DI RITA PENNAROLA
lavocedellevoci.it
A quasi tre mesi dal naufragio vengono a galla nomi,
fatti e particolari impressionanti sulla tragica vicenda
del Costa Concordia. Si comincia proprio dalle indagini.
La Voce rivela in esclusiva come il nome di uno fra
i principali investigatori di Grosseto fosse comparso nelle
carte dell’inchiesta sulla P3, senza conseguenze giudiziarie
per lui, ma con tutta una serie di possibili imbarazzi.
E poi la testimonianza choc di un turista spagnolo
sui traffici durante gli accostamenti all’isola…
Ma voi ve lo ricordate quel famoso convegno di settembre 2009 al Forte Village, in Sardegna, sull’attuazione del federalismo fiscale? Chi sicuramente non l’ha dimenticato sono stati quei governatori e sindaci, come Roberto Formigoni e Gianni Alemanno, i quali per aver preso parte all’iniziativa si ritrovarono dentro le carte dell’inchiesta sulla Cricca P3, visto che fra le guest star della due giorni c’era Giacomo Caliendo, all’epoca potente sottosegretario di Stato alla Giustizia nel governo Berlusconi, insieme a numerosi altri vip che sarebbero poi stati indagati, come il primo presidente di Cassazione Vincenzo Carbone.
C’entra qualcosa, tutto questo, con la tragedia del Costa Concordia?Sì: per quanto in apparenza lontanissime, le due vicende risultano tra loro legate da un nome chiave. Perché ad organizzare la convention del “Forte” era stato il Centro Studi Giuridici per l’Integrazione Europea Diritti e Libertà, che vede fra i suoi fondatori lo stesso Caliendo. E che nel 2009 era presieduto da un altro magistrato: il procuratore capo di Grosseto Francesco Verusio. Lo stesso pubblico ministero che oggi coordina le complesse e delicate attività investigative sul naufragio dinanzi all’isola del Giglio.
Il mondo è davvero piccolo. Piccolissimo, anzi, se solo si consideri che tanto il procuratore Verusio quanto l’ex sottosegretario Caliendo sono entrambi campani: nato a Benevento, il primo, e a Saviano di Nola, il secondo. Così come beneventano doc è Pasqualino Lombardi, anche lui fra i promotori del convegno, passato alle cronache giudiziarie come indiscusso protagonista della P3, proprio in veste di segretario generale del Centro Studi presieduto all’epoca dal procuratore Verusio. Secondo le accuse, infatti, il Centro avrebbe svolto un ruolo strategico di collegamento fra il coordinatore nazionale Pdl Denis Verdini, il faccendiere Flavio Carboni e molti vertici della magistratura italiana, contatti finalizzati in quel caso alla realizzazione in Sardegna del Parco eolico finito al centro delle indagini.
A settembre 2011, quando i carabinieri si recano nella sede romana del Centro Studi per sequestrare lo statuto, viene alla luce che tra i fondatori del sodalizio, autentico trait d’union per centinaia di magistrati italiani, c’erano stati anche altri vip, a cominciare dal presidente Agcom Corrado Calabrò. Ma, soprattutto, i documenti confermano il ruolo centrale dello stesso Pasqualino Lombardi e dell’altro indagato numero uno della P3, Arcangelo Martino. Quest’ultimo, insieme a Flavio Carboni e a Lombardi, era stato tratto in arresto a luglio 2010 nell’ambito delle prime indagini sul “sodalizio segreto P3”.
Durante la convention 2009 a Verusio, che sedeva al tavolo della presidenza, toccò ovviamente il compito di indirizzare ai partecipanti il saluto dei padroni di casa, in quanto presidente del Centro Studi organizzatore dell’evento. Breve il suo incipit, con il ringraziamento preliminare ad ospiti e relatori come Vincenzo Carbone, Giacomo Caliendo ed Antonio Martone (padre dell’attuale viceministro del Lavoro, Michel). Prima di passare la parola a Carbone, che farà da moderatore per l’intera sessione, il procuratore Verusio non manca di ricordare il precedente appuntamento organizzato dal suo Centro Studi, che si era tenuto a Milano nel marzo 2009.
Per la cronaca, a gennaio 2012 la Procura di Roma (pm Giancarlo Capaldo e Rodolfo Sabelli) ha chiesto il rinvio a giudizio di 20 persone fra cui gli stessi Martino, Lombardi, Carboni e Verdini. Secondo l’accusa Carboni e Verdini, con il senatore Marcello Dell’Utri, avevano «costituito l’organizzazione segreta e, allo scopo di gestirne l’attività e realizzarne gli scopi, sviluppavano una fitta rete di conoscenza nei settori della magistratura, della politica e dell’imprenditoria da sfruttare per i fini segreti del sodalizio e per il finanziamento di esso e dei suoi membri, e ciò anche grazie all’attività di promozione di convegni e incontri di studio realizzata per il tramite dell’associazione culturale denominata Centro studi giuridici per l’integrazione europea diritti e libertà».
Nell’udienza del 15 marzo scorso il gip Giovanni De Donato ha ordinato ai pm nuove indagini su un ex componente del Csm. Il giudice si è espresso inoltre sulla posizione dell’ex sottosegretario Caliendo, artefice del Centro Studi presieduto da Francesco Verusio. Le condotte di Caliendo sono state definite «al limite fra il penalmente rilevante e il deontologicamente censurabile», dentro un «quadro probatorio che non appare sufficientemente idoneo a esercitare efficacemente l’azione penale nei suoi confronti»
Caliendo, eletto al senato nel 2008 col Pdl, riveste tuttora un ruolo apicale al ministero della Giustizia.
NEL NOME DI DYANA
E ora possiamo tornare a Grosseto, dove il procuratore capo Verusio, che non è mai stato indagato per i fatti della P3, sta cercando faticosamente di mettere insieme le tessere di un puzzle infernale per arrivare ad una verità che, almeno sul piano giudiziario, possa dare pace alle 32 vittime del disastro, alcune delle quali forse resteranno a giacere per sempre su quei fondali marini. Erano le 21 e 42 esatte del 13 gennaio 2012 quando un gigante assoluto del mare, il Costa Concordia, vanto della marina italiana con le sue 114 mila tonnellate e passa di stazza, andava a schiantarsi contro gli scogli intorno all’isola del Giglio, tanto conosciuti da essere vistosamente segnalati nelle cartine turistiche degli alberghi isolani.
Il 13 marzo, a due mesi esatti di distanza dal più tremendo incidente che abbia mai coinvolto una nave italiana, sono stati identificati i corpi di otto fra le vittime ripescate dai sub, compreso quello della piccola Dyana Arlotti di Rimini, cinque anni. L’atroce, drammatico quesito che è alla base di tutto – e sul quale sicuramente stanno cercando ancora di fare luce il procuratore Verusio, con i sostituti Alessandro Leopizzi, Maria Navarro e Stefano Pizza – riguarda i motivi per cui un comandante di lungo corso con trent’anni di esperienza a bordo, come Francesco Schettino, decide di salire in plancia e sostituirsi al pilota automatico, la cui rotta sarebbe stata di tutta tranquillità per la nave e per i passeggeri. Poi si mette ai comandi, accelera il bisonte del mare fino a 16 nodi proprio mentre devia la rotta e, nel tentativo di passare radente alla costa, si schianta sugli arcinoti scogli delle Scole. Come la Voce aveva già ricostruito nel numero di marzo, l’ipotesi che si sia trattato del famoso “inchino” fa letteralmente acqua da tutte le parti, essendo stata clamorosamente smentita dalle diverse fonti indicate dal comandante, senza contare il fatto che appare di per sé illogica ed assurda, in una notte fredda e buia di gennaio, con l’isola deserta…
Rita Pennarola
Fonte: www.lavocedellevoci.it
1.04.2012
continua
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