DI MASSIMO FINI
Il problema della Riforma costituzionale non è, come teme D’Alema ma anche il liberale (soidisant) Galli della Loggia, che mette in pericolo l’unità nazionale. I maggiori poteri conferiti al premier servono proprio a bilanciare il nuovo assetto federale. Inoltre gli idolatri dell’unità nazionale (fra cui non mi annovero, ritenendo a dir poco vergognosa la storia dell’Italia unitaria e invece straordinaria, a cominciare dall’arte e dalla cultura, quella dell’Italia preunitaria, dei Comuni e delle repubbliche) devono rassegnarsi ad un progressivo indebolimento e, alla lunga, alla scomparsa dello Stato nazionale, quando l’Europa sarà davvero unita, anche militarmente e politicamente.
La debolezza della Riforma sta nell’aver spalmato il federalismo su 21 regioni. Ciò impedisce a ciascuna di esse qualsiasi politica con un minimo di respiro e porterà a uno spezzettamento legislativo ridicolo e foriero di intoppi, di contrasti, di inefficienze. E, fatalmente le burocrazie delle 21 regioni finiranno per aggiungersi a quella dello Stato centrale, ottenendo una superfetazione invece che uno snellimento.
La riforma federale vera, intelligente e necessaria era quella, proposta dalla Lega delle origini, delle tre «macroregioni», Nord, Centro e Sud, effettivamente coese dal punto di vista geografico, economico, sociale, culturale e sufficientemente ampie per poter impostare politiche localistiche di un qualche senso.
Il premier forte è, dicevo, il contrappeso all’assetto federale. Ma se il premier assomma anche ulteriori poteri, controlla tutte le Televisioni nazionali, lo strategico settore pubblicitario, con cui può ricattare anche il resto dell’informazione, e altri determinanti comparti dell’economia, allora è vero, come sostiene la sinistra, che questa Riforma può trasformarsi in una «dittatura del premier».
Massimo Fini
Fonte:http://forum.quotidiano.net
26.03.05