DI JOSEPH E. STIGLITZ
Politico.com
Il Paese è – dovrebbe essere – basato sul lavoro. Venticinque milioni di americani che vorrebbero
un lavoro a tempo pieno non lo trovano. La disoccupazione giovanile
è due volte la già inaccettabile media nazionale.
Abbiamo sempre pensato di essere la
terra delle opportunità, ma dove sono le opportunità per i nostri
giovani che affrontano queste cupe prospettive? Nel corso della storia
chi ha perso il lavoro ne ha trovato rapidamente un altro, ma una crescente
fetta dei disoccupati, ormai più del 40%, lo è da più di sei mesi.
Stasera il presidente Obama farà
un discorso per parlare del da farsi. Anche altre persone dovrebbero farlo.
Nel paese il pessimismo sta crescendo.
Va bene la retorica, ma cosa si può realmente fare, tenendo presente
il minaccioso problema del debito e del deficit?
La risposta dell’economia è che
ci sono molte cose da poter fare per creare lavoro e promuovere la crescita.
Ci sono politiche per farlo e, nel
lungo termine, abbassare il rapporto debito/PIL. Ci sono anche cose
che, seppur meno efficaci nel creare posti di lavoro, possono comunque
proteggere dal deficit nel breve termine.
Altro discorso è se la politica
ci permetterà di farlo.
Il pessimismo è comprensibile.
La politica monetaria, uno dei principali strumenti di gestione macro-economica,
si è rivelata inefficace e probabilmente continuerà a esserlo.
Inutile illudersi che ci possa tirare fuori dai guai che ha contribuito
a creare, dobbiamo ammetterlo.
Inoltre debito e deficit, entrambi
imponenti, precludono apparentemente l’utilizzo di strumenti di politica
fiscale. O così dicono, e non c’è consenso su quale politica fiscale
potrebbe funzionare.
Siamo destinati a un lungo periodo
di crisi “giapponese”, fino a che l’eccesso di leva e la capacità
reale non si stabilizzeranno? La risposta che suggerisco è un deciso
“no”, o meglio, questo destino non è inevitabile.
Dobbiamo sfatare due miti. Il primo
è che la riduzione del disavanzo risanerà l’economia. Non si creano
crescita e lavoro licenziando e tagliando la spesa. Le aziende che hanno
capitali non investono e non assumono perché la domanda per i loro
prodotti è insufficiente. Indebolire la domanda – questo è ciò
che significa “austerità” – scoraggia gli investimenti e l’occupazione.
Per dirla con Paul Krugman, non esiste
una “fatina della fiducia” che magicamente ispiri gli investitori
una volta abbattuto il disavanzo. Abbiamo tentato l’esperimento più
volte. Con la formula dell’austerità l’allora presidente Herbert Hoover
trasformò il crollo di borsa nella Grande Depressione. Ho visto in
prima persona come l’austerità imposta dal FMI ai paesi asiatici ha
convertito ribassi in recessioni, e recessioni in depressioni.
Non capisco perché, a fronte di una
tale forte evidenza, un qualsiasi paese possa voler autoimporsi questa
ricetta. Persino il FMI adesso riconosce la necessità di stimoli fiscali.
Il secondo mito è che gli stimoli
non hanno funzionato. La presunta prova è semplice. La disoccupazione
ha raggiunto il suo massimo al 10% ed è ancora oltre il 9%. (Misure
più accurate restituiscono cifre molto superiori). Il governo
aveva annunciato, tuttavia, che con gli stimoli sarebbe stata al massimo
l’8%.
Il governo ha fatto un grosso errore,
come ho scritto nel mio libro “Freefall” [caduta libera]:
ha fortemente sottostimato la gravità della crisi che ha ereditato.
Senza gli stimoli, tuttavia, la disoccupazione
avrebbe superato il 12%. Non c’è dubbio che gli stimoli dovevano essere
meglio progettati, ma hanno diminuito la disoccupazione sostanzialmente
da quel che sarebbe stata altrimenti. Hanno funzionato, solo non sono
stati abbastanza grandi, e non sono durati abbastanza a lungo. Il governo
ha sottostimato la durata della crisi così come la sua dimensione.
Parlando del disavanzo, torniamo analizzare
la situazione di dieci anni fa, quando il paese aveva un surplus del
2% del PIL, e il presidente della FED era preoccupato che avremmo presto
pagato l’intero debito nazionale, rendendo difficile la politica monetaria.
Sapere come siamo passati da quella situazione a oggi ci aiuta a pensare
come risolvere il problema del disavanzo.
Ci sono stati quattro grossi cambiamenti.
Primo, i tagli alle tasse maggiori di quello che il paese poteva permettersi.
Secondo, due costose guerre e spese militari sempre piu alte, per circa
2,500 trilioni di dollari di ulteriore debito. Terzo, Medicare Part
D [assistenza sanitaria], e la norma che impedisce al governo, il
maggior acquirente di medicine, di negoziare con le compagnie farmaceutiche,
il che ha portato a costi di centinaia di miliardi di dollari in dieci
anni. Quarto, la recessione.
Invertire questi quattro fattori metterebbe
velocemente il paese sulla strada della responsabilità fiscale. L’azione
più importante è comunque rimettere gli Stati Uniti al lavoro: più
stipendi portano più entrate fiscali.
Come rimettere gli Stati Uniti al lavoro, oggi? Il miglior modo è quello
di usare questa opportunità – con tassi di interesse a lungo termine
molto bassi – per fare gli investimenti nel lungo periodo di cui l’America
ha bisogno nei settori delle infrastrutture, della tecnologia e dell’educazione.
Ci dobbiamo concentrare su investimenti
che fruttino alti interessi e che abbiano una forte componente di lavoro.
Tali investimenti sono complementari agli investimenti privati, aumentando
i profitti e incoraggiando il settore privato.
Aiutare gli stati per le spese per
l’educazione salverebbe inoltre velocemente migliaia di posti lavoro.
Non ha senso per un paese ricco, che riconosca l’importanza dell’educazione,
licenziare gli insegnanti, specialmente con la competizione globale
così forte. I paesi con una forza lavoro meglio istruita faranno meglio.
Inoltre, l’educazione e la formazione professionale sono essenziali
se vogliamo ristrutturare la nostra economia per il ventunesimo secolo.
Il vantaggio di avere sottoinvestito
nel settore pubblico così a lungo è che ora abbiamo molte
opportunità remunerative. La resa maggiore a breve termine e la
crescita maggiore a lungo termine possono generare più delle entrate
fiscali necessarie a pagare il basso interesse sul debito. Come risultato
il nostro debito diminuirà, il PIL aumenterà e il rapporto debito/PIL
migliorerà.
Nessun analista guarderebbe mai solo
al debito di un’azienda, ma esaminerebbe le due parti del bilancio,
attività e passività. Quel che suggerisco è di fare lo
stesso per il governo degli Stati Uniti e andare oltre il feticismo del debito.
C’è un altro modo efficace, anche
se non così potente, di creare lavoro. Gli economisti hanno notato
che la crescita contemporanea di spesa e pressione fiscale, se bilanciata,
stimola il PIL. La crescita del PIL per ogni dollaro di aumento di tasse
e di spesa è chiamato “moltiplicatore bilanciato del budget”.
Con aumenti delle tasse ben progettati
– concentrati sulle classi ricche e sulle multinazionali che non investono
negli USA – con la chiusura delle scappatoie per non pagare e con
programmi di spesa intelligenti focalizzati su investimenti, il moltiplicatore
diventa tra 2 e 3.
Ciò significa chiedere all’1%
di ricchi del paese, coloro che ora prendono il 25% di tutto il reddito,
di pagare un po’ più di tasse, o semplicemente quanto devono.
Investire questo [capitale – ndt] potrebbe avere un effetto significativo
sulla produzione e sull’impiego e, poiché l’economia crescerebbe ancora,
il rapporto debito/PIL scenderebbe.
Ci sono tasse che potrebbero migliorare
l’efficienza dell’economia e la qualità della vita, con un effetto
ancora maggiore sul PIL se lo misuriamo correttamente. Ho presieduto
una Commissione Internazionale sulla Misura delle Prestazioni Economiche
e del Progresso Sociale, che ha identificato grossi errori nell’attuale
sistema di misurazioni.
C’è un principo economico base: è
meglio tassare “cattive” attività che generano “esternalità”
negative piuttosto che attività positive. L’implicazione è che dovremmo
tassare l’inquinamento o le transazioni finanziarie destabilizzanti.
Ci sono anche altri modi di aumentare le entrate fiscali, migliorare
la vendita delle nostre risorse naturali, ad esempio.
Se, per qualsiasi motivo, tali miglioramenti
venissero esclusi – e non c’è alcuna ragione economica per farlo
–, ci sarebbe comunque spazio di manovra. Il governo può cambiare
la struttura di tasse e programmi di spesa, perfino entro i limiti di
budget correnti.
Aumentare le tasse per i redditi più
alti e abbassarle per quelli più bassi produrrebbe più consumi.
Aumentare le tasse per le multinazionali che non investono negli Stati
Uniti e abbassarle per quelle che invece lo fanno incoraggerebbe gli
investimenti. Il moltiplicatore – la frazione di aumento del PIL per
dollaro speso – per le spese in guerre all’estero, ad esempio, è
molto minore di quello ottenuto dall’educazione; ne consegue che trasferire
la spesa in questo settore stimola l’economia.
Ci sono cose che possiamo fare a prescindere
dal budget. Il governo dovrebbe avere qualche influenza sulle
banche, data l’enorme quantità di debito che ci devono per il loro
salvataggio. “Bastone e carota” potrebbero incoraggiare maggiori
finanziamenti alle piccole e medie aziende e la rinegoziazione dei mutui.
Non è perdonabile che si sia fatto così poco per aiutare i mutuatari
e, fin quando i pignoramenti continueranno spediti, il mercato immobiliare
continuerà a essere debole.
Le pratiche bancarie anti-concorrenziali
sulle carte di credito impongono essenzialmente una tassa per ogni transazione,
una tassa i cui proventi finiscono nelle casse delle banche, senza alcuna
utilità pubblica – tantomeno quella di abbassare il debito pubblico.
Una più energica applicazione delle norme antitrust bancarie
sarebbe un beneficio per molte piccole aziende.
In breve, non abbiamo finito le munizioni.
I nostri problemi non sono economici. La teoria e l’esperienza mostrano
che il nostro arsenale è ancora fornito. Naturalmente disavanzo e debito
limitano quel che possiamo fare, ma anche entro questi limiti possiamo
creare lavoro ed espandere l’economia, nel contempo abbassando il rapporto
debito/PIL.
È solo una questione politica, scegliere
di fare i passi necessari a rendere nuovamente prospera la nostra economia.
Fonte: How to put America back to work
07.09.2011
Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di ALEZ