E DISASTRO DEI DERIVATI ATTUALMENTE IN VOGA.
DI ELLEN BROWN
Global research
Quando i ragazzi più svegli nella stanza hanno ideato il loro Credit Default Swap [lo “swap”, nella finanza, appartiene alla categoria dei derivati, e consiste nello scambio di flussi di cassa tra due controparti, N.d.T.], hanno dimenticato di chiedere una cosa – cosa succede se una delle parti di questa scommessa non ha i soldi per pagare? – I Credit default swaps (CDS), sono simili ai contratti di assicurazione, e sono venduti a protezione delle inadempienze sui prestiti, ma i CDS non sono una comune assicurazione.
Le compagnie di assicurazione sono regolate dal governo, con determinati requisiti di deposito e limiti statutari, e dagli esaminatori che di routine compaiono quando si controllano i registri contabili per assicurarsi che ci sia il denaro necessario a coprire i potenziali reclami. I CDS sono scommesse private, e dal tempo di Alan Greenspan, la Federal Reserve ha insistito sul fatto che i legislatori non devono occuparsene.
Si presume che il sacrosanto libero mercato dovrebbero regolare se stesso. Il problema di questo metodo è che i regolamenti sono solo delle regole. Se non ci sono regole, i giocatori possono barare, e hanno barato con una dipendenza tipica del giocatore d’azzardo. Nel dicembre 2007, la Bank for International Settlements segnalò che il mercato dei derivati faceva registrare 681 trilioni di dollari – dieci volte il prodotto interno lordo di tutti i paesi del mondo messi insieme. Qualcuno sta ovviamente bleffando riguardo al denaro messo in gioco, e quella constatazione ha reso alcuni mercati molto nervosi.
I “Derivati” sono creazioni bancarie complesse e sono molto difficili da capire, ma l’idea di base è che si può assicurare un investimento che si desidera far andare su scommettendo che andrà giù. La forma più semplice di derivati è lo short sale [in campo finanziario lo “Short Saling” è un’operazione generalmente di tipo speculativo che consiste nel prendere a prestito da un intermediario i titoli che si desiderano vendere nella speranza di poterli successivamente riacquistare (short covering) ad un prezzo minore, N.d.T]: si può scommettere che alcune azioni andranno giù, cosicché tu sarai coperto in qualsiasi modo vadano le azioni.
I Credit default swaps sono le forme di credito derivato più usate in commercio. Si tratta di vere e proprie scommesse tra due parti sulla possibilità che una società risulterà inadempiente o no sulle sue obbligazioni. In un tipico Default Swap, “chi acquista la protezione” ottiene una notevole liquidazione se la società risulta inadempiente entro un certo periodo di tempo, mentre “chi vende la protezione” raccoglie i versamenti periodici per assumersi il rischio dell’inadempienza.
I CDS quindi assomigliano alle polizze assicurative, ma non vi è alcun obbligo di detenere un bene o di subire alcuna perdita, cosicché i CDS sono ampiamente utilizzati proprio per speculare sui rovesci del mercato. In un caso esemplare citato in un blog , con un hedge found [fondo speculativo, N.d.T], uno che voglia incrementare i profitti dovrebbe solo restarsene seduto e raccogliere così 320.000 dollari all’anno in premi soltanto con la vendita di “protezioni” sui rischiosi BBB junk bond [junk bond cioè “obbligazioni spazzatura”; sono obbligazioni ad alto rischio, con un valutazione nella scala Standard & Poor’s inferiore ai BBB – al di sotto di BBB le obbligazioni sono rischiose e speculative e perciò si parla di “junk bonds”, N.d.T.]. I premi sono soldi “a gratis” – gratis fino a quando l’obbligazione diventa insolvente, quando l’hedge found potrebbe avere 100 milioni di dollari di debiti. Ed ecco il trucco: che succede se l’hedge found non ha 100 milioni di dollari? Una Limited partnership [corrispondente alla nostra Società in Accomandita, N.d.T] o una azienda che detiene il fondo va in fallimento , ma questo difficilmente aiuta “chi acquista una protezione” e credeva di essere tutelato.
Nella misura in cui i CDS vengono venduti come “assicurazioni”, allora assomigliano più a una frode assicurativa, e tutto ciò suona particolarmente familiare tenuto conto del crollo nelle valutazioni degli assicuratori “monoline” e il recente crollo di Bear Stearns, una delle principali società di intermediazione negli investimenti a Wall Street. I “monoline” sono chiamati in questo modo “perché sono consentiti per coprire il rischio di un solo settore commerciale, l’industria dei bond. Gli assicuratori dei bond Monoline sono i più grandi compilatori di protezioni CDS, e Bear Stearns è stata tra le primi dodici controparti più importanti nel commercio di credit default swap nel 2006 [1]. Questi giocatori sono stati i principali venditori di “protezione” nella gigantesca rete dei credit default swap, e quando la “protezione” va bene, tutta la fragile piramide dei derivati andrà bene con essa. Il crollo del mostro dei derivati appare così sia imminente che inevitabile, ma questo fatto non deve essere motivo di disperazione. I 681 trilioni di dollari del mercato dei derivati è l’ultima gigantesca bolla che fa parte dello schema di Ponzi, che dura da 300 anni, e ha ora preso possesso dell’intero sistema monetario [La tecnica prende il nome da Charles Ponzi, (Lugo, 3 marzo 1882 – Rio de Janeiro, 18 gennaio 1949) un immigrato italiano in USA che aveva applicato, ma non inventato, una simile truffa su larga scala nei confronti della comunità di immigrati prima e in tutta la nazione poi, N.d.T.]. La ricchezza della nazione è stata fatta defluire nei sotterranei privati, lasciando una scia di povertà sulla sua strada. Si tratta di un sistema corrotto, e non si vede alcun cambiamento in tempi brevi. Le grandi crisi sono grandi opportunità per il cambiamento.
Lo schema Ponzi e Wall Street
Lo schema Ponzi sta finendo male e non è solo un altra strategia di investimento sbagliata. E ‘ il cuore del business bancario, una cosa che si regge da tre secoli. Per “schema Ponzi” si intende una forma di regime piramidale in cui i nuovi investitori devono venire continuamente risucchiati nel fondo della piramide al fine di sostenere i vecchi investitori che stanno in cima. In questo caso, si deve affossare chi chiede un prestito per sostenere i creditori in alto. A Wall Street lo schema Ponzi si basa sui prestiti della “fractional-reserve” [nel fractional-reserve banking la banca può controllare una frazione dei depositi dei clienti per finanziare determinati investimenti , N.d.T.], che permette alle banche di creare un “credito” (o “debito”), con le voci contabili. Ora si consente alle banche di prestare da 10 a 30 volte le loro “riserve”, in sostanza falsificando il denaro che prestano. Oltre il 97 per cento del denaro degli Stati Uniti (M3) è stato messo in circolazione dalle banche in questo modo [2]. Il problema è che le banche generano solo il capitale e non gli interessi necessari per rimborsare i prestiti, cosicché chi accede al prestito si trova continuamente costretto a chiedere ancora nuovi prestiti per creare “denaro” (o “credito”) appena sufficiente a provvedere ai vecchi prestiti che compongono l’offerta di denaro. La lotta per trovare nuovi debitori è andata avanti per più di 300 anni – fin dalla fondazione della Banca d’Inghilterra nel 1694 – fino a quando il mondo intero ha incominciato ad affondare nei debiti contratti con il monopolio monetario e privato dei banchieri. Lo schema Ponzi ha finalmente raggiunto i suoi limiti matematici: siamo “tutti indebitati”.
Quando le banche esaurirono i debitori solvibili, a loro volta dovettero rivolgersi ai debitori insolventi dei “subprime“, e al fine di evitare le perdite dovute ai ritardi nei pagamenti, rimossero queste rischiose ipoteche dai loro libri raggruppandole sotto la voce “titoli immobiliari” e vendendole agli investitori. Per indurre gli investitori ad acquistare, questi titoli sono stati poi “assicurati” con i credit default swap. Ma la stessa bolla immobiliare era un’altra parte dello schema Ponzi, e alla fine non rimasero più mutuatari da affossare e che potevano permettersi dei prezzi immobiliari così gonfiati. Quando quelli che avevano preso in prestito i subprime smisero di pagare, gli investitori smisero di acquistare le mortgage-backed securities [le MBS fanno parte delle Asset backed securities (o ABS) e sono strumenti finanziari, emessi a fronte di operazioni di cartolarizzazione dei mutui, del tutto simili alle normali obbligazioni; chi le detiene riceve una serie di cedole a scadenze prefissate per un ammontare determinato sulla base di tassi di interesse fissi o variabili, N.d.T]. Si consentì alle banche di mantenere i loro titoli sospetti, senza alcun rating da tripla-A [la valutazione di investment grade, cioè un giudizio compreso tra la “AAA” e la “BBB, N.d.T.], e vi sono scarse possibilità che si trovino degli acquirenti per questa “spazzatura”. La crisi non sta, tuttavia, nell’economia, che è fondamentalmente sana – o lo sarebbe, con un adeguato sistema di credito che unga le ruote della produzione. La crisi sta nel sistema bancario, che non può più coprire il giochetto che ha fatto per tre secoli, con i soldi di altre persone.
La Chernobyl dei derivati
L’ultima scossa al massiccio edificio dei derivati arrivò con il crollo della Bear Stearns il 16 marzo 2008. La Bear Stearns ha favorito la crescita esplosiva dei derivati nel mercato creditizio in cui le banche, gli hedge fund e gli altri investitori si sono esposti per 45 trilioni di dollari per scommettere sulle capacità di restituzione dei prestiti da parte delle imprese e delle nazioni. Prima di crollare, la Bear è stata la controparte nei derivati per un giro d’affari di 13 trilioni di dollari. Il 14 marzo 2008, Moody’s, una delle principali agenzie di rating, aveva abbassato le sue stime sulla Bear, e il 16 marzo la società di intermediazione è stata acquistata da JPMorgan per pochi dollari, una acquisizione simbolica al fine di evitare le complicazioni legali del fallimento. L’operazione era sostenuta da un prestito “senza ricorso” di 29 miliardi di dollari da parte della Federal Reserve. “Senza ricorso” significava che la Fed otteneva come garanzia solo le incerte azioni di carta della Bears. La JPM stava alla finestra nel caso in cui queste ultime si fossero rivelate carta straccia. E’ stata una mossa senza precedenti, di dubbia legalità; ma si disse che era giustificata perché fu, come riportò un titolo della stampa, “Il salvataggio della Fed per bloccare la Chernobyl dei Derivati Bear.” L’idea che la Bear sia stata “salvata” o che questa Cernobyl sia stata bloccata, tuttavia, fu grossolanamente fraintesa. I direttori generali riuscirono a salvare i loro enormi compensi e si rivelò un “salvataggio in extremis” solo per la JPM e per i creditori della Bear. Per gli azionisti è stata una sciagura. I loro titoli inizialmente scesero da 156 a 2 dollari e i dipendenti se ne tennero il 30 per cento. Un altra bella fetta è finita sui fondi pensione degli insegnanti e degli altri funzionari pubblici. Il valore è stato in seguito portato a 10 dollari per azione in risposta all’indignazione degli azionisti, solo che pure gli azionisti finirono essenzialmente per essere rovinati; e il fatto che una banca di Wall Street è stata data in pasto ai leoni per salvare tutti gli altri, difficilmente ispira grandi sentimenti di fiducia . Non si può controllare così facilmente una bomba a neutroni.
L’urto della Bear Stearns contro l’iceberg dei derivati fu anticipato da un altro precedente nel mese di gennaio, quando i mercati globali subirono il loro peggiore tracollo dal 11 settembre 2001. Si chiese ai commentatori se questo sia stato “the big one” – un crollo in stile 1929, e probabilmente lo sarebbe stato se le abili manipolazioni di mercato non avessero coperto rapidamente la catastrofe imminente. Di questa precipitosa caduta si diede la colpa alla minaccia del crollo nel rating dei due più grandi assicuratori di “monoline”, l’Ambac e il MBIA, e la conseguente perdita da parte della Societe Generale, la seconda banca di Francia, di 7,2 miliardi di dollari nel mercato dei derivati. Come la Bear Stearns, le monolines sono l’altra faccia della medaglia nella rete dei credit default swap, e un crollo nelle valutazioni di mercato metterebbe a rischio l’intero traballante edificio dei derivati. Senza il timbro della tripla A degli assicuratori “monoline”, gli investimenti da tripla-A per miliardi di dollari potrebbero trasformarsi in junk bonds. Molti investitori istituzionali (fondi pensione, amministrazioni comunali e simili) hanno la responsabilità legale di investire solo nei “più sicuri” bond tripla-A. I bond hanno perso valore e quindi si vendono sottocosto sul mercato, mettendo così in pericolo quelle banche che ancora detengono miliardi di dollari in queste obbligazioni. In gennaio il crollo di Ambac è il segnale del crollo simultaneo dei bond da parte di oltre 100.000 Comuni e istituzioni, per un totale di più di 500 miliardi di dollari. [3]
Gli investitori istituzionali hanno perso una buona parte di denaro in tutto questo, ma la vera calamità si è abbattuta sulle banche. Gli investitori istituzionali, che in passato acquistarono le obbligazioni mortgage-backed, hanno smesso di acquistarle nel 2007, quando il mercato immobiliare cominciò a calare. Ma le grandi società di investimento, che in quel momento stavano ancora vendendo quelle obbligazioni, hanno lasciato su loro libri contabili disavanzi per miliardi di dollari, e sono queste le banche che in particolare si ritrovano a subire perdite più gravi quando scoppia la Chernobyl dei derivati. [4]
La sfilata di piani di salvataggio finanziario
Ora che gli hedge fund e alcune tra le banche più influenti hanno dovuto mettere le carte in tavola e mostrare di non avere più un soldo da mettere sul piatto, questi avidi venditori stanno supplicando in lacrime l’intervento del governo per salvarli dalle loro monumentali perdite, pur mantenendo i loro monumentali guadagni rastrellati quando i loro bluff erano ancora validi. In risposta alle loro giustificazioni, persone dietro le quinte hanno sudato le classiche sette camice per elaborare vari piani di salvataggio finanziario, ma i piani sono raffazzonati alla meglio. Finanziare un piano-derivati da 681 trilioni di dollari prendendo i soldi dei contribuenti è ovviamente impossibile. Come ha osservato Michael Panzer sul sito SeekingAlpha.com:
”Nel nostro sistema finanziario, come in un film a rallentatore dove un vecchio treno appare progressivamente sullo schermo, ci saranno molti tentativi di salvataggio mal concepiti e di dubbi piani per cambiare la situazione, oltre ai piani propagandati, dissimulati e pianificati da banche, da autorità di regolamentazione e dai politici. Tutto questo si sta materializzando nello sforzo di cercare di guadagnare tempo o di capire come le perdite possano essere addossate sulle spalle di qualche fesso (ad esempio, il contribuente)”.
L’idea sembra essere quella di continuare a ballare sul ponte, mentre i ” bravi ragazzi con tanti soldi” spariscono nella nebbia e calano le scialuppe di salvataggio. Come è stato sottolineato in un blog chiamato “Jesse’s Café Americain”, che riguarda il salvataggio finanziario della Ambac:
”Sembra che il vero nocciolo del problema è che l’AMBAC era usata come una “copertura” da parte di quelle banche che diedero origine a questi rotoli di ipoteche e così ottenere le loro valutazioni ribassate. Ora che le ipoteche stanno fallendo e le banche insieme con loro, l’ AMBAC non può pagare, non è in grado di coprire i debiti. E le banche non gradiscono valutare queste CDOs [collateralized debt obligations, sono strumenti di debito strutturati che convertono azioni o debiti in titoli come le obbligazioni, prestiti, titoli garantiti da attività o credit default swap, N.d.T.] nel mercato [svalutano il loro valore reale di mercato], perché probabilmente valgono nel migliore dei casi 60 centesimi sul dollaro, ma sono tenute dalle banche in un rapporto di parità. Questo è un margine di oscillazione del 40 per cento sul debito sufficiente per affondare ogni banca coinvolta in questa situazione. . . . proprio in tutti i sensi se le banche valutate in tal modo nel mercato sono adesso insolventi. Quindi, le banche forniranno il capitale alla AMBAC. . . [Ma] è solo un giochetto di scambio di denaro. . . . Allora perché le banche si sono impegnate in questa farsa? Questo appare come un tentativo di prolungare i pagamenti sulla base di un vasto schema Ponzi ideato male e che sta cominciando a crollare. . .” [5]
Pertanto non vi è dubbio che le banche stiano cercando un salvataggio dopo l’altro ricorrendo all’unica tasca che risulti più profonda della propria, cioè il governo degli Stati Uniti. Ma se il governo federale acconsente, potrebbe essere trascinato nell’insaziabile vortice dei debiti e dei pasticci ipotecari. La valutazione da tripla A dello stesso governo federale è già in pericolo a causa del gigantesco debito di 9 trilioni di dollari. Prima che il governo acconsenta di salvare le banche, dovrebbe insistere su alcune adeguate ricompense. In Inghilterra, il governo ha deciso di salvare la banca Northern Rock in bancarotta, ma solo in cambio di titoli bancari. Il 31 marzo 2008, il Daily Telegraph di Londra ha riferito che gli strateghi della Federal Reserve stavano dando un occhiatina alle nazionalizzazioni che hanno salvato la Norvegia, la Svezia e la Finlandia da una crisi bancaria, a partire dal 1991 fino al 1993. In Norvegia, secondo un consulente norvegese, “la legge è stata modificata in modo che si possa prendere il controllo del 100 per cento di qualsiasi banca là dove il suo patrimonio netto fosse sceso sotto lo zero.” [6] Alcune delle maggiori banche di Wall Street avrebbero già potuto essere in quella categoria se le loro azioni fossero state “valutate sul mercato”.
La soluzione di Benjamin Franklin
L’idea di “nazionalizzazione” ha tradizionalmente avuto una cattiva fama negli Stati Uniti, ma potrebbe essere un’alternativa interessante per il popolo americano e pure per il nostro governo rappresentativo. La trasformazione delle banche in fallimento di Wall Street in istituzioni pubbliche potrebbe consentire al governo di uscire dal vortice dei debiti risolvendo il guaio in cui si sono cacciate. Invece di chiedere un prestito per restituire un debito, sballottati nel mare di debiti e aumentare così i debiti pur di stare a galla, il governo potrebbe affrontare il problema alla radice: si potrebbe restituire al Congresso il diritto di creare denaro ………., l’istituzione pubblica alla quale ai sensi della Costituzione si è delegato questo solenne compito.
Il modello bancario più brillante nella storia nazionale è stato istituito nella prima metà del XVIII secolo, nello stato di Benjamin Franklin in Pennsylvania. Il governo locale ha creato una propria banca, che ha messo in circolazione denaro e lo ha prestato agli agricoltori a tassi d’interesse modesti. Il governo provinciale ha emesso abbastanza denaro extra per coprire gli interessi non creati da prestiti precedenti, utilizzandolo nel finanziamento di servizi pubblici. La banca era di proprietà pubblica, e i banchieri che vi lavoravano erano pubblici impiegati. Gli interessi generati sui prestiti furono sufficienti a finanziare un governo senza tasse, e poiché il denaro emesso tornava nuovamente al governo, il risultato fu che non si ebbe inflazione. [7] Il piano bancario della Pennsylvania è stato un sistema pratico e altamente efficiente, un prodotto dell’abilità americana, ma che non ha più avuto la possibilità di dimostrarsi tale dopo che la stessa colonie americane divennero una nazione. Tutto ciò assume un risvolto ironico se si pensa che, secondo Benjamin Franklin e gli altri, il prendere il potere per creare una propria moneta è stato il principale motivo per il quale i coloni hanno combattuto per l’indipendenza. La macchina dei banchieri per creare soldi ha avuto due secoli di sperimentazioni empiriche e ha dimostrato di essere un fallimento. E’ tempo che il diritto sovrano di creare denaro sia strapatto alla elite delle banche private e restituito al popolo americano al quale per esattezza esso appartiene.
Ellen Brown, JD, ha sviluppato la sua capacità di ricercatrice come avvocato praticante nelle cause civili a Los Angeles. In Web of Debt [Nella rete dei debiti, N.d.T.], il suo ultimo libro, rivolge la sua attenzione ad un ‘analisi della Federal Reserve e al “settore del credito”. Dimostra come questo cartello privato ha usurpato al popolo stesso il potere di creare denaro, e il modo in cui la gente può ottenerlo indietro. Dei suoi suoi undici libri si ricorda il bestseller “Nature’s Pharmacy”, co-autrice con il Dr Lynne Walker, e che ha venduto 285.000 copie. I suoi siti web sono http://www.webofdebt.com/ and http://www.ellenbrown.com/ .
Dr Ellen Brown
Fonte: www.globalresearch.ca
Link: http://www.globalresearch.ca/index.php?context=va&aid=8634
11.04.08
Traduzione per www. comedonchisciotte.org di MAURIZIO OGGIANU
NOTE
[1] “Credit Swap Worries Go Mainstream,” nakedcapitalism.com (February 17, 2008); Aline van Duyn, “CDS Sector Weighs Bear Stearns Backlash,” Financial Times (London) (March 16, 2008).
[2] See Ellen Brown, “Dollar Deception: How Banks Secretly Create Money,” webofdebt.com/articles (July 3, 2008).
[3] “Monoline Insurance,” Wikipedia.
[4] Jane Wells, “Ambac and MBIA: Bonds, Jane’s Bonds,” CNBC (February 4, 2008).
[5] “Saving AMBAC, the Homeowners, or the Banks?”, Jesse’s Café Americain (February 25, 2008).
[6] Ambrose Evans-Pritchard, “Fed Eyes Nordic-style Nationalisation of US Banks,” International Business Editor (March 31, 2008).
[7] See Ellen Brown, Web of Debt (Third Millennium Press, 2008), chapter 3.