DI PEPE ESCOBAR
rt.com
L’accordo sul nucleare iraniano entra nella zona di pericolo
I P5+1 e l’Iran stanno negoziando sottostando al Piano Congiunto di Azione siglato nel Novembre 2013 a Ginevra – che prevede di fermare alcuni aspetti del programma nucleare iraniano in cambio di un alleggerirsi delle sanzioni, non della loro eliminazione. Dopotutto alcune di queste sanzioni illegali non hanno nulla a che vedere con il programma nucleare iraniano e devono essere rimosse dal Congresso USA.
Sette mesi sono un’eternità per la geopolitica. I diplomatici iraniani hanno provato ad avere la faccia di bronzo, insistendo che la posticipazione potesse essere un male minore considerando che non c’è stata alcuna escalation di retorica – e nessuna nuova sanzione.
Tuttavia sette mesi espongono le negoziazioni al fuoco dei soliti (radicalizzati) sospetti, che a Washington sono dei formidabili promulgatori della guerra (tutti i Repubblicani, la maggior parte dei Democratici, i neo-con, le lobby israeliane e saudite e i piani alti del comparto industriale-militare).
Nel frattempo, in Iran, il capo dei Corpi di Guardia Rivoluzionari Islamici (CGRI), generale Mohammad Ali Jafari, e il capo delle milizie Basiji, generale Mohammad Reza Nagdi, hanno criticato non solo i negoziati stesse, ma anche alcune nazioni del P5+1.
Cos’è andato storto?
I punti chiave della disputa restano: quante centrifughe può mettere in opera l’Iran, la durata dell’accordo (l’Iran vuole un massimo di cinque anni, gli USA più di dieci) e la fondamentale data di sospensione delle sanzioni (l’Iran vuole che tutte – da parte di USA, ONU e UE – vengano tolte immediatamente, gli USA insistono su un processo graduale).
Anche l’obiettivo principale resta immutato: più di tutto una distensione tra Iran e USA (il Muro di Sfiducia eretto da 35 anni) e tra Iran e UE. Le relazioni tra Iran e Russia/Cina sono ottime.
Sarebbe facile dimostrare che tutto l’interminabile dramma sia stato senza senso fin dal principio dato che l’Iran – come anche l’orgia di acronimi dell’intelligence USA ha ammesso – non ha un programma per armi nucleari; Teheran usa arricchimento a scopo civile dell’uranio per produrre elettricità.
L’amministrazione Obama dà l’impressione che all’Iran potrebbe essere permesso di avere un programma nucleare civile che non possa essere sviluppato in direzione di scopi militari. Tutto ciò è spacciato dagli USA come un gesto magnanimo.
Comunque non ha senso che i recenti negoziati prima in Oman e poi a Vienna, culminati con i sette ministri degli esteri a discutere in una stessa stanza, non abbiano definito i dettagli – persino tenendo conto della lingua accettata dall’opinione pubblica di ogni nazione.
In Oman, per risolvere la controversia sulle centrifughe, la Russia si è offerta di conservare la maggior parte delle scorte di uranio non processato dall’Iran. Questo è una riproposizione di un’idea lanciata già cinque anni fa. Mosca si era offerta per spingere l’Iran ad ottenere – con diritto – i suoi scopi, oltre a promettere di aiutare l’Iran con lo sviluppo stesso del programma nucleare.
Ovviamente i negoziatori iraniani hanno sfruttato quest’offerta russa per convincere gli statunitensi ad essere più realisti. Ciò che era già chiaro è che Teheran non sacrificherà nemmeno uno dei suoi diritti per ottenere un accordo – solo basato su vaghe promesse di riduzione di alcune sanzioni.
Dopotutto il mese scorso, il Supremo Leader Ayatollah Khamenei ha pubblicato una lista di undici punti delle posizioni invalicabili dell’Iran. Queste non sono negoziabili – e includono il diritto di proseguire con la ricerca sul nucleare ad uso civile e di arricchire l’uranio per gli stessi scopi.
Osservatori ben informati a Teheran sostengono che il Presidente Rouhani sia un mezzo dell’ala moderata che non venderà – o non avrà il permesso di vendere – l’economia nazionale allo Zio Sam. Uno di loro mi ha detto “lui sa quello che sta succedendo all’economia, è stato in grado di limitare un’inflazione galoppante. In termini di riconciliazione con il grande Satana, il capo non gli permetterà di raggiungere un accordo a spese dell’economia, della cultura, della sicurezza o dei diritti della nazione”.
Il fatto comunque resta che a Vienna qualcosa sia andato storto la scorsa domenica. In mattinata tutte le persone coinvolte parlavano degli ultimi dettagli, dopo che una soffiata aveva fatto trapelare che più del 90% era deciso. Poi, verso sera, gli spin USA hanno sostenuto che una “estensione” dei negoziati si era resa necessaria.
Nessuno sta facendo emergere cosa abbia fatto saltare l’accordo all’undicesima ora. Una forte possibilità è che sia emersa un’ulteriore richiesta da parte degli Stati Uniti non inerente alla questione nucleare (ci sono dei precedenti). Potrebbe essere, ad esempio, forzare l’Iran a smettere di supportare Hezbollah – un punto che l’amministrazione Obama potrebbe facilmente usare per far digerire l’accordo a Washington.
Allarme rosso sulla collina (*)
Ciò che è certo è che quando i Repubblicani prenderanno il controllo del Senato USA a Gennaio, si scatenerà l’inferno. Ogni aspetto di un possibile accordo verrà implacabilmente fatto a pezzi – poichè il vero obiettivo diventerà un mostro a due teste: demonizzare l’Iran e al contempo prevenire che l’anatra zoppa Obama possa fregiarsi di quest’unica vittoria sul fronte della politica estera ottenuta nei suoi due mandati.
Un mini-inferno è già stato messo in piedi dopo che è emersa la lettera di Obama a Khamenei circa la possibilità di una cooperazione USA-Iran di stampo non militare per combattere l’ISIS/ISIL/Daesh. L’ala di estrema destra del governo statunitense vedrà sempre l’Iran come un’entità “malvagia” che aborre Israele, sostiene Hezbollah e Al-Assad in Siria e che quindi necessita di un cambio di regime.
Per cui a Vienna l’amministrazione Obama ha perso la sua ultima chance per chiudere un accordo per conto suo. Se Capitol Hill avrà successo nella prima metà del 2015 – e nessuno sforzo verrà risparmiato – ritornerà sul tavolo l’agghiacciante opzione di un attacco all’Iran, se non nel crepuscolo dell’amministrazione Obama e durante la campagna elettorale del 2016, di sicuro quando prenderà il potere la “Presidente-in-attesa-di-diventarlo” [nella versione originale “President-in-waiting”, NdT] Hillary Clinton.
L’Iran, da parte sua, non se ne starà con le mani in mano. L’integrazione commerciale, finanziaria e militare con la Russia e la Cina verrà accelerata – con grande scorno degli immensi interessi commerciali dell’occidente. L’Iran ha già trovato una scappatoia alle sanzioni per esportare prodotti petroliferi in Cina, Giappone e Corea del Sud, inoltre Mosca e Teheran hanno già definito la bozza di un accordo da 20 miliardi di dollari “merci in cambio di petrolio”.
Per di più l’ “economia della resistenza” coniata da Khamenei continuerà a trovare nuove vie per evitare i feroci blocchi finanziari imposti dagli USA – ancora una volta illegalmente.
Teheran sa esattamente cosa vuole: difendere il suo programma nucleare – come consentito dall’NPT [Non Proliferation Treaty, trattato sulla non proliferazione del nucleare, NdT] – e sbarazzarsi una volta per tutte del nefasto regime delle sanzioni. Cosa vuole invece l’amministrazione Obama?
Persino tenendo in considerazione il triste pastrocchio della dottrina di politica estera definita da Obama “non fare cose stupide”, è facile pensare che l’obiettivo dell’amministrazione Obama sia di calmare il calderone mediorientale tra Iran e Arabia Saudita, senza provare a modificarne gli equilibri di potere.
Ecco che arriva la parte succosa: questo Medio Oriente “stabilizzato” permetterebbe a Washington di reindirizzare i suoi sforzi militari verso – e chi se non altro? – Russia e Cina. Considerando l’incredibile mediocrità del team “non fare cose stupide”, tutto ciò probabilmente resterà nel regno dei buoni propositi disattesi.
Pepe Escobar è autore di Globalistan: How the Globalized World is Dissolving into Liquid War (Nimble Books, 2007), Red Zone Blues: a snapshot of Baghdad during the surge (Nimble Books, 2007), e Obama does Globalistan (Nimble Books, 2009). Può essere contattato a [email protected].
Fonte: http://rt.com
Link: http://rt.com/op-edge/208595-iran-nuclear-talks-vienna/
25.11.2014
Il testo di questo articolo è liberamente utilizzabile a scopi non commerciali, citando la fonte comedonchisciotte.org e l’autore della traduzione FA RANCO
* Nell’originale “Red alert on the Hill”, gioco di parole tra “hill”-“collina” e Capitol Hill, dove sorge il Campidoglio, sede del congresso USA, NdT