Sono molti i luoghi comuni, i pregiudizi e i dubbi che si è costretti a sopportare, nei confronti del vegetarianismo militante. L’ingenuità e la falsità di tali argomentazioni rendono semplice il compito delle controparti. Sfatiamo qualche luogo comune.
1. Il consumo di carne come qualcosa di necessario per la salute:
Esiste la falsa credenza secondo cui il consumo di carne deve considerarsi necessario non solo per godere di buona salute, ma anche per non incappare in problemi di denutrizione. Si arriva perfino a collegare malattie come l’anoressia e l’anemia al vegetarianismo, un legame completamente sbagliato. Tutti gli elementi nutritivi, atti a condurre un dieta equilibrata e sana, sono contenuti in alimenti di origine vegetale. Il mito dell’assenza di proteine e di vitamine (tra le quali la B12) è stato abbondantemente smentito.Di fatto, sempre più medici e nutrizionisti raccomandano la dieta vegetariana. L’OMS (Organizzazione Mondiale per la Salute) raccomanda la dieta vegetariana come la più salutare. Le statistiche dimostrano che le persone vegetariane vivono più a lungo, risultano meno dispendiose per la sanità pubblica e sono colpite da un minor numero di malattie oncologiche e cardiovascolari. Allo stesso tempo, vi sono sempre maggiori prove dirette del legame tra patologie che interessano lo stomaco, patologie cancerogene, cardiovascolari ecc. … e il consumo di carne.
Si crede anche che il vegetarianismo limiti molto la dieta di una persona, quando invece, gli alimenti di origine animale girano intorno ai 2.000 derivati e quelli di origine vegetale intorno ai 10.000. É assurdo pensare che noi vegetariani mangiamo sempre le stesse cose. Si possono preparare dei piatti deliziosi combinando legumi, cereali, ortaggi, frutta, frutta secca, ecc. … Di solito chi fa queste affermazioni segue una dieta che eccede nell’uso di carne e non riesce nemmeno ad immaginare quanto possano essere gustosi i piatti vegetariani, proprio perché non li ha mai assaggiati, non è mai andato più in là della carne.
Affermare che il vegetarianismo è sinonimo di malnutrizione o di denutrizione è un pregiudizio come molti altri prodotti dall’ignoranza e dal rifiuto della diversità, di chi sceglie un modo diverso di consumare. È un modo per isolare le minoranze, quelli che non agiscono come te, considerando a priori il consumo di carne come qualcosa di eticamente corretto. È anche un modo per auto-giustificarsi: “quello che faccio è buono”. Ma i dati e la realtà sono sempre lì e, come per molti altri aspetti della vita, solo nel mondo dei ciechi non si vuole vedere.
2. È che siamo onnivori…mangiamo carne per natura:
con questa grossa verità si vuole giustificare il fatto di contribuire, attraverso il consumo di carne, alla più selvaggia delle torture e delle morti patite dagli animali. Di certo siamo onnivori, ma che significa essere onnivori? Significa che il tuo corpo accetta ogni tipo di alimento, che non li rifiuta, ma questo non vuol dire che si è obbligati a mangiarli e che sia una cosa negativa rifiutare un determinato tipo di alimento. Insomma, non vuol dire che abbiamo bisogno di mangiare carne, ma semplicemente che in una concreta condizione evolutiva, il tuo corpo una volta ingerita non la rifiuta.
Dobbiamo però tener conto del fatto che l’essere umano, a differenza del resto degli animali, possiede un elevato grado di capacità intellettive e può scegliere cosa mangiare. Nell’attuale grado di sviluppo, dove in molti luoghi la depredazione e forme simili sono scomparse, scegliere di non mangiare carne è perfettamente compatibile col fatto di essere onnivoro.
Spesso si dice che gli animali si mangiano l’un l’altro e che noi esseri umani, come parti indissolubili di questa catena, siamo obbligati a mangiare carne in modo naturale al fine di non provocare uno “squilibrio”.
Prima di questo bisogna dire che non tutti gli animali si mangiano l’un l’altro, esiste una moltitudine di specie erbivore. Inoltre, gli animali che si mangiano tra loro non possiedono la capacità che abbiamo noi di scegliere cosa mangiare, essendo guidati più dall’istinto che dalla razionalità, cosa che noi possiamo (dobbiamo) invertire. In nessun modo si può affermare che il vegetarianismo di massa (cosa alquanto improbabile che si produca) possa provocare uno squilibrio naturale causando un “disastro ecologico”, anche perché la natura stessa possiede i suoi meccanismi di autoregolazione.
Bisogna considerare il fatto che, anche se siamo onnivori, il nostro corpo rassomiglia molto di più a quello degli erbivori che a quello dei carnivori. Scegliere di non mangiare carne non urta nessun principio naturale. Ma tutto dipende da cosa intendiamo per “naturale”. Le persone che difendono il consumo di carne perché è “naturale” si contraddicono. Naturale potrebbe essere, in ogni caso, se privi della nostra capacità di scegliere ciò che mangiamo e/o, potendo mangiare dei vegetali, ricorressimo alla caccia per non morire di fame e divorassimo un animale. Ma c’è forse qualcuno che mangia carne in un contesto come questo, nella Spagna dei giorni nostri?
Vediamo. Gli animali vengono prelevati dal loro habitat naturale e condotti in una fattoria, qui vengono fatti ingrassare in modo artificiale attraverso prodotti chimici e ormoni, vengono ammassati uno sull’altro e torturati. Attraverso potenti fonti luminose, a cui vengono sottoposti nel corso delle 24 ore, si provoca in loro uno stato in cui non riescono più a distinguere il giorno dalla notte, condizione che li porta ad ingrassare di più. Dopo di che vengono uccisi secondo un procedimento a catena* brutale e sanguinoso, facendo uso di macchine che provocano in loro una sofferenza atroce. È forse questo il processo naturale di cui parlano quelli che difendono il consumo di carne?
Con ciò non vogliamo dire che se gli animali stessero in migliori condizioni di vita-morte difenderemmo il consumo della carne. Siamo contro qualsiasi spargimento di sangue animale non necessario al consumo umano, poiché per mangiare un animale devi ucciderlo (con più o meno sofferenza) e se questo può essere evitato, di certo è molto meglio farlo. Ma nella società capitalista l’ambizione affaristica al guadagno, ammassa e tortura gli animali in queste condizioni, portandoli verso una morte selvaggia con metodi non proprio naturali.
È chiaro, che ci sono molti modi di intendere ciò che è “naturale”. Per la chiesa è innaturale usare un profilattico o essere omosessuale, perché essa crede che l’indole naturale di ogni essere umano sia la procreazione; allo stesso modo per gli esseri viventi è naturale mangiare carne, anche se per farlo si impiegano i metodi più innaturali possibili, anche se sulla loro stessa vita gravano principi innaturali, ecc…. Curiosamente, il fatto di mangiare carne viene difeso sulla base del principio di ciò che è “naturale” e sono “contro natura” quanti credono che la tortura e il dominio dell’animale siano evitabili in qualunque forma, come qualcosa di ingiusto e innaturale; dall’altra parte, è più che ragionevole che gli esseri sensibili non patiscano dolore. Difendere il consumo di carne come qualcosa di naturale significa difendere la tortura e la morte non necessaria come qualcosa di “naturale”.
3. Le piante sono esseri viventi, anche loro soffrono:
È certo che le piante sono esseri viventi. Ed è certo che noi vegetariani le mangiamo. Per di più, se qualcuno che mangia solo carne dicesse che “lui rispetta le piante” direbbe una grossa fesseria, poiché gli animali mangiano per lo più piante e lui non fa che mangiare l’animale che si è mangiato queste piante, nutrendo così con esse il suo corpo. In fin dei conti tutti mangiamo piante però…Soffrono? Finora, nessuna indagine è riuscita a dimostrare che sia così, esse possono apprezzare moltissime più cose di quanto crediamo ma la sofferenza e il dolore, allo stesso modo in cui lo patiamo noi animali (umani e non), non le riguarda. Le piante non possiedono né un sistema nervoso né cellule sensitive del dolore, perciò è abbastanza improbabile che soffrano. E se provano qualcosa questo non può essere comparato né qualitativamente né quantitativamente con la sofferenza degli animali.
Detto questo conviene ricordare che dobbiamo mangiare per sopravvivere, possiamo anche cibarci di pietre, ma potrebbe essere pregiudicante per la nostra salute (soprattutto per i denti). Scherzi a parte, in sostanza dobbiamo mangiare per sopravvivere, però possiamo farlo nel modo più etico e coerente possibile coi nostri principi. In questo contesto si inserisce il rifiuto del consumo di prodotti di origine animale dato che essi soffrono come gli esseri umani. Le piante possiedono caratteristiche sostanzialmente differenti ed è quanto meno avventato paragonare, sotto tutti i punti di vista, una mela che viene colta dall’albero con l’uccisione di un maiale.
4. È che il vegetarianismo è elitario e borghese
Forse esiste un certo vegetarianismo elitario, ma il vegetarianismo di per sé non è né elitario, né borghese, né proletario. È l’atteggiamento della gente che è così. Come una persona carnivora può comprare tutti i giorni frutti di mare e crostacei, un vegetariano può mangiare quotidianamente tofu e seitan. In entrambe i casi, per alimentarsi in questo modo si deve avere un elevata disponibilità economica, sebbene tali alimenti siano un lusso non necessario tanto per i vegetariani quanto per i carnivori. Però, siamo realisti, generalmente non mangiamo tutti i giorni questo tipo di alimenti (alcuni non lo fanno mai).
Al confronto, è molto più economica la verdura che la carne o il pesce. I vegetariani non sono ossessionati dalle erboristerie, non passano il tempo alla ricerca di prodotti costosi (allo stesso modo, gli altri non passano le giornate nelle pescherie). Di solito, le fiere e i mercati sono la miglior fonte di alimentazione per i vegetariani, qui il costo degli alimenti è molto più basso e la qualità è di gran lunga migliore di quella della carne. Noi stessi abbiamo notato dal nostro portafoglio che essere vegetariani è più conveniente e quindi, meno elitario.
Di conseguenza, affermare che il vegetarianismo sia elitario e borghese – come se solo quelli che appartengono alle alte sfere della società potessero permettersi di esserlo – si rivela una scusa vana, atta a giustificare il consumo di carne per fingere di fronte agli altri, o di fronte a se stessi, di essere un “rivoluzionario”. Il tutto perchè non si vuole vedere che il filetto di carne, perché arrivi sul tuo piatto, deve passare per un processo molto crudele fatto di autorità, dominio e sofferenza. Ma l’egoismo ci rende ciechi, e qualsiasi scusa è buona per continuare a perpetrare quest’ingiustizia. Puoi scegliere di non mangiarlo, ma questo implica un piccolo sforzo giornaliero che forse non si è disposti a fare. Al contrario, il non sforzarsi per combattere le ingiustizie, questo si che è un comportamento borghese. O erano forse borghesi i contadini anarchici dell’inizio del secolo che si avvicinarono al vegetarianismo? Sono borghesi le teorie naturiste che vedono nel vegetarianismo una critica selvaggia al consumismo, come pure un modo di vivere semplice e naturale?…
Conclusioni
Esistono molti altri luoghi comuni e pregiudizi sul vegetarianismo, ho solo cercato di indicarne alcuni, forse i più significativi. Di solito si dice che la carne è un alimento “molto ricco” senza fermarsi a pensare che la golosità o il sapore piacevole non compensa, ma perde d’importanza, quando si viene a sapere del dolore che ha dovuto sopportare quest’essere sensibile per diventare poi un alimento “così ricco”. Esistono piatti vegetariani (privi di ogni crudeltà) che sono altrettanto ricchi. Molte cose possono avere un sapore gradevole, il cane di casa tua ben cucinato può risultare “ricco”, anche il tuo fratellino ben condito potrebbe essere altrettanto gustoso, ma di sicuro non te li mangeresti. Sebbene il paragone possa sembrare un po’ duro, dovete solo recarvi in una fattoria di allevamento per rendervi conto del fatto che lì gli animali soffrono almeno quanto soffriremmo noi nelle medesime condizioni, o a dir poco in un modo molto vicino al nostro.
Si è soliti dire che “è una cosa che viene fatta da sempre, dall’inizio dei tempi”; un’argomentazione usata spesso da gente che appartiene all’ambiente “rivoluzionario”. Anche questa è una bugia, perché le maggiori ingiustizie sociali e lavorative sono quelle perpetrate per una vita intera, che hanno provocato un enorme spargimento di sangue, mentre cambiarle non costerebbe tanto. Che qualcosa sia stato fatto tutta la vita non è sinonimo di giustizia. Per fare un esempio, la società è patriarcale praticamente da sempre e questo non vuol dire che va bene così, ma tutto il contrario.
Il dominio e la tortura animale va molto più in là della corrida dei tori (che di sicuro è un atto di terrorismo), sono nelle pelliccerie, nei negozi di animali da compagnia, nei circhi, negli zoo …; e naturalmente nel consumo vero e proprio di carne animale. È curioso protestare contro le torture sofferte dagli animali e non farsi nessun problema a mangiarli. Allo stesso modo è curioso vedere gli ecologisti di Greenpeace salvare le balene dopo essersi mangiati un salmone o protestare contro la corrida dei tori mentre si è capaci di divorare una coda di toro senza batter ciglio. Ogni forma di dominio sugli animali, dal consumo di carne alla corrida dei tori, sono i rami di uno stesso tronco specista che vede gli animali come meri oggetti al servizio dell’essere umano, così come la società patriarcale vede le donne come semplici oggetti al servizio dell’uomo.
Quando si raccontano spiritosaggini speciste sulle persone vegetariane, bisogna pensare che c’è gente che vede gli animali come qualcosa di più di un semplice oggetto al nostro servizio da torturare e uccidere in allegria, e che possono quindi non gradire tale spirito. Così come dobbiamo eliminare le spiritosaggini razziste e maciste (il che implica anche il non consentire che vengano dette), bisogna anche cercare di smetterla con quelle speciste. Così come per te un’ arrosto è un banchetto fenomenale, ci può essere gente al tuo fianco che vede solo dei cadaveri che sono stati assassinati per un consumo non necessario.
Evidentemente, la lotta per la liberazione animale non è una lotta isolata. Si trova all’interno di un’infinità di lotte che molti pensano debbano essere moderate. Sta all’interno delle lotte antiautoritarie e anticapitaliste. E pertanto, così come non intendiamo riformare il capitalismo, correggere lo stato o camuffare il patriarcato, tanto meno desideriamo che gli animali soffrano meno; vogliamo bensì che non soffrano né muoiano a causa di un consumo egoistico e non necessario; e questo non in maniera isolata, ma per contribuire alla realizzazione di un cambiamento radicale nella trasformazione sociale, ed avere così una società senza oppressori, né oppressi per questioni di etnia, sesso e anche per questioni che riguardano la specie.
Fonte: www.lahaine.org/
Link:http://www.lahaine.org/articulo.php?p=8424&more=1&c=1
4.07.05
Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di MONIA
Procedimento a catena *I maiali vengono fatti salire per una stretta rampa dove lo “storditore” dà loro una scossa elettrica che dovrebbe ridurli all’incoscienza, come richiesto dalla Humane Slaughter Act (Hsa), approvato nel 1958 ( va notato che i polli, di gran lunga gli animali d’allevamento macellati in maggior quantità, sono esplicitamente esclusi dalle prescrizioni dello Hsa.
Dopo essere stati ridotti all’incoscienza, i maiali vengono incatenati e appesi per le zampe posteriori, in modo che penzolino a testa in giù, su un nastro trasportatore che li conduce verso il “macello”, il cui compito è quello di tagliar loro la gola.
Dopo esser morti per dissanguamento, i maiali vengono immersi in un serbatoio di acqua bollente ed eviscerati, senza aver mai più ripreso conoscenza. Questo è si suppone che succeda. In pratica, come dimostrato da gail Eisnitz nella sua indagine clandestina sull’industria americana della macellazione spesso le cose non vanno così…
E’ frequente che i maiali finiscano nella vasca di bollitura ancora pienamente coscienti. Come affermato da un operaio: “Questa è la regola”
Tratto da: Tom Regan “Gabbie Vuote” Ed. Sonda 2005