COSA COVA SOTTO LE MACERIE (?)

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DI HS
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Le mille maschere…

Lo scorso lunedì 7 maggio Sembrava di essere tornati al plumbeo clima degli anni Settanta a Genova. Con una modalità tipica dei gruppi della lotta armata di quel decennio, il manager di Ansaldo nucleare – riconducibile alla galassia del sistema Finmeccanica, discusso colosso dell’impresa pubblica gestita secondo i consueti canoni “privatistici” e sotto i riflettori per le recenti inchieste giudiziarie – Roberto Adinolfi veniva gambizzato da due giovani a bordo di una moto.
Spetterà agli inquirenti e agli investigatori genovesi identificare gli autori del ferimento ed eventualmente i mandanti che hanno armato loro la mano, ma noi che siamo uomini di mondo – e che mondo !!! – non nutriamo eccessiva fiducia nell’italica giustizia. Quante volte – poveri tapini – abbiamo assistito a sentenze, istruttorie o responsi conclusi con un nulla di fatto o viziati dalla sapiente manina di qualche depistatore o manipolatore ?

La storia della Repubblica italiana, il suo sentiero costellato di “misteri” – o presunti tali – e di crimini impuniti ci rammenta che ad attendersi il meglio si rischia di incorrere in cocenti delusioni e sonore batoste morali, per quanto l’onestà e il coraggio non difetti in alcuni solerti funzionari dello Stato, spesso soli ed isolati… Per fare un piccolo esempio, si è mai riusciti a individuare ed arrestare coloro che in questi anni – dietro vere o presunte sigle anarcoinsurrezionaliste – hanno seminato un buon numero di ordigni esplosivi artigianali e indirizzato proiettili come se fossero stati messaggi mafiosi ? In attesa dei primi riscontri qualche sommaria riflessione – anche in connessione con l’attuale contesto politico ed economico italiani e, perché no ?, – possiamo permetterci di avanzarla con tutti i benefici del caso e del dubbio. Le modalità con cui è stato compiuto il gesto, con la partecipazione di due o più persone, i caratteri di organizzazione e premeditazione, la più che probabile, anzi, direi certa predisposizione di appostamenti e pedinamenti preliminari a danno della vittima, fanno escludere quasi a priori il movente personale dettato da motivi pecuniari, passionali o di altro genere… Le risorse umane e strumentali presumibilmente impiegate risultano già ad un esame sommario piuttosto squilibrate e dispendiose rispetto a motivazioni delittuose dettate, ad esempio, da rancore personale… Un altro ordine di moventi potrebbe riguardare l’attività della vittima all’interno dell’Ansaldo o del gruppo Finmeccanica, un impero economico finanziario che sta attraversando una pesante crisi sia a causa dell’attuale congiuntura economica, sia degli errori di gestione manageriale, sia per l’ondata di scandali che ne hanno minato credibilità e prestigio.
Doverosamente e correttamente non si poteva non privilegiare l’ipotesi “terroristica” a cui, evidentemente, il gesto rimanda con una certa platealità. Fin qui tutto bene… O, meglio, occorrono fare delle precisazioni che, in genere, gli inquirenti, gli esperti e tutti coloro che affrontano l’argomento si guardano bene dall’effettuare, rimanendo spesso nel vago e impedendo al cittadino comune di capire con le sue forze…

A coloro che fanno a gara a prospettare scenari eversivi o di guerriglia, mi piacerebbe chiedere: ma cosa intendete per “terrorismo” ? Quali ne sono le manifestazioni pregnanti ? Con quale cognizione di causa possiamo usare tale termine, che spesso è anche stato utilizzato per screditare l’avversario politico ? Certo, possiamo ipotizzare l’azione eclatante e dimostrativa di nuovi gruppi brigatisti e lottarmatisti, oppure alla galassia anarcoinsurrezionalista o, ancora, ad estremisti ambientalisti o “antinucleari” come l’attività del manager potrebbe forse suggerire… O ancora, a gruppetti o gruppuscoli che dietro slogan estremisti di vario tipo affermano la propria irriducibile diversità e il proprio nichilismo colpendo bersagli “simbolici”. Tuttavia non può essere taciuto che il “terrorismo” cela il suo volto dietro mille maschere e che può essere opportunamente sfruttato nei soprattutto nei momenti di crisi come risorsa per una “destabilizzazione a fini stabilizzanti”. Non siamo più tanto ingenui da non comprendere che i gruppi “estremisti” si possono anche creare, condizionare o infiltrare, oppure che ci si può affidare ai professionisti, agli agenti da “covert operations”, ai mercenari, ecc… Oppure che i soggetti animati da reali, sinceri e radicali sentimenti di opposizione armata al sistema possono essere accompagnati nella loro opera e agevolati per fini che sono loro estranei. Anche senza l’ausilio dei provocatori stipendiati o mercenari, si può semplicemente lasciar fare…

Semplicemente chi volesse avventurarsi nel territorio impervio e complesso del “terrorismo” ad uso e consumo politico, sociale ed economico, non può trascurare questi aspetti come, invece, sistematicamente e reiteratamente sono costretti a fare gli inquirenti. A meno che non emergano prove ed elementi talmente evidenti, come nel caso dei depistaggi e delle azioni ostruzionistiche compiute dall’Ufficio D del SID nel corso delle indagini sulla strage di piazza Fontana… Il funzionario dello Stato non può essere certo portato a pensare e ipotizzare che lo Stato, suoi organismi e le sue propaggini possano essere coinvolte in azioni apertamente e ignobilmente terroristiche. Eppure non si spiega perché per certi gravissimi episodi mafiosi, terroristici o criminali lo Stato non riesce a fare giustizia, se non ventilando coinvolgimenti insospettabili. E’ proprio come accade al sordido e grottesco commissario interpretato dal magnifico Gian Maria Volontè ne “Il cittadino al di sopra di ogni sospetto” di Petri. Per quanto prove e indizi siamo evidenti…

Il “terrorismo” indossa mille maschere, ma, essenzialmente, qual è il suo volto ?

Il ferimento di Adinolfi viene a coincidere con importanti appuntamenti elettorali in Italia e in Europa…

Nonostante le ovvie differenze di contesto, le tornate di elezioni politiche – presidenziali, politiche o amministrative – della prima settimana di maggio hanno lanciato un inequivocabile e ineludibile messaggio: chi si ostina a percorrere la sciagurata strada delle politiche neoliberiste, restrittive e all’insegna del cosiddetto rigore ed austerità – evidentemente a segno e senso unico – viene inevitabilmente punito dall’elettorato che sancisce e certifica l’impopolarità e il fallimento – sia da un punto di vista economico che per quel che concerne gli effetti sociali – di un’egemonia di consensi a lungo coltivata e intrapresa. Ne pagano lo scotto soprattutto i governi di centrodestra che finora hanno gestito la lunga ondata della crisi con la perizia di un contabile e, dove hanno partecipato alle politiche di governo, anche i partiti di centrosinistra. Quando non si astengono, gli elettori dei vari paesi premiano, come è successo con l’affermazione del candidato presidenzialista e socialista Hollande, i partiti di matrice socialdemocratica, auspicandone il rinnovamento, oppure, esprimendo una legittima quanto radicale protesta anche con connotati antisistemici, indirizzano i propri voti o verso i tradizionali movimenti delle estreme sinistre ed estreme destre – come è accaduto comprensibilmente soprattutto in Grecia – o verso i partiti “verdi” e ambientalisti oppure affidandosi ai gruppi della “nuova politica” di recente formazione, di matrice ideologica ancora incerta e spesso originati dalla “rete”. Si pensi ai casi emblematici del Partito dei Pirati in Germania e del Movimento Cinque Stelle sponsorizzato da Grillo in Italia. In ogni caso il tradizionale assetto istituzionale e partitico fondato sulla dialettica sempre più artificiosa fra neoconservatori, neoliberali e neolaburisti accomunati spesso dall’adesione alle ricette neoliberista predicate dalla “dottrina” thatcheriana e reaganiana del TINA, approdo delle “filosofie” di stampo angloamericano, utilitariste, pragmatiste ed edoniste. I risultati sono ben noti: la cancelliera Merkel vede arretrare i consensi propri e del governo di compromesso che ha costituito nelle elezioni dello Schleswig Holstein, l’alleato ed amico Sarkozy prende atto del proprio fallimento politico dopo la sconfitta e annuncia il ritiro, nelle amministrative inglesi il deciso arretramento dei conservatori e dei liberali della coalizione capitanata da Cameron ridona un insperato slancio ai laburisti del dopoBlair, mentre la Grecia si avvia ad un probabile periodo di ingovernabilità – anche se a dire il vero non si comprende se si tratta di una reale involuzione o della logica conclusione dell’attuale corso politico. Per qual che riguarda l’Italia converrà soffermarsi più a lungo per analizzare una situazione che presenta delle indubbie peculiarità pur nella sostanziale omogeneità dell’odierna situazione europea.

Che lezione dovrebbero trarre i governanti, i partiti e le coalizioni che li sostengono dalle sconfitte elettorali che, come minimo, interrompono il periodo di predominio del neoconservatorismo liberista ? Se il responso dei cittadini assume qualche significato, allora dovrebbero voltare pagina e approntare politiche di marca keynesiana o, di maggiore e diretto interventismo statale in campo economico e sociale per reggere il peso delle conseguenze della crisi. Altrimenti meglio farebbero a rinunciare al “posto di comando” e fare posto ad altri, reali innovatori del quadro politico. Ma sono veramente credibili questi sviluppi ? Le crisi che si sono prodotte in questi ultimi anni – a partire dal 2007, anche se fin dagli inizi dello scorso decennio era ben chiaro come il sistema di mercato e della finanza dalle mani libere stesse facendo molta acqua, assomigliano parecchio a quelle che si registrarono nel Terzo Mondo e, in particolar modo, in America Latina nel corso degli anni Settanta. Il debito pubblico galoppante, l’inflazione incontrollata, la crescita zero, l’aumento della disoccupazione e della miseria, lo smantellamento dello stato sociale, ecc… Governi corrotti e compiacenti, retti da oligarchie di privilegiati, assecondavano gli appetiti degli squali del business, i quali potevano godere dell’appoggio delle grandi istituzioni della finanza internazionale come il Fondo Monetario Internazionale e la Banca Mondiale i quali dettavano le politiche di severi e insostenibili tagli alla spesa pubblica e agli investimenti. Un meccanismo di usura ad alto livello che si sta ripetendo in forme molto più sofisticate sul continente europeo. Il problema non si riduce al carattere tecnocratico e “mercantilista” assunto dalla UE, dalla BCE e dall’Euro che, al limite, ne costituiscono una porzione o, comunque, non sono altro che strumenti per portare avanti la consueta linea della globalizzazione, della finanziarizzazione e della privatizzazione del pianeta. L’attuale congiuntura nasce dalla immissione di derivati, dei famigerati subprime e di altri prodotti finanziari tossici sui mercati e sulle borse internazionali da parte di istituti finanziari ben precisi ed individuabili. Parallelamente sono accresciuti gli interessi sui debiti pubblici degli stati, per la maggior parte in mano alle banche. Forse la situazione è ben più semplice di come la si dipinge: il debito che grava sulle teste degli stati e delle famiglie è semplicemente lo strumento adottato dagli operatori finanziari di Wall Street e della City londinese – tanto per citare a caso… – e dai “clienti” delle multinazionali e delle corporations che rappresentano, per “comprarsi” a prezzi letteralmente stracciati interi paesi con le loro risorse e i loro cittadini come forza lavoro ricattabile e senza diritti. Fantasie complottiste, ossessioni da dietrologo o pura propaganda disfattista ? Elucubrazioni dal sapore molto poco scientifico ? Sarà… Ma intanto la principale attrice politica del continente, la cancelliera Merkel, in prima fila preme per le politiche di austerità e rigore affinché, sarebbe il caso di ammetterlo, vengano pagati gli interessi dei debiti sovrani detenuti dalle banche tedesche. Nel frattempo gli indirizzi economici restrittivi – predisposti dalla totalità dei paesi europei – accentuano la depressione, paralizzano la crescita, smantellano ciò che rimane del welfare… In agguato vigilano i soliti squali del business, unici reali beneficiari delle spinte alla privatizzazione, alla deregulation e alla finanziarizzazione… Fino a quando si potranno sopportare e sostenere la riduzione della spesa pubblica e il contemporaneo aumento della pressione fiscale ?

E’ assai improbabile che l’attuale classe politica italiana ed europea abbia la forza e la voglia di intraprendere un reale rinnovamento, entrando in collisione con gli indirizzi voluti dalla grande finanza internazionale, dalle multinazionali, dalle corporations, dalle holding, ecc…, in una parola dalla Superclasse. Sono troppo compromessi con le lobbies che li sostengono e con i grandi mass media che condizionano le loro scelte… Fino a quando il sistema del Mercato d’impianto occidentale ed occidentalista – fondato sull’”individualismo” e sul “privato” – ha illuso di poter reggere, non è mancato il consenso dei ceti medi, ma ora questi ultimi sono stati travolti dagli effetti delle crisi del 2008 e del 2011. La politiche neoliberiste, che peraltro si stanno ogni giorno di più rivelando fallimentari, non riscuotono più il favore del comune cittadino e, anzi, abbattono i costi e i prezzi dell’attuale congiuntura sulle sue fragili spalle. Così queste elezioni hanno determinato la sostanziale sconfitta di quelle illusioni, di quel corso politico, di coloro che ne hanno abbracciato i precetti e hanno rivelato la collisione fra le aspirazioni della cittadinanza europea e coloro che si fanno portatori degli “interessi forti”. Se non si opta per una svolta decisa, radicale e concreta, si dovrà proseguire sulla strada già battuta e, allora, anche l’ennesima maschera “democratica” calerà rovinosamente… Per imporre le loro decisioni contro la volontà delle maggioranze, i governi saranno costretti ad abbracciare un deciso autoritarismo e a reprimere e sopprimere coloro che si oppongono alla globalizzazione neoliberista e ai suoi dolorosi effetti. A meno che non si riesca a concepire qualche espediente per salvaguardare le apparenze democratiche o postdemocratiche…

Non è un gran mistero: il “nostro” Presidente del Consiglio Mario Monti, bocconiano, trilateralista ed ex manager di Goldman Sachs come Draghi, guida di un curioso e sperimentale governo “tecnopolitico”, appoggiato con vario e non troppo convinto entusiasmo dall’ABC, ovvero dal PDL di Berlusconi/Alfano (espressione dell’impero berlusconiano mediatico e spettacolare Mediaset), dal PD di Bersani e degli ex cattocomunisti convertiti al neoliberismo (in quota De benedetti e gruppo Repubblica/Espresso) e il Terzo Polo della triade Casini/Fini/Rutelli (a cui fanno riferimento FIAT e lo zoccolo duro di Confindustria, Marchionne e Montezemolo), condivide in buona parte l’entusiasmo della cancelliera e si tiene certo aggiornato sulle aspirazioni, sulle volontà e sugli interessi riconducibili a Wall Street e alla City londinese. Apparentemente non è direttamente interessato alle elezioni amministrative che si sono appena concluse, eppure sa benissimo che il responso delle urne ha sonoramente bocciato anche la sua “proposta politica”.

Non ci vuole un analista politico un esperto di statistica per capire che il primo turno delle amministrative italiane ha proclamato, comunque, due vincitori: l’astensionismo dilagante e il Movimento Cinque Stelle di Beppe Grillo. Possiamo inoltre prendere atto del tramonto definitivo della Seconda Repubblica e della sua (vera ? Finta ?) dialettica centrodestra/centrosinistra prima e PDL/PD poi… Dal punto di vista sistemico siamo entrati in una fase di transizione verso nuovi equilibri le cui dinamiche – come vedremo – ricordano parecchio da vicino il periodo di Tangentopoli e del passaggio fra la Prima e la Seconda Repubblica. Inoltre a conferma di una peculiarità tutta italiana – almeno per il momento – il personalismo politico inteso come affermazione di partiti “pigliatutto” che sono mera espressione di questo o quel leader politico (si pensi ai vari Berlusconi, Bossi, Di Pietro, Casini, Fini, Vendola, Pannella, ecc… che hanno dominato la scena della Seconda Repubblica) in luogo dei partiti di massa. In tal senso non è solo significativo il successo di un movimento che senza Beppe Grillo non avrebbe tanto seguito, ma anche le affermazioni tutte personali di personaggi molto diversi fra loro come l’ex sindaco di Verona Flavio Tosi e Leoluca Orlando, già prestigioso sindaco protagonista della “primavera palermitana. Tali successi sono stati conseguiti nonostante le non esaltanti prestazioni dei loro partiti di riferimento…

La Seconda Repubblica è morta, perché ormai orba del suo principale ed essenziale protagonista, il Cavalier Silvio Berlusconi, fautore e fondatore di un partito aziendale e massmediatico che, comunque, ha fatto scuola. Abbiamo vissuto quasi vent’anni di “berlusconismo” culturale, politico, intellettuale e “massmediatico” in cui si è specchiato, come per magia, l’”antiberlusconismo” nel mare della spettacolarizzazione e della sempre più intensa “virtualizzazione” italiana. Sceso nell’agone politico probabilmente sia per salvaguardare il suo impero imprenditoriale ed economico dagli avversari sia per rispondere alle richieste di amici e alleati sul terreno economico, finanziario e politico, sul Cavaliere grava un declino inarrestabile reso più acuto dalla sua incapacità di saper fronteggiare la crisi in atto. Basti pensare alle insensate e assurde dichiarazioni rese a più riprese circa “l’impossibilità del governo – l’allora governo targato PDL/Lega – di intervenire sul mercato, perché a questo devono essere lasciate le mani libere” o sul “carattere essenzialmente psicologico (sic !) della crisi, inventando gli italiani a spendere, acquistare e consumare per rilanciare l’economia”. E’ palese che un simile personaggio fosse totalmente inadeguato e incompetente per ciò che concerne gli affari di Stato e, oltretutto, ha impresso sulla politica un marchio di segno chiaramente proprietario, tentando di sistemare i propri affari personali. Ormai, infatti, è come se fosse perfettamente estraneo alla politica del paese, unicamente intento a trovare una sistemazione alle proprie pendenze giudiziarie e a tutelare Mediaset, il gioiello di famiglia che può essere esposto all’assalto di altri “squali”. Solo per questi motivi sta tenendo un atteggiamento “collaborativi” e sta trattando con il governo “tecnopolitico” del prof. Monti. Nel frattempo ha nominato Alfano come curatore fallimentare del suo partito che, con il prossimo ritiro del suo proprietario, si sta avviando ad una quasi certa dissoluzione.

A dimostrazione che lo schieramento di “centrodestra” o “destra centro” della Seconda Repubblica è ormai solo un ricordo, anche l’altro grande protagonista della sciagurata stagione passata, Umberto Bossi sembra destinato a seguire le orme dell’alleato. Trascinata dalle vicende giudiziarie e dagli scandali che vedono protagonista il suo fondatore e leader carismatico, difficilmente la Lega potrà riprendersi e riconquistare il terreno perduto… A conferma della teoria dei corsi e ricorsi storici di Vico, anche in questo caso la vicenda della Lega e la sua gestione di tipo familiare assomiglia troppo a quella del tanto odiato PSI craxiano…

L’arretramento e l’indebolimento della Lega potrebbe tradursi nella progressiva disgregazione strutturale ed organizzativa e non mi riferisco tanto alla divisione fra il “cerchio magico” – ampiamente screditato – raccolto intorno a Bossi e la fazione capeggiata da Maroni quanto alla frammentazione fra le sue componenti regionali originarie. Forte dell’affermazione del sindaco Tosi a Verona già al primo turno, il leghismo veneto potrebbe rilanciare una propria iniziativa presentandosi come l’anima “pura” del movimento a scapito della componente lombarda finora egemone. Inoltre Tosi può contare su almeno due punti di vantaggio rispetto al più quotato Maroni: la più giovane età e la lontananza dai palazzi romani…

Se Atene piange, Sparta non ha molte ragioni per ridere… E’ vero che rispetto agli avversari del centrodestra o destracentro, il PD “tiene” e riesce ad affermarsi in molti comuni, ma le cifre non rendono l’idea precisa delle difficoltà in cui ancora il partito si dibatte. Innanzitutto l’astensionismo indica che anche nell’elettorato che tradizionalmente ha affidato le proprie sorti ai “piddini” serpeggia una crescente disaffezione. Lontano dalla pretesa di imporre una propria egemonia sulla vita politica italiana il PD è alla costante ricerca di un centro di gravità permanente attraverso più stabili alleanze. Ma il momento non consente di realizzare una strategia che possa definirsi vincente. La foto di Vasto risulta sbiadita: Grillo ha rosicchiato una buona porzione di voti che qualche mese fa sarebbero stati indirizzati all’Italia dei Valori di Di Pietro – partito di cui, curiosamente, fino a qualche tempo fa i “grillino” erano generosi fiancheggiatori – e al SEL di Vendola. Sul versante di “destra” il Terzo Polo gode di salute tutt’altro che ottima…

La situazione non promette molto di buono per il PD: se anche oggi vincessero ipotetiche elezioni politiche non sarebbero in grado di governare, mentre con il trascorrere del tempo e l’approfondirsi degli effetti della crisi e delle politiche di “rigore” di un governo che, comunque, gode del sostegno “piddino”, vedrebbe erodersi ulteriormente la suq quota di consensi… Bersani che ha ben compreso la delicatezza della congiuntura, chiede a Monti di dedicare maggiori sforzi alla crescita e cambiare parzialmente rotta… Che ciò accada è argomento assai opinabile, ma, intanto, il PD ha confermato la propria pochezza politica e intellettuale e la mancanza di vero coraggio. E’ sufficiente confrontare l’attuale leadership politica del PD – temporeggiatrice ed attendista – con il piglio di Hollande per rendersi conto della scarsa volontà e della carenza di qualsiasi proposta progettuale della prima…

Insomma le amministrative sanciscono la dipartita della Seconda Repubblica che, però, oltre che largamente prevedibile, era stata prevista da tempo. L’agonia è durata circa cinque anni, da quando i giornalisti del “Corriere della Sera” – il quotidiano dei “salotti buoni” del capitalismo, della finanza e dell’imprenditoria italiana – Gian Antonio Stella e Sergio Rizzo pubblicarono “La casta”, pamphlet di grandissimo successo sulla corruzione e gli sperperi della classe politica e dirigente e, al contempo, Grillo rompeva gli indugi e decideva di impegnarsi in prima persona nella politica italiana. Quasi contemporaneamente, per bruciare le tappe e trasformare il bipolarismo italiano fondato sulla “divisione” fra centrodestra e centrosinistra in bipartitismo puro, venivano avviate quelle operazioni che avrebbero dovuto imporre l’egemonia dei “neo partiti” “pigliatutto” – il PD nato dalla fusione fra i DS e la Margherita e il berlusconiano PDL – sulla vita politica e istituzionale italiana. Queste manovre – che avrebbero dovuto essere avallate dai “poteri forti” nazionali ed internazionali” – si ispiravano alle raccomandazioni del Piano di Rinascita Democratica promosso a suo tempo dalla P2 e da ambienti massonici e improntato ad una concezione della “democrazia” di chiara impronta angloamericana (la dialettica lib/lab o con/lib). Tuttavia la situazione precipita, a causa sia del persistere della corruzione, dell’inconcludenza e dell’incompetenza delle classi politiche e dirigenti italiane, sia di una congiuntura economica e finanziaria internazionale sempre più preoccupante. I terremoti con epicentro a Wall Street – provocati o meno – provocano pesanti scosse anche nella periferia dell’Impero… Almeno a partire dal 2009 Berlusconi è un premier ampiamente screditato, soprattutto a causa di scandali di minore gravità rispetto alle pesanti accuse che, nel tempo, gli sono state avanzate. Così viene chiaramente scaricato dai poteri che in veramente contano in Italia – Confindustria, Vaticano, i poteri finanziari, economici, politici e militari americani e dei loro alleati -, mentre il PD e il PDL sono ben lontani dall’egemonizzare un quadro politico che si sta facendo sempre più frastagliato, dominato da partiti, partitini e gruppuscoli personali. Oltre che alle “uscite” spesso estemporanee e inconsistenti di Montezemolo, vero e proprio uomo immagine della FIAT e della Ferrari, la funzione “stabilizzante” in senso “moderato” viene raccolta da coloro che cercano di allestire un Grande Centro, un ampio schieramento politico che attragga personalità provenienti da esperienze apparentemente molto diverse. Così Confindustria, Vaticano, poteri internazionali, ecc… hanno caldeggiato e sostenuto il cosiddetto Terzo Polo fra PDL e PD, incardinato sull’asse Casini/Fini/Rutelli. L’intento è quello di costituire un centro di gravità che si imponga sulle altre forze politiche, governando e amministrando il paese magari con l’ausilio di “tecnopolitici” come il prof. Monti, uomo ben gradito alla finanza internazionale. Un progetto del genere prevede comunque la dissoluzione del tradizionale “bipolarismo” o “bipartitismo” assorbendo la porzione maggioritaria del PD composta da dalemiani, veltroniani e dalla quasi totalità della Margherita da un lato e un PDL che ormai orfano di Berlusconi ha ben poca ragione di esistere. Per chi da troppo tempo ha soggiogato la politica – e quindi questi politici – allineandola ai dettami neoliberisti e neoconservatori del Mercato, il progetto non fa una grinza. Negli anni Ottanta il “grande polo” si è incarnato nel CAF (Craxi, Andreotti e Forlani, tutti uomini graditi all’establishment piduista e a Gelli) e nell’asse DC/PSI craxiano con la partecipazione degli scampoli laici del pentapartito (PSDI, PRI e PLI) e l’opposizione collaborativa del PCI e anche dell’MSI, avviati al rinnovamento organizzativo e “ideologico”. Nel 1994 l’ex piduista e tycoon Berlusconi – uomo che si è arricchito all’ombra della Prima Repubblica – ha raccolto l’eredità dell’amico Craxi, del CAF e del Pentapartito, fondando il partito azienda della Mediaset/Fininvest Forza Italia ed accogliendo diversi sopravvissuti della precedente stagione politica. E’ – o dovrebbe essere – il nuovo cardine della politica italiana accompagnato dall’opposizione collaborativa del centrosinistra edificato da postcomunisti e postdemocristiani di sinistra. In mezzo, almeno fra il 1987 e il 1994, una lunga stagione di crisi, ingovernabilità e instabilità con l’imprevista affermazione leghista, le esternazioni del Presidente della Repubblica Cossiga, picconatore e “gladiatore”, Tangentopoli, la primavera palermitana e il deflagrare di un gran numero di scandali politici e finanziari.

Dopo la stagione del CAF e del Pentapartito, dopo quella di Berlusconi e del berlusconismo, passando per il tentativo di instaurare il bipartitismo nel paese, l’eredità toccherebbe al Prof. Monti e a un nutrito e folto schieramento “moderato” che solo alla lontana si può apparentare alla vecchia DC. In fondo la poco felice formula dell’ABC (Alfano, Bersani e Casini), che raccoglie i tre maggiori “poli” della Seconda Repubblica, altro non rappresenta se non il suddetto esperimento con il fine di far passare quelle “riforme” tanto vagheggiate e gradite all’establishment interno ed internazionale all’insegna della deregulation, della privatizzazione e della finanziarizzazione dell’economia. In buona sostanza, misure oggettivamente impopolari, inique e dannose che abbisognano di accorte ed efficaci strategie pubblicitarie e di marketing per essere promosse. Occorrerebbe la solida e radicata presenza di un ceto medio riconducibile e riferibile alla piccola impresa, al lavoro autonomo, alle professioni e al lavoro dipendente ad alto contenuto specialistico, per poter condurre in porto l’operazione senza eccessivi scossoni. Peccato che gli sviluppi della recente crisi europea esplosa lo scorso anno rendano estremamente ardui tali propositi ad ulteriore dimostrazione che, forse, il controllo totale e capillare della situazione è una chimera… Le politiche fiscali ed economiche del prof. Monti – intraprese anche e soprattutto per soddisfare i creditori e detentori dei titoli del debito pubblico italiano – finiscono per strangolare e colpire mortalmente anche i ceti medi che, in teoria, avrebbero dovuto assicurare il loro appoggio al governo “tecnopolitico”, affiancando gli esponenti della Superclasse e dell’establishment. Definito dai sacerdoti della finanza e del neoliberismo come “la nuova Thatcher” – che, è bene ricordarlo, in certi ambienti viene considerato un gran complimento -, il professore non riscuote più tanta simpatia presso i suoi amici e colleghi stranieri. Piovono critiche dall’americano “Wall Street Journal”, giornale finanziario di proprietà del tycoon australiano Murdoch e dal “Financial Times”, foglio della City londinese. Eppure la politica del rigore di Monti, oltre che essere figlia dell’egemonia tedesca sul continente, è stata anche auspicata proprio da quegli ambienti finanziari angloamericani… Che cosa sta succedendo ? Gli appetiti rendono gli “squali” impazienti ?

Certificando la fine definitiva e il fallimento del Terzo Polo anche Casini è costretto a riconoscere che l’attuale congiuntura non è propizia per rilanciare il consueto “moderatismo”. L’elettorato italiano mostra pulsioni sempre più centrifughe proprio come vent’anni fa. Tali tendenze sono capitalizzate dal Movimento grillino che, in modo molto trasversale, non solo rosicchia voti all’Italia dei Valori e al SEL da una parte e alla Lega sull’altro versante dello spettro politico, ma può contare anche sul malessere di categorie sociali che tradizionalmente hanno offerto i propri voti a raggruppamenti ed alleanze moderate e conservatrici. A questo punto nessuno, ma proprio nessuno auspica il voto anticipato e si affida a possibili “miracoli” “tecnopolitici” da spendere sul mercato dei voti e dei consensi nelle prossime elezioni politiche. Scenario assai improbabile… Oppure i registi dell’operazione del grande raggruppamento “montiano” possono tentare di negoziare e trattare con lo stesso Grillo che potrebbe parcheggiare i voti degli scontenti nel proprio Movimento in attesa che la buriana cessi, ipotesi quest’ultima piuttosto inverosimile ma forse non così peregrina.

Intanto l’attuale governo deve fare i conti con l’emorragia di consensi e con gli effetti delle proprie politiche di rigore. Escludendo uno scenario autoritario, che cosa potrebbe fare per guadagnarsi un simulacro di fiducia ? O cosa potrebbero fare coloro che sono interessati a reggerne le sorti ? E’ ancora concretamente possibile ricreare un Grande Centro capace di riempire quel vuoto che un tempo era occupato prima dai Craxi e dagli Andreotti e poi da Berlusconi e i suoi alleati ?

Torniamo ora all’attentato compiuto ai danni del manager dell’Ansaldo Nucleare che, secondo una tardiva rivendicazione da poco giunta alla redazione del “Corriere della Sera”, sarebbe da ascrivere al FAI, sigla anarcoinsurrezionalista. Secondo l’Ansa il gruppo della galassia Finmeccanica – ma anche presumibilmente affiliato alla multinazionale americana Westinghouse finanziata a sua volta da un’altra multinazionale americana dell’energia, Fist Reserve, sarebbe impegnata nelle ricerche sullo smaltimento di rifiuti tossici, delicatissimo settore strategico. Queste rivelazioni aprirebbero il campo ad un ampio ventaglio di ipotesi che vanno dall’intimidazione commissionata da qualche concorrente straniero ai vasti interessi della criminalità organizzata nel settore. Spesso la storia insegna che per i delitti di una certa portata interagiscono complesse cointeressenze di carattere di volta in volta economico, finanziario, politico, terroristico o puramente criminale. Tanto per citare forse il caso più esemplare di “grande delitto” dello scorso secolo, per quanto riguarda l’assassinio del Presidente degli USA Kennedy sono state riscontrate tracce e moventi fra gli alti papaveri della CIA, i boss di Cosa Nostra italoamericana, l’opposizione cubana anticastrista, la destra razzista e i petrolieri texani, tutti interessati a mettere fine all’amministrazione del carismatico leader democratico. Nel nostro caso, anzi, sembra che non si possano escludere dinamiche “terroristiche” anche se bisogna stabilire se si tratti di “terrorismo autentico”, eversivo e di “rottura” o di “terrorismo simulato” ovvero quello che, in gergo viene chiamato “false flag”, l’attentato sotto falsa bandiera da attribuire ad altri soggetti o per legittimare politiche securitarie, repressive e “stabilizzanti”. Oppure se le due componenti si incontrino come gi è accaduto in altre circostanze…

Dato il comprensibile riserbo – ma quanto riserbo ? – da parte degli inquirenti procederemo ipoteticamente e probabilisticamente sulla scorta degli elementi disponibili.

Qualche “stranezza” e anomalia, rispetto al “normale” “terrorismo eversivo”, si può tranquillamente registrare… Innanzitutto la rivendicazione giunge a distanza di ben quattro giorni dall’attentato, mentre normalmente un gruppo eversivo e armato dovrebbe preoccuparsi immediatamente di giustificare politicamente il proprio gesto di fronte al “pubblico”. Perché tal dei tali è stato colpito ? Quali sono le ragioni politiche ed ideologiche che hanno spinto il gruppo ? Quali fini si propone ? Ecc… ecc… ecc… Chi è ancora dotato di sufficiente memoria si ricorderà che le BR si premuravano di giustificare la lotta armata con comunicati e rivendicazioni di sapore marxista leninista. E capitava anche di imbattersi in analisi sociologiche e politologiche interessanti…

Apparentemente siamo molto lontani dalle metodologie e modalità brigatiste, eppure pare che gli attentatori o, meglio, coloro che hanno gestito soprattutto “mediaticamente” l’attentato si siano preoccupati di disseminare un buon numero di indizi simbolici. Se, ad esempio, le perizie balistiche confermassero che l’arma usata dagli attentatori fosse una vecchia Tokarev di fabbricazione russa, la circostanza non potrebbe essere giustificata con argomentazioni di carattere puramente tecnico e militare. La Tokarev costituirebbe la firma da ricondurre a qualche vecchio gruppo della lotta armata che utilizzava armi di provenienza sovietica. Non sarebbe l’unico elemento simbolico…
La stessa gambizzazione è stata una tecnica adottata dal brigatismo nell’ultimo scorcio degli anni Settanta. Fra le vittime più illustri ricordiamo la più celebre penna del giornalismo italiano, Indro Montanelli. Anche la scelta del bersaglio potrebbe assumere una valenza esclusivamente simbolica: un manager al servizio di un grande gruppo che potrebbe essere inviso sia agli anticapitalisti ed “alternativi” sia agli ambientalisti. Poteva essere scelto lui come altri, per colpire un simbolo del neocapitalismo e, magari, si è optato per un bersaglio più facile ed esposto. Tutto questo non rimanda alle azioni dimostrative della “propaganda armata” o del “fatto” che prendeva di mira manager, direttori generali, capireparto dei grandi gruppi industriali ? Infine la stessa scelta della città in cui compiere l’attentato è carica di simboli e di significati: Genova è stata testimone degli episodi più significativi della storia brigatista. Nel capoluogo ligure è stata avviata la linea di attacco frontale allo stato con il rapimento del giudice Sossi agli inizi del 1974. Due anni dopo veniva assassinato il giudice Coco assieme alla sua scorta. E’ la prima vera azione omicida delle BR… Proprio a Genova si costituisce la colonna più feroce dell’organizzazione, fedele all’ambiguo capo brigatista Moretti. Nel 1979 la colonna genovese colpisce e uccide il sindacalista del CGIL dell’Italsider Guido Rossa alienandosi così le simpatie ancora presenti nelle fabbriche. Nel 1981, in seguito alle rivelazioni del “pentito” Peci, i carabinieri annientano la colonna genovese e il suo capo, Riccardo Dura, fedelissimo di Moretti. L’operazione è stata oggetto di discussioni, critiche e interrogativi. Fra l’altro si è avanzata l’ipotesi – non si sa quanto fondata – che nel covo appartamento di via Fracchia fossero custodite lettere e altri documenti dell’onorevole Moro.

Anche se pare che al momento nessuno voglia riesumare esplicitamente la “stella a cinque punte”, parrebbe che chi ha gestito l’azione abbia pensato bene di lanciare alcuni messaggi che rimandano inevitabilmente alle “vecchie” BR… Non c’è stata nessuna rivendicazione in proposito eppure è come se una manina l’abbia suggerita fin dagli inizi. Telegiornali e stampa hanno rievocato le note e sanguinose stagioni e, d’altronde, chi fra noi con alle spalle abbastanza memoria può negare di aver immediatamente pensato alla più nota sigla del terrorismo italiano ?

E’ come se il regista o i registi dell’attentato ad Adinolfi avessero voluto suggerire che erano proprio loro gli autori del gesto: i “vecchi” brigatisti o i loro eredi… In tal senso ciò potrebbe rendere superflua qualsiasi rivendicazione se l’intento è proprio quello di suggerire una tale ipotesi. Fra l’altro, nel novero dei documenti di “condivisione” dell’azione degli attentatori, ne appare una firmata GAP, ossia la sigla riconducibile al gruppo dell’editore Feltrinelli tradizionalmente considerato il vero padre della lotta armata e, quindi, delle BR, oltre che alla brigata partigiana.

Se questo ragionamento venisse in qualche modo confermato, si può star quasi certi che anche la data dell’azione non è casuale: coloro che hanno armato la mano dei giovani esecutori – e poco importa in tal caso se si tratta di neobrigatisti, anarcoinsurrezionalisti, “alternativi” o estremisti ecologici – hanno seguito con attenzione le consultazioni elettorali, analizzandone e soppesandone i risultati. Peraltro in molti Comuni l’esito verrà deciso al secondo turno… Dopo aver valutato gli esiti apparentemente sorprendenti delle elezioni, hanno atteso le reazioni e, probabilmente, hanno deciso di rivendicare l’attentato a firma anarcoinsurezionalista. Ammettendo ipoteticamente che quel comunicato sia il frutto di tali calcoli, perché dopo aver sparso indizi relativi ad una rinascita brigatista, si è poi optato per la rivendicazione “anarchica”. L’effetto spiazzante potrebbe essere notevole ed efficace… Il pericolo di una nuova recrudescenza terroristica verrebbe alimentato dalla sua indeterminatezza: i terroristi potrebbero essere eredi del “vecchio” brigatismo come suoi emuli, anarchici o anarcoinsurrezionalisti, soggetti provenienti dai centri sociali più agguerriti, ecc… Ciò permette di “sparare” tranquillamente nel mucchio dell’orbita contestatrice e protestataria: Indignati, No Tav, sigle anarchiche, ecc…

Lo direbbe pure Pasolini: non ho indizi e non ho prove… Ma se queste impressioni e intuizioni sono esatte, bisogna preparare l’ombrello… L’attentato genovese potrebbe costituire solo la prova generale, l’azione compiuta per tastare il terreno politico e le reazioni dell’opinione pubblica…
La sigla brigatista, la stella a cinque punte e le scorrerie delle organizzazioni fiancheggiatrici non hanno certo portato bene alla sinistra ufficiale ed extraparlamentare. La spinta delle rivendicazioni e degli scioperi si è esaurita anche sotto la spinta lottarmatista, più o meno manipolata, più o meno assecondata… Da allora BR è diventato sinonimo di “terrorismo” in Italia e molti giovani pensano che il gruppo armato dell’ultrasinistra si sia macchiato di crimini infamanti come le stragi indiscriminate e senza colpevoli condannati con sentenza definitiva. Dal 1980 il salario reale degli operai e delle altre categorie di lavoratori dipendenti è calato costantemente e inesorabilmente. I diritti sociali e sul luogo di lavoro sono stati compressi e ristretti mentre l’azione sindacale ha perso di incisività e peso, limitandosi spesso a sottoscrivere e ad avallare accordi quantomeno discutibili.

Tutto ciò non può essere ridotto unicamente e direttamente a una politica che ha represso le spinte più radicali ed innovative, rispondendo alle attese padronali e confindustriali, poiché non si può trascurare che la proliferazione di partiti e partitini armati – altro elemento che non ha fatto altro che diffondere inquietudine e paura – ha reso possibili tali sviluppi…

Le BR hanno assassinato prima di tutto quei movimenti che pretendevano velleitariamente di porre alla testa di un processo “rivoluzionario”. Se ne deduce che chi intraprende la strada della lotta armata non è destinato a fare molti passi in avanti…

E’ veramente “strategia della tensione” ? La riedizione aggiornata delle tattiche di “destabilizzazione” per la “stabilizzazione” giustificata da un clima di caos e di violenza alimentate anche artificiosamente per promuovere politiche di ordine e sicurezza note come “tolleranza zero” e per distogliere l’attenzione dell’opinione pubblica da altri più gravi problemi politici, sociali ed economici. Personalmente mi colpisce che, in circa dieci anni in cui sono stati messi a segno attentati e gesti da microterrorismo sotto la sigla FAI, – sia pure come mera sigla rivendicativa e non come vera e propria organizzazione – le investigazioni non hanno conseguito un solo risultato decente e non hanno portato al benché minimo arresto di un solo responsabile… Eppure è difficile credere che negli ambienti anarcoinsurrezionalisti, “alternativi” o anche neo e post brigatisti non sia presente un solo informatore o confidente, per non parlare degli infiltrati.

Facciamo qualche passo indietro nel tempo, a quel fatidico periodo (1987 – 1994) in cui, almeno apparentemente, si scombinò e rivoltò il sistema dei partiti. Chi non ricorda le numerose telefonate di minaccia firmate dalla fantomatica organizzazione Falange Armata, le scorrerie della sanguinosa banda di rapinatori in divisa della Uno Bianca o i “microattentati” di sapore brigatista alla base americana di Aviano ? E le stragi che coinvolsero i giudici simbolo della lotta alla mafia Falcone e Borsellino nel 1992 ? E gli attentati di marca stragista e mafiosa di Milano, Roma e Firenze del 1993 ? Stento veramente a credere che questa forma di terrorismo sia da attribuire unicamente a un’organizzazione criminale come Cosa Nostra siciliana, ai Riina, a Provengano, a Messina Denaro e a Bagarella per trattare con lo Stato sul 41bis. E’ significativo, invece, che questo periodo si sia interrotto proprio con la “discesa in campo” del Cavalier Berlusconi e con la “normalizzazione” degli assetti e degli equilibri politici italiani dopo la convulsa stagione di Mani Pulite e Tangentopoli. In quegli stessi anni venivano arrestati molti boss della mafia sicula così come i fratelli Savi, famigerati killer della Banda della Uno Bianca e probabilmente non i soli…

Facciamo un altro passo indietro nel tempo… un altro periodo segnato da una grave recessione economica causata innanzitutto dalla crisi petrolifera e dalla conseguente “stagflazione” (l’inflazione accompagnata dal calo della domanda) fu quello che attraversò buona parte degli anni Settanta. Sono giustamente noti come gli Anni di Piombo, perché registrarono un aumento impressionante di atti di terrorismo organizzato e diffuso e dalla violenza politica e “pseudopolitica”. Soprattutto a partire dal 1977 fu un vero e proprio stillicidio: le BR cominciarono a sparare ad altezza d’uomo mentre nei cortei colorati del Movimento di contestazione del Settantasette fecero il loro ingresso trionfale gli “autonomi” autentici o mascherati e armati di pistola. Per fronteggiare la crisi economica e la dilagante violenza politica e urbana i partiti dell’arco costituzionale (DC, PCI, PSI, PSDI, PRI con l’aggiunta degli scissionisti del MSI e l’esclusione dei liberali, dei radicali, dei missini e dell’estrema sinistra) addivennero a un compromesso noto come “Solidarietà Nazionale”. Contemporaneamente la loggia atlantica e piduista P2 raggiungeva la punta massima della sua penetrazione nei gangli dello Stato probabilmente per contenere l’influenza e la crescente forza del PCI. Nonostante i piduisti avessero praticamente il controllo dei servizi segreti, delle forze armate, dei carabinieri, delle Guardie di Finanza e parte della polizia, fra il 1976 e il 1978 – e precisamente fino al sequestro e all’assassinio di Aldo Moro – non un brigatista venne arrestato, mentre gli “autonomi” avevano praticamente monopolizzato le piazze… La fine è nota: con la morte di Moro tramonta qualsiasi ipotesi di compartecipazione al governo fra DC e PCI e viene con la formula democristiana del “preambolo” si rinnova la tradizionale conventio ad excludendum… Con l’egemonia craxiana nel PSI e la caduta della pregiudiziale del PLI sui socialisti si impone la linea del pentapartito con una maggiore influenza e peso dei socialisti craxiani e dei laici e un relativo ridimensionamento della DC. Al contempo la P2 viene “sciolta” e liquidata dall’inchiesta milanese e dagli scandali anche se il “piduismo” per molti versi sopravvive…

Facciamo un altro passo indietro… Alla fine degli anni Sessanta il protagonismo delle masse giovanili e studentesche (1968) e il rinnovato dinamismo del movimento sindacale (1969) cominciano a destare serie preoccupazioni fra i ceti dirigenti, imprenditoriali e finanziari e fra personalità e fazioni conservatrici o reazionarie, per non parlare degli americani e degli altri alleati. A ciò si aggiungano l’ascesa elettorale del PCI e i primi approcci di Moro nei confronti dei comunisti (la cosiddetta “strategia dell’attenzione”). Il risultato più significativo e pregnante di questa stagione è la deliberazione della Legge 300/1970, il cosiddetto Statuto dei Lavoratori che riconosce importanti diritti e tutele ai lavoratori. Una concessione che non ha troppo soddisfatto gli Agnelli, i Pirelli, i Falck, ecc… A partire dal 1969 vengono disseminati diversi ordigni esplosivi “dimostrativi” in tutto il paese che cominciano a diffondere un clima di paura e insicurezza. Le bombe vengono collocate da una miriade di gruppi di varia matrice ideologica – talora opposta – ma la maggior parte viene piazzata dai neofascisti per farne ricadere la responsabilità sui maoisti o sugli anarchici. Come è noto alcuni ordigni – come quello della Banca Nazionale dell’Agricoltura – causano delle sanguinose stragi… L’intento di coloro che manovrano la manovalanza di giovani neofascisti o neonazisti è quello di spostare l’asse politico decisamente a destra favorendo l’adozione di soluzioni presidenziali ed emergenziali. Con il trascorrere degli anni l’opzione autoritaria – ritenuta poco praticabile – viene scartata a favore di soluzioni più soft come quelle previste nel Piano di Rinascita Democratica e ispirate al documento della Trilateral, mentre i neofascisti vengono “scaricati” e lo stesso MSI – il partito fascista “parlamentare” – viene liquidato e ridimensionato dopo aver procurato qualche mal di pancia ai democristiani per i crescenti consensi elettorali dei primi anni Settanta. Le spinte innovative dell’Autunno Caldo e della contestazione studentesca si stanno decantando, mentre i gruppi della sinistra extraparlamentare si sciolgono uno dopo l’altro…

Non bisogna tuttavia pensare che la “strategia della tensione” sia una peculiarità italiana… In tempi più recenti abbiamo assistito probabilmente a qualcosa di molto simile…
Nel 2001 il sistema economico già ampiamente “finanziarizzato” cominciava a mostrare delle crepe e si registrava un calo consistente degli indici di Borsa. Sulla scena internazionale si stava affacciando uno strano e multiforme soggetto politico e sociale – battezzato di volta in volta popolo di Seattle, Movimento dei Movimenti, No o New Global – che contesta il sistema di Mercato e il dilagante neoliberismo in occasione dei vertici internazionali. Un soggetto difficilmente incasellabile in qualche categoria politologica o sociologica e formato da coloro che si riconoscono nell’adozione di pratiche vandaliche e violente, si impadronisce della scena mediatica, devastando e colpendo i simboli del neocapitalismo e dell’edonismo delle multinazionali e scontrandosi sempre più spesso con la polizia… E’il cosiddetto Black Block che accoglie tutti coloro che si riconoscono nelle pratiche della guerriglia urbana al di là delle distinzioni ideologiche e politiche. Dentro si possono trovare giovani anarchici, neofascisti, “alternativi”, estremisti ecologici come infiltrati, provocatori, soggetti delinquenziali, semplici teppisti e altri “cani sciolti. E’ soprattutto con le terribili giornate del G8 di Genova ( 20 – 21 luglio 2001) che si raggiunge l’acme… La presenza dei Black blockers e di altri soggetti “violenti” lasciati liberi di distruggere esercizi commerciali, bruciare auto, saccheggiare supermercati e spaccare vetrine finisce per fornire la giustificazione per una delle più brutali e sistematiche azioni repressive mai viste in un paese occidentale negli ultimi decenni. Oggettivamente le azioni dei Blockers screditano prima di tutto lo stesso Movimento che, infatti, di lì a poco si esaurirà… Sembrano prove generali… Con l’11 settembre 2001 l’Occidente e gli Stati Uniti d’America individuano il nuovo terribile “nemico” che minaccia il mondo “civilizzato” americano, europeo e israeliano: il terrorismo islamista. Il resto è cronaca recente, con la “guerra permanente” dichiarata dal Presidente Bush jr e dal nugolo di collaboratori, tutti legati a doppio filo alle lobbies delle industrie belliche ed energetiche e portata sul territorio afgano e su quello irakeno. Sui fatti dell’11 settembre deve essere ancora fatta luce, ma l’ipotesi di “autoattentato” non appare poi così peregrina… D’altronde quella americana è una buona scuola: si pensi – per ciò che concerne gli anni Sessanta e Settanta – all’operazione COINTELPRO (FBI), all’operazione CHAOS (CIA) iniziata sul territorio statunitense e condotta anche in Inghilterra, nella Germania federale, in Francia, in Spagna e, naturalmente, in Italia e al Field Manual 30-31 supplemento B destinato alle forze speciali dell’esercito per penetrare l’estremismo di sinistra e manipolarlo… In merito testimonianze e documenti comproverebbero l’interesse americano a progettare, gestire e realizzare operazioni terroristiche e di provocazione anche nei confronti degli alleati… Secondo il sedicente contractor di CIA e MOSSAD Brenneke sarebbe stata operativa una connessione fra intelligence americana, Cosa Nostra italoamericana e siciliana e la loggia P2 per trafficare armi e droga e finanziare il terrorismo senza alcuna discriminazione ideologica.

A mio giudizio, se vogliamo comprendere la reale portata del concetto di “strategia della tensione” non possiamo non introdurre la nozione di “guerra totale”. A partire dalla Seconda Guerra Mondiale e con la “Guerra Fredda” non esiste più un definito terreno di conflitto… Il vero campo di battaglia è immateriale e la posta in gioco è la conquista delle coscienze che nel contesto dell’egemonia del sistema di Mercato viene a coincidere con la loro assimilazione ed omologazione… Ogni persona diventa soldato e risorsa, non solo i militari ma anche e soprattutto intellettuali, ideologici, sociologi, politologi, economisti, imprenditori, finanzieri, businessmen, faccendieri, artisti, letterati, scrittori, opinionisti, giornalisti, showmen, uomini di spettacolo, ecc… Fino ai soggetti criminali: mafiosi, terroristi, trafficanti e delinquenti comuni… La nozione di “guerra totale” coincide quindi in gran parte con quella di “guerra psicologica” che riguarda i meccanismi di influenza e di condizionamento psichico e psicologico e di persuasione occulta attraverso la propaganda ma non solo… Negli anni Cinquanta diversi laboratori finanziati dai servizi segreti americani e inglesi si prestarono alla sperimentazione del condizionamento e del “lavaggio del cervello” attraverso la somministrazione di allucinogeni. Pare che aver assistito a questi esperimenti ispirò al grande scrittore inglese Anthony Burgess il celebre romanzo “Arancia meccanica” reso poi immortale dalla pellicola di Stanley Kubrick. E’ stato ipotizzato che la diffusione globale e a livello di massa del mercato degli stupefacenti – inizialmente incentivato dalla controcultura psichedelica – sia cominciata proprio in quegli anni. Un altro settore essenziale per mettere appunto operazioni di condizionamento dell’opinione pubblica è, naturalmente, quello della comunicazione, dell’informazione, dei mass media (televisione, stampa, radio, internet, ecc…), dell’industria culturale e di quella dello spettacolo in tutte le sue propaggini (televisione, musica di consumo, cinema, spettacoli sportivi, ecc…). Non è difficile costatare come l’informazione – soprattutto quella televisiva – accentui paure, nevrosi, ansie, paralizzando i poveri spettatori e instillando loro un senso di insopprimibile impotenza. Oltre alle frivolaggini del gossip– concepite apposta per nutrire l’apatia politica del pubblico – l’informazione concede ampio spazio ai “mostri”, ai nemici della società, coloro che minacciano la quotidianità… Si tratti di volta in volta di mafiosi, delinquenti comuni, trasgressori stranieri, balordi di quartiere e periferia, stupratori, skin più o meno nazi, alternativi fricchettoni, squatters punk, punkabbestia, hooligans, ultrà da stadio, vandali, teppisti , pedofili, giovani e ragazzi intemperanti, baby rapinatori, piccoli bulli di scuola, ecc…

In questo discorso il “terrorismo” – simulato o meno – e la violenza (im)politica c’entrano assai… Il “terrorista”, l’eversore, il guerrigliero urbano, ecc… sono i trasgressori all’ennesima potenza, i sovvertitori dell’ordine sociale per antonomasia perché dietro le loro azioni si celerebbe un progetto di sovvertimento e distruzione della società e del suo tessuto. Allora le gambizzazioni, gli ordigni esplosivi, gli attentati, gli scontri con gli “sbirri” si trasformano in manna nelle mani dei professionisti e degli strateghi della “guerra psicologica” e dei mass media che, nella rappresentazione della cronaca nera, dei fatti delinquenziali e degli episodi di violenza, ci sguazzano… Ipoteticamente una struttura segreta o non ufficiale per la “guerra psicologica” potrebbe allestire un settore da utilizzare per alimentare forme svariare di “criminalità” (“terroristica”, comune, urbana, ecc…). Si potrebbe creare una sezione specializzata nel “terrorismo” che si occupi della predisposizione di attentati più o meno dimostrativi… Un’altra sezione potrebbe essere dedicata alla “criminalità comune” mettendo in piedi bande di rapinatori sul tipo di quella belga del Brabante Vallone e o quella italiana della Uno Bianca, gruppi di autentici killer dotati di preparazione militare… Ancora una terza sezione potrebbe occuparsi di “guerriglia e violenza urbana” alimentando o fiancheggiando di volta in volta gruppi come il Black Block o similari, dediti alla devastazione e al teppismo dietro maschere politiche e alla guerriglia ingaggiata con la polizia.

Obiettivo delle azioni affidate a queste sezioni specializzate: convincere l’opinione pubblica che, nonostante la crisi e i suoi effetti, i fallimenti delle politiche governative, le truffe e le ruberie legalizzate e avallate, la società e la sicurezza familiari e personali sono minacciate da nemici ben peggiori. Insomma ricadiamo nelle classiche operazioni di “destabilizzazione controllata per la stabilizzazione”: nonostante l’impopolarità, i governi possono presentarsi come gli unici soggetti in grado di riportare la pace sociale grazie a politiche votate alla “zero tolerance” e al “law and order”… Al contempo nessuna opposizione oserà ostacolare le linee politiche e programmatiche dei governanti. Nella versione internazionale, queste concezioni si traducono in interventi di “polizia internazionale” contro paesi sgraditi all’establishment come l’Afganistan talebano, l’Iraq di Saddam Hussein, la Libia di Gheddafi e, magari prossimamente, la Siria di Assad e l’Iran degli ayatollah… E naturalmente c’è sempre un fine nobile che viene sbandierato all’opinione pubblica per giustificare bombardamenti e distruzioni: la promozione della democrazia, i diritti delle donne, ecc… Gratta gratta, invece, emergono sempre i soliti interessi “forti”, geostrategici, economici, bellici ed energetici…

Per quel che concerne i soggetti da sfruttare per le operazioni di “guerra psicologica”, il mercato offre un‘ampia gamma di prodotti grazie anche agli effetti devastanti dell’odierna crisi. Non solo soggetti mercenari come gli elementi mafiosi e delinquenziali, gli specialisti dell’infiltrazione e i professionisti della provocazione… O, ancora, non solo gli estremisti e i nichilisti di vario colore, i casseur, i giovani membri delle gang, gli skin, i punk, gli hooligans, gli ultrà da stadio, i vandali o i teppisti abituali… Ma anche gli emarginati, i non garantiti, i precari, coloro che sono precipitati nella scala sociale e hanno provato sulla propria pelle le conseguenze più dolorose e gli effetti delle politiche restrittive e di rigore.

La “guerra totale” e la “guerra psicologica” hanno alle spalle una lunga esperienza e una gamma sempre più vasta di tattiche e di espedienti… Sanno ben ottimizzare e utilizzare le risorse disponibili, anche quelle che apparentemente non sono gestibili…

Quel che conta è l’effetto che è innanzitutto psicologico e mediatico, finalizzato alla conquista del consenso dell’opinione pubblica…

Lascio a voi trarre le conseguenze del caso, consigliandovi i brevi saggi del buon freelance Fracassi sul Black Block (“G8 Gate” e, appunto, “Black Block”, entrambi editi da “A voce alta”). Leggete con attenzione soprattutto l’intervista all’ex generale della NATO Fabio Mini, già comandante del contingente di pace in Bosnia…

Ho appena letto dei numerosi episodi che hanno coinvolto Equitalia…

Che cosa cova sotto le macerie ?

FINE

HS
Fonte: www.comedonchisciotte.org
13.05.2012

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