DA BABILONIA A ''CAMPO BABILONIA'' PARTE PRIMA

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Iraq: ”GUERRA INFINITA E DANNI COLLATERALI ”

DI JOEELLE PENOCHET Parte prima

“Le truppe americane non hanno solo trascurato di proteggere le località storiche ed i beni culturali, ma hanno partecipato esse stesse alle loro devastazioni. Hanno bombardato l’università di Baghdad, che data al XIII secolo, e trasformato la località di Ur in base militare, scavando anche fosse nel suolo. I cingolati americani corrono attraverso le vecchie vie di Babilionia, un atto simbolico del vincitore.” Zainab Bahrani PR di storia dell’antichità all’università di Columbia (New York) 2004.

Dal 1991, l’ex Mesopotamia, la culla della civilizzazione, è devastata con una bramosìa senza precedenti: saccheggio delle zone archeologiche e dei musei, bombardamento delle costruzioni storiche, incendio della grande biblioteca e degli archivi di stato, deterioramento delle parti dei musei causato da tredici anni d’embargo. Due anni dopo l’invasione del paese, la distruzione delle città vecchie e medioevali, e delle zone archeologiche da parte dell’alleanza anglo-americana continua ad una scala mai conosciuta nella storia, anche al tempo delle invasioni mongole.



L’occupante ha trasformato le città vecchie, in campi militari, le cui
macchine seppelliscono e devastano come mai accaduto le vestigia di una
storia millenaria – storia che è anche nostra – il cui mistero non
potrà mai più essere svelato, studiato e ricostruito. A metà gennaio
2005, il quotidiano britannico The Guardian ha rivelato una relazione
allarmante del British Museum sullo stato della località di Babilonia,
e di come, questo patrimonio unico, che appartiene all’umanità intera,
può essere distrutto velocemente nell’indifferenza generale.

BLACK-OUT TOTALE SUL PIÙ GRANDE GENOCIDIO CULTURALE DI TUTTI I
TEMPI

“Una cultura del saccheggio si è installata quale non è mai esistita su
questa scala.” In un anno, abbiamo perso più zone archeologiche che mai
fino ad oggi. “(Mac Guire Gibson, PR di archeologia all’istituto
orientale dell’università di Chicago, citata da Tallek
Harris).”

La campagna di bombardamenti intensi da parte degli aggressori
anglo-americani nel 2003 aveva distrutto o danneggiato molti monumenti
storici, come il museo e la grande università Moustansirya di Baghdad
costruita nel XIII secolo (appena prima della Sorbona di Parigi) e
celebrata per il suo orologio astronomico, e molti musei in provincia.
Da allora, i palazzi e le costruzioni religiosi sono devastati e
saccheggiati a loro volta. Una fotografia famosa pubblicata in un grande
quotidiano inglese alcuni soldati americani in procinto di strappare
frammenti di affreschi delle pareti di una moschea (i loro superiori consentirono di portarli a casa come souvenir di viaggio).

Il PR Bahrani conferma che non esiste un equivalente nella storia alle
distruzioni che si sono verficate dal marzo 2003 in Iraq. Le
principali zone archeologiche conosciute sono state saccheggiate su
vasta scala, una dopo l’altra (Isin, Larsa?), sotto gli occhi degli
archeologi impotenti. Gruppi di professionisti scavano e arraffano
notte e giorno con la pala o con l’escavatore, protetti da uomini
forniti di armi semiautomatiche. “Sono bande organizzate che lavorano
su scala internazionale, sostenuti da finanzieri ed acquirenti
potenziali” afferma l’assiriologo austriaco Walter Sommerfeld, che
precisa che “questi scavi selvaggi sono ancora più catastrofici delle
perdite subite nei musei.” “(1)”

Gli articoli della convenzione dell’Aja del 1954 e la convenzione
dell’Unesco del 1970, costringono le forze occupanti a proteggere i
beni culturali. Ma è l’esatto contrario di ciò che assistiamo dal 1991: gli
aggressori distruggono il patrimonio culturale iracheno con la
benedizione degli alti responsabili americani. Zone vecchie, moschee e
chiese (2) centenari (spesso riempite di fedeli) sono devastati e le
località vecchie distrutte, insieme con i loro tesori, dai
bombardamenti, mentre i cingolati americani e degli alleati scorazzano
senza ritegno. Il genocidio culturale accompagna il genocidio del
popolo iracheno. E non è un caso se un silenzio totale viene imposto su
questi atti di una barbarie rara, perpetrati con la complicità e nell’indifferenza della “Comunità internazionale”, e particolarmente degli
occidentali, che hanno definitivamente deciso di situare l’origine
della civiltà in Grecia, e rifiutano di riconoscere che i resoconti
della bibbia (l’inondazione, la genesi, Cantico dei cantici?) e quelli
degli autori greci, in quanto Omero o Esopo hanno la loro fonte nella
letteratura mesopotamica, in particolare l’epopea di Gilgamesh (che
iniziò ad essere redatta verso 2400 a.C.) – così come importanti scoperte
scientifiche (astronomiche, in particolare) e matematiche, spesso
attribuite a greci (come la relazione di Pitagora), sono effettivamente
il frutto dell’ingegneria mesopotamica. Si trovano sempre in
Mesopotamia, con molti secoli in anticipo, i primi indizi del
monoteismo e della filosofia (in particolare dei dialoghi che
presagiscono quelli di Platone).

MEDIA AGLI ORDINI DEL PENTAGONO E DELLE
MULTINAZIONALI.

Nell’anno che ha preceduto l’aggressione, i servizi sull’Iraq diffusi
in tutta la stampa scritta ed audiovisiva francese hanno cercato di
presentare un paese sottosviluppato, un popolo arretrato, e le
sofferenze insopportabili di una gioventù, privata d’Internet e di
ritrovi notturni da un sadico e ottuso tiranno. Non una parola sulla
storia della culla dell’umanità, la sua ricchezza archeologica unica al
mondo, e l’alto livello d’istruzione della sua popolazione. E’ soltanto
quando si è creduto il paese “pacificato”, che la televisione culturale
franco-tedesca ‘Arte’ osò dedicare, a metà estate, una sera tematica
sulla Mesopotamia ed i saccheggi subiti dai suoi tesori. Un’altra
trasmissione diffusa nel 2004 metteva in scena dirigenti militari
americani interessati a recuperare le parti scomparse e riaprire non
appena possibile il museo di Baghdad per ripulire la loro immagine di
nemici dell’archeologia. Da parte sua, il quotidiano “di riferimento”
‘Le Monde’ non finiva di celebrare i vantaggi della “liberazione” del
paese, con titoli più edificanti: ad esempio, la popolazione, grazie
alla generosità dei suoi benefattori, poteva infine accedere alle
locali pornografie di cui era stata privata così a lungo dal loro
dittatore (Le Monde, maggio 2003)! In breve, il popolo iracheno
accedeva infine alla “civiltà”. (3)

CANCELLARE L’ IRAQ DELLA CARTA E CANCELLARE LA STORIA
DELL’UMANITA’?

L’ Iraq, che conterebbe più di mezzo milione di zone archeologiche (di
cui la metà soltanto aveva iniziato a essere esplorata), è
effettivamente, come lo ha sottolineato il DR John Curtis, assiriologo
del British Museum, “una sola località immensa virtuale”: il 90% delle
sue colline celano le vestigia di villaggi vecchi, vasi, statuette,
gioielli, e altri reperti sumerici, e centinaia di milioni di scaffali
cuneiformi, di cui soltanto meno dell’uno per cento sarebbe stato
trovato finora. La sola perdita di questi scaffali, che raccontano la
vita dei “nostri antenati più lontani conosciuti in linea diretta”
(Samuel Noah Kramer) è da considerarsi una catastrofe irrevocabile.
Il saccheggio è preparato da potenti mafie al servizio di avidi
collezionisti, di gallerie, o di grandi musei. I reperti rubati
finiscono a Ginevra, Londra, Tokio e New York. Ma, “un oggetto d’arte
che si è esumato senza fare il rilevamento dello strato geologico che
gli è associato diventa un orfano della cronologia.” Inoltre, se è
esposto senza menzione d’origine archeologica, è privato del contesto
economico, sociale, ideologico e storico senza il quale l’arte resta
un inesplicabile vecchiume “richiama Roderick J. McIntosh (citato da
Philippe Baqué).”



Attaccare la loro cultura, soprattutto quando ne sono così ricchi, è un
mezzo efficace di umiliare popoli fieri della loro storia, come lo sono
gli iracheni. E quale piacere per gli occupanti di contemplare membri
di questa popolazione, ridotta alla miseria ed alle malattie, e spesso
sulla strada (a causa delle distruzioni sistematiche delle abitazioni, come
in Palestina), saccheggiare con vergogna il loro patrimonio per
comperare alcune medicine rare disponibili per occuparsi delle
leucemie, malattie gravi, ferite o amputazioni causate ai loro bambini
dal 1991 dalle armi all’uranio impoverito, tredici anni d’embargo e dai
bombardamenti che ne non finiscono.

CITTÀ VECCHIE E MEDIEVALI SARANNO PER LO PIU’
DISTRUTTE

“la guerra è una maledizione per gli archeologi” Troy Lennon

Si possono immaginare le piramidi dell’Egitto distrutte o semplicemente
esposte a tiri di missili o alle nuove bombe ultra-potenti provate
attualmente in Iraq, senza che l’opinione internazionale ne
inorridisca?

Oltre alle sue zone archeologiche ancora in gran parte inesplorate, l’Iraq possiede degli splendidi monumenti religiosi plurisecolari, delle
moschee, delle chiese e delle sinagoghe. Baghdad (“città della Pace”),
fondata nel 762 d.C. dagli abbassidi, diventò rapidamente un focolare di
una ricchezza economica e culturale eccezionale.” Nel 786, contava due
milioni di abitanti. Fino alla sua invasione, Baghdad era restata nel
nostro immaginario come la città leggendaria di Sherazaad, Aladino, Alì
Baba e Simbad il Marinaio; affascinava i suoi ospiti grazie alle sue numerose moschee, alle cupole coperte di strati d’oro ed ai suoi minareti
decorati di mosaici blu, il suo souk e le sue abitazioni tradizionali ai bordi dell’Eufrate. L’architettura dei palazzi costruiti
recentemente si integrava armoniosamente in quella delle città vecchie.

Oggi la città delle mille e una notte è stata devastata dagli invasori
installati nei resti dei vecchi palazzi. Il solo precedente di tale
disastro risale all’invasione condotta dal nipote di Gengis Khan, i cui
eserciti non ebbero “alcun rispetto per la capitale politica
dell’islam”, profanando i luoghi di culto, portando tutto ad un
olocausto generale e mettendo a sacco la città. Gli edifici furono
distrutti, le biblioteche bruciate”(Saint-Prot, p. 72).”

Il personale della biblioteca nazionale e degli archivi di Stato, che
cerca di salvare i documenti reduci del grande incendio del marzo 2003,
lavora in cattive condizioni. Gli archivi ottomani, che illustrano la
storia del paese dal XV allo XX secolo, sono in grande pericolo. Dopo
essere stati spruzzati d’acqua l’anno scorso, iniziano a marcire e
devono essere conservate in grandi frigoriferi che soffrono per
la precarietà della distribuzione di corrente elettrica nel paese..
Donny Giorgio, il nuovo direttore del museo di Baghdad, in passato
Direttore generale delle ricerche archeologiche del museo sotto Saddam
Hussein, si dichiara pronto a tutto, anche “a stringere la mano del
diavolo e collaborare con lui” pur di salvaguardare le sue
antichità.

Ur (vicino a Nassiriah), i cui scavi dimostrano un’occupazione che
risale all’epoca di Obeid (verso – 5.000 a.C.), è la città santa per le
tre religioni monoteiste perché vi sarebbe nato Abramo. È anche famosa
per le sue rovine di zone di abitazioni che datano verso la fine del
III millennio, e soprattutto il suo ziggurath (4). Questa antica e
unica costruzione è stata intaccata varie volte dal 1991.

Fondata nel VI millennio ai bordi del tigri, Ninive fu la capitale
dell’impero assiro. Al suo massimo splendore (verso il 700 a.C. era una
delle più grandi città al mondo, con una popolazione
di 120.000 abitanti ed una superficie di 750 ha per la sola città
bassa). Il re Sennacherib (704-681), figlio di Sargon II, vi fece
costruire un palazzo di ottanta parti abbondantemente decorate di
sculture, e ricostruire la sua parete di recinto lunga 12 Km. Assurbanipal
(che regnò dal 668 al 627) vi fece edificare molti palazzi, templi ed una
biblioteca immensa che abbonda di informazioni sull’ex Mesopotamia. La
stratigrafia rivela cinque livelli vecchi, del VI al III millennio,
“periodo determinante per la Mesopotamia” di cui si iniziava soltanto
ora a comprendere qualcosa. Sul modello di molti altri, la località era
stata già bombardata, e devastata da professionisti del
furto-saccheggio in occasione della 1a “guerra del golfo”.

Gli occupanti radono a zero le poche zone delle città vecchie che sono
sfuggite ai bombardamenti per cominciare la “ricostruzione” del
paese.

La vecchia città di Nadjaf, fondato nel VII secolo a.C. che fu la
capitale dell’impero assiro, è una delle rare città mesopotamiche
citate nella bibbia. Dopo che le sue case tradizionali, le sue moschee,
le sue madrase (scuole coraniche), i suoi mercati, le sue catacombe e
il suo cimitero (uno del più grande del mondo, dove sono sepolti più di
due milioni di persone) hanno subito gli attacchi delle armi e dei
missili, la città è oggi consegnata ai bulldozer. Infatti, il “governo”
di Iyad Allawi, primo ministro importato dalle borse americane, ha
deciso di terminare la “pulizia” della città e di attuare uno dei primi
grandi progetti di “ricostruzione” del paese che andranno a vantaggio
degli amici del presidente americano. La demolizione della vecchia zona
è cominciata in un perimetro di 60 m attorno al mausoleo dello Imam Ali
(il genero del profeta), una delle principali località sciita.
Ciò che non è stato distrutto dal fuoco lo è dai bulldozer delle
multinazionali americane.

Secondo uno scenario già ben collaudato (in Afganistan, in Palestina), che i
consumatori dei media accettano passivamente, il pretesto della
ricerca di un individuo (la cui stessa esistenza può essere messa in dubbio) è la scusa per radere una città o una zona e massacrare i suoi
abitanti. (Questa politica del terrore, che ha lo scopo di sottomettere le
popolazioni, è la molla che ha intensificato la resistenza).
Come quelli di Nadjaf, i monumenti storici e religiosi di Falloujah,
“la città dalle cento moschee”, hanno subito bombardamenti intensivi.
Secondo membri di Croce Rossa, tutte le moschee sarebbero state lesionate. Informatori di Dhar Jamail, uno dei giornalisti rari
indipendenti presenti in loco, affermano che la città di Falloujah
sarebbe stata quasi completamente rasata, in parte con nuove armi di
distruzione di massa provate nell’occasione. Generalmente, tutti i
testimoni dell’estorsioni commesse dall’occupante sono suscettibili di
essere eliminati fisicamente, senza alcun eco nella stampa
internazionale.

I metodi utilizzati in Iraq sono simili a quella di Israele in
Palestina. Tuttavia, le distruzioni commesse dalle incursioni
israeliane contro i centri storici delle città millenarie come
Betlemme, Hébron e Naplouse sono state riconosciute come “crimini
contro il patrimonio comune dell’umanità” dall’Unesco nel
2002.

Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di Andrea
Cesanelli

Note:

(1) Cf. Joeelle PENOCHET: Vandalismo e rapina in Iraq, culla della
civilizzazione, combattimento-Naturale n° 143, novembre 2003,
http://http://www.arabesque.org?Cdoss=3&Cart=18

(2) Per quanto riguarda gli attentati perpetrati contro le chiese, la
Comunità cristiana è persuasa che non sono il fatto di altri iracheni,
ma di provocatori stranieri o di vecchi detenuti comuni iracheni
(liberati subito dagli invasori) reclutati
dall’occupante per creare conflitti intracomunitari. L’eliminazione di ostaggi permetterebbe a questi criminali di arricchirsi, permettendo all’alleanza anglo-americana
di convertire in criminale la resistenza irachena agli occhi
dell’opinione internazionale.

(3) Notiamo che la stampa scritta ed audiovisiva francese appare essere
una delle più disinformatrici d’Europa e la più sottomessa ai diktat delle lobby straniere; la qualità delle informazioni è molto bassa e
la propaganda americano-israeliana ne fa il pieno. In Gran
Bretagna, ad esempio, il pubblico dispone di informazioni di qualità e
plurali, grazie in particolare ai quotidiani The Independent, The
Guardian, ad alcune riviste come The Newstatment, ed alla BBC.

(4) Costruzione monumentale a piani collegati da una scala, dedicato ad uno o più dei. La ziggourat di Babilionia,
nominata “Etemenanki” (“Casa (che è) base del cielo e della terra”),
formava un quadrato di 90 m di lato alla sua base; comportava sette
piani su un’altezza di 90, era circondato di un recinto di
oltre 400 m (Salvini, p. 98).

PARTE SECONDA

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