La redazione non esercita un filtro sui commenti dei lettori, a meno di segnalazioni riguardo contenuti che violino le regole.

Precisa che gli unici proprietari e responsabili dei commenti sono gli autori degli stessi e che in nessun caso comedonchisciotte.org potrà essere considerato responsabile per commenti lesivi dei diritti di terzi.

La redazione informa che verranno immediatamente rimossi:

Messaggi che entrano automaticamente in coda di moderazione per essere approvati prima di pubblicarli o vengono sospesi dopo la pubblicazione:

Nota: se un commento entra in coda di moderazione (e quindi non appare immediatamente sul sito), è inutile e dannoso inviare di nuovo lo stesso commento, magari modificando qualcosa, perché, in questo caso, il sistema classifica l’utente come spammer e non mostra più nessun commento di quell’utente.
Quindi, cosa si deve fare quando un commento entra in coda di moderazione? bisogna solo aspettare che un moderatore veda il commento e lo approvi, non ci sono altre operazioni da fare, se non attendere.

Per qualsiasi informazione o comunicazione in merito, scrivere alla redazione dal modulo nella pagina dei Contatti

Una persona può avere un solo account utente registrato nel sito.

Commentare con utenti diversi è una pratica da trolls e vengono immediatamente bannati tutti gli utenti afferenti ad un’unica entità, senza preavviso.

SANZIONI IN CASO DI VIOLAZIONE DEL REGOLAMENTO STABILITE DALLA REDAZIONE CDC:

1) Primo avviso da parte del moderatore (in rappresentanza della redazione) e cancellazione del commento.

2) Secondo avviso da parte del moderatore (in rappresentanza della redazione) e conseguente ammonizione: l’account del commentatore verrà sospeso temporaneamente per 72 ore previo avviso individuale

3) Terzo avviso da parte del moderatore (in rappresentanza della redazione) e conseguente blocco dell’account con l’impossibilità permanente di accedere al portale web

Consigliamo caldamente di leggere anche la pagina delle F.A.Q. le domande frequenti e la nostra Netiquette

La Redazione

 

I piu' letti degli ultimi 30 giorni

COSA SARA' LA DEMOCRAZIA IN IRAK

blank
A cura di Davide
Il 2 Febbraio 2005
48 Views

blank

DI MAURIZIO BLONDET

“Usa incoraggiati dall’alto afflusso alle elezioni in Vietnam. L’83 per cento dei sud-vietnamiti ha votato nonostante la campagna terroristica dei Vietcong”.


E’ il titolo di un vecchio articolo del New York Times, del 4 settembre 1967 (1). Furono eletti il generale Nguyen Van Thieu, candidato alla presidenza, e il generale Nguyen Cao Ki, candidato alla vicepresidenza: entrambi già governavano il Paese di fatto, dopo il golpe che aveva rovesciato Ngo Dinh Diem.

“Ora gli Usa sperano che il [nuovo] governo potrà agire con una legittimità da tempo mancante in Vietnam”
, diceva il New York Times, confrontando l’alto afflusso dei vietnamiti con quello molto inferiore – il 62 per cento – delle elezioni presidenziali Usa nel 1964. “Da documenti intercettati e vari interrogatori è emerso che i capi vietcong guardavano al voto con serio allarme, e avevano pianificato un grosso sforzo per rendere le elezioni prive di significato. Non ci sono riusciti”. Le elezioni in Irak hanno suscitato lo stesso tipo di commenti esultanti. “Ora i terroristi sanno di non poter vincere”, ha dichiarato il premier ad interim (ed ex agente della Cia) Allawi. In Occidente, la comparsa della “democrazia” e di un coraggioso elettorato in Irak ha provocato qualche crisi di coscienza persino a sinistra. Alberto Asor Rosa non credeva che la democrazia potesse essere imposta con le armi dell’occupante. Si è ricreduto quando ha visto in tv “file di donne in chador che aspettavano di votare”.
Ecco il problema: le posizioni della sinistra come della destra, in Italia come in Europa e in Usa, si formano non in base ad analisi e conoscenze, ma alle emozioni create dalle immagini televisive. Il problema è che la tv – quando non è mera propaganda – esibisce un’apparenza, senza spiegare cosa sta dietro le immagini. Forse Asor Rosa non avrebbe cambiato così totalmente idea, se avesse saputo cosa muoveva le elettrici in chador. L’ayatollah Al Sistani, per spingere le donne a votare, aveva emesso una fatwa così concepita: votare è più meritevole che il pellegrinaggio alla Mecca.
Ciò, s’intende, non sminuisce il valore del voto iracheno, ma ne muta il significato. E aiuta a capire che il senso delle elezioni per gli occidentali – individualità con idee politiche private – non è lo stesso in una società che risponde a strutture d’autorità tradizionali, tribali e religiose. Le donne col chador non hanno “opinioni politiche”, hanno i mullah, i capi-kabila, e gli interessi del gruppo cui appartengono. Questo cambia tutto.

Con certezza, si può dire che gli iracheni hanno votato per l’autogoverno, quindi contro l’occupazione Usa. E hanno votato contro “al Zarkawi”, l’etichetta dietro cui molti di loro dicono si celi il Mossad. E’ stato infatti “Al Zarkawi” a trasformare il voto in un referendum pro o contro la democrazia, definendo nel suo ultimo proclama l’esercizio del voto una frode, anzi un’apostasia. Chiunque sia in realtà, “Al Zarkawi” si è presentato come straniero (sarebbe un giordano), un laico e un sunnita ferocemente anti-sciita: il suo ascendente sugli sciiti iracheni è pari a zero, e la sua autorità religiosa, agli occhi di gente che si riferisce ai suoi ayatollah, è nulla.

Ma cosa precisamente hanno votato gli iracheni? Hanno dovuto votare alla cieca, senza conoscere neppure i nomi dei 7700 candidati, men che meno i programmi. Dai sondaggi risulta che metà dei votanti credevano di dover eleggere un presidente, il che non è. Hanno eletto, lo sapessero o no, un’assemblea nazionale transitoria che avrà come compito principale quello di stilare una costituzione.

I sunniti, benchè abbiano disertato le urne (per ordine dei loro capi e notabili), parteciperanno comunque alla formazione del processo costituzionale, con un peso che non avrà alcuna relazione con la loro forza elettorale. Lo stabilisce la “legge-base” approvata a marzo scorso, la quale sancisce che la nuova costituzione dovrà essere sottoposta a referendum, e sarà liquidata se la rigetteranno tre provincie. Questa clausola è stata scritta dagli americani per dare alla minoranza curda (la fedele collaborazionista) un potere di veto su una costituzione per loro inaccettabile; ma finisce per dare un simile potere di veto anche ai sunniti.

Ciò significa che, in conclusione, il risultato finale e l’assetto dell’Irak non sarà deciso da un voto popolare, ma dagli accordi previi che riusciranno a stabilire i maggiorenti delle tre componenti etnico-religiose: gli abziani, i capi-kabila, i mullah. Negoziati febbrili e molto orientali in questo senso sono già in corso. Mercanteggiamenti, collusioni, compromessi. William Pfaff, un commentatore molto autorevole (2) dell’Herald Tribune, ritiene che una cosa accomuni i maggiorenti di ogni kabila o fede: il rigetto della guerra civile. Tutti convergono nella necessità di formare al più presto un governo di unità nazionale, che sia in grado di chiedere agli americani di togliere l’incomodo.

Non è ciò che vogliono gli americani, interessati a perpetuare la loro presenza nel Paese con la scusa del pericolo di guerra civile. Non è ciò che vuole Israele, che ritiene utile smembrare i Paesi arabi in provincie etnico-religiose senza peso militare. In questa situazione, è da decifrare la strana, esplosiva criminalità che travaglia l’Irak e rende la vita impossibile agli iracheni: bande di delinquenti che rapiscono per esigere riscatti anche donne e bambini, rapinatori di auto, violentatori di donne. Questa criminalità è in parte importata: si parla per esempio di “mafia russa”, il che significa “mafia ebraico-russa” in azione in Irak. E non sembra affatto “spontanea”. Chi la teleguida, ha evidentemente in mente un modello atroce. Che non è il Vietnam del 1967, ma la Somalia: ingovernabile e sanguinoso caos percorso da bande, l’anarchia senza fondo dei signori della guerra.


Note

1) Peter Grose, “US encouraged bi Vietnam vote: 83% turnout despite Vietcong terror”, New York Times, 4 settembre 1967.
2) William Pfaff, “The only option for Iraq”, International Herald Tribune, 31 gennaio 2005.
Maurizio Blondet
Fonte: www.effedieffe.com
2.02.05

ISCRIVETEVI AI NOSTRI CANALI
CANALE YOUTUBE: https://www.youtube.com/@ComeDonChisciotte2003
CANALE RUMBLE: https://rumble.com/user/comedonchisciotte
CANALE ODYSEE: https://odysee.com/@ComeDonChisciotte2003

CANALI UFFICIALI TELEGRAM:
Principale - https://t.me/comedonchisciotteorg
Notizie - https://t.me/comedonchisciotte_notizie
Salute - https://t.me/CDCPiuSalute
Video - https://t.me/comedonchisciotte_video

CANALE UFFICIALE WHATSAPP:
Principale - ComeDonChisciotte.org

Notifica di
0 Commenti
vecchi
nuovi più votati
Inline Feedbacks
View all comments

FORUM DEI LETTORI

RSS Come Don Chisciotte Forum – Argomenti recenti

1 / 146 Pagine


blank