DAVOS, DEBITI E FUGA DALLA REALTA’

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In un’era di illusioni, la verità si presenta spesso in forma di eresia

DI DARRYL SCHOON
informationclearinghouse.info

L’adunata delle elite economiche mondiali a Davos (Svizzera) riflette le dinamiche del potere attualmente dominante nel mondo moderno. Ufficialmente chiamato “World Economic Forum”, Davos viene sponsorizzato dalle corporation più grandi e affluenti, e si presenta come un ente “non profit”.
Certo, se credete che la riunione annuale di Davos sia non profit, crederete sicuramente anche che JFK sia morto di morte naturale durante una gitarella a Dallas. Coloro che si riuniscono a Davos – i Davoti del culto di Mammona – sono i vincitori del gioco del capitalismo, un gioco basato sul debito controllato dai banchieri tramite l’emissione di credito.
Le banche di investimento, grazie alla loro posizione privilegiata ai cordoni della borsa del credito, si sono ritagliati con l’andare degli anni una fetta della ricchezza mondiale del tutto sproporzionata. La descrizione migliore della loro opulenza viene proprio da un banchiere, Sir Josiah Stamp, che all’epoca (1927) era il secondo uomo più ricco d’Inghilterra ed ex presidente della Bank of England:
“L’attività bancaria fu concepita nell’iniquità e partorita nel peccato. I banchieri possiedono la Terra. Toglietegliela pure, ma lasciategli nelle mani il potere di battere moneta, e con un tratto di penna creeranno abbastanza depositi da ricomprarsela, la Terra. Oppure, privateli di quel potere, e tutte le grandi fortune come la mia si dissolverebbero, com’è giusto che sia, il che renderebbe il mondo molto migliore e molto più felice. Se invece volete continuare a essere schiavi dei banchieri, oltretutto pagando il costo della vostra stessa schiavitù, lasciategli il potere di generare denaro.”
Il fatto che nel 2008 i banchieri siano rimasti vittime del gioco da loro stessi creato ha profonde implicazioni per lo stesso capitalismo. Il capitalismo, che ebbe inizio nel 1694 con la prima emissione di moneta basata sul debito (da parte della Bank of England), dopo tre secoli ha raggiunto la sua inappellabile fase finale.
Il capitalismo non sta trovando la sua fine nella ribellione di coloro che sono stati schiavizzati dai banchieri. Il capitalismo sta finendo perché l’insaziabile avidità dei banchieri ha distrutto il meccanismo tramite il quale le banche fanno indebitare la collettività. La triste verità è che gli schiavi del debito desiderano ancora restare schiavi dei banchieri, desiderano ancora pagare il costo della loro servitù, e che i banchieri continuino a creare moneta.
Per quanto i debitori sperino nella continuazione del sistema bancario, loro non hanno voce in capitolo. E non l’avranno più nemmeno i banchieri. Davos non sarà mai più la stessa.

DAVOS E L’ULTIMO RANTOLO DEL CAPITALISMO

Il World Economic Forum di Davos fu istituito nel 1971, lo stesso anno in cui tutte le valute divennero del genere “fiat”, cioè non sostenute da un equivalente valore in oro o argento. Potrebbe essere una coincidenza. O forse no.
Nondimeno, Davos resterà per sempre associata al capitolo finale del capitalismo, nel quale la mascherata del denaro cartaceo dei banchieri si è rivelata per quello che è, una truffa alla fine della quale tutti avrebbero perso tutto – inclusi i banchieri.
La mascherata/truffa ebbe inizio a tutti gli effetti nel 1694, quando alla Bank of England fu concesso il diritto di emissione della moneta inglese, sotto forma di denaro cartaceo. Questo denaro di carta venne dichiarato altrettanto valido delle monete d’oro e d’argento. Naturalmente, non lo era per nulla; ma all’inizio il suo status era migliore di quanto sarebbe stato in futuro.
Prima del 1694 i banchieri erano praticamente orafi che traevano profitto dall’imposizione di interessi sui prestiti di monete d’oro e d’argento. Dopo il 1694, questi orafi, ora denominati banchieri, trassero profitto dagli interessi sui prestiti di denaro cartaceo, facendo nascere così l’autentica alchimia della finanza moderna.
La sostituzione dell’oro con la “moneta” di carta, e il carico di interessi su tale “moneta”, sono il segreto della ricchezza dei banchieri. E anche del capitalismo, considerato come il processo tramite il quale i banchieri creano debitori (imprenditori, consumatori, governi, eccetera) prestando loro “denaro” di carta creato dalle banche centrali, denaro che in definitiva consiste in titoli di credito [cambiali], titoli che vengono poi rivenduti ai risparmiatori come forma di investimento, i quali risparmiatori sono i primi a voler proteggere il valore dei loro “soldi” di carta dall’erosione provocata dal flusso inflattivo di carta moneta generato dai banchieri.
Che un simile meccanismo abbia funzionato per più di tre secoli è davvero straordinario; ma è stato solo nel XX secolo, quando il legame tra carta moneta e oro iniziò a dissolversi, che il problema intrinseco al sistema monetario cartaceo divenne evidente.
L’Inghilterra, che nei precedenti duecento anni era stata la principale destinataria e beneficiaria del denaro cartaceo dei banchieri, era stata molto attenta a non intaccare la finzione dell’equivalenza tra oro, argento e carta moneta. Ma con il XX secolo, gli USA, pseudo eredi dell’Inghilterra, avrebbero avuto molta meno considerazione del considerevole, seppur discutibile, “dono” avuto in eredità dai banchieri inglesi.
Nel 1933 il governo statunitense confiscò per decreto l’oro di tutti gli americani, mettendo così fine alla credenza che la carta moneta fosse intercambiabile con oro e argento, che fosse quindi un mezzo di scambio degno di fiducia.
La confisca dell’oro praticata dagli USA doveva essere ripetuta in seguito a livello internazionale. Invece di costringere i soli americani ad abbandonare l’oro, come venne fatto nel 1933, nel 1971 gli USA avrebbero costretto a farlo il mondo intero.

LA FIDUCIA NELLA CARTA MONETA DIVENTA TRUFFA

Verso la fine della II Guerra Mondiale, gli USA avevano accumulato la più grande quantità di riserve auree della storia; e secondo gli accordi di Bretton-Woods del 1944, il dollaro statunitense doveva su richiesta potersi convertire in oro, mentre tutte le valute si ritrovavano legate allo stesso dollaro. In questo modo, per mezzo del dollaro convertibile in oro, il sistema monetario internazionale era stabile e ancorato all’oro.
Ma arrivati al 1971, gli USA stavano dissipando il proprio patrimonio aureo. Nel solo 1958 le riserve erano diminuite del 10%. Le ragioni andavano cercate nelle spese militari e nell’espansione all’estero delle corporation tra il 1949 e il 1971, che avevano fatto giungere nelle mani di paesi stranieri più dollari di quanti gli USA potessero riscattare con l’oro delle riserve.
Nel loro libro “The Commanding Heights” (edizione 1997, pagg. 60-64), Daniel Yergin e Joseph Stanislaw spiegano cosa accadde in seguito:

“Ma l’espandersi del deficit nella bilancia dei pagamenti significava che i governi stranieri stavano accumulando grandi quantità di dollari – che sommate superavano di gran lunga la riserva aurea del governo statunitense. Questi governi, o le loro banche centrali, avrebbero potuto far capolino in ogni momento allo ‘sportello dell’oro’ del Tesoro USA, e pretendere di cambiare i loro dollari in oro, il che avrebbe scatenato una corsa al cambio. Non si trattava di una questione ipotetica. Nella seconda settimana di agosto del 1971, l’ambasciatore britannico rivolse al Dipartimento del Tesoro la richiesta di conversione in oro per 3 miliardi di dollari.
…Quello sportello andava chiuso. Arthur Burns si oppose fermamente all’iniziativa, col monito: ‘La Pravda scriverebbe che questo è un segno del crollo del capitalismo.’ Burns venne scavalcato. Lo sportello dell’oro sarebbe stato chiuso. Ma questo avrebbe esacerbato il bisogno di combattere l’inflazione; infatti la chiusura di quello sportello avrebbe indebolito il dollaro rispetto alle altre valute, contribuendo all’inflazione con l’aumento di prezzo dei beni d’importazione. L’abbandono del gold standard e dei tassi di cambio fissi costituì un passaggio tremendamente importante nella storia dell’economia internazionale.”

È una frase che vale la pena ripetere:
“L’abbandono del gold standard e dei tassi di cambio fissi costituì un passaggio tremendamente importante nella storia dell’economia internazionale.”
Yergin e Stanislaw avevano ragione. Sarebbe stato un passo importantissimo – e in definitiva fatale – perché l’inadempienza agli obblighi internazionali riguardo l’oro (da parte degli USA) portò tutte le altre valute a divenire del tipo “fiat”.
La sicurezza che oro e argento avevano concesso alla carta moneta sarebbe venuta meno – e quando si sta mettendo in atto una truffa nulla, assolutamente nulla è più importante della fiducia.
L’ultima e più importante tessera del raggiro così attentamente elaborato dai banchieri venne eliminata dagli Stati Uniti quando sperperò la sua intera riserva aurea, lasciando il sistema monetario internazionale spogliato di qualsiasi valore intrinseco. Solo l’inerzia del sistema, insieme a un residuo di fiducia, hanno permesso alle economie capitalistiche fondate sulla carta di sopravvivere oltre il definitivo abbandono dell’oro nel 1971.
Oggi, le conseguenze distruttive del 1971, rimandate ma inevitabili, stanno per far sembrare il crollo delle Torri Gemelle e dell’edificio 7 come una mite primavera parigina. Il collasso delle economie mondiali causato da un protesto di bilioni di dollari di debiti e obbligazioni cartacee non è mai accaduto prima. Ma presto succederà.
Le conseguenze saranno tanto devastanti quanto diffuse, nel momento in cui i risparmi individuali verranno spazzati via. Questi risparmi individuali, affidati alle banche, sono stati investiti negli stessi titoli, nelle stesse cambiali che costituiscono il portafoglio dei fondi pensione, dei fondi di investimento e delle compagnie assicurative di tutto il mondo.
I risparmiatori, costretti a ciò dal costante deprezzamento della carta moneta, hanno dato i loro soldi alle banche, a fondi pensione, compagnie assicurative e fondi di investimento, nella speranza di conservare il valore di quei risparmi. Ma queste speranze si riveleranno infondate, man mano che un crollo finanziario galoppante dimostrerà che quegli investimenti, sia in titoli, sia in buoni del tesoro, sia in credito al consumo, sono sempre di più privi di valore.
I governi che hanno permesso il precipitare di questa crisi saranno perciò costretti a indennizzare queste perdite, allo scopo di mantenere l’ordine sociale. Ma, una volta fatto questo, l’indennizzo dei risparmi persi per bilioni di dollari causerà il collasso di ciò che rimane del sistema monetario internazionale.
Il “denaro” di carta è soltanto una tigre di carta, e una volta esposta al doppio disastro della deflazione economica e dell’iperinflazione delle banche centrali, la moneta del tipo “fiat” alla fine tornerà ad avere il suo valore intrinseco – zero.

IL VASO DI PANDORA: ASCESA E CADUTA DI DAVOS

Le economie fondate su credito e debito sono per loro natura instabili. Intrappolate tra i cicli di espansione e contrazione, sono anche vulnerabili ai capricci dell’uomo e le violenze della natura, da cui guerre, carestie, avidità, siccità, eccetera.
La rimozione definitiva del sostegno aureo alla carta moneta è stata la fatale ultima pagliuzza che ha fatto crollare il castello di carte dei banchieri. Ma prima che questo castello di carte rovinasse su se stesso, il capitalismo doveva prodursi in un ultimo exploit di impudica gloria.
I 25 anni intercorsi tra il 1982 e il 2007 hanno visto la più prolungata espansione della storia del capitalismo. Ma doveva essere anche l’ultima; perché questa espansione era fondata su una quantità di credito mal distibuita e storicamente eccessiva – e Davos ha svolto un ruolo chiave in questo exploit di eccessivi “risultati”.
È naturale che avvicinandosi la fine del loro sistema, i banchieri avrebbero conquistato la fetta più grossa del bottino, e così è stato, almeno per un po’. La più grande parata di Davos è stata quella del 2007, col momentaneo trionfo dei banchieri, in piedi sulla vetta del commercio globale, della cui produttività e profitti si erano impadroniti sempre di più.
Il trionfo dei banchieri, in ogni caso, doveva rivelarsi tanto breve quanto spettacolare. L’era dei bonus di migliaia di miliardi pagati ai banchieri si avverava all’apogeo del loro trionfo, un trionfo che sarebbe stato breve per quanto era stato lucrativo, dato che ben presto sia le banche sia i mercati sarebbero crollati.

DAVOS IERI E OGGI

Nel gennaio del 2008, quando scrissi “Davos, Debt & Systemic Failure”, la contrazione del credito di agosto era vecchia di soli sei mesi. Ma in quell’anno gli effetti progressivi della contrazione del credito avrebbero imperversato per Wall Street, la City e i centri finanziari mondiali con la stessa violenza distruttiva degli incendi che di recente hanno colpito l’Australia.

Nell’anno precedente, il 2007, sembrava che l’illimitata liquidità fornita dalle banche centrali avrebbe consentito profitti illimitati per i banchieri d’investimento. Ma si sbagliavano di grosso. Al momento, non se ne rendevano conto. Presto lo avrebbero fatto.
Questo è un estratto dal mio articolo del 2008 “Davos, Debt & Systemic Failure” che spiega perché sarebbe stata solo questione di tempo prima che le fondamenta dei mercati crollassero:

“Davos, Debito e Guasto Sistemico
Quando Occidente e Oriente si incontrano
La dieta preferita da molti dei convenuti a Davos è un mix di debito individuale, governativo e corporativo, combinato con un’insalata liberista di corrive autorità di sorveglianza, addensate da una salsa di credito delle banche centrali, pronta a sciogliersi se accoppiata a un corrispondente rischio della controparte.”

La riunione del gennaio del 2008 a Davos del World Economic Forum è simile all’incontro del 1957, avvenuto a Palermo, tra le famiglie criminali di Cosa Nostra americana e siciliana, riunitesi per discutere di comuni problemi e opportunità. La differenza principale è che i membri di Cosa Nostra vivevano al di fuori della legge, mentre i membri del World Economic Forum di Davos le leggi le fanno.
I partecipanti di Davos, tuttavia, hanno un problema in comune con Cosa Nostra – entrambi affidano il loro successo a sistemi intrinsecamente instabili. Il modello di Cosa Nostra è basato su violenza e avidità, il che costituisce la sua forza e la sua debolezza. Il capitalismo, la fonte della ricchezza di quelli di Davos, si basa sull’avidità e sull’indebitamento, una combinazione potente ed efficace come il sistema di Cosa Nostra – ma altrettanto instabile.

QUANDO IL SISTEMA VA IN TILT

Un sistema instabile può funzionare per anni senza grossi problemi. Ma a lungo andare i sistemi instabili vanno sempre in pezzi. Quello a cui oggi assistiamo è questo ipo di guasto sistemico. I mercati globali del credito diventano più lenti e ristretti. Il sistema capitalistico responsabile dell’espansione economica e della ricchezza è piombato nel caos.
Quello del debito, nei sistemi capitalistici, è un meccanismo stupendo. Cioè, finché non c’è bisogno di ripagarlo. In un regime capitalistico, il credito alimenta l’espansione, ma tutto questo ha un costo. Man mano che il capitalismo si espande il credito si trasforma in debito, e maggiore l’espansione, più pesante il debito.

L’ESPANSIONE GENERA LA DISMISSIONE

Il difetto fatale del capitalismo si manifesta solo nelle sue fasi più avanzate. Con la sua maturazione, si manifesta anche la sua intrinseca instabilità sistemica. È la stessa espansione del capitalismo a dare l’avvio alla sua dismissione. Il tallone d’Achille del capitalismo è la sua perpetua necessità di espandersi.
Solo la perpetua espansione del capitale può generare il flusso di capitale sufficiente a pagare gli interessi ed estinguere i debiti pregressi, l’ammontare dei quali è sempre crescente, dato l’accumularsi degli interessi composti. Se un rallentamento è fonte di preoccupazione, una contrazione preannuncia tempesta.

PAURA A DAVOS – LA DIFFERENZA CHE PUÒ FARE UN ANNO

Un anno fa, l’atmosfera a Davos era di tranquilla, quasi compiaciuta fiducia. L’espansione economica in corso sembrava inarrestabile, i profitti che le banche di investimento scremavano dal meglio delle imprese produttive erano più ingenti che mai. Le “private equity” [1], la versione dei banchieri d’investimento della speculazione immobiliare, erano la moda del momento.
Ma ora non più. Oggi a Davos gli effluvi di Armani si mescolano con l’acre sentore dell’angoscia, prodotto da mercati in caduta libera e futures traballanti. La fiducia ha lasciato il posto alla preoccupazione. Il feromone che oggi Davos emana si chiama paura.
E l’anno prossimo Davos sarà ancora diversa. Se pensate di andarci, non dimenticate il deodorante.
Ma ieri era ieri e oggi è oggi. Oggi quello che si respira a Davos è il panico. Istituzioni di Wall Street come Bear Stearns o Lehman Bros. si sono dissolte nell’aria (nell’aria sottile di Davos, la città più alta d’Europa), e il settore finanziario, una volta re degli animali da preda, lotta per la pura sopravvivenza. Nessun deodorante potrà funzionare a Davos, così come il credito delle banche centrali non riuscirà a invertire la deflazione delle economie.

LE BANCHE CENTRALI E IL COLLASSO SISTEMICO

Le banche centrali stanno affrontando una lotta per la sopravvivenza che non possono vincere. Quando gli USA tolsero l’oro dalle fittizie fondamenta della moneta “fiat” delle banche centrali, decretarono la sentenza di morte per quello stesso denaro. E per l’esecuzione sarebbe stata solo questione di tempo.
Lo sforzo che le banche centrali stanno facendo per tenere in piedi la finzione che la carta moneta sia buona quanto l’oro è senza speranza, come l’idea che la creazione di più credito da parte delle banche centrali possa risolvere il problema generato dall’eccesso di quello stesso credito.
L’ultima speranza rimasta alle banche centrali consiste nel prolungare il valore della moneta di carta con un gioco di fumo e specchi, in modo da camuffarne il declino. La strategia sarebbe quella di nascondere quante più possibile le prove di quel declino.
Non c’è forse miglior descrizione della strategia delle banche centrali di questo estratto da un saggio dell’aprile del 2001 di Peter Warburton, “The Debasement of World Currency – It Is Inflation but Not as We Know It” [La Svalutazione della Moneta Mondiale – È Inflazione, ma Non Quella Che Conosciamo]:

“Quella a cui stiamo assistendo al momento è una battaglia delle banche centrali contro il collasso del sistema finanziario, combattuta su due fronti. Sul primo, le banche centrali presiedono alla creazione di liquidità addizionale per il sistema finanziario, per contrastare l’ondata di insolvenza debitoria che altrimenti lo sommergerebbe. Sull’altro fronte, incitano le banche d’investimento e altre parti disponibili a scommettere contro un rialzo dei prezzi di oro, petrolio, metalli non ferrosi, derrate alimentari o qualsiasi altra cosa si possa considerare come indicatrice di un valore intrinseco. L’obbiettivo è quello di privare l’osservatore indipendente di qualunque prezzo di riferimento sul quale misurare il valore in calo, non solo del dollaro, ma di tutte le monete del tipo fiat. Allo stesso modo, l’azione delle banche centrali cerca di negare agli investitori l’opportunità di premunirsi contro la fragilità del sistema finanziario rivolgendosi a un libero mercato di prodotti non finanziari.”

[Nota: la spiegazione di Warburton della strategia delle banche centrali è fondamentale: “L’obbiettivo è quello di privare l’osservatore indipendente di qualunque prezzo di riferimento sul quale misurare il valore in calo, non solo del dollaro, ma di tutte le monete del tipo fiat. Allo stesso modo, l’azione delle banche centrali cerca di negare agli investitori l’opportunità di premunirsi contro la fragilità del sistema finanziario rivolgendosi a un libero mercato di prodotti non finanziari.”]

“È importante capire che le banche centrali hanno trovato la battaglia sul secondo fronte molto più agevole di quella sul primo. Lo scorso novembre, avevo stimato che l’ammontare lordo globale degli strumenti di debito [obbligazioni] sarebbe arrivato, per la metà del 2000, a 90 bilioni di dollari. Quanto capitale sarebbe necessario per controllare i mercati di oro, petrolio e derrate alimentari? Probabilmente, con l’uso di titoli derivati, non più di 200 miliardi di dollari. Inoltre, non è necessario che le banche centrali combattano la battaglia in prima persona, anche se il prestito e la vendita di oro da parte loro ha contribuito alla causa. La maggior parte delle maggiori banche d’investimento del mondo hanno ecceduto le loro possibilità finanziarie in maniera così clamorosa che se le banche centrali dovessero perdere la lotta sul primo fronte [frenare le insolvenze], il loro capitale non varrebbe più nulla. Dato che il loro destino è legato a quello delle banche centrali, le banche d’investimento sono più che disposte a unirsi nella battaglia contro il rialzo dei prezzi di oro, petrolio e derrate.”

[Nota: Qui Warburton ci ha descritto il movente che è sotteso al ruolo delle banche d’investimento nel tenere basso il prezzo delle materie prime. Questo riguarda in particolar modo l’oro, dato che l’oro è la tradizionale pietra di paragone per le crisi monetarie.]

“Le banche centrali, e in particolare la Federal Reserve degli Stati Uniti, stanno schierando l’artiglieria pesante nella loro battaglia contro un collasso sistemico. È la loro principale preoccupazione da almeno sette anni [dal 1994]. I loro obbiettivi immediati sono prevenire la chiusura del mercato azionario del settore privato, rinnovando o rifinanziando i prestiti, e prevenire un crollo del Dow Jones. Tenere aperto il mercato azionario è assolutamente essenziale in un momento in cui la redditività delle corporation è alle corde. Mantenere stabile l’indice delle azioni ordinarie è essenziale per proteggere il capitale delle famiglie, conservando l’aspettativa di futuri guadagni. Finché sarà possibile centrare questi obbiettivi, il valore del dollaro USA sarà anche più stabile in confronto con le altre valute, a dispetto dello straordinario squilibrio della bilancia commerciale.”

Ancora una volta, vale la pena di ripetere l’ultima affermazione di Warburton: “Finché sarà possibile centrare questi obbiettivi, il valore del dollaro USA sarà anche più stabile in confronto con le altre valute, a dispetto dello straordinario squilibrio della bilancia commerciale.”
Warburton scriveva queste cose nell’aprile del 2001, e l’importanza delle sue osservazioni è oggi perfino maggiore di allora. Allora i due obbiettivi delle banche centrali erano: (1) spingere gli investitori a continuare a finanziare il mercato azionario del settore privato, e (2) assicurarsi che non si verificasse un crollo del Dow Jones.
Al presente, entrambe le evenienze si sono verificate, nonostante tutti gli sforzi delle banche centrali. La stretta creditizia del 2007 ha paralizzato il mercato dei titoli da cui il settore privato trae il più della liquidità, e il secondo obbiettivo, evitare il crollo del Dow Jones, è stato mancato a settembre e a ottobre del 2008. Il collasso sistemico preconizzato da Warburton è in pieno corso.
Perciò, come si sta mettendo per i banchieri centrali? Secondo me farebbero meglio a cercarsi un altro lavoro. Finché la gente crede che i banchieri possano risolvere i suoi problemi, i banchieri continueranno ad avere un lavoro. Ma quando alla fine la gente capirà il loro ruolo nella crisi attuale, i banchieri e i loro scagnozzi al governo potrebbero finire incriminati per il loro dissennato saccheggio del portafoglio pubblico, e anche per l’ulteriore insulto di averlo distrutto una volta saccheggiatolo.
Arrivando alla fine di quest’era, non è chiaro cosa faranno i banchieri, dato che i banchieri sono pessimi uomini d’affari. I banchieri ottengono i loro grandi successi non per mezzo di capacità imprenditoriali, ma per la loro monopolistica prossimità al credito e la loro abilità di sfruttare quella prossimità per generare strabordanti profitti. Privi di quel vantaggio, i banchieri sarebbero costretti a guadagnarsi da vivere a pari possibilità con gli altri – una capacità che in loro non è mai stata messa alla prova.

L’ASCESA DELL’ORO

Il professor Antal Fekete diceva che quando il prezzo dell’oro comincerà a muoversi rapidamente verso i suoi massimi valori, sarà un tragico momento; perché quando l’oro decolla le economie innalzate sul denaro e i titoli di carta rovinano a terra. E la sofferenza umana, sia prima sia dopo, è immensa.
I giochi di fumo e specchi usati dalle banche centrali per rinviare l’inevitabile giorno della resa dei conti hanno fallito. Il fumo del premeditato offuscamento delle verità economiche diffuso dalle banche si sta dissolvendo, e i loro specchi, che rimandavano false immagini, giacciono infranti e ciechi.
È solo questione di tempo prima che la gente si accorga di quello che è stato fatto alle spalle della sua inconsapevolezza. Il conto è enorme, ed è arrivato ormai all’incasso, a sconto di tutti i debiti contratti allo sportello dei banchieri. E verrà pagato.
Già adesso le monete d’oro e d’argento sono scomparse dai magazzini dei rivenditori al dettaglio, dato che il pubblico cerca di tamponare il valore in declino dei suoi risparmi. Ben presto accadrà lo stesso anche per i lingotti d’oro da mille once che acquista la gente molto ricca.
Il giorno in cui la gente capirà che il denaro di carta non vale niente, l’attività economica per come la conosciamo si fermerà. Quel che accadrà dopo non è mai accaduto prima. Il baratto tornerà a movimentare merci e servizi, finché un qualche mezzo di scambio degno di fiducia non arriverà a rimpiazzare la carta straccia dei banchieri.
Il crollo delle valute è una storia che si ripete. Il fatto che ne neghiamo la realtà non impedirà che succeda. Il rifiuto della realtà è molto potente, ma alla fine non cambia nulla, tranne la nostra effettiva capacità di reagire.
Il nostro desiderio, che l’oro raggiunga il suo giusto prezzo nella crisi galoppante in corso, è mitigato dalla consapevolezza che, arrivato quel momento, dolore e massacri saranno senza precedenti. Sarà meglio, quindi, comprare oro e argento ogni volta che si può, e attendere pazientemente che gli eventi si dispieghino come dovrà essere. E così sarà.

VERITÀ ECONOMICHE

Nel suo stupendo, inappellabile e leggibilissimo (almeno per me) libro, Grunch of Giants (Design Science Press, 1983), Buckminster Fuller tratta della storia del potere e del denaro in un modo che spiega il nostro attuale sistema economico.
La parola coniata da Bucky, “Grunch”, è un acronimo che sta per “gross” (GR) “universal” (UN) “cash heist” (CH) [Massiccio universale furto di contanti], mentre la parola “Giant” si riferisce alle moderne corporation e a coloro che le controllano. A pagina 18, Bucky riferisce di una conversazione con uno di questi “giganti”, un suo amico rampollo della famiglia di J. P. Morgan.

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“Mi disse: ‘Bucky, io ti sono affezionato, per questo mi dispiace doverti dire che non avrai mai successo. Tu te ne vai in giro spiegando in termini semplici quello che la gente non comprende, mentre la prima legge del successo è: mai rendere semplici le cose se puoi rendere complicate.'”

Le radici dell’economia moderna sono intrecciate con un inganno istituzionalizzato perché la posta in gioco è enorme. Ne deriva che il tentativo di assodare la verità riguardo la moneta è fatica non da poco; e coloro che si avvantaggiano dell’inganno non la renderanno certo più facile.
Ecco perché la trattazione di idee che siano antitetiche a quelle in posizione dominante si trova oggi relegata ai margini della società. Scrittori e lettori devono scavare alla ricerca di libri difficili da trovare, come “Grunch of Giants” di Buckminster Fuller (fuori catalogo, ma disponibile presso www.bfi.org) “Debt & Delusion, Central Bank Follies That Threaten Economic Disaster” di Peter Warburton (ristampato e attualmente disponibile in versione di pregio presso la WorldMetaView Press), e “The Future of Money” di Bernard Lietaer (pubblicato nel 1999 dalla Random House, mai disponibile negli Stati Uniti e attualmente fuori catalogo).
Chi è al potere continua a mantenerlo perché chi è privo di potere non ne conosce le dinamiche, la sua influenza sul mondo. Di qui, il controllo economico sui molti a beneficio dei pochi è proseguito indifferente alle variabili forme dell’economia.
Ci troviamo al tramonto di un’epoca straordinaria, la fine dell’era del credito. Nel 1981 Bucky Fuller previde il collasso delle attuali strutture di potere, accoppiato con una crisi mai vista che avrebbe cambiato l’umanità.
Quel tempo, il crollo delle strutture mondiali di potere, è ormai giunto. Seguirà la trasformazione; e quando la crisi sarà finalmente alle nostre spalle – e sicuramente accadrà – il domani sarà davvero un giorno migliore. Consapevolezza, senso della comunità, fede e un pizzico di oro e argento, nei giorni che verranno, saranno senza prezzo.

Darryl Schoon
Fonte: http://informationclearinghouse.info
Link: http://informationclearinghouse.info/article22000.htm
15.02.2009

Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura DI DOMENICO D’AMICO

Nota del traduttore

[1] Una forma di investimento finanziario: si comprano azioni o si entra nel capitale di un’impresa che ci si aspetta si espanda o produca profitti stabili, e in seguito si disinveste, lucrando sulla differenza.

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