DA CINDY SHEEHAN A JOHN MURTHA

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Le migliori 10 storie del 2005

DI KEVIN ZEESE

1. Cindy Sheehan affronta il presidente Bush a Crawford (Texas) infondendo così nuove energie nel movimento contro la guerra. Quest’estate ‘Mamma Pace’ era alla conferenza dei Veterani per la Pace a Dallas (Texas), e lì ha preso la decisione di recarsi a Crawford per incontrare il presidente. Effettivamente ci è andata ma è riuscita soltanto a scorgere il presidente dirigersi in fretta e furia verso una raccolta di fondi per i candidati repubblicani. Ma la domanda da lei posta è stata sentita da Bush- e dal mondo intero: “Signor Presidente, per quale nobile causa mio figlio Casey è morto?” Questa semplice domanda continua a creare problemi al presidente. La presa di posizione di Sheehan ha risvegliato la nazione in quella che un membro della organizzazione Military Families Speak Out, Nancy Lessin, ha descritto come “l’acustica della trincea.” Di solito Sheehan si trova a condividere lo stesso palco con altre famiglie insignite della medaglia d’oro al valore, con i familiari di soldati che sono in servizio in Iraq e con i veterani della guerra in Iraq, riconoscendo di non essere che una fra le centinaia di migliaia di familiari i cui cari sono stati uccisi o gravemente feriti nel corso della guerra e dell’occupazione.2. La gente parla con i piedi e con i sondaggi. La maggioranza degli Americani ora ritiene che questa guerra sia stata uno sbaglio e vuole che si inizi il ritiro delle truppe degli Stati Uniti da quel Paese. A marzo, in occasione del secondo anniversario dell’invasione, sono state tenute più di 700 dimostrazioni in tutti gli Stati Uniti. Il 24 settembre a Washington DC diverse centinaia di migliaia di persone hanno preso l’iniziativa dando vita a manifestazioni contro la guerra in Iraq. Durante la marcia, che ha avuto il sostegno della organizzazione United for Peace and Justice e della coalizione ANSWER , hanno preso la parola diversi oratori che hanno analizzato la questione da vari punti di vista: quello geografico, politico, etnico e religioso. I media delle corporations riferiscono che all’evento hanno partecipato ‘soltanto’ 100.000 persone, ma la polizia di DC dichiara che gli organizzatori hanno come minimo raggiunto il loro obiettivo di 100.000 persone. Dopo le attività collegate alla marcia, per un giorno intero si è protratta un’attività di lobby sponsorizzata dalla organizzazione United for Peace and Justice durante la quale più di 1.000 persone hanno fatto pressioni nei confronti dei funzionari eletti. E tra le azioni svolte nell’arco delle diverse giornate ci sono state forme di disobbedienza civile a causa delle quali 40 persone sono state arrestate nei pressi del Pentagono e più di 370 persone sono state arrestate presso la Casa Bianca – un numero ben tre volte superiore ai precedenti arresti per atti di disobbedienza civile svoltisi in passato nei pressi della Casa Bianca.

3. La gente in Iraq si batte per la libertà della propria nazione, votando per partiti politici che richiedono la fine dell’occupazione, i cui leader politici hanno firmato la Dichiarazione del Cairo che richiedeva il ritiro delle truppe, per le forze politiche che propongono un quadro per il cessate il fuoco e la fine della guerra, e per gli Iracheni che resistono all’occupazione. DemocracyRising non appoggia il terrorismo ma riconosce il desiderio degli Iracheni di vedere le truppe straniere lasciare il proprio Paese così come riconosce la loro abilità nel combattere la più potente forza militare del mondo costringendola ad un punto di stasi.

4. Il deputato John Murtha (D-PA) propone una strategia per uscirne. Murtha, che ha appoggiato l’invasione dell’Iraq e sostenuto con fermezza la necessità di un maggior budget per le forze militari e per la difesa, ha chiesto con insistenza un immediato ‘ri-schieramento’ delle forze statunitensi fuori dall’Iraq da completare nell’arco di sei mesi. Questa proposta è più aggressiva di tutte le legislazioni introdotte sinora, e, data la reputazione di falco che ha il deputato Murtha, si è immediatamente scatenato un acceso dibattito in Congresso sul tema della guerra.

5. Ex ufficiali militari, ex membri dei servizi segreti ed ex funzionari dei servizi stranieri si sono dichiarati contrari a questa guerra. Tra coloro che si sono dichiarati contrari a questa guerra vi sono:
– Brent Skowcroft, consigliere per la sicurezza nazionale del presidente George H.W. Bush e deputato per Henry Kissinger nell’amministrazione Nixon, che ha descritto la guerra in Iraq come un’impresa rischiosa fallita.
– Il generale William Odom, un generale in pensione, ex capo della NSA ai tempi del presidente Reagan, ha scritto un articolo intitolato “What’s Wrong with Cutting and Running?” [“Che c’è di male se tagliamo la corda?”] in cui egli sostiene che tutto ciò di cui si ha paura è più probabile che si verifichi man mano che aumenta il tempo che si rimane in Iraq.
– John Deutch, che è stato a capo della Central Intelligence Agency [CIA] dal 1995 al 1996 e segretario delegato della difesa (1994-1995) nel giugno 2005 ha chiesto che le truppe statunitensi lascino immediatamente l’Iraq.
– Zbigniew Brzezinski, consigliere per la sicurezza nazionale del presidente Carter, in un articolo di commento sul Los Angeles Times ha descritto la politica estera del presidente George W. Bush una “politica suicida”.
– Melvin Laird, segretario alla difesa per il presidente Richard Nixon, richiede una strategia per uscire dall’Iraq affermando che l’amministrazione Bush sta ripetendo in Iraq gli stessi errori che Richard Nixon fece durante la guerra in Vietnam.
– Lawrence B. Wilkerson, ex capo dello staff del segretario di stato Colin Powell ed ex colonnello dell’esercito, ora in pensione, in un discorso indirizzato alla New America Foundation ed in un articolo di commento sul Los Angeles Times ha accusato Cheney ed il capo del Pentagono Donald Rumsfeld di essere alla guida di un “complotto” che ha raggirato i processi formali della politica e dei servizi segreti per portare il Paese ad una disastrosa guerra in Iraq.
– Il generale Joseph P. Hoar, un generale a quattro stellette ora in pensione, un tempo comandante in capo del comando centrale degli Stati Unti (1991-94) e alla guida delle forze militari statunitensi nel Golfo Persico dopo la guerra del 1991, ha descritto la guerra in Iraq come “sbagliata sin dall’inizio . . .”
– Il vice ammiraglio Jack Shanahan (ora in pensione) ha descritto l’Iraq come “la guerra sbagliata al momento sbagliato”.
– Edward Peck, ex ambasciatore degli Stati Uniti in Iraq e direttore delegato della task force contro il terrorismo sotto il presidente Reagan, che ha partecipato alla seconda guerra mondiale ed in Corea e poi per 32 anni ha svolto le mansioni di diplomatico, descrive la guerra in Iraq come “non necessaria, mal pensata e mal programmata.”

6. I Repubblicani iniziano a rompere le righe con il presidente. Il movimento contro la guerra inizia a far breccia nel partito repubblicano – in particolare il senatore Chuck Hagel (R-NE) sostiene che si stia destabilizzando la regione. E nel parlamento il deputato Walter Jones (R-NC), noto per avere rinominato le “French Fries” [le patatine fritte alla francese] servite al Congresso in “Freedom Fries” [patatine libertà], ha richiesto il ritiro e ha affermato di essersi sbagliato nell’avere precedentemente dato il suo appoggio alla guerra. Il deputato Ron Paul, un repubblicano dagli istinti fortemente libertari, ha criticato il “governo globale neoconservatore” e ha aggiunto che gli Stati Uniti si stanno “rifiutando di riconoscere la realtà in Iraq.” Il deputato John Duncan, Jr. (R-TN) ha affermato che i veri conservatori dovrebbero opporsi a questa “guerra non dichiarata e non necessaria” in Iraq in un discorso dal titolo “La situazione in Iraq” tenuto il 28 giugno alla Camera dei deputati.

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7. I soldati iniziano a dire no a questa guerra, i reclutatori non riescono a raggiungere i loro obiettivi e le madri si organizzano contro la coscrizione. La fine della guerra in Vietnam fu in parte determinata dal fatto che i soldati statunitensi avevano perso la fiducia nella guerra e nel loro comando militare. Nel 2005 ciò è iniziato ad accadere anche alla guerra in Iraq. I soldati lasciano il Paese per evitare di prestarvi servizio ed altri vanno in prigione per obiezione di coscienza. Pablo Paredes, condannato per essersi rifiutato di ritornare in Iraq, ha affermato chiaramente: “Io sono ritenuto colpevole di credere che questa guerra sia illegale. Sono colpevole di credere che la guerra in ogni sua forma sia immorale ed inutile e sono colpevole di pensare che, in qualità di membro delle forze armate, io abbia il dovere di rifiutare la mia partecipazione a questa guerra in quanto illegale.” Svelare la cruda realtà della guerra aumenta il numero degli attivisti contro la guerra che sono disposti ad andare in prigione per difendere i propri ideali. Come ha detto Cynthia McKinney a proposito di Kevin Benderman, un altro obiettore di coscienza, “Egli era presente quando il suo superiore ha ordinato alla sua unità di aprire il fuoco contro alcuni bambini piccoli che gettavano delle pietre contro i soldati della sua unità. Egli ha dato la caccia ai cani affamati in una fossa comune all’aperto colma di corpi di giovani bambini e di anziani maschi e femmine. Kevin ha visto la bambina bruciata, piangere dal dolore, mentre tutti intorno a lei non prestavano attenzione alle sue ferite.” La moglie di Kevin, Monica, continua a denunciare questa guerra mentre suo marito è in carcere. Il reclutamento, già difficile a causa dell’impopolarità della guerra in Iraq e per la mancanza di fiducia nel comandante in capo, è stata resa ancora più difficile dagli sforzi del contro-reclutamento.

8. Il Congresso si oppone al presidente ed al vice presidente sulla questione delle torture. Tre eminenti senatori repubblicani — John McCain (AZ), John Warner (VA) e Lindsay Graham (SC) – hanno sfidato la Casa Bianca con una legislazione che proibisce in modo esplicito il trattamento crudele, disumano o umiliante dei detenuti che si trovano in custodia degli Stati Uniti in qualsiasi parte del mondo. Entrambe le Camere del Congresso hanno votato con una maggioranza schiacciante in favore della messa al bando della tortura, anche dopo la minaccia di veto da parte del presidente (che sarebbe stata la prima della sua presidenza) e dopo un’intensa azione di pressione da parte del vice presidente Cheney. Mentre facevano pressioni per mantenere la tortura, il presidente Bush e gli altri funzionari della sua amministrazione andavano dicendo che gli Stati Uniti non ricorrono a forme di tortura.

9. I Downing Street Memos varcano i media delle corporations. Una campagna ben concertata e basata sul web ad opera della coalizione di organizzazioni nota sotto il nome di AfterDowningStreet.org ha costretto i media delle corporations a parlare nelle cronache dei Downing Street Memos. Si tratta di una serie di appunti che fanno aumentare le prove secondo cui l’amministrazione Bush avrebbe manipolato le informazioni dei servizi segreti per mandare in guerra gli Stati Uniti. Con l’aumentare del numero di prove, l’opinione pubblica appoggia l’accusa di impeachment nei confronti del presidente Bush con maggior convinzione di quanto non abbia fatto con l’impeachment di Bill Clinton.

10. I Democratici che sono contro la guerra hanno ignorato la leadership del loro partito e si sono organizzati per parlare chiaramente ed in modo più efficace di quanto essi non abbiano fatto con la riunione ‘Out of Iraq Caucus’ [‘Via dall’Iraq Caucus’] alla Camera dei deputati. Membri della Camera che meritano particolare nota sono fra gli altri: Maxine Waters (D-CA), Lynn Woolsey (D-CA), Dennis Kucinich (D-OH), Barbara Lee (D-CA), Neil Abrocrombie (D-HI), Jim McDermott (D-WA), Michael Capuano (D-MA) e Cynthia McKinney (D-GA) e Henry Waxman (D-CA). Nel Senato Russ Feingold (D-WI) e Robert Byrd (D-WV) si sono dichiarati favorevoli a riportare le truppe statunitensi a casa. Ed al senatore Harry Reid, il leader dei Democratici, spetta il merito di aver chiuso il Senato con l’imposizione di un dibattito sull’uso improprio dei servizi segreti che ha portato all’invasione.

Le dieci storie passate in sordina

1. I profitti della famiglia Bush ricavati dalla guerra in Iraq. La portata dei contratti condotti in Iraq con le corporations che coinvolgono i membri della famiglia del presidente George W. Bush non è stata oggetto d’indagine da parte dei media delle corporations. Tra i membri della famiglia Bush che si stanno arricchendo con la guerra ci sono i suoi fratelli Neil e Marvin così come Bucky e William. Si tratta di contratti del valore di centinaia di milioni di dollari. Spesso le aziende connesse a Bush ottengono contratti laddove le corporations non hanno l’expertise e di sicuro i membri della famiglia Bush non hanno né l’expertise né l’esperienza necessaria in queste aree.

2. Indagare sui presunti crimini di guerra compiuti durante l’assalto a Fallujah. La città di Fallujah all’inizio era rimasta pacifica nei confronti dell’occupazione, ma l’uccisione da parte di soldati statunitensi di civili che protestavano contro la presa militare di una scuola ha portato ad una insurrezione. Ecco il risultato: due attacchi devastanti, accuse di bombardamenti indiscriminati, uccisione di civili e l’uso di armi chimiche. Oggi, come un soldato statunitense non ben identificato ha affermato, “Chiunque a Fallujah può essere un ribelle.” Capire Fallujah ci aiuta a comprendere i motivi per cui gli Stati Uniti non possono vincere la guerra in Iraq.

3. Occorre fare indagini sull’impatto ambientale e sugli effetti sull’uomo dell’uranio impoverito. Gli Stati Uniti stanno utilizzando armamenti con uranio impoverito ed affermano che non ci sia alcun rischio connesso. Eppure esistono prove della sua pericolosità sia per i soldati statunitensi, sia per gli Iracheni, sia per l’ambiente.

4. Gli Stati Uniti stanno perdendo la guerra in Iraq? Nella sua recente serie di discorsi [il presidente] ha ripetutamente sostenuto che gli Stati Uniti lasceranno l’Iraq dopoché avremo vinto la guerra. Per di più, egli ed il vice presidente sostengono che vinceremo la guerra. Essi sanno che molti Americani sono disposti ad accettare le vittime statunitensi e a spendere miliardi di dollari se esiste la possibilità di vincere. Ma le prove dimostrano chiaramente che la guerra non può essere vinta e che gli Stati Uniti stanno facendo più danni che altro restando in Iraq.

5. La sottostima del numero di vittime statunitensi in Iraq è un’offesa che svilisce il sacrificio dei soldati statunitensi ed è una bugia anti-patriottica della amministrazione Bush. Ufficialmente si fanno ammontare a 15.000 i soldati caduti vittime della guerra, mentre invece sono più di 100.000 quelli che hanno richiesto le cure mediche. L’amministrazione sminuisce il numero di vittime perché intende nascondere i reali costi di guerra. I media dovrebbero sollevare questo velo di disonesta omertà e rivelare la verità all’opinione pubblica riguardo al numero reale delle vittime.

6. Il ritiro delle corporations dall’Iraq è il primo passo da prendere per restituire l’Iraq agli Iracheni. Gli Stati Uniti non sono in grado di ricostruire le infrastrutture del sistema elettrico in Iraq, e non stanno ricostruendo con sufficiente velocità quelle relative alla produzione petrolifera, al sistema delle acque di scolo, gli edifici governativi ed altre infrastrutture di base di cui c’è bisogno. Ci sono prove della diffusa immoralità delle corporations statunitensi che stanno istituzionalizzando la corruzione in Iraq.

Halliburton è un ottimo esempio di uno sperpero governativo: inefficace nei suoi sforzi di ricostruzione, incontrollabile per quanto riguarda le sue pratiche di fatturazione e non equo nel modo in cui vengono trattati i lavoratori. Si tratta di un ottimo esempio che spiega la necessità di un ritiro delle corporations statunitensi dall’Iraq.

7. L’impeachment del presidente e del vice presidente deve entrare nel dialogo politico mainstream. Nel 2005 sono aumentate le prove riguardo alle false dichiarazioni fatte dall’amministrazione, specialmente da Bush e Cheney. L’opinione pubblica ritiene che se il presidente ha mentito, allora deve essere incriminato. Sempre più persone parlano apertamente di impeachment, adesso è arrivato il momento per i media di verificare se il presidente ed il vice presidente siano al di sopra della legge. Il deputato John Conyers ha pubblicato un dossier dettagliato su questi argomenti e ha presentato diverse proposte di legge relative all’impeachment alla fine della seduta.

8. Verificare gli effettivi costi della guerra in Iraq e non si tratta soltanto di parlare delle centinaia di miliardi stanziati per la guerra, ma di quanto questi costi influiscano sugli Americani nelle loro vita quotidiana. Con le spese impiegate nella occupazione dell’Iraq, che vanno intorno ai 6 miliardi di dollari al mese, il budget degli Stati Uniti si trova a gravi livelli di deficit, il che significa che gli Stati Uniti non possono finanziare altri progetti. Il senatore Edward Kennedy ha pubblicato una lista di quanto gli Stati Uniti potrebbero fare con quel denaro nel settore della sanità, dell’istruzione, degli alloggi e di altri servizi necessari alla popolazione. E’ arrivato il momento di far conoscere all’opinione pubblica americana i costi reali di questa guerra.

9. Gli Stati Uniti stanno diventando il nemico che noi stessi tanto aborriamo? Giorno dopo giorno, i dossier sulle torture, sulle morti dei civili e sull’impiego di armi di distruzione di massa rendono gli Stati Uniti sempre più simili all’Iraq di Saddam Hussein. Questi dossier sulle atrocità commesse dalle forze militari degli Stati Uniti sono esatti? I media statunitensi non dovrebbero almeno fare indagini su queste affermazioni?

10. La politica della guerra in Iraq nel 2006. I Democratici rischiano di deludere la loro base che è contro la guerra se non riescono a pronunciarsi in modo netto sulla questione dell’Iraq? I Repubblicani rischiano di perdere il controllo di entrambe le Camere del Congresso? Quanti elettori la pensano come Cindy Sheehan che dichiara di non volere appoggiare nessun candidato repubblicano o democratico che sia in favore della guerra? Il movimento contro la guerra si sta organizzando per appoggiare i candidati che sono contrari alla guerra e per contrastare i candidati che sono a favore della guerra?

Kevin Zeese è direttore di Democracy Rising e candidato nel Maryland per il Senato degli Stati Uniti d’America.

Fonte: www.counterpunch.org
http://www.counterpunch.org/zeese12292005.html

20.11.05

Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di PIXEL

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