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DI PEPE ESCOBAR
asiatimes.com

PARIGI – I capi degli stati e dei governi dell’Unione Europea (UE) si sono appena ritrovati a Bruxelles per il loro festival primaverile della moda, scusatemi, per il vertice politico-economico. Non si è visto il glamour di Gucci o Prada qui, bensì un banale e sartriano spettacolo a porte chiuse. Nessun cittadino fastidioso e rumoroso autorizzato, solo i Grandi dell’Universo (europeo). Tutto questo, dopo tre anni di orrenda crisi a turbare l’eurozona.

Benvenuti, ecco come funziona realmente la “democrazia” in Europa; tutte le decisioni più importanti di politica economica, pianificazione del budget, finanza, che riguardano direttamente 500 milioni di persone prevalentemente deluse (e milioni di disoccupati), vengono prese nella più confortevole oscurità.

L’ex primo ministro belga Guy Verhofstadt, ora presidente del gruppo liberale al Parlamento Europeo, ha quantomeno avuto la decenza di sottolineare: “Né il Parlamento Europeo, né i parlamenti delle singole nazioni possono pronunciarsi sulle decisioni del Consiglio Europeo e della Commissione europea.”

Ebbene sì, rispetto al colosso europeo, il castello di Kafka non è che un parco giochi: è quindi d’obbligo una valutazione dei personaggi del cast.

Il Consiglio dei Ministri Europeo, altrimenti detto Consiglio Europeo, è composto dai capi degli stati e dei governi e si riunisce almeno due volte all’anno per discutere le priorità politiche dell’Unione Europea. Attualmente è presieduto dallo spettacolare e insignificante Herman Van Rompuy. Il Consiglio è composto dai ministri degli stati membri che hanno il compito di scegliere le leggi.

La Commissione Europea (EC) è composta da 27 commissari (eh si, reminiscenze della cara, vecchia URSS), che sono il potere esecutivo dell’ UE e sono eletti dal Parlamento Europeo.

Il Parlamento Europeo viene eletto ogni cinque anni dai cittadini dell’UE (la maggior parte dei quali semplicemente non si preoccupa di votare). Il suo potere legislativo è condiviso con il Consiglio dei Ministri.

C’è poi la Banca Centrale Europea (BCE) che (malamente) gestisce l’Euro.

Benvenuti nell’era dell’ “autocrazia post-democratica”

Tutti questi Grandi dell’Universo (europeo) hanno avuto tre anni per contenere il fuoco dell’eurozona. Fino ad ora il bilancio è di sette paesi dell’eurozona in profonda recessione e nove paesi stagnanti.

Durante la sfilata di moda, scusate, il vertice, si è discusso molto di “policy-mix” (combinazione di politica monetaria e politica fiscale, n.d.t.), che nel gergo dell’ UE significa stimolare la domanda nei paesi che stanno andando leggermente meglio di altri. Si è inoltre discusso molto sul “two-pack” e sul”six-pack”. No, non c’entrano con le confezioni di birra. O con le ultime novità del mondo del fitness. Somigliano più ad una variante del Monopoli.

Tutto inizia con l’intervento della Germania per “salvare”, diciamo così, i PIGS (Portogallo, Irlanda, Grecia e Spagna), fianco a fianco con la Francia, ancora sotto Re Sarkò Primo (l’ex presidente Nicolas Sarkozy); essi decisero che un gruppo di tecnocrati, della Commissione Europea o dell’ Eurogruppo (i ministri della finanza dell’eurozona), sarebbero stati incaricati delle politiche economiche e della pianificazione del budget.

Prima fu il turno del “six-pack”, gli stati dovettero firmare un losco miscuglio chiamato Trattato sulla Stabilità, sul Coordinamento e sulla Governance, all’ insegna del “non fare nulla di strano senza prima aver informato tutti gli altri”.

Poi fu il turno del cosiddetto “two-packs”, adottato la scorsa settimana dal Parlamento Europeo; due regole per cui gli stati sono obbligati a presentare le loro stime di budget alla Commissione Europea prima ancora di averle presentate ai parlamenti nazionali. In ultimo, le “democrazie” europee ora hanno potere decisionale pari a zero sulle politiche di Bruxelles. I poteri principali sono in mano ad un’ambigua troika formata dal Consiglio Europeo, l’Eurogruppo e la Commissione Europea. Per non menzionare la totale opacità della Banca Centrale Europea.

Queste persone hanno il coraggio di criticare il Congresso Nazionale del Popolo Cinese.

Per gli addetti interni però, tutto va alla grande e nel migliore dei modi. Olli Rehn, Commissario Europeo per gli affari economici e monetari, ha dichiarato con un’espressione seria che “se il six-pack ed il two-pack fossero stati in vigore quando l’Euro è stato messo sul mercato, non avremmo mai raggiunto una crisi di questa portata.” Allora perché nessuno dei tecnocrati di Bruxelles, con i loro grassi salari a vita, ci ha pensato prima?

Dal lato opposto del divisorio, Daniel Cohn-Bendit, in passato l’eroico Dany Le Rouge attuale co-presidente dei Greens al Parlamento Europeo, si riferisce a questo racket chiamandolo “austerity tecnocratico”. Ancor meglio, il grande filosofo tedesco nonché federalista europeo certificato Jurgen Habermas raddoppia parlando di “autocrazia post-democratica”.

Da Parigi alla Scandinavia si sentono lamentele che riflettono l’angoscia per la caduta dell’Unione Europea in un buco nero. Basta scendere in strada e ascoltare il rumore per capire da che parte tira il vento: populismo (come nelle recenti elezioni italiane) e fascismo (in Danimarca, ad esempio, un nuovo sondaggio mostra che il Partito Popolare DF di estrema destra, contro l’immigrazione e anti-euro, è già diventato più popolare della coalizione di centro-sinistra attualmente al potere, notizia terribile per il primo ministro in carica Helle Thorning-Schmidt).

Nell’affrontare quest’ Armagheddon la Commissione Europea infestata di tecnocrati potrebbe concludere che sia necessario “re-introdurre la gente nel meccanismo”. Ma non lo farà; il meccanismo sta già avanzando senza controllo.

Radunate i soliti Kalashnikov

Come sempre l’Unione Europea, sfrutterà ogni possibilità per rendere tutto ancor più patetico. Così dal nulla, proprio nel mezzo della sfilata di moda primaverile, scusate, del vertice del Consiglio Europeo, irrompono il Primo Ministro inglese David Cameron e il presidente francese Francois Hollande.

A cosa ambisce questo ritorno di Napoleone con il Duca di Wellington? Niente meno che ad un’offensiva anglo-francese per silurare l’embargo europeo delle armi già concordato ed armare completamente i “ribelli” siriani.

Alcuni rappresentanti degli stati membri sono realmente caduti dalle loro sedie. Ci è voluta la Iron Fraulein nonché cancelliera tedesca Angela Merkel con un secco “NEIN”, che significa “il solo fatto che due membri abbiano cambiato idea non vuol dire che gli altri 25 debbano seguirli”.

Persino Catherine Ashton, l’incredibilmente mediocre Alto Rappresentante in carica per gli Affari Esteri e la Politica di Sicurezza, è venuta a conoscenza delle marachelle di David e Francois di Arabia solo leggendo i giornali, questo fa notare quanto sia “democratica” l’UE.

Quando è riuscita a farsi coraggio, ha detto al vertice che il risultato finale sarebbe una corsa alle armi in Siria. Quindi vincerebbe l’Iran. Ancora una volta la Ashton si è sbagliata, il Qatar e l’Arabia Saudita stanno già vincendo la loro corsa alle armi.

Il fatto è che nemmeno Cameron, fedele al suo personaggio, sapeva di cosa stesse parlando: “Non sto dicendo che il Regno Unito vorrebbe rifornire i ribelli di armi. Vogliamo lavorare con loro ed essere sicuri che stiano facendo la cosa giusta.”

Così ora tutti si stanno confrontando con la possibilità, per altro piuttosto probabile, che Parigi e Londra, ancora una volta, ignorino le linee politiche dell’UE, di cui tra l’altro fanno parte, e comincino a fare “la cosa giusta” armando allegramente entro maggio o giugno i “ribelli” siriani, inclusi jihadisti salafiti sullo stile di al-Qaeda. Esattamente ciò che Parigi e Londra fecero nel caso della Libia, nel 2011. Esattamente ciò che ha fatto recentemente la Tempesta del Deserto Hollande, supportato da David d’Arabia, con l’invasione del Mali.

Per David e Francois, il resto dell’UE non è che un gruppetto di pappemolli. Crisi? Quale crisi? La crisi è roba da idioti. Fare il Liberatore è molto più divertente.

Pepe Escobar è l’autore di Globalistan: How the Globalized World is Dissolving into Liquid War (Nimble Books, 2007) e Red Zone Blues: a snapshot of Baghdad during the surge. Il suo ultimo libro è Obama does Globalistan (Nimble Books, 2009).

Fonte: www.atimes.com
Link: http://www.atimes.com/atimes/Middle_East/MID-03-180313.html
18.03.2013

Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di CRISTINA REYMONDET FOCHIRA

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