DI ALEXEIN
wired.com
Voglio raccontare una storia, breve, su cosa sia effettivamente la sperimentazione. Diciamo anche che sono un neurobiologo, e che quello che scrivo lo faccio con la consapevolezza che molti possono pensare che sia di parte, dato che lavoro in questo ambito.
Diciamo che voglia studiare le cause e le aree cerebrali che portano alla depressione, dato che ai giorni nostri è una patologia che colpisce un gran numero di persone.
Mi approccio alla letteratura per vedere che cosa sia già noto, letteratura che posso trovare sul sopracitato PubMed.
Dopo uno studio accurato di ciò che è già noto prendo carta e penna e scrivo le idee che ho, come le vorrei testare e che materiali mi servono. Vedo che esistono vari test di depressione su pazienti e casi di controllo, ma mi accorgo che con questi metodi non riesco veramente a controllare tutte le variabili che possono influenzare il mio esperimento. Mi trovo così a dover scartare l’idea di lavorare subito con pazienti, la seconda ipotesi di progetto richiede l’uso di animali, diciamo topi.
Mi approccio alla sperimentazione, i test per misurare i livelli di depressione nei topi richiedono di far nuotare i topi per un certo periodo di tempo e di osservare per quanto di questo tempo nuotano e per quanto tempo si limitano a galleggiare. Adesso ho tutto pronto per iniziare, ho l’ipotesi, ho i mezzi, chiedo l’approvazione al comitato etico ed ai veterinari e chiedo consiglio a loro su come evitare che i topi si ammalino o abbiano infezioni data la lunga esposizione in acqua. Perché faccio questo, beh, semplicemente per non incontrare il problema che avrei con i pazienti, la variabilità.
Voglio avere tutti i miei topi nella condizione più simile possibile uno all’altro, altrimenti non saprei distinguere i risultati dei miei esperimenti (se un topo è malato o ha un’ infezione di sicuro non avrà molta voglia di nuotare). Adesso che ho i miei risultati di controllo su un campione normale e su un campione che è più propenso a sviluppare depressione voglio testare la mia ipotesi che una regione cerebrale sia effettivamente coinvolta nella depressione. Per fare questo utilizzerò dei farmaci che vanno ad inibire o stimolare questa regione, ma per essere ancora più specifico diciamo che voglio che i miei farmaci agiscano solo e soltanto in questa regione, per fare questo chiedo consiglio a veterinari e ricercatori con più esperienza di me e mi consigliano di utilizzare una microcannula, o una stimolazione elettrica. Decido così che se voglio capire se questa area e questo farmaco possono prevenire la depressione devo operare i topi. Siccome non ho esperienza a riguardo chiedo aiuto ad un veterinario per assistermi. Durante l’operazione non voglio che l’animale provi alcun tipo di dolore (per lo stesso motivo delle infezioni) e che non ci siano complicazioni di nessun tipo, in poche parole lo operiamo come se fosse una classica operazione eseguita in ospedale. Adesso sono nella condizione di sperimentare la mia ipotesi, sapendo che posso controllare ogni variabile, in modo da limitare il numero di animali che andrò ad usare e in modo da spiegare i miei risultati in modo scientifico e con il minore dubbio possibile su eventuali cause esterne.
Inoltre parlando con un collega mi dice che lui ha una ricerca correlata dove misura concentrazioni di alcuni ormoni nel sangue di soggetti indotti a condizione di depressione. Ne parliamo e decidiamo che i miei test di nuoto non causano un problema per lui, e che anzi stava pensando di utilizzare lo stesso test per misurare il livello di depressione e compararlo con i dati delle analisi del sangue. Alla fine con lo stesso numero di topi riusciamo a fare due ricerche.
Scrivo questo perché sono storie di vita quotidiano all’interno di un laboratorio; solo disponibile a rispondere a qualsiasi domanda.
Alexein
Fonte: www.wired.com
20.02.2015
Commento estratto da: 10 cose che Striscia la notizia sbaglia sulla sperimentazione animale