Di Daniele Ioannilli
Nonostante manchi l’ok del Senato, i 38 articoli che compongono questo DDL saranno tutto fumo o tutto arrosto? Il testo sin ora approvato sembrerebbe per la gran parte tutto fumo e poco, ma mirato, arrosto.
Grosso modo i macrotemi oggetto del DDL riguardano la pubblica sicurezza, la tutela ai pubblici ufficiali durante l’espletamento delle loro funzioni, la Detenzione, l’Antimafia.
La maggior parte delle modifiche apportate al DDL attualmente in vigore sono di carattere tecnico che avranno poco o nullo impatto pratico. In generale c’è un aumento delle pene, sia detentive che pecuniarie, e una maggiore “specializzazione” dei reati, cioè una stessa azione può dar luogo a un diverso tipo di reato oppure ad aggravante in base alla situazione, alla persona o alla cosa verso cui è rivolta. Facciamo un esempio: decido di compiere un’aggressione, a persone o cose. Se lo faccio in un momento qualsiasi ho una pena, se lo faccio durante una manifestazione sportiva o politica avrò un’altra pena, se lo faccio nei pressi di una stazione ne avrò un’altra ancora. Resta la punibilità solo dietro denuncia della parte offesa. Quando per un vero cambiamento andrebbe reintrodotta la punibilità d’ufficio. In tal senso questa maggiore specializzazione e definizione dei reati servirà a poco se non supportata dalla volontà di combattere condotte criminali, volontà che poteva essere resa efficace anche prima di questo DDL. Andrebbe riscritta la riforma Cartabia, la vera causa del lassez-faire che viviamo oggi, ma di questo non viene fatto nessun accenno. Riguardo le occupazioni di immobili, tema tanto sentito nelle trasmissioni tv, viene sì snellito l’iter per “la cacciata” dell’occupante ma si introducono contestualmente dei cavilli di cui francamente non se ne vede il motivo: l’azione può venir sempre “congelata” dietro giusta causa ma può anche essere reso nulla se il pubblico ministero, ricevuto il verbale della polizia giudiziaria che ha accertato la denuncia mediante sopralluogo, non lo inoltra entro 48 ore al giudice chiedendone la convalida e l’emissione di un decreto di reintegrazione nel possesso, che a sua volta il giudice deve emettere entro 10 giorni. Questi tempi di “prescrizione” saranno rispettati in Italia?
Senza elencare parte per parte il DDL andiamo a vedere solo gli articoli potenzialmente liberticidi. Scrivo potenzialmente perchè, come sempre, non saranno mai scritti in modo esplicito ma il loro potenziale liberticida dipenderà dalle intenzioni di chi li applicherà. Come nel caso dell’articolo 14 riguardante i blocchi stradali, equiparati ora a quelli ferroviari e navali: da amministrativo diventa penale, ed aggravato se in concorso con piu persone. In sè non è sbagliato, pensiamo a quegli ambientalisti di regime che bloccavano strade a grande scorrimento per ore impedendo alla gente di andare a lavorare… chi non li vorrebbe in galera? Ma ora pensiamo ad esempio a quando ti obbligano a tagliare ulivi secolari per un rischio sanitario quasi inesistente, o a quando ti obbligano a cedere il tuo terreno agricolo per far fare soldi a una grande impresa del fotovoltaico, o a quando ti vietano la circolazione della tua auto perfettamente in ordine solo perchè ha qualche anno sulle spalle. Se prima c’era solo una multa amministrativa ora c’è il carcere.
Il blocco stradale è comunque una forma di protesta pacifica e alla portata pure del cittadino meno coraggioso. Farlo diventare penale è come dire di ingoiare l’ingiustizia che si sente ai propri danni.
Articolo 2: riguarda il noleggio (breve o lungo termine) di un autoveicolo. Il noleggiatore ora dovrà dare tempestiva comunicazione sia dei dati anagrafici del cliente sia del veicolo noleggiato. I dati comunicati convoglieranno in un database che li “incrocierà” al fine di prevenire attività terroristiche. Se questa comunicazione non verrà fornita viene introdotta una ammenda pecuniaria e addirittura una pena detentiva. Anche qui, se davvero servisse per prevenire il terrorismo ben venga, ma ora c’è una schedatura automatica di chiunque noleggi un mezzo di trasporto. La motivazione dell’antiterrorismo è risibile, a meno che non si sia dei rubagalline. Ammesso che non usi un’auto rubata, chi è quel terrorista che noleggia un auto a proprio nome, dove oltre che i documenti è necessaria una carta di credito valida con abbastanza denaro dentro? La comunicazione dei dati anagrafici serve ad altro, evidentemente. Da ricordare che attualmente il volume di noleggio tra breve e lungo termine rappresenta circa il 30% del parco auto circolante.
Articolo 19: riguarda la violenza o minaccia e resistenza a pubblico ufficiale. Introduce un aggravante, quella se il fatto è commesso al fine di impedire la realizzazione di un opera pubblica o di una infrastruttura strategica. Viene subito la domanda: chi è che decide cosa è strategico e come deve essere realizzato, questo obbiettivo strategico? Implementare l’energia da fonti rinnovabili è un obbiettivo strategico? Se lo si considera tale è permesso anche distruggere, come stiamo vedendo, i terreni agricoli con tutto quello che ne segue. Protestare contro, ora, è divenuta una aggravante.
L’articolo 30 è interessante. Riguarda la tutela del personale delle forze armate che partecipa a missioni internazionali. Viene dato in sintesi un salvacondotto per tutte quelle operazioni sporche atte a carpire informazioni sensibili come la violazione del domicilio, l’istallazione di apparecchiature atte a intercettare, la violazione della corrispondenza privata etc etc… tutte quelle operazioni da 007 che vediamo nei film definite già nell’articolo come abusive. Sostanzialmente vengono fatte prevalere le regole di ingaggio alle quali sole il personale di dette missioni si deve attenere rispetto alle leggi del paese nel quale detta missione viene espletata.
E’ un articolo interessante perchè evidentemente non riguarda missioni internazionali fatte in paesi terzi ma entro i nostri confini. Missione internazionale può essere veramente di tutto, e questo articolo permetterà potenzialmente alle forze armate di fare quel che vogliono della popolazione civile.
Anche l’articolo seguente, il 31, è interessante. Rende permanenti delle disposizioni introdotte già nel 2015 in materia di potenziamento dell’attività di informazione per la sicurezza. I punti iportanti sono: Si attribuisce la qualifica di agente di pubblica sicurezza al personale militare e degli organismi di informazione per la sicurezza (servizi segreti). Si prevede che le pubbliche amministrazioni e soggetti equiparati (le università per esempio), Società partecipare e a controllo Pubblico, siano tenute, per obbligo, a fornire collaborazione e assistenza alle attività di sicurezza. Collaborazione anche di tipo tecnico e logistico. Se prima di questa norma i servizi segreti dovevano chiedere la collaborazione e l’assistenza necessarie per svolgere la loro attività, e questa richiesta poteva essere rifiutata con questa norma sarà un obbligo motivato da ragioni di sicurezza nazionale. Cos’è tutela della sicurezza nazionale?… qualsiasi cosa, non solo terrorismo, banda armata o sovversione. Può essere un’opinione, lo stimolare un pensiero diverso da quello proposto dal mainstream. Ricordiamoci che tutte le dittature giustificano la propria repressione con “la tutela della sicurezza nazionale”.
Gli articoli 30 e 31 se visti insieme pongono una grossa pietra sul pensiero critico e sul dissenso.
Con il 30 il Potere può attuare qualsiasi stratagemma per carpire abusivamente informazioni da usare per reprimere il suo obbiettivo, con il 31 i luoghi deputati al pensiero (Università in primis) vengono conformati e resi sterili, un pò quello che già avviene nelle Università private con campo economico dove vengono sfornati robot acritici che professionalmente avvalorano le teorie economiche che hanno causato i vari disastri che vediamo intorno a noi oggi (Argentina, Grecia, Italia per esempio.)
Ed infine l’articolo 35 riguardante l’attività lavorativa dei detenuti. In breve, si estendono i benefici fiscali (aliquote ridotte per l’assicurazione obbligatoria previdenziale e assistenziale) delle cooperative sociali che impiegano persone detenute o internate negli istituti penitenziari anche alle aziende pubbliche o private che impieghino detti detenuti all’interno o all’esterno degli istituti penitenziari. Tradotto: manovalanza a basso costo per tutti. In fondo nulla di sbagliato se serve al reinserimento in società dei detenuti, il pericolo è però una concorrenza sleale alle aziende che devono sopportare, invece, costi pieni.
Un piccolo commento a margine, personale: non bisogna vedere nero sempre e comunque, talune misure anche se repressive possono essere di buon senso. Ciò che stona, e che fa sorgere dunque legittimi dubbi, è che non seguono poi azioni coerenti e concrete sempre. E non per mancanza di capacità. Come dimostrato ad esempio in occasione di manifestazioni pro palestina o contro la globalizzazione, oppure nei confronti di alcune persone attive politicamente e civilmente al di fuori del circuito dei partiti e movimenti di sistema, quando c’è volontà di reprimere… si reprime e con molta efficacia; cosa che non avviene in altre circostanze. Quindi una volontà oggettiva e ragionata dietro l’applicazione o disapplicazione delle norme… c’è.
Di Daniele Ioannilli
05.03.2025