DI PIERRE LACONTE
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Sono parecchi anni che spieghiamo, specialmente nei nostri libri, alla luce delle analisi svolte dagli economisti della Scuola austriaca (Carl Menger, Ludwig von Mises, Friedrich von Hayek, etc.) e dai loro colleghi liberali francesi (Jacques Rueff, Charles Rist, Maurice Allais, etc.), che la crisi finanziaria, borsistica, obbligazionaria e poi economica a venire era ineluttabile e che la sua causa principale sarebbe di natura monetaria.
In effetti, a provocare la cronica instabilità monetaria nazionale ed internazionale è il progressivo abbandono, nel corso del XX secolo, della base aurea e dei tassi di cambio fissi, abbandoni che hanno dato agli Stati e alle banche centrali i poteri esorbitanti di creare sempre più moneta ex nihilo. nonché di manipolare in permanenza i tassi di cambio e d’interesse. Da una parte, perché « quando la moneta cessa di essere un bene reale o di riferirsi ad un bene reale, essa diventa un buono d’acquisto poco distinguibile dal credito » (Raymond Aron) e, dall’altra parte, perché l’esperienza storica dimostra che ogni volta che uno Stato o una banca centrale ha disposto del monopolio di creare moneta, ne ha sempre abusato.
A questo proposito, il crollo finale del Sistema monetario internazionale (rinnovato con gli accordi di Bretton Woods del 1944), a causa della voluta cessazione nell’agosto 1971 della convertibilità del dollaro in oro e di tutte le altre monete nel dollaro, fino a quel momento reputato « buono quanto l’oro », ha alla infine dato agli Stati Uniti l’esorbitante privilegio monopolistico di fare della loro moneta nazionale, da quel momento di carta e puramente fiduciaria (« fiat currency »), la moneta mondiale. E dunque, da quel momento in poi, di poterla emettere a seconda dei loro bisogni in quantità sempre più considerevoli, poiché non erano più costretti a limitare la sua produzione in funzione delle loro riserve d’oro.
Tutto questo, oltre alla fine di ogni etica di responsabilità nella maggior parte delle gestioni pubbliche come dimostra il lassismo delle « politiche monetarie », ha avuto infine come conseguenze : l’estrema volatilità dei tassi di cambio, la perdita costante del potere d’acquisto di tutte le monete, gli incontrollati slittamenti inflazionistici, l’aumento senza limiti del debito pubblico e privato, il ricorso a tutti i possibili meccanismi di credito basati sul nulla, la moltiplicazione di strumenti finanziari speculativi, la generalizzazione di dubbie pratiche da parte di sempre più intermediari finanziari, etc. E, più in generale, ogni sorta di squilibri economici, commerciali, sociali e politici, all’interno degli Stati come tra di essi, che hanno dato vita a molteplici crisi successive, ognuna più distruttiva della precedente, fino all’attuale debacle, iniziata nel 2007 e della quale avevamo annunciato con molta precisione i tristi successivi sviluppi, come il crac borsistico finale. La cosa non è sorprendente, poiché « nessun sistema monetario può sussistere se i detentori della moneta non sono convinti che il potere d’acquisto di tale moneta resterà stabile per un periodo di tempo relativamente lungo » (Rist) e che « la moneta è il carburante che alimenta sempre l’inflazione… Senza ordine monetario, non ci sono che rovina e schiavitù» (Rueff).
L’attuale crisi, iniziata dapprima negli Stati Uniti con l’implosione dei crediti « subprime », sottoscritti con la benedizione dei « regolatori » da debitori privati americani poco solvibili che non sono stati più in grado di assicurarne il rimborso (degli interessi e del capitale) in seguito alla caduta dei prezzi immobiliari in quel paese, trova anch’essa la sua origine nella cartolarizzazione. Questa innovazione finanziaria, sviluppata anch’essa di concerto con i « regolatori » che hanno permesso di integrare questi « subprime » senza valore in molteplici strumenti obbligazionari anch’essi tutti tossici (eppure valutati con favore dalle agenzie di rating complici) venduti dalle banche americane ad ogni sorta di investitori e di banche nel mondo intero, ha alla fine contaminato tutto il sistema bancario americano e poi quello internazionale che ha sfiorato la distruzione. Se la « politica monetaria » americana, decisa da Alan Greenspan per mettere fine al precedente crac borsistico, non si fosse tradotta in un ribasso senza precedenti dei tassi d’interesse americani a breve termine e in un’emissione, anch’essa esagerata, di liquidità, l’attuale crisi mondiale del credito non sarebbe avvenuta in un modo così drammatico. In modo tale che la principale responsabilità del presente disastro non incombe sugli attori dei mercati, ma sui «regolatori» e sulla stessa Federal Reserve, sulle irresponsabili agenzia di rating come sui dirigenti di certe banche, la cui propensione al guadagno e la cui megalomania si sono potute esercitare senza limiti, perché erano persuasi che il denaro pubblico si sarebbe sempre mobilitato per riportarli a galla in caso di difficoltà. Calcolo che, ahimè, si è rivelato esatto, salvo che per i capi di Bear Stearns, di Lehman Brothers e di altra AIG che se ne sono comunque usciti con dei bonus o con altri considerevoli « paracadute d’oro » ! Tali pratiche non hanno niente a che vedere con il liberalismo ma, al contrario, con un «socialismo di mercato » che non ha mai creato ricchezza come ci renderemo conto tra alcuni anni quando faremo il bilancio dell’attuale ondata di nazionalizzazioni delle banche europee, del piano Paulson da 700 miliardi di dollari e di altre azioni irresponsabili come la mobilitazione di una sessantina di miliardi di franchi svizzeri per salvare l’UBS che dovrebbe essere smantellata e poi venduta senza perdite per i contribuenti !
Qui osserveremo, contrariamente a tutte le bestialità proferite negli ambienti più disparati, che il liberalismo economico non è più responsabile dell’attuale implosione monetaria e finanziaria di quanto non lo sia stato delle crisi precedenti, poiché dal 1971 sono in grandissima parte gli Stati e le banche centrali – e non più gli attori economici – a decidere della quantità di moneta emessa, nonché a stabilire i tassi di cambio e d’interesse. In effetti, in quanto si sono liberati dei meccanismi automatici costituiti dall’autentico liberalismo economico secondo i quali funzionava la base aurea, i poteri pubblici hanno potuto condurre delle « politiche monetarie », indebitandosi sempre di più, hanno potuto intervenire in tutti i modi possibili sulle economie, istituire dei monopoli a beneficio dei loro « clienti », fare le più costose guerre della storia, con i risultati disastrosi che oggi si possono constatare. Von Mises, che aveva capito dove tutto questo avrebbe portato, aveva già constatato a ragione che « le crisi economiche sono provocate dalle politiche monetarie delle banche centrali ». Dopo Hayek, tutti sanno che la maggior parte degli squilibri imputati al « mercato » non sono che i sottoprodotti degli incoerenti interventi statali per cui la salvezza non è da ricercare in un maggiore peso dello Stato, ma, al contrario, in più libertà. Essendo il liberalismo economico – che si esprime nell’economia di mercato – inseparabile dal liberalismo politico – che si esprime nella democrazia rappresentativa – tutto ciò che va contro il primo non può che limitare il secondo, in modo tale che la sistematica distruzione della moneta da parte delle « politiche monetarie » non può che portare al totalitarismo. Prima di sotterrare il liberalismo, bisognerebbe che un giorno esso fosse applicato, cosa non ancora avvenuta. In compenso, il comunismo ed il socialismo sono stati applicati e hanno fallito !
Come al solito, invece di lasciar andare in fallimento le banche e le imprese che hanno assunto dei rischi sconsiderati, i poteri pubblici hanno deciso di trattare la crisi con il massimo ribasso dei tassi d’interesse a breve termine e con la massiccia creazione ex nihilo di moneta fiduciaria di carta senza, evidentemente, giungere finora ad evitare il crac borsistico e la paralisi del credito interbancario. Questo non sorprende, dal momento che Von Mises già constatava : « bisognerà pure che si capisca che i tentativi di abbassare artificialmente, con l’estensione del credito, il tasso d’interesse che si forma liberamente sul mercato, non possono risolversi che in risultati provvisori e che la ripresa degli affari, che interviene all’inizio sarà per forza seguita da una più profonda ricaduta, la quale si tradurrà in una completa stagnazione dell’attività industriale e commerciale ». Perché « non c’è alcun mezzo per sostenere durevolmente un boom economico risultante dall’espansione del credito, l’alternativa è pervenire ben prima ad una crisi per arresto voluto della creazione di moneta oppure, ben più tardi, il crollo della moneta che sta avvenendo ». Scegliendo di far esplodere i deficit pubblici e di distruggere la credibilità dei bilanci delle banche centrali con la fornitura illimitata di liquidità alle banche e alle imprese e con l’assunzione incondizionata dei loro prodotti tossici, gli stessi poteri pubblici hanno accelerato il processo di distruzione, le une dopo le altre, delle monete fiduciarie cartacee (come attesta il recente crollo dell’euro dopo quello precedente, su un periodo più lungo, del dollaro). Questa alimenta già la prossima crisi, la quale si tradurrà nel crollo delle obbligazioni di Stato nel contesto dell’iper-inflazione che prossimamente non mancherà di svilupparsi quando le centinaia di miliardi di dollari distribuite dai poteri pubblici a tassi d’interesse vicini allo zero cesseranno di essere tesaurizzati e si metteranno a circolare nel sistema economico.
Invece di ricreare uno stabile Sistema monetario internazionale con il progressivo ritorno alla base aurea, le grandi potenze hanno recentemente cominciato a concertare per mettere in campo una pseudo riforma che non risolverà le due questioni essenziali da trattare che sono :
1 – chiudere con il dollaro come moneta base, per mettere fine all’eccessiva creazione monetaria, alla maggior parte dei meccanismi speculativi nonché agli immensi squilibri commerciali internazionali;
2 – farla finita con le banche centrali, con il Fondo Monetario Internazionale e con alter strutture costruttiviste per ripristinare delle monete stabili agganciate a beni reali, messe al riparo da ogni intervento statale e politico, nelle quali le popolazioni possano avere di nuovo fiducia per svolgere le loro transazioni e risparmiare i frutti del loro lavoro.
Per sapere come finirà…
Quanto precede permette dunque di pensare che i mercati azionari si stabilizzeranno solo da se stessi, quando il loro potenziale di ribasso a breve termine si sarà esaurito agli occhi di un numero sufficiente di attori economici che giudicheranno esser giunto il momento di comprare, perché le quotazioni delle azioni delle imprese saranno ridivenute attraenti circa la possibilità di loro profitti futuri. A nostro avviso, siamo prossimi a tale percezione in modo tale che il livello più basso dell’ottobre 2008 sui principali mercati azionari (che da un anno a questa parte hanno avuto un crollo tra il 40 e il 50%) dovrebbero tenere e si dovrebbe sviluppare un sostanziale rimbalzo fino alla fine del 2008 (obiettivo : 10.500 sul DJIA). Per poi cambiare discorso agli inizi 2009 e frantumare durante il 2009 i livelli più bassi raggiunto nel 2008, quando la crisi finanziaria si trasformerà in vera crisi economica e non si verificheranno i profitti sperati dalle imprese.
In compenso, c’è da scommettere che ad essere molto prossimi a subire un tracollo di grande portata saranno i mercati delle obbligazioni di Stato, in particolare quelli americani che sono la madre di tutte le bolle. Questo farà ripartire violentemente verso l’alto l’euro sul dollaro e abbassare sensibilmente lo yen, sempre contro il dollaro ma, soprattutto, farà rialzare l’oro ( che pensiamo dovrebbe raggiungere – secondo i diversi scenari previsti – tra i 1,400 e i 2,100 dollari l’oncia prima della fine dell’attuale decennio). A questo proposito, si constaterà che l’oro ha tenuto molto bene in un contesto di « deleveraging » e di liquidazione generale di tutti gli attivi ancora in guadagno da parte degli operatori che avevano bisogno di ricostituire più cassa possibile per pagare un po’ dappertutto le loro perdite. Senza contare che certi analisti non esitano a prevedere una mancanza di pagamento degli Stati Uniti nel 2009 che frantumerebbe in modo duraturo il dollaro e le obbligazioni, in particolare quelle di Stato emesse in tale moneta; alla fine, l’oro ridiventa l’attivo da cui nessuno si vorrebbe separare ! Inoltre si noterà che la questione dei CDS (Credit Default Swaps), il cui considerevole ammontare in circolazione è stimato in circa 55.000 miliardi di dollari, che permettono di assicurarsi contro i rischi di mancato pagamento di chi emette obbligazioni, non è in alcun modo regolata e che ogni rialzo dei tassi d’interesse a lungo termine collegato con un crac delle obbligazioni di Stato avrebbe l’effetto di far implodere numerosi CDS, ma anche i rialzisti del credito che già sono sull’orlo del fallimento.
Nel 2007 Patrick Artus constatava che « da quindici anni c’è una crisi finanziaria ogni quattro anni perché le banche centrali escono da ogni crisi con una politica monetaria eccessivamente espansionistica che, a sua volta, produce una nuova bolla ». In ragione dell’attuale stato d’indebolimento economico generale dei paesi occidentali e della diminuzione della loro crescita, prevista per il 2009, la prossima bolla, di ampiezza considerevole se si considerano le piramidi di cassa iniettate dai pubblici poteri americani ed europei, probabilmente non colpirà né le azioni né ancor meno le obbligazioni, ma ha tutte le possibilità di portarsi sull’oro e sulle materie prime. Le quali si sono aggiustate fortemente, ma il cui ciclo di rialzo non è terminato in considerazione della domanda dei paesi emergenti che continua a crescere, nonché delle future penurie, le quali romperanno il precario equilibrio domanda/offerta di numerosi di loro. Il rischio mondiale a venire non sta in un’immaginaria deflazione, bensì in una reale iper-inflazione distruttrice per le monete esistenti ! Se le principali potenze economiche e politiche non arriveranno ad intendersi sul ritorno ad un nuovo ordine monetario internazionale in cui la moneta sia depoliticizzata, è molto probabile che il prossimo decennio si aprirà sulla pura e semplice scomparsa della maggior parte delle monete fiduciarie cartacee in seguito al rifiuto delle popolazioni di continuare ad utilizzarle. Il che costituirebbe un grande progresso ma potrebbe temporaneamente funzionare male, se questo radicale cambiamento non fosse condotto in modo concertato.
Versione originale:
Pierre Leconte (economista e saggista, presidente del Forum monetario di Ginevra per la pace e lo sviluppo)
Fonte: www.forumpourlafrance.org
Link: http://www.forumpourlafrance.org/spip/Comprendre-la-crise-actuelle-par-Pierre-Leconte.html
11.11.08
Versione italiana:
Fonte: www.eurasia-rivista.org
Link: http://www.eurasia-rivista.org/cogit_content/articoli/EkkyAFuFpuNApzeRan.shtml
17.11.08