DAHR JAMAIL – IRAQ DISPATCHES

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blankCHI E’ DAHR JAMAIL?

Stanco del completo fallimento dei media statunitensi nel riportare accuratamente la realtà della guerra per il popolo iracheno ed i soldati statunitensi, Dahr Jamail si è recato in Iraq per riferire sulla guerra da sè.

I suoi dispatches (articoli pubblicati sul weblog) sono stati velocemente riconosciuti come un’importante risorsa mediatica e adesso Dahr scrive per l’Inter Press Service, l’Asia Times e molte altre fonti. I suoi resoconti sono stati pubblicati anche su The Nation, The Sunday Herald, Islam Online, The Guardian e The Independent, solo per citarne alcuni. I dispatches e le hard news stories (articoli scritti per delle pubblicazioni specifiche) di Dahr sono stati tradotti in francese, polacco, tedesco, olandese, spagnolo, giapponese, portoghese, cinese, arabo, turco ed italiano. Alla radio come alla televisione, Dahr ha fatto il reporter per Democracy Now!, la BBC e numerose altre stazioni attorno al globo. E’ stato anche il corrispondente speciale di Flashpoint.

Dahr ha speso un totale di 8 mesi nell’Iraq occupato, quale uno dei pochi giornalisti indipendenti Usa nel paese. Attualmente utilizza il sito web DahrJamailIraq.com e la sua popolare mailing list per diffondere i suoi dispatches.

Come Don Chisciotte ha tradotto costantemente i suoi articoli per tutta la seconda metà del 2005. Nel periodo precedente e successivo, abbiamo fatto una selezione dei suoi pezzi più interessanti.

LE INTERVISTE

In seguito al suo ritorno dall’Iraq, Dahr Jamail è stato intervistato innumerevoli volte da media indipendenti di tutto il mondo. Leggere queste interviste, brevi e concise, è forse il modo migliore per avere una prospettiva d’insieme sulle condizioni dell’Iraq occupato.

10 DOMANDE E RISPOSTE – DON NASH (UNKNOWN NEWS) INTERVISTA DAHR JAMAIL

La maggior parte dell’Iraq è un disastro e in uno stato di caos totale. Le condizioni di sicurezza sono giustamente descritte come quelle di una guerra di guerriglia brutale fuori controllo da più di un anno. Anche adesso gli attacchi alle forze Usa sono in media più di 70 al giorno, e ci si aspetta che aumentino nei prossimi mesi. Il mito per cui l’esercito Usa ha il controllo su ogni porzione dell’Iraq è solo quello – un mito. Anche la “Zona Verde”, pesantemente protetta, è presa di mira dai mortai su una base quotidiana. Se qualcuno volesse volare verso o dall’aeroporto internazionale di Baghdad, si prepari per una spirale discesa/decollo… perché questo è necessario da più di un anno a causa dell’incapacità dell’esercito di tutelare l’area attorno all’aeroporto. Come in Vietnam, si spara agli aerei se non usano il metodo a spirale di decollo/atterraggio.
(continua)

I REPORTER NON EMBEDDED IN IRAQ – BENJAMIN DANGL (TOWARD FREEDOM) INTERVISTA DAHR JAMAIL

Nel 2003, stanco dall’inaccurata rappresentazione della realtà irachena offerta dai media Usa, il giornalista indipendente Dahr Jamail si è diretto di propria iniziativa verso il conflitto. Anziché seguire le orme degli embedded nei media mainstream, i “Giornalisti da Hotel”, Jamail ha percorso le strade dell’Iraq per scoprire le storie che la maggior parte dei reporter stava perdendo. Le sue innumerevoli interviste con cittadini iracheni e i reportage sul campo hanno offerto una prospettiva orribile sulle viscere dell’occupazione Usa. Dall’aver riferito sul sanguinoso assedio di Fallujah all’aver rivelato una storia sulla mancata ricostruzione degli impianti per il trattamento dell’acqua da parte della Bechtel, i suoi scritti e le sue fotografie hanno dipinto un Iraq che è molto peggiore ora di quanto lo fosse prima dell’invasione Usa. Come gli ha spiegato uno dei detenuti ad Abu Ghraib, “gli Americani hanno portato l’elettricità al mio culo prima di portarla alla mia casa”.
(continua)

L’AGONIA IRACHENA – AMY GOODMAN (DEMOCRACY NOW!) INTERVISTA DAHR JAMAIL

Appena tornato dalla sessione finale del Tribunale Mondiale sull’Iraq, ad Istanbul, dove ha testimoniato, Dahr Jamail ha condiviso con Amy Goodman le sue informazioni e le sue prospettive sull’occupazione statunitense dell’Iraq. In questa eccellente intervista di 20 minuti, Dahr ed Amy discutono della mancanza di informazione sui recenti attentati in Iraq, che hanno ucciso un numero di civili simile a quello degli attentati di Londra. I due parlano approfonditamente del rapporto scritto da Dahr sull’agonizzante sistema sanitario iracheno, delle azioni che l’esercito degli Stati Uniti ha intrapreso contro gli ospedali e il personale medico, il che costituisce dei crimini di guerra, e di molti altri temi scarsamente riportati dai media informativi mainstream USA.
(continua)

GLI AMERICANI VERO NEMICO DI NOI REPORTER – MARINA FORTI (IL MANIFESTO) INTERVISTA DAHR JAMAIL

Dahr Jamail è un giornalista indipendente, tiene un web-log e continua a lavorare in Iraq. «Falluja è la Dresda dei nostri giorni», ci dice. «Ma i militari americani non vogliono testimoni»
(continua)

FALLUJAH

La città di Al-Fallujah, nel triangolo sunnita, è stata a lungo una roccaforte della resistenza irachena. L’esercito statunitense ha assediato la città per due volte, nell’aprile e nel novembre del 2004. Il secondo assedio è stato tanto drammatico che Dahr Jamail lo ha definito la Guernica del 21° secolo, mentre il Centro per i Diritti Umani e la Democrazia di Fallujah stima che nell’attacco siano morte tra le 4.000 e le 6.000 persone, la maggior parte delle quali civili. C’è da chiedersi se ci sia un solo crimine che le forze occupanti non hanno commesso: attacchi alle ambulanze e agli ospedali, uso di armi chimiche, bombardamenti a tappetto, deliberate uccisioni di civili (tra cui donne e bambini), stupri, …

LA VITA CONTINUA TRA LE MACERIE DI FALLUJAH

San Francisco, California – Un anno dopo che la “Operation Phantom Fury”, guidata dagli Stati Uniti, danneggiò o distrusse 36.000 case, 60 scuole e 65 moschee a Fallujah, in Iraq, i residenti della città continuano a soffrire per la mancanza di indennizzi, per una ricostruzione lenta e per alti tassi di malattia. Il centro studi per i diritti umani e la democrazia (SCHRD) (1), con sede a Fallujah, stima che il numero di persone uccise nella città durante l’operazione guidata dagli Stati Uniti ad ottobre e novembre 2004 sia tra le 4.000 e le 6.000, per la maggior parte civili. Nelle periferie della città sono state scavate fosse comuni per migliaia di corpi.
(continua)

‘HO CURATO PERSONE LA CUI PELLE SI ERA SCIOLTA’

Abu Sabah sapeva di aver assistito a qualcosa di insolito. Nel novembre dello scorso anno, seduto nei terreni della Baghdad University, in un campo profughi allestito per famiglie fuggite o allontanate da Fallujah, questo residente del distretto Jolan della città mi disse come era stato testimone del più duro combattimento della battaglia.
“Usavano le loro strane bombe che alzano del fumo come una nuvola atomica”, disse. Aveva visto “frammenti di queste bombe esplodere in grandi incendi che continuavano a bruciare sulla pelle anche dopo che le persone gettavano acqua sulle ustioni”.
(continua)

FALLUJAH RIVISITATA

Circa un anno dopo che sono stati perpetrati, solo pochi dei crimini di guerra commessi a Fallujah da membri dell’esercito Usa hanno ottenuto l’attenzione dei principali media internazionali (esclusi, ovviamente, tutti i media aziendali negli Stati Uniti).
Lo scorso 26 novembre 2004, in un articolo che scrissi per l’Inter Press Service intitolato ‘Armi inusuali’ usate a Fallujah, dei rifugiati di quella città descrivevano, nel dettaglio, varie armi strane usate a Fallujah. In aggiunta, fornivano delle descrizioni dettagliate, come questa: “frammenti di queste bombe sono esplosi in grandi incendi che bruciavano la pelle anche quando si gettava acqua sulle ustioni”.
(continua)

COSE STRANE SUCCEDONO A FALLUJA

“I militari stanno facendo cose strane a Falluja”, mi ha detto uno dei miei contatti appena tornato in città. Si era recato a Falluja per vedere in che stato fosse la sua casa ed è ritornato questo pomeriggio a Baghdad. Esigendo che non menzionassimo il suo nome, ha continuato: “Nel centro del quartiere Julan stanno demolendo case intere bombardate e contemporaneamente lasciano la maggior parte delle altre tali e quali. Perché lo fanno?”
(Traduzione dall’inglese a cura del Centro di cultura e documentazione popolare di Torino)

(continua)

IN EVIDENZA

Alcuni approfondimenti di particolare interesse

IRAQ: GLI USA SOSTENGONO IL TERRORE FILO-IRANIANO

Dopo le forze Usa e gli attentati, gli Iracheni stanno iniziando a temere quelle bande di uomini mascherati che sembrano operare con la polizia irachena. Attenzione: foto impressionanti
(continua)

TOMGRAM: DAHR JAMAIL SUL FENOMENO ZARQAWI

Proprio in questi ultimi giorni, secondo USA Today, è stato diffuso un “video di propaganda” appositamente preparato da Abu Musab al-Zarquawi, sospetto terrorista collegato con al-Qaeda, mostrante attacchi suicidi contro forze USA in Iraq, presumibilmente ispirato o commissionato dallo stesso terrorista. Dato che George Bush lo citò per la prima volta nell’Ottobre 2002 in un discorso a Cincinnati, come prova della presenza di al-Qaeda in Iraq e quindi del nesso essenziale tra Saddam Hussein ed al-Qaeda, Zarqawi si è ancor più posto al centro dell’attenzione proponendosi come la maggiore minaccia terroristica irachena. Sulla sua testa pende ora un’enorme taglia e viene citato regolarmente dal Presidente e da altri rappresentanti dell’amministrazione pubblica come il nostro nemico numero uno in quelle terre, prova vivente che l’Iraq è “il teatro centrale della guerra al terrore”. Negli USA è arrivato a personificare la guerra in Iraq, la sua presenza è contemporaneamente la spiegazione immediata del-perché-siamo-in-guerra e la giustificazione vivente per ogni atto che commettiamo laggiù.
(continua)

NELLA TERRA DI NESSUNO

Il confine tra l’Iraq e la Giordania è una terra di desolazione. Bobine di filo spinato si snodano nel deserto mentre vi si impigliano dei sacchetti di plastica ingrigiti dal sole, sventolati da venti caldi e secchi. Nella terra di nessuno, Jamail espone un’altra faccia delle conseguenze umane dell’occupazione statunitense subita dall’Iraq – la sofferenza e la resistenza dei rifugiati Curdi-Iraniani e palestinesi. Lunghe colonne di camion aspettano al confine giordano per portare i loro carichi di aiuti nell’Iraq straziato dalla guerra. Quando gli autisti iracheni vogliono entrare in Giordania, aspettano fino a 18 giorni per essere ammessi ad entrare. Il confine di al-Karama è una terra di attesa, ma non solo per gli autisti dei camion.
(continua)

IRAQ: LA DEVASTAZIONE

La devastazione dell’Iraq? Da dove devo cominciare? Dopo aver lavorato per sette degli ultimi dodici mesi in Iraq, sono sempre sopraffatto, già dalla stessa idea di accingermi a farlo, dai tentativi di descrivere questa devastazione. La guerra e l’occupazione illegali dell’Iraq sono state condotte per tre ragioni, se bisogna credere all’Amministrazione Bush. La prima, si trattava delle armi di distruzione di massa, che però non sono mai state rinvenute. La seconda, perché il regime di Saddam Hussein intratteneva rapporti con al-Qaeda, cosa che non è stata mai provata, e questo è stato ammesso personalmente dallo stesso Bush. La terza ragione, che sta tutta nel nome assegnato all’invasione, “Operazione Libertà per l’Iraq”, risiedeva nella volontà di liberazione del popolo Iracheno. Ecco dunque, all’oggi, l’Iraq è un paese liberato!

(Traduzione dall’inglese a cura di Curzio Bettio di Soccorso Popolare di Padova, dedicata a Giuliana Sgrena, giornalista libera)
(continua)

IL TRIBUNALE MONDIALE SULL’IRAQ

Nel febbraio del 2003, poche settimane prima che fosse scatenata la guerra illegale contro l’Iraq, milioni e milioni di persone protestarono nelle strade di tutto il mondo. Il loro appello non fu ascoltato. Nessuna istituzione internazionale ebbe il coraggio o la coscienza necessari a opporsi alla minaccia aggressiva da parte dei governi statunitense e britannico. Nessuno riuscì a fermarli. Sono passati due anni. L’Iraq è stato invaso, occupato, devastato. L’attacco all’Iraq è un attacco alla giustizia, alla libertà, alla nostra sicurezza, al nostro futuro, a noi tutti. Noi, il popolo della coscienza, abbiamo deciso di resistere. Abbiamo creato il Tribunale mondiale sull’Iraq (Wti) per chiedere giustizia e un futuro di pace.

TRIBUNALE MONDIALE SULL’IRAQ – TESTIMONIANZA PER LA SESSIONE FINALE

Vi ringrazio molto per avermi invitato alla sessione finale del tribunale mondiale sull’Iraq. Sono andato in Iraq per la prima volta nel novembre del 2003 quale cittadino americano frustrato quanto terrificato da quel che il mio governo non eletto stava facendo. Sono andato per riportare la situazione reale in quanto mi sentivo profondamente afflitto dal “giornalismo” fornito dai media delle corporation. A quel tempo, da scalatore di montagne frustrato dell’Alaska, non avrei mai creduto di trovarmi a testimoniare presso il tribunale mondiale sull’Iraq. Voglio ringraziare gli organizzatori, che mi hanno dato questa possibilità. Sono onorato di trovarmi qui, in solidarietà con il popolo iracheno.
(continua)

NUOVE PROVE PUNTANO AGLI STATI UNITI

Nuove prove sui crimini di guerra degli Stati Uniti e sulle violazione
del diritto internazionale sono state presentate alla sessione finale
del tribunale mondiale sull’Iraq durante le udienze a Istanbul, questo
lunedì. Il tribunale mondiale sull’Iraq (World Tribunal on Iraq, WTI)
è una ‘corte delle persone’ istituita da accademici, attivisti per i diritti
umani e organizzazioni non governative per avere una prospettiva
indipendente sull’invasione e l’occupazione dell’Iraq da parte degli
Stati Uniti e delle altre potenze occupanti, come la Gran Bretagna. Il
tribunale è ispirato al tribunale Russell per la guerra in Vietnam.
(continua)

LA SVEGLIA SUONA

Dopo la sessione finale del tribunale sull’Iraq, la giuria di coscienza ha rilasciato le sue raccomandazioni. Spedirò l’articolo che ho scritto al riguardo più tardi, fornendo dettagli maggiori. Ora aggiungerò – come prefazione ad una lettera che ho appena ricevuto da un Iracheno, il quale mi ha chiesto di farla girare tra gli Americani – quanto è stato detto oggi, in breve: “Le raccomandazioni fatte dalla giuria includono la richiesta di un ritiro immediato ed incondizionato di tutte le forze di occupazione, che i governi della coalizione paghino un compenso pieno agli Iracheni per tutti i danni, e che le leggi, i contratti, i trattati e le istituzioni creati sotto l’occupazione e considerati dannosi o inutili dagli Iracheni siano aboliti”.
(continua)

LA COSTITUZIONE

La costituzione irachena smembrerà il paese in 3 parti: il nord (ricco di petrolio) ai Curdi, il sud (ricco di petrolio) agli Sciiti e il centro (ben povero di petrolio) ai Sunniti, spianando la strada per un’estensione della guerra civile. Persino secondo la testimonianza di un rappresentante delle Nazioni Unite, gli Usa hanno fortemente influito nel processo di scrittura della costituzione. Inoltre, la maggior parte degli Iracheni ha votato in base alle indicazioni dei propri leader religiosi, senza avere idea di cosa dicesse il testo

UN REFERENDUM SULLA COSTITUZIONE CHE NON C’E’ STATO

In Iraq si susseguono le votazioni volute dalle forze occupanti, con il loro corollario di illegittimità e manipolazione. Ecco il caso del referendum costituzionale di poche settimane fa
(continua)

IL “REFERENDUM” ED ALTRE FRODI

Appena prima del cosiddetto referendum costituzionale di sabato nell’Iraq occupato, uno dei miei amici intimi a Baghdad mi ha scritto, “Vorrei mettere in evidenza che mancano tre giorni al referendum, ma sezioni molto ampie della popolazione irachena non hanno potuto ricevere parte delle cinque milioni di copie [della costituzione] da parte dell’ONU, cioè non sapranno cosa contiene la costituzione. Di conseguenza, voteranno secondo il loro background o per le preferenze religiose o politiche. Molte persone che voteranno sì non sanno perché voteranno sì… che razza di voto è questo?”
(continua)

LETTERA APERTA AD AMNESTY INTERNATIONAL SULLA COSTITUZIONE IRACHENA

La seguente lettera è stata scritta da alcuni membri del Tribunale Brussels, uno dei gruppi del Tribunale Mondiale sull’Iraq. Per chi è interessato al diritto internazionale e all’imminente voto referendario sulla Costituzione Irachena, è assolutamente da leggere.
(continua)

COSTITUZIONE: L’INFLUENZA DEGLI STATI UNITI E’ ‘TROPPA’

L’influenza degli Stati Uniti nel processo di scrittura della costituzione irachena è eccessiva e “altamente inappropriata”, dice un funzionario delle Nazioni Unite
(continua)

CENSURA

Gli Stati Uniti hanno fatto il possibile per massimizare il blackout mediatico della guerra in Iraq, uccidendo di proposito i reporter indipendenti, sequestrando il loro materiale o semplicemente impedendo loro di muoversi. Inoltre, al di fuori dell’Iraq, si sono registrate pressioni sui governi perché censurassero le pubblicazioni o le iniziative di denuncia dei loro crimini

CENSURA

Finalmente, la sessione culminante del tribunale mondiale sull’Iraq è vicina. Come testimone ho rilasciato interviste a molti giornali ed oggi ho incontrato i reporter di uno dei quotidiani turchi più diffusi, il Yen Safak Newspaper. Lascierò anonimi i reporter, per ragioni che capirete presto. Il giornale ha tradotto in turco e pubblicato vari miei articoli, in particolare quelli che riguardavano il recente massacro di Fallujah. Il reporter che mi stava intervistando oggi mi ha detto che il vice console americano in Turchia, Eric Edelman, ha chiesto al primo ministro di fare pressioni al suo giornale (del giornalista, ndt) perché non pubblicassero così tanti miei articoli.
(continua)

PIU’ DISSENSO, PIU’ CENSURA

Un quarto di un milione di persone ha intasato le strade della capitale lo scorso weekend, mentre Mr. Bush si trovava convenientemente a visitare il quartier generale del commando Usa a Colorado Springs.
Mentre i veterani dall’attuale debacle in Iraq e decine di famiglie di militari che si oppongono alla giunta Bush si sono aggiunte alle schiere di manifestanti giunti a Washington DC per esprimere il loro dissenso, in Iraq si sviluppavano nuovi avvenimenti, mentre Bush si faceva fotografare in Colorado.
(continua)

L’OCCUPAZIONE

Nei suoi numerosi articoli, Dahr Jamail ha descritto molti aspetti tragici dell’occupazione: la violenza dilagante, la mancanza di infrastrutturre, la disoccupazione…

LETTERA APERTA AL PRESIDENTE DEGLI STATI UNITI DA UN IRACHENO

Recentemente ho ricevuto questa lettera da un amico iracheno che vive a Baghdad. E’ scritta come una lettera aperta al signor Bush – Dahr Jamail
(continua)

GLI IRACHENI RIFIUTANO L’AUMENTO NEI PREZZI DEL COMBUSTIBILE

Per due giorni sono continuante le manifestazioni in tutto l’Iraq contro la decisione del governo di aumentare il prezzo dei combustibili, presenti nella benzina e necessari per cucinare e riscaldare.
(continua)

IRACHENI: LIETI CHE IL 2005 SIA FINITO, MA CON POCHE SPERANZE PER IL 2006

Nonostante le elezioni parlamentari della scorsa settimana e una temporanea attenuazione della violenza, gli Iracheni sono ancora amareggiati dell’anno in corso, e scettici per il 2006.
(continua)

OSPEDALI SOTTO ADDEDIO

Nuove testimonianze sui crimini di guerra dell’esercito Usa in Iraq, che non risparmia dalla propria violenza neppure gli ospedali.
(continua)

LA VIOLENZA PORTA SOLO ALTRA VIOLENZA

Le operazioni militari continuano inesorabili nella provincia di Al-Anbar. Con nomi tipo ‘Operation Iron Fist’ e ‘Operation Iron Gate’, iniziata solo pochi giorni dopo ‘Iron Fist’, migliaia di soldati statunitensi, appoggiati da aerei da combattimento, carri armati ed elicotteri hanno cominciato ad attaccare piccole città e villaggi soprattutto nella zona nordoccidentale di Al-Anbar.
(continua)

IL SIGNOR ”PROVOCATELI”

Ieri, mentre parlava ad un gruppo di mogli di militari a Washington, il signor Bush ha detto: “Questa guerra richiederà più sacrifici, più tempo e più determinazione”.
Certamente questo discorso di consolazione preventiva alla notizia della morte numero 2000 non è stato vano, poiché l’annuncio è stato dato poche ore dopo il suo discorso, presso la base dell’aviazione.
Mi chiedo quante di queste mogli di militari ricordino quello che disse il signor Bush 1794 soldati Usa morti fa, quando annunciò orgogliosamente, “Provocateli”, lo scorso 2 luglio 2003.
(continua)

NEL FRATTEMPO, IN IRAQ…

Negli ultimi giorni almeno 6.000 soldati Usa insieme a circa 4.000 soldati iracheni (Leggasi membri dei Peshmerga Curdi e dell’esercito Badr sciita) hanno posto sotto assedio la città di Tal-Afar, vicino a Mosul, nell’Iraq settentrionale. Si stima che il 90 % dei residenti abbia lasciato le proprie case per via della violenza e della distruzione causate dell’assedio e per evitare i raid nelle case ed i cecchini.
Il modello di Fallujah è stato applicato di nuovo, sebbene su una scala più piccola. Non ho ancora ricevuto resoconti sull’uso della biometria (scansioni della retina, calco delle impronte digitali, codici a barre sugli esseri umani) come a Fallujah, ma ci sono altre impressionanti similitudini con le tattiche usate a Novembre.
(continua)

LE DUE ‘ZONE VERDI’

Mentre il governo fantoccio iracheno, sostenuto dagli Stati Uniti, si affanna per discutere la cosiddetta costituzione, l’Iraq rimane in uno stato di anarchia totale. Non c’è alcun controllo da parte del governo, persino dentro l’infame “Zona Verde”, dove le marionette sembrano aver aggrovigliato i propri fili.Perché il mio tono è così aspro verso le conflagrazioni del cosiddetto governo iracheno? Perché il prezzo pagato per questa disavventura, grande in modo inimmaginabile, della giunta neo-conservatrice guidata da Bush è stato pagato da veri esseri umani che hanno versato vero sangue e pianto vere lacrime. Perché più di 100.000 Iracheni e più di 1.800 soldati Usa sarebbero vivi, oggi, se non fosse stato per i burattinai di Mr. Bush
(continua)

”COSA ABBIAMO FATTO?”

Mentre negli ultimi giorni il sangue dei soldati statunitensi continua ad essere versato nelle calde sabbie dell’Iraq, con almeno 27 militari uccisi, e mentre la percentuale di approvazione per la gestione di Bush della debacle irachena è precipitata al minimo storico del 38 %, oggi il presidente ha commentato dal suo confortevole ranch a Crawford, “Manterremo la rotta, finiremo il lavoro in Iraq”.
A sole due ore di auto da Dallas, al Convegno Nazionale dei Veterani per la Pace, sono seduto in una stanza piena di veterani che vengono dal pantano iracheno.
(continua)

SENZA LAVORO, IN MEZZO AI PERICOLI

Amman – Ahlam Najam aveva solo bisogno di un lavoro. A 25 anni possedeva un diploma universitario in insegnamento, ma non non riusciva a trovare un impiego. Quando la Kellogg Brown and Root (KBR), consociata della ditta statunitense Halliburton, le ha offerto un lavoro come guardia di sicurezza presso una base U.S.A. in Iraq, ha accettato.Il 18 maggio dello scorso anno le hanno sparato due volte in testa mentre aspettava un taxi per andare al lavoro. I suoi assalitori l’hanno lasciata cieca, e priva dell’olfatto.
(continua)

DETTAGLI INCOMPLETI

Ieri, il Ministro della Difesa, Sadoun al-Dulaimi, ha annunciato che a partire da sabato 40.000 truppe irachene sigilleranno Baghdad e cominceranno a dare la caccia agli insorti e alle loro armi.Baghdad verrà divisa in 2 sezioni principali, est e ovest, e all’interno di ciascuna sezione ci saranno aree di controllo più piccole.
(continua)

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