files disse di aver sparato con un Remington XP-100 “Fireball” bolt action, e proiettili .22 long rifle fornitigli espressamente dall’uomo della Cia, Philips, proiettili preparati per esplodere. Quel mattino, alla vista del corteo, Nicoletti sparò; quando Files sentì che il gangster aveva sparato un secondo colpo, tirò anche lui: aveva mirato all’occhio, secondo lui fu il suo proiettile a sfracellare il cranio del presidente.
Poi se ne andò, dopo essersi rivoltato il giaccone da ferroviere reversibile e messo il Remington in una valigetta. La polizia arrestò invece Oswald, l’ex Marine, che stava – su ordine dei suoi referenti – nel magazzino di libri scolastici di Dallas; Oswald fu ucciso il giorno dopo da Jack Ruby, un piccolo gangster che di lì a poco sarebbe morto di cancro: senza spiegare il motivo della sua azione, e senza mai essere processato.
Insomma, Files ha confermato – e da anni l’intera sequenza dei fatti, e i mandanti, che per decenni sono stati derisi come “complottismo” delirante. Anche se sono stati riscontrati dall’inchiesta del giudice Garrison, e – quanto a Files – la sua appartenenza alla 82 Airborne è stata confermata dallo storico ufficiale John C. Grady, anche se con fatica (i dati erano stati cancellati).
Personalmente sono stato colpito da un particolare: “Ho sparato dalla collinetta erbosa” ha detto Files. Quanti testimoni oculari, quel giorno, dissero di aver sentito chiaramente che gli spari venivano da questa collinetta erbosa, su cui si levava una staccionata, in Dealey Plaza a Dallas! E come furono trattati non solo dalla polizia, ma dai media e dai giornalisti liberi, che liberamente li schernirono a più non posso. Collina erbosa si dice “grassy knoll”: i media inventarono persino un nome collettivo, “grassy knoller”, per bollare tutti testimoni oculari che aveva sentito che c’era stato un secondo sparatore dalla collinetta, e per estensione tutti coloro che, in seguito, ad ogni attentato e false flag, hanno espresso dubbi sulle verità ufficiali. Il termine ha assunto, per un capolavoro della comunicazione, un insieme di connotazioni peggiorative inimmaginabili: Grassy Knoller non è solo un mattoide che ha preso lucciole per lanterne, un allucinato, ma uno sfigato che insiste e insiste rendendosi ridicolo. Ancora nel 2013, un columnist di un certo peso, Pat Cunningham, s’è chiesto: “John Kerry è un grassy knoller? E chi lo sapeva?”: Perché Kerry aveva detto di avere un’idea su chi e perché aveva fatto assassinare Kennedy, ma se la teneva per sé. Certi arcana imperii non devono essere svelati nemmeno mezzo secolo dopo. Nemmeno un segretario di stato può sfidarli.
http://www.journalstandard.com/article/20131111/blogs/311119928
James Files può dire quel che vuole, invece, ormai. Al sottoscritto, grassy knoller impenitente e orgoglioso di esserlo, non resta che qualche considerazione finale sulla verità. Ha una data di scadenza,oltre la quale è inutile. Quella sul siluro russo è freschissima, anzi data con un lieve anticipo, sicché esercita l’effetto politico pieno. Questa su Kennedy può circolare perché ha perso la sua carica esplosiva politica, che sarebbe stata dirompente se fosse stata affermata nel ’62. Ormai non cambia le cose. Vedrete che fra altri 15 anni, anche la narrativa sull’11 Settembre comincerà a circolare, la sua versione ufficiale ad essere messa qua e là in dubbio. Ci saranno persino quelli – che oggi ci hanno dato dei grassy knoller – che diranno: “Ma sì, è noto che andò così e non cosà. Tutti lo sanno. Io l’ho capito subito”.
Questi sono i farabutti. Magari pagati. Ma non avrebbero potere, se non avessero dalla loro le schiere maggioritarie di quelli che per principio accettano quel che dice “l’autorità” – che può essere anche solo il TG – e per quel motivo, si scagliano con rabbia contro chi prova a spiegargli che la versione ufficiale non è quella giusta. E’ su questa massa di psico-poliziotti volontari che fa’ conto il potere, tanto più se è criminale. Tra di loro, specialmente irritanti sono quelli che hanno la cultura per capire, che non capiscono in tempo, e che per questo deridono chi ha capito prima di loro. Ma cosa volete, non c’è difesa.
Maurizio Blondet
Fonte: www.maurizioblondet.it
Link: http://www.maurizioblondet.it/del-buon-uso-politico-delle-notizie-o-la-verita-con-data-di-scadenza/
13.11.2015