DANTE DE ANGELIS MINISTRO DEI TRASPORTI

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DI CARLO BERTANI
carlobertani.blogspot.com/

La prima cosa che salta alla mente – osservando le immagini della stazione di Viareggio, simili a quelle di un bombardamento aereo – è che qualcuno mente.
Tutto si è svolto nella norma: i controlli sono stati eseguiti, le normative rispettate, le ferrovie italiane – senti, senti! – sono addirittura considerate (da Trenitalia, ovviamente[1]) le più sicure d’Europa. La Procura competente ha aperto un’inchiesta per disastro ferroviario, omicidio colposo plurimo e incendio colposo. Contro ignoti, ovvio. Il ministro Matteoli ha aperto anch’egli la sua, personale inchiesta: se vorrà farci sapere qualcosa, troverà il nostro indirizzo di posta nel profilo del blog. Dubitiamo.

La seconda cosa che salta alla mente sono alcuni nomi, che vorremmo sottoporre all’attenzione dei lettori: Riccardo Poggi, Vito Belfiore ed altri 11 dipendenti delle Ferrovie, i quali furono ritenuti “colpevoli” d’aver svelato le magagne di una delle linee più disastrate d’Italia, la Torino-Savona. E’ importante ricordare i nomi (purtroppo siamo riusciti a ritrovarne solo due) di quei ferrovieri ch’ebbero il coraggio di svelare, per la trasmissione Report, nel 2003, i tanti scheletri nell’armadio delle Ferrovie Italiane.
Furono licenziati in tronco dall’azienda, che – invece di dedicarsi all’analisi delle sue mancanze – scatenò degli “007” interni[2], per riconoscere chi erano stati i “traditori”. Per loro fortuna, dopo una lunga lotta giudiziaria e sindacale, sono riusciti a riottenere il loro posto di lavoro.
C’è poi l’altro “indiziato” – oggi più conosciuto – ossia Dante de Angelis, un macchinista addetto alla sicurezza dei treni, che è stato anch’egli licenziato proprio per aver reso pubblico il drammatico stato del materiale rotabile italiano.
Della serie: quando si denunciano le inefficienze, si rischia la persecuzione ed il licenziamento. Quando, invece, si procurano le stragi si finisce in un fascicolo “contro ignoti”. Il quale si trasformerà – il giorno del mai e l’anno del poi – in una sentenza all’acqua di rose, con tante scuse per averla disturbata: eccellenza, torni pure alla sua scrivania ed al suo stipendio da nababbo.

Purtroppo per il capoccione di turno alle Ferrovie Italiane, chi scrive conosce benissimo la situazione a dir poco agghiacciante della linea Torino-Savona e di quelle limitrofe, perché le frequenta.

Sera d’Inverno, squilla il cellulare: è mia moglie.
«Dove sei?»
«A Savona, sono ancora a Savona perché il treno non parte.»
«E perché?»
«Perché c’è una lite in corso fra quello che deve controllare le ruote…quello che le batte con il martello ed una paio di capoccioni che minimizzano…poi lo hanno minacciato di qualcosa…non ho capito bene…e quello s’è incazzato…ha detto che un treno in quelle condizioni, lui, non lo faceva partire. Roba di ruote, di carrelli…»
«E adesso?»
«Ci hanno fatti scendere ed aspettiamo un altro vagone…»
Morale: quattro ore per fare 35 chilometri.

Sempre Inverno, questa volta è mio figlio.
«Papà, puoi venire a prendermi a Ceva?»
«Perché?»
«Hanno soppresso il treno.»
«Come “soppresso”?»
«Sì, l’hanno tolto, non c’è più…»
«E il prossimo?»
«Era l’ultimo della sera: fino a domattina…»
Morale: corsa notturna perché le Ferrovie “sopprimono” i treni, manco fossero scarafaggi (con tante scuse alla confraternita degli insetti).

Stazione di Santhià (VC) Estate, ore 16 di un giorno feriale. Parlo con il capostazione.
«Scusi, la biglietteria è chiusa e sul tabellone automatico non c’è la mia destinazione…non c’è nell’elenco per fare il biglietto…»
«Che vuole che le dica…qui non si capisce più niente: basta che manchi una persona e loro chiudono, capisce? Chiudono! E se manca il personale viaggiante…sopprimono i treni! Una volta, per sopprimere un treno, bisognava riempire moduli su moduli, chiedere autorizzazioni…adesso, basta una telefonata ed il treno è soppresso! Guardi, chiamo il controllore sul cellulare: lei salga, vedrà che non le chiederà nulla. Per fortuna, fra due anni andrò in pensione: questo non è più lavorare, questo è un inferno…»
Difatti, il controllore non mi chiese nulla.

Basta così, perché sono certo di descrivere una goccia nel mare.

Quando succedono vicende come quella di Viareggio, non è stata la sfiga a colpire: semplicemente, uno dei tanti incidenti che avvengono quotidianamente capita in un luogo abitato. Invece di rompersi il carrello di un vagone carico di tondini di ferro in aperta campagna, capita ad un carro-cisterna pieno di GPL sotto pressione in una cittadina.
L’inferno, a quel punto, inevitabilmente si materializza. Punto.
Sul sito delle Ferrovie, contano i giorni che mancano all’apertura della tratta ad alta velocità Torino-Salerno: noi, contiamo i morti e preghiamo per i feriti.
Fin qui, tutti sappiamo oppure immaginiamo, anche se è doveroso sottolineare anche le ovvietà.

Il vero girone infernale riguarda, invece, la gestione dei trasporti nel Belpaese: per cosa hanno fatto, Matteoli e tutti i suoi predecessori, dovrebbero non solo dimettersi, bensì emigrare in qualche isola lontana. Con un pedalò, l’unico mezzo che saprebbero condurre.
Come si suol dire, il problema “è nel manico”: quel vagone carico di GPL non doveva transitare a 90 Km orari nel bel mezzo di una stazione in zona urbana, poiché la statistica (o la legge di Murphy) indicano che, prima o dopo, l’inevitabile si manifesta.
Mettete insieme una manutenzione a dir poco trascurata, l’attenzione centrata solo sui treni ad alta velocità – sorvolando che si schiantano pure quelli (vedi Piacenza, 1997) – più un sistema di trasporto anacronistico e persino cassato dall’UE, e lo stillicidio degli incidenti ferroviari è certo. Chi vorrà, potrà farsene un’idea leggendo la nota[3]: per i trasporti, siamo un Paese forse del Terzo Mondo, più probabilmente del Quarto.
Le ragioni?

Non sono certo un estimatore delle burocrazie europee, perché so bene che sono bravissimi a predicare: meno a razzolare. Però, almeno a leggere i loro documenti ufficiali, le cose che raccontano sui trasporti sono sensate: il vero problema è che, dopo, a nessuno frega un emerito picchio se non si fa nulla.
Ma torniamo a noi ed a quel maledetto vagone: era partito dalla raffineria di Trecate (fra Novara e Milano) e doveva giungere a Gricignano (Caserta).
La prima curiosità è che l’impianto di Trecate viene rifornito mediante un oleodotto che parte da Quiliano (Savona), il quale viene a sua volta rifornito dalle superpetroliere che attraccano ai moli di Vado Ligure. In altre parole, scarichiamo il petrolio a Savona, lo portiamo a Trecate, lo distilliamo, ricaviamo il GPL, poi lo carichiamo sui vagoni ferroviari e lo rimandiamo nel Sud. Già che c’eravamo, potevamo fargli fare pure tre volte il giro della Sicilia.
Ci risulta che nel Sud ci siano parecchie raffinerie [4], e che tanto affanno per portare il GPL da Trecate ci sembra un po’ eccessivo: come ebbe a dire Beppe Grillo riguardo all’import-export di biscotti Italia-USA (pressappoco identico per quantità), “Non facevano prima a scambiarsi la ricetta?”
Ma tant’è: nel liberissimo mercato dei liberi produttori, consumatori, costruttori e muratori, viene riconosciuta ai boiardi dell’energia la potestà di vendere, comprare e trasportare come loro meglio aggrada. Viene riconosciuta anche la libertà di morire per nulla, in una tranquilla notte dell’Estate italiana: viene riconosciuta solo ai paria, ovviamente.

E non si venga qui a parlare di fatalità, poiché la “libe
rtà” di trasportare sulle strade (asfaltate o ferrate) migliaia di tonnellate d’acido cloridrico, fluoridrico o cianidrico, ammoniaca, perossidi, ossiacidi minerali, prodotti petroliferi d’ogni tipo, è una caratteristica precipua italiana.
Persino le comuni bombole del GPL per uso di cucina, in Italia, possono solo essere vendute già confezionate, mentre in Francia è espressamente proibito: invece di far circolare camion colmi di bombole (ferro più GPL), portano il GPL direttamente nelle stazioni di servizio con le autobotti, ove le bombole sono ricaricate. Il tutto, comporta un evidente risparmio e minor materiale infiammabile in circolazione.
C’è da aggiungere che una considerevole parte di questi prodotti, nel Nord Europa, circola sui canali: il vettore più sicuro per questo tipo di trasporti, al punto che l’UE stessa lo raccomanda per sicurezza e per l’abbattimento dei costi e delle emissioni di gas combusti.

Queste raccomandazioni sono contenute in un testo che è oramai “in scadenza” – il Libro Bianco, La politica europea dei trasporti fino al 2010: il momento delle scelte – ed è una gran brutta “scadenza”, poiché l’Italia non ha fatto praticamente nulla di quanto veniva raccomandato.
Ad esempio, l’UE caldeggiava il superamento delle barriere naturali – ove possibile – sempre a quota zero, ossia in mare: e la TAV? Perché arrampicarci per monti e gallerie, invece d’usare la rete dei porti mediterranei?
E’ altrettanto vero che i vari “corridoi” sono anch’essi il parto delle burocrazie europee, ma l’Italia ha solo letto quello che interessava ad Impregilo et similia, e tranquillamente ignorato tutto il resto. Basti pensare all’orribile ed inutile orpello che voglio appiccicare alla punta della Penisola.
Pochi sapranno che l’UE era disposta a finanziare a fondo perduto il 50% delle spese di progettazione, ed il 10% di quelle di realizzazione, per rendere il bacino del Po navigabile per le nuove navi fluviali/marine europee della classe V° (2.000 t. di portata, circa 110 metri di lunghezza e 10 di larghezza). Anzi, sottolineava l’urgenza di quelle realizzazioni per due bacini: il Po ed il Tago (SP).

La ragione?
Il 50% della richiesta di trasporto, in Italia, è concentrata nella valle padana e nella pianura veneta: con 200 milioni di euro, sarebbe stato possibile rendere navigabile il Po fino a Pavia con diramazione per Milano. Sì, avete letto bene: 200 milioni, senza considerare i contributi europei. Una novità?
Per niente: si trattava soltanto di riprendere l’antica impostazione italiana nei trasporti, che prevedeva il Po come asse mediano della Pianura Padana e la navigazione di cabotaggio per il rifornimento della parte peninsulare.
Noi, invece, più trasportiamo e più intasiamo le corsie delle autostrade, più le riempiamo e sempre di nuove dovremo costruirne, in un parossistico, continuo “rilancio” su un fasullo piatto di poker. Il territorio, violentato, ci sopporta sempre di meno.
Da studi effettuati – rimando dunque al documento europeo facilmente reperibile, oppure al libro che ho pubblicato sull’argomento[5] – utilizzando il Po come “asse mediano” dei trasporti e la rete dei porti (anche minori, dato lo scarso pescaggio dei “Tipi V°”) – da Trieste ad Imperia – la maggior parte delle merci con percorrenze superiori a 50 Km sarebbero entrate in quel “circuito”.
Senza considerare che, una sola di quelle navi, trasporta l’equivalente di 84 autotreni, utilizzando un terzo del carburante, con minori costi di personale e d’esercizio e – la tragedia di Viareggio dovrebbe farci meditare – quasi senza rischi, giacché gli incidenti nelle acque interne sono praticamente nulli ed anche quelli in mare (sabotaggi a parte, vedi Moby Prince[6]), piuttosto rari.

Purtroppo, questa impostazione cozza violentemente contro gli assiomi del liberismo imperante, poiché – invece di “spingere sull’acceleratore” del produci/consuma – calca sul freno: minor consumo di combustibile per tonnellata trasportata, meno personale, minor usura dei mezzi, ecc.
Quel GPL, se fosse stata usata questa impostazione, sarebbe stato raffinato in uno stabilimento del Meridione, sarebbe giunto via mare nel più vicino porto ed avrebbe proseguito via terra per una breve tratta.

Una seconda, perfida impostazione della globalizzazione è quella che narra: “produci e vendi ovunque, fregatene del trasporto”.
Tutto ciò è possibile soltanto perché le normative non sono mai rispettate: qualcuno ha mai sentito parlare dei limitatori di velocità per gli autotreni? E degli elettrauto i quali, quando li montano, sistemano anche un pulsante nascosto per disattivarli? Altrimenti, come potrebbero correre ben oltre i 100 Km/h?
Giochi e giochetti sui dischi che registrano tempo e velocità, giorni di ferie mai goduti, “riposi” mai effettuati formano il “pudding” che consente – frodando la legge – di far correre gli autotreni ben oltre i limiti di legge. E quando si schiantano? Eh, fatalità…
Se non ci credete, fate la vostra, piccola inchiesta personale: domandate ad un camionista se, all’estero, si permette di fare quello che fa in Italia, oppure se gli chauffeur esteri corrono, nei loro Paesi, come in Italia. Fatevi raccontare: c’è da farsi rizzare i capelli in testa.

Per quanto riguarda il trasporto ferroviario, utilissimo per “cucire” il territorio, c’è da chiedersi perché l’Officina Manutenzione Ciclica di Foligno, che da sempre ha svolto compiti di manutenzione al parco rotabile, sia passata dai 1374 dipendenti del 1985 ai 645 del 2007, dei quali solo 450 utilizzati in produzione[7].
Se la principale struttura italiana – con tutto il know-how che raggruppa per quel settore – viene lasciata morire, chi s’occuperà di mantenere in efficienza i treni? Difatti, perdono ruote e carrelli: “fatalità”.
Il “furore” per l’alta velocità, poi, conduce le Ferrovie a dimettere tratti di linea, a prolungare all’infinito lavori di manutenzione – oh, prima o dopo si stuferanno di prendere il treno… – per sostituire le tratte con mezzi gommati.
I lavori per riattare la galleria del Belbo (la costruì Cavour…) durarono per un intero Inverno, quattro anni fa: tutto a posto. Lo scorso anno, ripresero perché bisognava “portarla allo standard europeo”: ma, prima, non c’era l’Europa? Mah…
Infine, già affermano che i lavori proseguiranno anche nel prossimo Inverno, poiché non ce l’hanno fatta a finire…eh, la neve… (in galleria?!?)
In realtà, a microfono spento, riconoscono che la linea – durante la stagione invernale – è frequentata soltanto da studenti e lavoratori, gente che viaggia con l’abbonamento, poveracci. Magicamente, in Primavera i lavori vengono sospesi: ci sono i turisti che vanno al mare! Quelli, qualcosa rendono!
I sindaci della zona – destri e sinistri – non fanno assolutamente nulla: raccolgono con un sorriso le petizioni dei cittadini con migliaia di firme e poi, poi…mah: il trituratore o il fondo dell’archivio?
Ho assistito, personalmente, allo scempio di chiudere le piccole stazioni, ma non basta! Addirittura, dov’erano presenti tratti di binario doppio su linee a binario unico, venne rimossa la seconda linea aerea di rifornimento elettrico! Come a dire: un pezzo per volta, demoliamo tutto! Freccia Rossa über alles!
In compenso, alcune aziende del trasporto su gomma che lavorano per le Ferrovie – qui da noi la Troiani di Roma – sembrano viaggiare a gonfie vele, salvo qualche pullman che si schianta ogni tanto. Sono i soliti studenti ed operai, carne da cannone.

Perciò, in mancanza di una persona di fiducia alla quale affidare il dicastero dei Trasporti (o Infrastrutture, tanto un emerito c…fanno in entrambi i cas
i) lanciamo pubblicamente la petizione affinché tale Ministero sia affidato ad una persona sicuramente competente. Licenziato come macchinista, chiediamo che Dante de Angelis sia riassunto in qualità di Ministro. Almeno, ne avremo uno che di balle non ne racconta e che, di faccia, sa metterci la sua, senza temere.

E per i “globalizzatori ad oltranza”? Che se ne vadano: in pedalò, e senza rumoreggiare.

Carlo Bertani
Fonte: http://carlobertani.blogspot.com
Link: http://carlobertani.blogspot.com/2009/07/dante-de-angelis-ministro-dei-trasporti.html
1.07.2009

Copyright 2009 © Riproduzione vietata, salvo assenso scritto dell’autore da richiedere a [email protected]

[1] Fonte: http://www.ferroviedellostato.it/cms/v/index.jsp?vgnextoid=88e368ae9d50a110VgnVCM10000080a3e90aRCRD
[2] Fonte: http://www.coordinamentorsu.it/doc/altri2004/2004_0107fsliguria_rasstampa.htm
[3] Incidenti Ferroviari: 1997-2009. http://www.adnkronos.com/IGN/News/Cronaca/?id=3.0.3486561452
[4] Vedi tabella: http://www.sacerpetroli.it/site/approfondimenti/raffinazioneItalia.htm
[5] C. Bertani: Il futuro dei trasporti, http://www.carlobertani.it/saggi_pubblicati.htm
[6] Anche sulla Haven, colata a picco 12 ore dopo il Moby Prince (!), rimane qualche dubbio giacché, quello squarcio di 5 metri di diametro appena a proravia del fumaiolo, insospettisce. Perché la poppa fu proprio l’ultima ad affondare? L’inchiesta fu chiusa a tempo di record… http://www.kon-tiki.biz/wp-content/uploads/2006/12/haven-oltre-40.jpg
[7] Fonte: http://www.micropolis-segnocritico.it/mensile/?p=66
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