DI MAURIZIO BLONDET
Per capire cosa succede in Ucraina, è necessario – e sufficiente – riaprire il saggio che Zbigniew Brzezinski (1) ha pubblicato nel 1997, con il titolo “Il grande scacchiere” e con un sottotitolo ancora più rivelatore: “L’egemonia americana e i suoi imperativi geostrategici”.
ECCONE I PASSI RILEVANTI:
“L’Ucraina, nuovo e importante spazio nello scacchiere eurasiatico, è un pilastro geopolitico perché la sua stessa esistenza come paese indipendente consente di trasformare la Russia. Senza l’Ucraina, la Russia cessa di essere un impero eurasiatico. La Russia senza l’Ucraina può ancora battersi per la sua situazione imperiale, ma diverrà un impero sostanzialmente asiatico, probabilmente trascinato in conflitti usuranti con le nazioni dell’Asia centrale, che sarebbero sostenute dagli stati islamici loro amici nel sud”.
“Ma se Mosca riconquista il controllo dell’Ucraina, coi suoi 52 milioni di abitanti e grandi risorse naturali, oltreché l’accesso al Mar Nero, la Russia automaticamente riconquisterà le condizioni che ne fanno un potente stato imperiale esteso fra Asia ed Europa. La Russia […] si allontanerà sempre più dall’Europa”.
“Gli Stati che meritano il più forte sostegno geopolitco americano sono l’Azerbaijan, l’Uzbekistan e (al di fuori di quest’area) l’Ucraina, in quanto tutti e tre sono pilastri geopolitici. Anzi è l’Ucraina lo stato essenziale, in quanto influirà sull’evoluzione futura della Russia”.PIU’ AVANTI, BRZEZINSKI ILLUSTRA IN COSA CONSISTA “L’ESSENZIALITA'” DELL’UCRAINA: SI TRATTA DELL’ACCESSO AI GIACIMENTI PETROLIFERI DELL’ASIA CENTRALE.
“Per l’Ucraina le questioni essenziali sono il futuro carattere del CIS (Comunità degli Stati Indipendenti, la federazione centrata sulla Russia) e il libero accesso alle fonti energetiche che ridurrebbero la sua dipendenza da Mosca.
“Di conseguenza, l’Ucraina ha sostenuto lo sforzo della Georgia per divenire la via dell’esportazione del greggio azero [cioè dell’Azerbaijan – nota di Truman] verso Occidente. L’Ucraina ha anche collaborato con la Turchia per indebolire l’influenza russa nel Mar Nero ed ha sostenuto il disegno turco di dirigere i flussi petroliferi dell’Asia centrale verso i terminali turchi”.
“Né l’Occidente né la Russia possono permettersi di perdere l’Ucraina o il suo passaggio dalla parte dell’avversario geo-economico”.
Dunque l’Ucraina è il centro delle reti petrolifere che corrono nel corridoio eurasiatico: quella stessa area dove gli Usa hanno, con la scusa della “guerra al terrorismo”, impiantato basi militari permanenti. Esiste persino una legge americana, varata nel 1999 e chiamata “Silk Road Strategy Act” (Legge strategica sulla via della seta) che invita esplicitamente le “nazioni del Caucaso meridionale e dell’Asia centrale” a “stabilire fra loro forti legami politici, economici e militari. E’ inteso che la Casa Bianca “sostiene” gli sforzi in questa direzione. Georgia, Uzbechistan, Azerbaijan, Moldavia e l’Ucraina hanno già costituito un’alleanza militare sotto l’ombrello della Nato, e finanziata militarmente dall’Occidente.
Naturalmente, lo scopo dichiarato è di “estendere la democrazia” anche lì, identificata con l’“economia di mercato”. Con adeguate “riforme” dettate dal Fondo Monetario, dal WTO e dalla Banca Mondiale. Questi Paesi, poverissimi ed esausti, sperano molto dalla loro cooptazione nel mercato occidentale. Ma ciò che conta per Washington al di là della retorica, è che quell’alleanza da loro voluta sta allo sbocco strategico del greggio e del gas del Caspio, e che l’Ucraina e la Moldavia sono percorse dagli oleodotti diretti ad Ovest.
E’ evidente che lo scopo finale è tagliar fuori la Russia dai giacimenti del Caspio e di isolarla politicamente per sempre.
La “profezia” di Brzezinski si rivela così, piuttosto, un piano che gli Usa perseguono con tutti i mezzi, anche i più discutibili. Nel 2003, una “insorgenza democratica” organizzata “spontaneamente” con i finanziamenti della George Soros Foundation (del finanziere ebreo Soros) ha strappato il potere in Georgia a Shevarnadze per consegnarlo ai “liberali” filo-americani. Altre fondazioni “private” americane, come il National Endowment for Democracy, l’International Republican Institute, e purtroppo i think tank tedeschi Konrad Adenauer Foundation (cristiano-democratico) e la Friedrich Ebert Foundation (socialista) stanno da mesi organizzando la minoranza cattolica ucraina, nazionalista e antirussa, facendo attiva propaganda fra la gioventù e mobilitando fondi al candidato filo-occidentale ucraino. Ovviamente anche la Open Society, una fondazione “culturale” di Soros, è della partita.
Il fatto paradossale è che sia il “filo-russo” Yanukovich, sia il “filo-occidentale” Yuscenko sono burattini del presidente-dittatore ucraino Leonid Kuchma, vecchia volpe dei tempi sovietici (era un gestore del settore missilistico). In realtà, Kuchma ha fatto di tutto per farsi riconoscere da Washington come un docile subalterno. Ha nominato primi ministri approvati dalla Casa Bianca ed ha avviato le “privatizzazioni” richieste dal Fondo Monetario, che hanno provocato il crollo dei redditi medi ucraini a livelli africani. Ma quando a Mosca è andato al potere Putin e la Russia ha cominciato la sua ripresa, divenendo evidente il disastro economico ucraino, Kuchma ha licenziato il premier autore delle privatizzazioni, Victor Yushenko, mettendo al suo posto Victor Yanukovich. Costui, che proviene dall’area industriale dell’Ucraina orientale (dove si parla russo e dove la religione è quella ortodossa) non ha fatto che prendere atto della realtà: che le industrie ucraine sono ancora integrate nel vecchio sistema sovietico e perciò dipendono fortemente dalla Russia come sbocco e come fornitore energetico. Trattate le forniture di greggio russo a prezzi di favore e con nuovi investimenti russi, l’economia ucraina ha conosciuto una ripresa, con il primo aumento di salari e pensioni dopo il crollo dell’Urss.
Ora, le elezioni. Brogli? Certamente, ma da entrambe le parti, con voti multipli di elettori che hanno usato falsi documenti d’identità, e pesanti interferenze straniere a favore dell’“americano” Yuscenko (2). Il cosiddetto Occidente s’è dimostrato di più facile contentatura per le “libere elezioni” in Afghanistan (anche lì voti multipli) e per quelle, radicalmente falsificate dallo stato d’occupazione, che stanno per celebrarsi in Irak. Il gracidio mediatico a favore della “libertà” ucraina serve solo a far dimenticare il fattore essenziale, rivelato da Brzezinski: è in gioco la sottrazione alla Russia della sua area d’interesse tradizionale. Converrà sottolineare che in questa partita, Mosca non gioca la parte dell’aggressore, ma dell’aggredito. E’ la Casa Bianca che aggredisce, con una fuga in avanti avventurista e, probabilmente, errata. Brzezinski suppone che nell’area si sia creato un vuoto di potere, che l’America può riempire con la sua presunta forza. Se questa valutazione è sbagliata, il rischio è spaventoso: sia Mosca, sia l’Ucraina sono ancora potenze nucleari.
Maurizio Blondet
Fonte:www.effedieffe.com
2.12.04
NOTE
1) Zbigniew Brzezinski, già consigliere per la sicurezza nazionale del presidente Jimmy Carter, membro influente del Council on Foreign Relations (CFR) e della Commissione Trilaterale, è il grande suggeritore strategico del neo-imperialismo Usa. Gli si devono operazioni come la consegna dell’Iran all’ayatollah Komeini e le mire americane sull’Afghanistan. Il titolo originale del saggio che citiamo qui è: “The Gran Chessboard”.
2) Yuscenko è sposato con Kateryna Chumachenko, nata a Chicago nel 1945 e membro influente dell’Ukrainan Congress Commitee of America (la lobby ucraina a Washington) ed è stata funzionario del governo di Bush padre. Kateryna ha collaborato attivamente con Brzezinski.