DI MASSIMO FINI
ilgazzettino.it
In Sud Sudan, Stato nato due anni fa dalla secessione dal Sudan, è in
corso una guerra civile fra l’esercito leale al presidente Salva Kiir,
di etnia Dinka, che dispone di carri armati, e i ribelli che fanno capo
all’ex vicepresidente Riek Machar, di etnia Nuer, che rispondono a colpi
di kalashnikov. I morti sono migliaia.
I Nuer sono un popolo nilotico, di staordinaria bellezza, che vive nelle
paludi e nelle vaste savane del Sudan meridionale e che negli anni
Trenta, quando l’antropologo inglese Evans-Pritchard lo studiò stando a
lungo sul posto, costituivano una di quelle ‘società acefale’ o
‘anarchie ordinate’ non rare un tempo nel Continente Nero.Pritchcard infatti così li descrive: «E’ impossibile vivere fra i Nuer e immaginare dei governanti che li governino. Il Nuer è il prodotto di un’educazione dura ed egalitaria, profondamente democratico e facilmente portato alla violenza. Il suo spirito turbolento trova ogni restrizione irritabile, nessuno riconosce un superiore sopra di sè. La ricchezza non fa differenza. Un uomo che ha molto bestiame viene invidiato, ma non trattato differentemente da chi ne possiede poco. La nascita non fa differenza. Ogni Nuer considera di valere quanto il suo vicino».
I Nuer non avevano contatti con altri popoli (al Nuer, per vivere, bastava l’orgoglio di essere un Nuer) tranne che con i contigui Dinka. Poichè sono un popolo guerriero ogni quattro o cinque anni facevano delle razzie fra i Dinka i quali li ripagavano rubandogli il bestiame. Per questa faccenda avevano creato anche un mito fondativo: in origine il Dio aveva dato una vacca al Nuer e un vitello al Dinka, ma di notte il Dinka, imitando la voce del Nuer, si era preso la vacca e il Nuer, scoperto il furto, si era fatto restituire la vacca a colpi di zagaglia.
Questo era l’equilibrio che avevano trovato. Tanto che quando nel 1880 arrivarono gli inglesi e vollero impedire le razzie dei Nuer i primi a lamentarsene furono i Dinka. Durante le razzie i Nuer uccidevano qualche Dinka (pochi perchè quelli se la davano a gambe) e altri li facevano prigionieri. Il prigioniero veniva trattato con grande rispetto, il suo carceriere non poteva nemmeno ordinargli di portargli un bicchiere d’acqua. Dopo un periodo di quarantena il Dinka veniva integrato e diventava un Nuer a tutti gli effetti. Racconta ancora Pritchcard: «Se chiedevi a qualcuno ‘Senti, ma quello là è un Nuer-Nuer o un Nuer-Dinka?’ Si rifiutava di risponderti».
Com’è che da questa realtà a suo modo straordinaria (libertà e uguaglianza messe insieme, una bella lezione per le supponenti democrazie occidentali) si è arrivati a quella odierna?
Le ragioni sono sostanzialmente due. L’erezione a Stato nel 1956, del territorio del Sudan con la conseguente radicalizzazione in senso integralista-musulmano del Sudan del Nord che ha cercato di imporre, con i mezzi che ha uno Stato, il suo cupo credo alle popolazioni animiste del Sud che hanno reagito con una guerra civile durata quarant’anni e combattuta non certo a colpi di zagaglia (tutti vendono armi a tutti, non olet).
La penetrazione occidentale, simboleggiata dagli abiti dei suoi leader, Kiir e Mochar, vestiti in giacca e cravatta, il primo addirittura con in testa un cappello da cowboy, ha distrutto l’armonia, gli equilibri, la mentalità, la cultura su cui vivevano, da millenni, queste popolazioni tribali. E così al posto delle innocenti e liberatorie scaramucce di un tempo oggi abbiamo mille morti al giorno.
Massimo Fini
Fonte: www.ilgazzettino.it
27.12.2013