Con il Debito Pubblico, pareggiare il bilancio Pubblico impossibile

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Una lettera, scritta nel 2008, ma di attualità.
Per un mondo giusto e bello

Di Antonio Miclavez

Egr. Presidente

Confindustria Udine

Adriano Luci

Largo Melzi, 1

33100 UDINE

Udine, 30
settembre 2008.

Egregio Presidente,

ero presente all’Assemblea Generale del 15 c.m., e mi complimento per l’organizzazione ed il successo dell’evento.

Ho seguito con estrema attenzione gli interventi dei relatori che si sono susseguiti, in particolare la lunga relazione della Signora Emma Marcegaglia, nella speranza di poter capire dove sta andando l’economia nazionale e conseguentemente i risvolti per le
nostre aziende.

Mi voglio soffermare su alcuni punti emersi.

       
Per una sana economia è fondamentale pareggiare il Bilancio Pubblico; ciò avverrà probabilmente nel 2010.

       
Per fare ciò è prioritario calare la spesa pubblica e occorre

       
rilanciare gli investimenti
regionali

       
Aumentare le infrastrutture

       
Il
protezionismo verso le importazioni ci porta indietro.

A parte il fatto che calare la spesa pubblica da un lato e aumentare la spesa regionale e le spese di infrastrutture dall’altro è come tirare una coperta troppo piccola da una parte all’altra; a parte che aprire i mercati al dumping dei Cinesi fà chiudere le nostre industrie che devono coprire spese 100 volte superiori, vorrei affrontare il primo punto, “Per una sana economia è fondamentale pareggiare il Bilancio Pubblico”.

Mi perdoni la schiettezza, ma avete confuso il bilancio
nazionale con un bilancio aziendale.

Se fossi l’Amministratore Delegato di una Banca avrei condiviso il contenuto dell’Assemblea; se difendessi gli interessi dei Cittadini certamente no.

1) Per una sana economia é fondamentale pareggiare il Bilancio Pubblico:

allego una tabella che ci fa capire dove siamo.

blank

La tabella si commenta da sé:

– abbiamo un disavanzo da coprire ogni anno, ma notiamo che prima di pagare gli interessi sul Debito Pubblico, il bilancio era in positivo.

– Pagati 85 miliardi, a chi deteneva i Titoli di
Stato, per il 90% banche, andiamo in perdita. Scopriamo che ci stiamo
finanziando con capitale che ci costa il 5%: 85 miliardi di tasse che vanno a finire al 90% nella Banche.

– Qui risultano solo gli
interessi sul Debito Pubblico, ma sarebbe saggio chiudere finalmente tale debito, prevedendo diciamo di pagarlo in 13 anni; 1.700 miliardi di Debito Pubblico con interesse medio del 5% per 13 anni fanno circa 170 miliardi
all’anno.

Siamo in grado di pagare il 56%
di tasse in più? Inoltre un un certo disavanzo rimane e affermiamo che lo riusciamo a limitare a 40 miliardi tagliando le spese ai Burocrati (vedi sotto un commento a riguardo).

A questo punto, per saldare il bilancio in modo solido dobbiamo ”solo” aumentare le tasse dal prossimo anno di 210 miliardi

Siamo in grado di sostenere un aumento di tasse del 70% ?

Non credo. Come creiamo altrimenti i 210 miliardi che ci mancano per andare in pareggio fra 13 anni?

Faccio inoltre notare che il denaro che serve a compensare l’inflazione viene ogni anno creato dal sistema bancario, di proprietà non statale, e che tale creazione – non avendo più da anni lo Stato il potere di creare il suo denaro – viene creato con un collaterale, i Titoli di Stato, che costituiscono quel pacchetto che si chiama Debito Pubblico, che non riuscendo per il motivo sopraesposto ad eliminare, ci tiriamo dietro da sempre sperando non so in cosa.

Quindi, se non altro per compensare
l’inflazione aumenteremo il Debito Pubblico ogni anno, ed i 13 anni previsti
per abbatterlo diventeranno ben di più.

Il Money supply – costituito completamente da denaro
creditizio creato dal Banche di proprietà privata – oggi pare sia di 6.000
miliardi; l’inflazione del 4.2%: é come perdere 252 miliardi all’anno di potere
d’acquisto.

Significa che se non mettiamo in circolazione 252 miliardi
all’anno, con creazione di altrettanti Titoli di Stato, caliamo il potere
d’acquisto (già carente) necessario per operare.

Tutte le aziende sono ormai superindebitate e mancano di
liquidità; se non vogliamo togliere liquidità ad un mercato asfittico dobbiamo
andare alle Banche Centrali e mendicare denaro neocreato in cambio di Titoli di
Stato.

Ma ecco che il Debito Pubblico riaumenta: l’avevamo
abbattuto di 210 aumentando le tasse del 70% ed ora lo troviamo aumentato di
240 miliardi al 5% di interessi annui pagati con le tasse…. Alternativa: chiedere
soldi alle Banche Commerciali, pagando interessi superiori al 5%; e inoltre
Basilea 2 dice che il credito và ristretto. …….

Ci rendiamo conto che non ne usciamo vivi?

E intanto le Banche, invece, dichiarano utili da capogiro.
Dove vanno i nostri soldi?

2 Per pareggiare il Bilancio Statale é prioritario
Calare la spesa pubblica

Benissimo: con tutta la saggezza possibile, l’oculatezza
possibile, ho due punti da osservare:

a) al massimo tolgo 160 miliardi mandando a casa tutti gli
Statali, e da quanto detto al punto 1 non basta

b) se tolgo denaro al Postino statale che ho mandato a
casa, come fà il postino, ora disoccupato, a comperare e pagare le scarpe che
produco?

Una base di cittadini con denaro é importante per
un’industria che produce. Se non ci fosse il salasso bancario la nostra
economia girerebbe benissimo: la ridistribuzione monetaria é fondamentale per
far girare il sistema, e come diceva già Keynes:

“in un’economia che gira bene, é importante ridistribuire
il denaro a chi potrà acquistare i beni prodotti. Per far ciò, non occorre
sempre che l’operato sia di utilità: fate scavare buche a un certo numero di
persone, e fate loro seppellire bottiglie; ad un altro gruppo fate scavare
fuori le bottiglie, e così via; l’importante é che la gente venga retribuita e
che con tale denaro possa acquistare i beni prodotti”.

A questo punto é fondamentale vedere a quanto
ammonta la tosatura del sistema bancario: su un interesse medio del 10% su
6.000 miliardi di Money supply, si tratta di 600 miliardi/anno, e gli interessi
sui titoli di Stato posseduti dalle banche sono circa 85 miliardi. Totale: 685
miliardi di utile per il sistema bancario.

Oltre il denaro creato per equilibrare il Money supply in
funzione dell’inflazione; denaro che porta o utili creditizi se trattasi di
banche commerciali, o utili derivati dagli interessi dei Titoli di Stato
originati tramite la creazione a costo zero e senza garanzie delle Banche
centrali di proprietà ormai privata.

Capiamo che parliamo dell’intero Bilancio
Statale mangiato dalla gestione di un gruppo privato, le banche, che non
producono, ma danno un servizio dal costo esorbitante.

Gestendo e creando in proprio tale denaro,
basterebbe un gettito fiscale del 10% del Money supply per eliminare dal
Bilancio tasse, multe e gabelle.

Un paradiso per i cittadini, un inferno per le banche. Ma
di chi vogliamo fare gli interessi?

Allego in fondo un grafico che ci aiuta a
capire perché é sbagliato e controproducente aumentare il tasso di interesse pensando
che il credit crunch abbassi l’inflazione: che sia spunto di riflessione per
tutti.

Quale potrebbe essere dunque una soluzione
per questa situazione
?

Soluzione “Nazionale”: è’ semplice: lo
Stato si dovrebbe riappropriare di Bankitalia – basterebbe portare il capitale
sociale dai miseri 156.000€ di oggi ai 20 milioni – capitale sociale minimo di
ogni altra banca sul mercato – facendo finanziare allo Stato l’aumento di
capitale che con tale quota acquisirebbe il 99% delle quote. Lo Stato potrebbe
così finalmente creare il proprio denaro senza dare in pegno Titoli di Stato e
prestando attenzione a mantenere l’economia nella condizione di euflazione,
ovvero stabilizzare il livello dei prezzi calibrando l’offerta di denaro e
variando i tassi di interesse dal -3% al 3%.

Le banche dovrebbero essere tutte statali e non perseguire
fini di lucro. Nel caso in cui dovessero essercene di private, esse non
dovrebbero avere la potestà di creare denaro creditizio come invece hanno ora.
Inoltre dovrebbero avere la possibilità di concedere in prestito esclusivamente
il denaro realmente detenuto e l’operazione non dovrebbe comunque essere
finalizzata al guadagno privato.

In attesa di tale lieto evento, in caso di mancato recepimento
del problema da parte dello Stato, i comuni e le Provincie dovrebbero emettere
una moneta complementare che viaggiando in parallelo alla moneta a corso
forzoso, l’Euro, aumenterebbe il potere di acquisto ai cittadini senza
caricarli di interesse. Sistema già adottato in Svizzera, Germania, Giappone già
da anni, per un totale di 800 monete complementari circolanti. Una mia proposta
su www.monetacomplementarecomunale.com.

Soluzione “Internazionale”: cito Maurizio Blondet che la pensa come me ma scrive meglio: “I
debiti sovrani (il “Debito Pubblico”) sono fatti per essere ripudiati. E´
successo altre volte nella storia: alla Francia otto volte, alla Spagna sei; la
Germania ripudiò il debito nel 1932, l´Italia nel 1940; la Russia, nel 1998.
Se dichiarassimo
insolvenza sovrana – rendendo esplicito ciò che tutti sanno: che il nostro debito
è impagabile – ci libereremmo di colpo di quella palla al piede che ci
trasciniamo da venti o trent´anni.
I «mercati» non farebbero più
credito all´Italia almeno per vent´anni, d´accordo. Ma qui, l´Italia ha dalla
sua vari relativi vantaggi: anzitutto, il nostro debito è
detenuto per il 50% da stranieri, finanzieri e speculatori, che sarebbero i
veri danneggiati; quello interno, è in gran parte detenuto da banche nostrane,
che meritano la punizione. Solo il 15% dei BOT sono in mano a veri risparmiatori
italiani individuali, per lo più vecchi; soffriranno, ma forse si potrà fare
una rete di salvataggio per loro. A soffrire di più, saranno gli speculatori
esteri e i mascalzoni bancari. Il che ci dà una forza, diciamo, di ricatto.
Essi non ci faranno più credito.

Noi, ripudiando il debito e
contestualmente uscendo dall´euro, subiremmo ovvii contraccolpi (fra cui il
rincaro delle materie prime, a cominciare dalla benzina, e il rincaro di tutte
le merci estere, a cominciare dai telefonini) ma il nostro settore produttivo,
vendendo le sue merci in lire svalutate (almeno del 50% rispetto all´euro)
tornerebbe estremamente competitivo.

Ciò
farebbe paura alla Germania: siamo fra i suoi concorrenti principali
nell´export, e provocheremmo la riduzione competitiva dei suoi sbocchi
commerciali. I tedeschi smetterebbero di farci la lezione; probabilmente
sarebbero i primi a «non» volere la nostra uscita, e magari si deciderebbero a
pagare un prezzo alla solidarietà europea”.

Inflazione e money supply:

       

se troppo denaro in circolazione e
conseguente aumento dei prezzi è chiamato INFLAZIONE

       
se l’opposto è chiamato DEFLAZIONE

       
definiamo “EUFLAZIONE” la
quantità di denaro in circolazione che mantiene costante i prezzi.

In
questa curva si evince mentre alla destra del punto G di euflazione,
dove la freccia indica il giusto denaro in circolazione, vale la regola
classica che dice che l’aumento del denaro causa l’aumento dei prezzi, alla
sinistra di tale punto subentrano dei parametri che ci portano a seconda del
punto in cui siamo all’aumento o al calo dei prezzi.

Dal
punto G al punto R abbiamo un calo dei prezzi; qui la minor
offerta di denaro induce il commerciante a calare i prezzi per essere
appetibile sul mercato; dal punto R al punto A i prezzi aumentano
a causa delle problematiche inerenti alla carenza di denaro circolante. I
commercianti VORREBBERO abbassare i prezzi per compensare la carenza di
liquidità dei clienti, ma non lo POSSONO fare sia perché le spese sono
aumentate in assoluto e in proporzione al venduto, sia perché i clienti hanno
molto meno denaro e comprando di meno danneggiano l’esercizio del venditore
fino a farglielo chiudere.

Secondo
Keynes inoltre, continuando a sinistra la retta dell’inflazione, a denaro in
circolazione zero corrispondono prezzi di acquisto zero.

Altro
paradosso della curva che và corretta come descritto.

La saluto con cordialità e spirito costruttivo, ben lieto di commenti e – mi auguro – di un gruppo di lavoro atto a valutare, in una situazione di grave crisi, le possibili vie d’uscita.

Dr. Antonio Miclavez

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