DI FULVIO GRIMALDI
Stanno arrivando le elezioni. Viene dichiarata la pace universale e le volpi hanno un sincero interesse a prolungare per un po’ la vita dei polli.
T.S.Eliot
La politica è l’arte cortese di ottenere voti dai poveri e finanziamenti dai ricchi, promettendo di difendere gli uni dagli altri.
Oscar Ameringer
Quando tutti si dichiarano d’accordo, da Storace, Berlusconi, P2, Paolo-Israel-Mieli, a Svendola, Veltrinotti, Universo Ong, Tavola della Pace e il mio barista, vuole immancabilmente dire che ha vinto la Squadra A e la Squadra B o fa da palo, o è sodomizzata. Così sull’11 settembre, su Saddam, su Mugabe, su Milosevic, su Fidel, sull’Auschwitz solo tedesca e assolutamente non irachena, e poi su Dalai Lama e tutto il coccuzzaro della frode ontologica e pure escatologica iniziata con la leggenda del bimbo di Betlemme (ma anche nato a Nazareth) che, integralista ebraico antiromano, è stato fatto passare da una serie di protagonisti del “Male assoluto” per figlio di dio e salvator mundi. Il gruppuscolo di licantropi che spadroneggia sul mondo, da duemila anni se ne fa punta di lancia al narcotico, quando non al cianuro. Tutto ciò ha fruttato imperi, montagne di talleri e di morti, nonché il rincoglionimento di miliardi di nati sani. La frode dell’ologramma Obama, nel nostro piccolo Veltrobama, sta a quella del Cristo come lo studio ovale sta a San Pietro. Ma sempre gran pacchi sono. Hanno entrambi per fondamenta l’inganno e sono costruiti con ossa umane (e non) e cementati con sangue e materia cerebrale raccattata all’ammasso gestito da zecche come Gianni Riotta e Raffaella Carrà.
Il mantra, vuoto ma ipnotico, “cambiamento”, ripetuto dal candidato come l’ora pro nobis di una novena e così esaltante per tutti coloro che se ne sono sentiti liberati dalla necessità di dire qualcosa di vero, fa il paio con l’ossessiva “innovazione” del fu Veltrinotti e dell’attuale Svendola. Traveste l’inculata. Doveva presagire un’elezione storica, una rivoluzione nonviolenta, un sogno avverato, una breccia, la fine del razzismo, il dialogo, la pace. Contagioso come la peste bubbonica, sul mantra ha surfato, nel coro dei nostrani sicofanti mediatici, tutta la ciurmaglia di mignotte, lenoni, nani, ballerini e mafiofascisti che sgoverna questo naufragato detrito di pianeta. Vi si sono inebriati i protagonisti del continente più massacrato dalla civiltà di cui Obama si erge a leader, l’Africa, le plebi lobotomizzate del Vecchio Continente, Abu Mazen, Karzai e Al Maliki, prontamente riconfermati sui loro scranni di pelle umana, cuscini d’oppio e dollari, i gay che finalmente potranno fare la cazzata che finora era inflitta solo a generi diversi e, stendardi nonviolenti al vento, ecco che nelle retrovie avanza la banda stracciona dei corifei di tutti i padroni con riserva di poltrone o strapuntini… Qualche doverosa riserva è venuta solo da popoli e leader dell’America Latina e dai russi tornati avveduti, ma decisi garanti degli equilibri internazionali e quindi della deterrenza ai killer-robot euro-israelo-statunitensi. Prima ancora, ovviamente, da tutti gli arabi sulle cui ferite brucia il miele al veleno schizzato da Barack Obama quando strisciò tra i patiboli allestiti per i palestinesi nel salone del suo incontro con l’AIPAC, l’onnipotente lobby sionista di Washington (a proposito: non Barak, come ripetete dieci volte nel vostro commento, cari vernacolari della Rete dei Comunisti che ve la tirate con i vostri report, ma Barack!).
Niente da dire, per carità, sul gran movimento di giovani speranzosi e di buona volontà suscitato da questo illusionista, né sulla svolta in nero nella percezione maggioritaria (?) e sul citofono della Casa Bianca. Se sono rose fioriranno. Ma se, assistendo all’immancabile spappolamento del genio uscito dalla lampada dei 40 ladroni, questi giovani si incazzano, si potrà sperare nella spinta per un cambiamento un tantino meno fasullo. Se la disillusione non genererà sacra collera, s’acqueteranno mortificati e torneranno a fare i marines e accendere mutui. Se la veda uno psicologo delle masse. Quello dello tsunami del “cambiamento” purchessia era un imperativo di sopravvivenza per una elite occidentale trascinata nel fango morale e nel crimine organizzato agli occhi di mezzo e più mondo. Due grandi, sanguinarie guerre perdute, l’assalto e la distruzione di Haiti, le guerre per interposti ascari (oggi congolesi) contro i popoli e per le risorse dell’Africa, i golpe tentati o realizzati in casa altrui, lo sterminio degli osseti, l’obliterazione del diritto internazionale, Guantanamo, i rapimenti e sparizioni di “sospetti”, la tortura sancita a livello del mentecatto in capo, le guerre economiche e poliziesche interne contro la libertà e la salute, la militarizzazione di ogni aspetto della vita, l’orrendo degrado culturale diffuso per ogni dove, guitti-mannari, guitti-batrace. guitti-coniglio, guitti-frankenstein, installati ovunque a garantire dominio, rapina, traffico di droga e di esseri umani, il travaso della ricchezza collettiva nelle mani di quattro vampiri, la corsa senza ostacoli verso un’ineluttabile fine dell’umanità… Insomma piovevano re nudi da ogni parte e i ragazzini incominciavano a berciare che di vestiti sul re non v’era traccia. Piuttosto che sventrare la città, ora convenivano le tangenziali. E il pendolo pendolò. Da destra a sinistra, come cinguettano il colto e l’inclita? No, da destra a destra.
Cossiga, D’Alema, Fini: li chiamavano Trinità
Permettetemi un excursus. Chiunque prenda in mano la penna di questi giorni non può tralasciare di far conoscere a chi avesse saltato altre fonti, le naziteorie del delinquente psicopatico che, sulle rughe avvizzite da vecchio sadico, ha inciso tacche intitolate Gladio, Giorgiana Masi, Moro, giudici-ragazzini e, ora, maestre-ragazzine. Godendo della manufatta paura grandinata sulla gente dall’operazione “guerra al terrorismo”, guerra ai migranti, ai rumeni, ai rom, ai tifosi, alle baby-gang, agli anti-discarica, ai pedofili, ai piloti ridotti in mutande, ai facinorosi”, come di una scelta strategica del potere (che lo fosse l’avevamo detto prima noi), ne ha sollecitato al capo delle forze del G8 un’illimitata escalation tramite città a ferro e fuoco e, auspicabilmente, il morto ammazzato (ovviamente dai suoi celebrati infiltrati). Morto da “provocare odio per i manifestanti”, perchè preferibilmente semplice astante, innocente quanto lo sono i civili fatti a pezzi dagli amici di Al Qaida, mandanti Cia, Mossad e MI5, come sempre, ma capri espiatori i subumani iracheni. E lui ancora il subappaltato preferito di costoro. Cosa aspetta qualche epigone di De Magistris o Forleo a incriminare il decrepito stragista? Mica è retroattivo il Lodo Alfano. O il piduista di Arcore è stato capace anche di questo? Non si riesce a capire se fa più ribrezzo costui, o l’eterno buggerato D’Alema (covata Togliatti-Berlinguer) nel matrimonio morganatico con l’ex-post-tuttora-fascista Gianfranco Fini. Sono i livelli della nostra politica: al flirt monosessuato Veltroni-Casini, con sul retro della carrozza i paggetti Svendola-Mussi, si risponde tosto con la bicamerale rosso-nera per fare il presidenzialismo, magnifica ossessione del furbetto del quartierino con i baffi. Giustamente a costui, come a tutta la camarilla, le esternazione da manicomio criminale di Cossiga non fanno un baffo. Va anche osservato che i meriti dei figli non ricadono sulle madri. Come avrebbe potuto altrimenti Heidi Giuliani, nominare, in un battibecco con me all’Ambra Jovinelli, il co-squartatore della Jugoslavia e potenziatore della Nato d’assalto, “il ministro degli esteri più a sinistra della nostra storia”?
La continuità tra il farabutto bianco idiota e l’astuto farabutto nero è stata chiamato a confermarla anche Al Qaida, la brigata cibernetica e mediatica della guerra sucia USraeliana, con il cadavere dell’agente Osama Bin Laden risuscitato ancora una volta da supporti audiovisivi per promettere apocalissi terroristiche tra Usa e vassalli, tempestivamente imitato dal partner junior britannico MI5 con l’annuncio che migliaia di jihadisti musulmani si starebbero preparando a far sembrare gli attentati del 2005 alla metropolitana di Londra un dolcetto rispetto allo scherzetto in programma. Tutti alibi e immunità concesse dai suoi sponsor al nuovo capo del partito unico repubblicratico per fare anche di peggio del bambolotto Barbie, suo predecessore. Stesso procedimento dell’11 settembre e seguenti e scusate se, del tutto fuori moda, insisto su quel fatto come sulla chiave di volta del futuro del mondo. A dispetto del bel proliferare di slanci, movimenti, rivolte, manifestazioni, cortei, assemblee, dove sentire le parole “imperialismo”, “terrorismo di Stato”, “guerra”, “articolo 11”, capita più di rado che ascoltare una parola onesta da Berlusconi… Vicenza, se ci sei, batti un colpo in testa a questi distrattoni.
Torniamo a coloro che si fanno di extasi obamaniaca e, tralasciando il già riportato elenco di nequizie di questo Mago Otelma con gli stivali da Obersturmbannfuehrer, passiamo al suo primo e strategico atto da presidente in pectore: la nomina a capo dello staff presidenziale, e quindi suo braccio destro, di Rahm Israel Emanuel, un personaggio che si colloca alla destra perfino dell’esperto di Torri Gemelle, Dick Cheney. Figlio di un killer delle bande terroristiche israeliane Irgun e Stern, le Sturmabteilung (S.A.) dei macellai sionisti negli anni ’40-’50, capeggiate dai futuri premier Begin e Shamir, il Richelieu di Barack è cittadino israeliano e come tale ha servito Israele nel primo assalto all’Iraq laico, progressista e baluardo antimperialista. Se c’è uno con un curriculum di sottomissione della politica estera Usa ai demoni della guerra e del genocidio israeliani, costui è Rahm Israel Emanuel. Organizzatore dell’incontro Obama-AIPAC, nel quale la “speranza nera” ha leccato via il sangue palestinese da una dopo l’altra delle suole dei più potenti e feroci lobbysti sionisti Usa, gli ha fatto subito promettere a Israele, oltre all’ appoggio a ogni futura nefandezza militare e pulizia etnica, nonché alla teocrazia ebraica etnicamente pulita, dieci bei miliardi di dollari del contribuente statunitense. E’ tale l’ultrasionismo del soggetto da aver chiesto che fosse cancellato il discorso al Congresso dell’ascaro iranian-iracheno Nuri al Maliki, solo perché questo mercenario si era leggermente adontato dei bombardamenti nazisionisti sul Libano. Bombardamenti ovviamente da lui salutati con standing ovation. Emanuel, comunque, non è solo: nel nuovo establishment: attorno all’eletto ci sono figuri come Ross, Rubin, Brzezinski, che sul bavero hanno le stelle e striscie, con spade, e sotto gli artigli la stella di Davide.
Ma le perle nella collana intrecciata da Obama davanti alle folle plaudenti sono tante: il ritorno alla leva obbligatoria (per ora di tre mesi) per tutti i giovani tra liceo, università, fabbrica e disoccupazione, visto che “se l’America deve fare una guerra, non solo alcuni, ma tutti gli americani la devono combattere”; l’esaltazione dello squartamento dei popoli jugoslavi, caro ai pataccari pacifisti di Sarajevo e Sebrenica e consacrata dalla nomina a segretario di Stato nientemeno che di Richard Holbrooke, il boia dei Balcani. Un lieve e lento ritiro dall’Iraq che si lasci dietro una colonia desertificata e depredata, con basi d’assalto verso chiunque (proprio come l’Italia); un potenziamento della Nato a 360° d’intervento missilistico e nucleare; una promessa di sterminio bombarolo per i popoli dell’Afghanistan e Pakistan; eulogie commosse per il generale Petraeus, autore della carneficina irachena detta Surge ed esperto, quanto il collega Negroponte, di squadroni della morte contro iracheni e afghani che non si lasciano vincere o corrompere; critico del Piano Nafta per la spogliazione del Messico a vantaggio di Usa e Canada, ma solo per potenziare le mascelle delle loro multinazionali e, per converso, fautore del Piano Alca con cui Bush ha tentato, finora invano grazie a Chavez & Co., di divorare genti e cose latinoamericane; totale sostegno ai gangster georgiani che hanno massacrato l’Ossezia; Ucraina e Georgia arruolati nella Nato; sfrenata bellicosità contro la nuclearizzazione pur solo civile dell’Iran (ma questa è la solita finta che deve gratificare i persiani di “antimperialisti” e tener buoni gli invasati di guerra israeliani); l’incondizionata presa in consegna dai neocon sia della sceneggiata guerrafondaia e fascistogenica della “guerra al terrorismo”a raggio planetario, sia della cosiddetta ”guerra alla droga” che, come Colombia e Afghanistan ribadiscono, serve al controllo Cia del flusso di narcodollari verso Wall Street; sostegno alla pena di morte inflitta direttamente, oppure tramite centrali nucleari e a carbone (alla faccia dello suo fan Al Gore), o ancora con bombe; silenzio e, dunque, implicita accettazione sulle mostruosità dittatoriali del Patriot Act e connessi provvedimenti bushiani per la soppressione dei diritti civili e lo Stato di polizia; intercettazione di tutte le comunicazioni Usa (l’assoluzione dei cui responsabili privati è stata da Obama votata); la scelta a proprio vice di un ultrareazionario come Joe Biden, che, in sintonia con Bin Laden, ha già promesso una gravissima crisi internazionale nei prossimi sei mesi, magari provocata con l’installazione dei missili e radar antirussi in Europa orientale e conseguente demenziale corsa al riarmo universale, pure queste garantite da Obama; infine un’appassionata adesione al cosiddetto liberomercatismo, il neo-protocapitalismo dei Chicago Boys con le baionette. Adesione strillata ai quattro venti con il voto a favore degli 850 milioni di dollari rubati ai cittadini e flebizzati ai bancarottieri della stirpe di Mario Draghi, nonché con l’inclusione nel proprio staff nientemeno che di Paul Volcker, già presidente della Federal Reserve e scaricatore dei 10 trilioni di debito Usa sulla pelle della popolazione mondiale. E’ per tutti questi meriti che a Obama sono arrivati più soldi di donatori che a qualsiasi presidente imperialista del passato e, nelle ultime due settimane, davanti alle impresentabili figuracce McCain-Palin, tutte dalla crema delle grandi corporations e banche della cupola.
E “il manifesto”, con metà delle sue venti pagine impegnate a iniettare aria nella floscia mongolfiera dell’evento? Lo specialissimo inviato negli Usa, Marco d’Eramo, dopo averci spallato per settimane con inani pettegolezzi e cronache apologetiche sull’Helzappoppin elettorale statunitense, da cui nulla assolutamente traspariva di quanto sopra, onde non turbare l’estasi delle varie Mariucce Ciotta (transfuga dall’idolatria hillariana), sulla limpida figura della testè nominata zampa destra di Obama, ecco cosa ha da insegnarci: Rahm Emmanuel, 49 anni, deputato di Chicago, efficace procacciatore di fondi per le campagne elettorali e politico micidiale”. Già, “micidiale”. Ma perché? D’Eramo non ce lo dice: lobby hébraique oblige. “Politico micidiale”, punto e basta. Il resto sotto il tappeto. Magari così si pensa che sia micidialmente bravo. Bravo tu, Marco, che hai contribuito all’onirica ipnosi di tutti i politolabili del paese. Rendiamo grazie a qualche collaboratore esterno, come Manlio Dinucci o Eduardo Galeano, che in questa melassa tossica sono riusciti a inserire un grumo di verità.
A parte che, per non vedere la continuità strategica dell’imperialismo Usa tra il Monroe dell’800 e Obama, c’è chi usa caleidoscopi per occhiali, sembra incredibile che, alla luce di esperienze secolari che hanno visto gli stessi interessi e gli stessi briganti cavalcare prima un buon Gesù e poi un Alessandro Borgia, S. Francesco e poi Torquemada e, all’inverso, il diabolico Nixon seguito dal quasi beato Carter, o un aitante giovanotto erotomane e falsario nel bel mezzo del tris del castigo evangelico Reagan-Bush-Bush, non ci si voglia accorgere che la centrale degli stupratori fa cambiare maschera al suo pupazzo incoronato a seconda del vento che tira. Quando l’hanno fatta troppo grossa e l’incazzatura dilaga, ecco sugli schermi avvolgerci un rotolone gigante di carta soffice e rosa, All’occorrenza nera. Ha fatto più danni ai suoi uno Zio Tom che tutti gli incappucciati dell’Alabama. Non vedete come sta diventando carino e accomodante il caporione fascista nostrano, in vista della successione al guitto-mannaro? La nomina gli è arrivata direttamente da compari come D’Alema. Marcegaglia, Riina o Consorte. E anche il Mossad è contento. Di quell’altro, come dello psicolabile di Washington, non se ne poteva più. Tanto il lavoro di base e bell’e fatto il solco è tracciato. Ci penseranno Obama e, qui, Maroni a difenderlo. Fuori Berlusconi dentro Prodi, fuori D’Alema dentro Berlusconi, fuori Berlusconi dentro Prodi, fuori Prodi dentro Berlusconi, fuori Berlusconi dentro Fini. Noialtri siamo più monotoni. Ma la puerpera è attivissima e il tornello gira, gira, gira.
Abbiamo un cinico potere che fa parlare il ventriloquato pupazzo di Rinnovamento della leadership americana su tutti e gli fa dire che la sopravvivenza della libertà nel nostro paese dipende in misura crescente dal successo della libertà negli altri paesi. Parole identiche a quelle del Bush appena insediato. Ci cascano coloro che pensano ai monaci tibetani come ai difensori della Comune, o che nel baraccone di Padre Pio si faccia beneficenza. Si tratta di nient’altro che del PNAC (Programma neocon per il nuovo secolo americano, 1998, quello che invocava una nuova Pearl Harbur), vale a dire di un piano per la guerra perpetua e per interminabili destabilizzazioni di Stati altrui. Vedrete che i portatori di libertà e democrazia torneranno a parlare di Darfur, Nyanmar, Siria, Somalia. E per chi non ci sta, Torri Gemelle. Già le hanno annunciate. Nessun presidente che si rispetti ne può fare a meno. Ci sarà da ballare. Teniamoci forte e grattiamo via la vasellina.
Ultim’ora. Obama ha avuto il sostegno del micropartito comunista statunitense. Sono quei “comunisti” che stanno nel governo-fantoccio di Al Maliki, quei comunisti che appoggiarono i carnefici argentini, quei comunisti che pugnalarono alle spalle il Che Guevara. Quei comunisti che ostacolarono le nazionalizzazioni di Nasser e Saddam dicendole, con le cariatidi di Mosca, avventuristiche. Si chiamano ancora comunisti, mentre sono solo spillette arcobaleno della pace sul bavero dei tifosi di professionisti armati in parata. Remember Bertinotti. Qualche volta penso che ci tocca cambiar nome per ridare credibilità alla sostanza.
Fulvio Grimaldi
Fonte: http://fulviogrimaldi.blogspot.com
Link: http://fulviogrimaldi.blogspot.com/2008/11/da-gesu-obama-vince-il-peggiore-perde.html
12.11.08