DI GERMANO MILITES
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Avete 22 anni appena compiuti, vi siete laureati in Scienze di qualcosa con 110 e lode, bacio accademico e commozione di mamma e papà. Poi avete proseguito gli studi alla specialistica, riprendendo molte volte materie che avevate già studiato (imparando per lo più a memoria nozioni scritte su pessimi libri stampati grazie al lavoro, spesso mediocre, dei tesisti che vi hanno preceduto). Altri due anni e a 24 vi ritrovate con la cosiddetta laurea finita. Se i vostri genitori hanno ancora qualche risparmio, a quel punto vi fate anche un bel master (che “può sempre servì oggi”) da 5000 euro almeno e poi giù con gli stage non retribuiti per “fare curriculum ed esperienza”.
Nel frattempo avete compiuto 26 anni e vi sentite sfigati (e frustrati) anche se non fate parte della categoria dei semplici diplomati offesa dal figlio di papà Martone. A questo punto dovete fare una cosa; una cosa che probabilmente in 26 anni di vita non avete mai fatto: porvi una domanda e cercare di capire se quella che avete vissuto era sul serio la vostra esistenza o, al contrario, era quella che il sistema sempre più omologante verso il basso vi ha sordidamente “suggerito”. Attenzione: il 90% di voi non si renderà conto di aver fatto un percorso standard, agendo in maniera così continuativa da automi-schiavi convinti di essere in realtà speciali ed unici. Al contrario, la stragrande maggioranza di voi si sarà convinta di avere una marcia in più, di trovarsi in una sorta di “empireo intellettuale e professionale” dove solo in pochi hanno la fortuna di poter sostare.
La vita ed un sistema neoliberista globale sempre più ingordo vi prenderanno però a sberle fin dal primo istante, convincendovi tra l’altro che le cose dovevano andare così perché “c’è crisi” e che “devi ringraziare chi di questi tempi ti offre un lavoro”. Se per 20 e passa anni avrete sempre fatto tutto ciò che vi dicevano di fare ed ora vi ritrovate con nulla in mano, allora non dovrete lagnarvi troppo con la società che non vi ha capiti ed apprezzati: vi sarete solo presi la briga di scegliere il colore delle catene con le quali legarvi ad un futuro fatto di sfruttamento e mediocrità avvilente e lo avrete fatto, sembra incredibile, di vostra sponte.
Eravate convinti che con una laurea ed una specialistica avreste spaccato il mondo, giusto? Chi ha frequentato facoltà di economia e scienze politiche come il sottoscritto, ricorderà di sicuro gli studi fatti sul fenomeno dell’inflazione monetaria. Una sorta di “mostro” da combattere con tutte le forze e ad ogni costo. Guai ad immettere troppo denaro in circolo perché poi si rischia di tramutare i soldi in carta straccia. Ebbene: ma perché negli Atenei non si studia con la stessa accuratezza (per modo di dire) la cosiddetta “Inflazione accademica?”. Semplice: perché alle Università servono iscritti per far cassa e poi è logico, no? Più laureati di scarso valore ci sono, più il potere contrattuale di chi offre lavoro sarà forte.
Rendendo la sedicente “alta istruzione” un fenomeno di massa, alla portata di qualunque imbecille capace di ripete balbettando il contenuto di un libro, si crea automaticamente un’offerta illimitata di lavoratori a basso costo e, al contempo, si fa in modo che milioni di gonzi siano convinti che l’accesso agli atenei sia diventato finalmente “più democratico” (e facile). Crescono le pretese (“almeno due lingue, laurea + specialistica, esperienza lavorativa pregressa ecc”) e diminuiscono parimenti le garanzie e la qualità di retribuzione. Ed è incredibile che, dopo tanti anni di studio, siano così pochi a comprendere il meccanismo perverso che noi stessi, con miopia, arroganza e provincialismo, alimentiamo ogni giorno.
Grazie al mio lavoro, ho incontrato e stretto la mano a centinaia di persone: ho conosciuto tantissimi uomini e donne di successo, soddisfatti della propria vita. Molti erano laureati ed avevano condotto un percorso di studi consapevole e brillante. Tanti altri erano “semplici” diplomati con la capacità di pensare (ed agire) in maniera diversa. Ognuno di loro, però, aveva dentro qualcosa che andava ben oltre le qualifiche e gli attestati che cercano di venderci (ed imporci) continuamente.
Quello che però mi chiedo è: possibile che oggi si sia arrivati ad un modello di nazismo sociale così spudorato quanto inesorabilmente accettato? Possibile che oggi sia reputata plausibile l’idea che si debba per forza avere “quel qualcosa in più” non dico per vivere da nababbi ma per assicurarsi un’esistenza decente? La gente non ha più diritto a “sogni normali”; a vite ed ambizioni semplici? Chi non è Steve Jobs deve tenersi l’illusione di un titoletto accademico sempre più svenduto, il precariato a vita e come ciliegina sulla torta anche l’epiteto di “bamboccione”? E tutto questo va bene? O meglio: va male ma non abbastanza da far fermare i milioni di giovani gabbati e rintronati che ogni anno si fiondano negli atenei più assurdi (e straripanti) perché non si azzardano a tentare strade diverse o, ancor meglio, a chiedersi come fare per riformare il sistema d’istruzione e renderlo più utile e meno mercificato.
Germano Milites
Fonte: www.you-ng.it
21.03.2012
Via http://www.ilribelle.com/