DI MICKEY Z
countercurrents.org
Ok, moltitudine dalla limitata curva dell’attenzione: afferrate il telecomando (o il mouse) e preparatevi a fare click, click, click…
“Quanto puoi conoscere di te stesso se non hai mai partecipato ad una lotta? Non voglio morire senza cicatrici”.
– Tyler Durden ( Fight Club )
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William Burroughs una volta scrisse di come noi umani tendiamo – come il toro nella corrida – a concentrarci sull’elusivo mantello rosso piuttosto che sul torero. E infatti un’immagine o un’illusione attraenti ci distraggono fin troppo facilmente dai bersagli reali.
Nella foto: William BurroughsNaturalmente, alcuni tori vedono perfettamente attraverso il mantello rosso, mh, attraverso le stronzate… e in modo alquanto giustificabile introducono il torero alla punta professionale delle proprie corna. Prima di intendere tutto questo, erroneamente, come una lezione e/o un’ispirazione, ricordatevi che tali tori vengono prontamente uccisi mentre il torero è compianto come eroe coraggioso.
La mia domanda è questa: se ogni toro in ogni corrida incornasse ogni torero, quanto tempo passerebbe prima che la corrida diventasse un ricordo del passato?
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Malcolm X dice:
“è criminale insegnare ad un uomo a non difendersi quando egli è la vittima costante di attacchi brutali.”
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Alla fine degli anni ‘60, grazie a Cesar Chavez e alla Unión de Trabajadores Campesinos, decidere se comprare o meno dell’uva divenne un atto politico. Tre anni dopo la sua fondazione, nel 1962, la Unión scioperò contro i produttori di uva nei dintorni di Delano, California… una lotta lunga, amara e frustrante, apparentemente di impossibile soluzione, fino a quando Chavez promosse l’idea di un boicottaggio nazionale. Confidando nella capacità della gente comune di simpatizzare con chi è in stato di necessità, Chavez e la Unión portarono la loro condizione di difficoltà, assieme ad una lezione di giustizia sociale, nelle case d’America da costa a costa; e gli Americani risposero.
“Nel 1970, il boicottaggio dell’uva fu un successo assoluto”, scrive Marc Grossman della Stone Soup. “Piegandosi alla pressione del boicottaggio, i produttori di uva alla lunga firmarono contratti sindacali che riconoscevano ai lavoratori la dignità umana e un salario con cui si potesse vivere.”
Attraverso scioperi della fame, incarcerazioni, infima povertà per sé e la sua grande famiglia, giudici razzisti e corrotti, esposizione a pericolosi pesticidi, e persino complotti per il suo assassinio, Chavez rimase fedele alla causa… anche se questo significò, mh… “stiracchiare” i metodi non violenti che aveva abbracciato.
Una volta, nel 1966, quando i babbei criminali del sindacato dei camionisti iniziarono a picchiare i picchettatori di Chavez, il problema fu risolto con un po’ di solidarietà tra lavoratori. William Kircher, direttore organizzativo della AFL-CIO [American Federation of Labor and Congress of Industrial Organizations; il maggiore sindacato ‘confederale’ degli U.S.A., ndt], fece una telefonata a Paul Hall, presidente dell’International Seafarers Unione [il sindacato dei naviganti, ndt].
“Entro poche ore,” scrive David Goodwin in Cesar Chavez: Hope for the People (‘Cesar Chaves: speranza per il popolo’), “Hall inviò un carico con i più grossi marinai che mai avessero solcato i mari affinché marciassero al fianco degli scioperanti ai picchetti… Non si verificarono altri maltrattamenti fisici.”
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La citazione seguente mi sembra una poesia… perciò è come tale che la presento:
Devi imparare
che se fai il prepotente,
alcuni ti ripagheranno con la stessa moneta.
Come sarebbe giusto che fosse.
Come deve essere.
E come indubbiamente sarà.
C’è giustizia in questa simmetria.
– Ward Churchill
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Quando i primi rivoluzionari americani cantavano “Libertà o morte” e si lamentavano di avere una sola vita da donare al proprio Paese, essi divennero gli eroi decantati dai nostri testi di storia. Invece, grazie al potere dei media e dell’industria dell’istruzione statunitensi, i nazionalisti portoricani che hanno dedicato la propria vita all’indipendenza sono considerati criminali, fanatici e assassini.
Il primo marzo 1954, il membro del Congresso Charles A. Halleck si alzò dai palchi della Camera dei Rappresentanti per discutere con i suoi colleghi della questione di Porto Rico. In quel momento, Lolita Lebrón e tre suoi compagni combattenti per la libertà, che avevano acquistato un biglietto del treno di sola andata da New York (pensavano che sarebbero stati uccisi), dispiegarono una bandiera portoricana e gridarono “Porto Rico libera!” prima di sparare 8 colpi in aria. Poi i tre compagni cospiratori della Lebrón puntarono le mitragliatrici contro i legislatori. L’arma di Andrés Figueroa si inceppò, ma i colpi sparati da Rafael Cancel Miranda e Irving Flores ferirono cinque membri del congresso.
“So che i colpi che ho sparato non hanno ucciso né ferito nessuno”, affermò la Lebrón in seguito. Ma nell’attentato visto attraverso il prisma sensazionalistico dei rotocalchi americani, questo non contava. La Lebrón e i suoi seguaci nazionalisti divennero prigionieri di guerra per i successivi venticinque anni.
Perché prigionieri di guerra? Per rispondere dobbiamo ricordare che l’isola è una colonia sin dal 25 luglio 1898, quando gli Stati Uniti invasero il loro vicino tropicale sotto gli auspici della Guerra ispano-americana. In altre parole, la colonia più antica del mondo è detenuta dalla più antica democrazia rappresentativa, con tanto di cittadinanza statunitense imposta senza il consenso o l’approvazione della popolazione indigena nel 1917. È da questo paradosso geopolitico che è sgorgato il movimento indipendentista portoricano.
Tale movimento è saldamente fondato sul diritto internazionale che autorizza, per i “combattenti anticolonialisti”, il diritto alla lotta armata al fine di sbarazzarsi del giogo imperialista e ottenere l’indipendenza. La risoluzione 33/24 dell’Assemblea Generale dell’ONU del dicembre 1978 riconosce “la legittimità della lotta di un popolo per l’indipendenza, l’integrità territoriale, l’unità nazionale e la liberazione dal dominio coloniale e dall’occupazione straniera, mediante tutti i mezzi disponibili, e in particolare la lotta armata.”
La prigione non attenuò lo spirito rivoluzionario della Lebrón che infatti ha partecipato a manifestazioni e si è pronunciata pubblicamente per contribuire a vincere la lunga battaglia per lo sfratto della Marina U.S.A. dalla piccola isola portoricana di Vieques nel 2003.
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Emma Goldman dice:
“Nessuna grande idea può essere, all’inizio, entro i confini della legge.”
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Nel suo eccellente libro del 1995, Bridge of Courage (‘Ponte di coraggio’), Jennifer Harbury cita un combattente per la libertà guatemalteco di nome Gabriel che rispondeva così all’appello di abbracciare la resistenza nonviolenta: “Nel mio Paese, la malnutrizione infantile è prossima all’85%”, spiegava. “Il 10% dei bambini muore prima dei 5 anni di età, e questa in realtà è solo la cifra riferita alle agenzie governative. Quasi il 70% della nostra gente è funzionalmente analfabeta. Non c’è quasi industria nel nostro Paese e per sopravvivere serve la terra. Meno del 3% dei nostri proprietari terrieri possiede oltre il 65% dei terreni. Negli ultimi 15 anni o giù di lì, ci sono stati oltre 150mila assassini politici e casi di persone scomparse… Non mi parlare di Gandhi; qui, non sarebbe sopravvissuto una settimana. Un tempo, avevamo un movimento pacifico per il progresso. Lo hanno schiacciato. Noi siamo stati schiacciati. Perché il metodo di Gandhi funzioni c’è bisogno di un governo capace di provare vergogna. Qui non ce l’abbiamo.”
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Huey P. Newton dice:
“Nello spirito della solidarietà rivoluzionaria internazionale, con la presente le Pantere Nere sono ad offrirvi (…) un numero indeterminato di soldati per assistervi nella lotta contro l’imperalismo americano. è opportuno che le Pantere Nere agiscano in questo modo nel momento attuale in riconoscimento del fatto che la vostra lotta è anche la nostra lotta, poiché riconosciamo che il nostro nemico comune è l’imperialismo statunitense, che è il leader della dominazione borghese internazionale. Oggi nel mondo non vi è governo fascista o reazionario capace di esistere senza il supporto dell’imperialismo degli Stati Uniti. Quindi il nostro problema è internazionale, e noi offriamo questi soldati in riconoscimento della necessità di un’alleanza internazionale per affrontare tale problema (…) L’alleanza porterà avanti la lotta verso l’atto finale del confronto con l’imperialismo americano. Per porre fine a questa oppressione dobbiamo liberare le nazioni in via di sviluppo (…) E ogni nazione liberata in un altro luogo, dà a noi maggiori possibilità di essere liberi.”
(Estratto da una lettera del 29 ottobre 1970 indirizzata al Fronte nazionale per la liberazione e il governo rivoluzionario provvisorio del Vietnam del Sud)
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Arundhati Roy dice:
“La gente dei luoghi più poveri e dei Paesi più poveri deve appellarsi alla propria compassione per non arrabbiarsi contro la gente comune in America.”
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Nel suo libro intitolato Endgame (‘La chiusura dei giochi’), Derrick Jensen racconta di una discussione avuta con un’attivista di lunga data. “Mi parlò di una campagna cui aveva partecipato alcuni anni prima per tentare di fermare le irrorazioni di Agente Arancio, una potente sostanza defoliante e teratogena, effettuate dal governo e dalle multinazionali del legname nelle foreste dell’Oregon”, scrive Jensen. Più che prevedibilmente, i devoti dimostranti adunatisi per protestare contro le irrorazioni tossiche furono ignorati, “con precisione svizzera”, dai piloti degli elicotteri. L’Agente Arancio fu ripetutamente riversato su umani e paesaggio, neanche stessero andando a fuoco. Ovviamente la campagna di protesta non ebbe effetto alcuno e così si passò ad un approccio diverso. “Su quelle colline viveva un manipolo di veterani del Vietnam,” l’attivista raccontò a Jensen, “che inviarono messaggi all’Ufficio della gestione del territorio e alla Weyerhaeuser, alla Boise Cascade, e ad altri produttori di legname dicendo, ‘Conosciamo i nomi dei piloti dei vostri elicotteri e conosciamo i loro indirizzi’”.
– Sai cos’è successo poi? – chiese lei.
– Penso di sì – rispose Jensen.
– Esattamente, – disse lei – le irrorazioni furono interrotte.
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MLK dice:
“Se sei dalla parte della ragione, non è possibile che tu sia troppo radicale”.
MICKEY Z
Fonte: www.countercurrents.org
Link: http://www.countercurrents.org/mickeyz260509.htm
26.05.2009
Fino a quando le leggi non saranno cambiate o fino a che l’energia non sarà esaurita, Mickey Z. è reperibile su internet all’indirizzo http://www.mickeyz.net