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La Redazione

 

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COME CI GOVERNERA' L'FMI

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A cura di Davide
Il 8 Novembre 2011
43 Views

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DI MAURIZIO BLONDET
rischiocalcolato.it

Una riduzione dal 10 al 30 per cento dei salari, e contemporaneamente dei prezzi. E’ la ‘soluzione’ escogitata nel 2010 dall’economista capo del Fondo Monetario Olivier Blanchard per i PIGS (Grecia, Irlanda, Portogallo, Spagna e Cipro – dell’Italia non si parlava ancora) in un suo studio.

E’ possibile che questa ricetta di risanamento (sic) sia applicata al nostro paese dagli amministratori transnazionali che ci hanno commissariato. Vale dunque la pena di seguire il filo del ragionamento di Blanchard.

L’economista si pone la questione: come risolvere la crisi dei paesi del Sud-Europa, una volta che non possono più svalutare?La risposta classica è la deflazione dei salari: è infatti il lavoro a dover essere svalutato, bloccando le paghe o abbassandole fino ai livelli (cinesi) in cui questi passeggeri abusivi dell’eurozona torneranno competitivi. Anni di stretta di cinghia e miseria. L’economista del FMI propone una assunzione volontaria e coordinata di questo evento comunque inevitabile: gli stati dovrebbero imporre un taglio coordinato dei salari e dei prezzi, oltrechè dei trasferimenti sociali, del 10-30 per cento, seguito da un congelamento di tre mesi.

Ciò che si propone è – nè più nè meno – un intervento dello stato nell’economia, che l’ideologia liberista adottata dal FMI solitamente demonizza; quando intende proteggere e sviluppare le industrie di una nazione. Ma quando il dirigismo è a favore dei banchieri creditori, il dogma anti-statalista diventa flessibile. Per Blanchard, la sua proposta ha i seguenti vantaggi: è più accettabile politicamente, sia perchè lavoratori e pensionati accetteranno più facilmente i tagli salariali in quanto anche i prezzi interni saranno abbassati, solo i beni importati rincareranno. Il peso sarebbe ripartito equamente. Eviterebbe di far salire la disoccupazione a livelli astronomici. Sarebbe più efficace, in quanto i guadagni di competitività sarebbero immediati.

Che dire? Sarebbe un grande esperimento sociale. Non diverso da quello che – su suggerimento di Jeffery Sachs della Scuola di Chicago – tentò il governo russo, ossia il “passaggio choc al mercato”, la “cura-urto” di liberalizzazioni che costò (secondo valutazioni dell’Economist) un sei milioni di morti nell’ex-Urss (per lo più vecchietti ridotti alla fame nonchè lavoratori alla disoccupazione), e l’emergere dei nuovi ricchi, gli oligarchi, spesso delinquenti comuni, la cui posizione nel Partito, e i finanziamenti dei Rotschild e delle banche occidentali, li metteva nelle condizioni migliori per approfittare delle svendite di cespiti nazionali.

Il guaio, infatti, sta nel seguente fatto: mentre salari e pensioni possono essere tagliati d’autorità, i prezzi non calano per decreto. In tempi di guerra e anche dopo, negli anni 60 (quando questo tipo di dirigismo era il ‘consensus’ delle potenze mondialiste, in Italia rappresentate dal repubblicano e massone Ugo La Malfa) sono esistiti organi pubblici addetti al controllo dei prezzi.

Il successo del calmiere è sempre stato relativo din dai tempi di Diocleziano, sviluppando fenomeni come la borsa nera e la sparizione delle derrate.

Tecnicamente inoltre è difficile far scendere il prezzo delle merci, che contengono materiali importati in proporzioni innumerevolmente variabili, allo stesso ritmo delle merci prodotte localmente. Il rincaro dei generi alimentari – per cui l’Italia dipende dall’estero per il 70% di ciò che consuma – potrebbe essere moderato dallo sviluppo dell’autarchia alimentare. Il rincaro delle risorse energetiche, per le quali l’Italia dipende dalle importazioni per il 90%, sarebbe senza rimedio (e forse il razionamento farebbe rimpiangere il no al nucleare).

Blanchard però non menziona l’intoppo maggiore della sua proposta: durante il periodo di deflazione autoritaria, i debiti pubblici e privati dei paesi coinvolti aumenteranno di altrettanto della svalutazione interna, fra l’altro decrescendo gli introiti fiscali. Naturalmente, l’economista del FMI presume che i debiti pubblici continuino a venire serviti, nonostante il loro giganteggiare. L’interesse dei creditori, specie di quelli esteri (altresì detti “mercati”) è sacro. Perchè altrimenti esiste il Fondo Monetario, che è il loro agente pignoratore globale?

Della proposta dunque resta questa realtà: fino a che punto economisti liberisti sono pronti, in nome del libero mercato, ad instaurare un ordine autoritario. Dal punto di vista tecnico e politico, il recupero della sovranità monetaria (ancorchè anathema sit) sembra più fattibile.

Chi scrive è sicuro che il default, e magari l’uscita dall’euro, sia alla fine ineluttabile, perchè questa “è una crisi di sistema”, come ha detto non il sottoscritto, ma all’uscita del G-20 Gabriel Bernardino, presidente dell’Autorità europea di supervisione delle assicurazioni, riferendosi alla connessione fra le banche e gli stati. Silvio Berlusconi, dopo la battuta da bar (“i ristoranti sono pieni”), ne ha detto un’altra: che siamo entrati nell’euro a un cambio troppo altro, ed è questo che “paralizza l’Italia”. Battuta che si potrebbe applaudire, se a questa constatazione fosse seguita qualche azione, visto che lui è capo del governo ed è stato dotato dai cittadini di una maggioranza che non si vedrà mai più. Con questa forza, il governo italiano avrebbe persino potuto mettersi alla testa dei grandi debitori europei per imporre soluzioni congiunte più favorevoli al blocco Sud, magari anche una svalutazione dell’euro o del debito: Italia, Spagna, Portogallo, Grecia formano un blocco in sè temibile, specie per i creditori esteri, da ridurli a miti consigli agitando la minaccia del ripudio. In questa situazione, l’enormità del debito può diventare una forza politica; ma nessuno dei Pigs seguirebbe il cavaliere, la sua autorevolezza essendo consumata nei Bunga-Bunga, e quindi ringraziamolo per aver reso il debito quel che è: una debolezza. Siamo mendicanti che sopravvivono con gli acquisti che la Bce fa’ del nostro debito, per il momento.

Così le cose vanno come vanno, con lo spread ormai a livelli da ‘salvataggio’, e a contare in Europa è solo il blocco Germania-Francia. Posto che Sarkozy è il vice-cancelliere inferiore, la sorveglianza del Fondo Monetario su Roma è una veste per la sorveglianza di Angela Merkel.

Anzitutto, bisogna ricordare che, grazie ad una cruciale sentenza della corte costituzionale germanica di Karlsruhe (se non sbaglio, del 1997), che ha subordinato la ratifica di ogni direttiva e norma europea passata presente e futura all’esame di costituzionalità della Corte stessa, la Germania resta il solo paese sovrano nella UE.

Ed oggi, Berlino ha imposta l’iscrizione “il più presto possibile” nei trattati UE della clausola che permette l’intervento diretto nei bilanci di previsione dei paesi indebitati dell’eurozona; tali bilanci saranno esaminati da ispettori europei prima ancora che vengano discussi dai parlamenti nazionali.

Il combinato disposto delle due norme fa’ della Germania non solo l’unico paese che non ha ceduto nemmeno una briciola di sovranità, ma il paese che può esercitare una intrusione sugli altri paesi, su quello che è – o era – l’atto sovrano per eccellenza delle locali democrazie, il controllo e l’approvazione dei bilanci pubblici. Angela Merkel sarà anche la culona insocpabile come l’ha chiamata Berlusconi (lui non sa pensare ad altro), ma ha affermato il potere di Berlino sull’Europa, e comincia ad esercitarlo con brutalità tedesca.

Va notato che una proposta, avanzata dall’Olanda, di trasferire il potere d’intervento e d’intrusione nei bilanci preventivi nazionali ad un “Commissario europeo alla stabilità” è stata rigettata da Berlino. Il motivo è perfino stato enunciato: la misura non esclude con certezza formale che il suddetto Commissario compia un intervento anche sui bilanci tedeschi, e l’autonomia bugettaria del Bundestag non tollera interferenze. Gli altri sì, la Germania no.

Altra annotazione: all’Euro Crisi Summit i paesi non dell’area euro (Gran Bretagna e Polonia) sono stati lasciati fuori dalla porta per volontà di Berlino, esclusi dalle decisioni. Non piangeremo per costoro, ma la cosa segnala un’altra prova di egemonia tedesca (la giustificazione data è stata: dell’euro non si occupino gli stati che non hanno adottato la moneta comune), e il preludio ad una Europa a due velocità che forse è il progetto finale della Repubblica Federale. Naturalmente scongiurando il pericolo che i paesi del secondo cerchio si disimpegnino, il che danneggerebbe le esportazioni tedesche. L’Italia lo sa bene, visto che ha perso grosse quote di mercato a favore delle industrie concorrenti germaniche, e il suo lavoro ha perso il 40 per cento in produttività rispetto a quello tedesco, per il solo fatto di essere nel marco, pardon euro.

Il Frankfurter Allgemeine Zeitung ha accolto i risultati del summit con espressioni di esultante sciovinismo. Gongolando per il fatto che “i negoziati sono stati tolti dalle mani” dei “greci”, e che sarà assicurata una “presenza permanente della Troika (UE; FMI e BCE) nel paese per assicurarsi che i greci riformino realmente il loro paese”.

Il principale periodico germanico per gli affari esteri, Internationale Politik, aveva già salutato in Angela Merkel “il Cancelliere dellla UE”, capace di assumersi “l’autorità di imporre linee-guida” al “circolo dei 27 capi di stato e di governo”. In questa nuova realtà, diceva il periodico, nel governo europeo è Berlino ad “assegnare le poltrone”. Sarkozy ha “certamente il ruolo di vice-cancelliere”, che può prendere iniziative ma “in caso di conflitto, può essere sempre messo in riga dal cancelliere”. Il presidente del consiglio europeo, il nullifico Herman van Rompuy, veniva definito “capo della cancelleria federale” che deve “cercare un bilanciamento tra i vari campi” e “perciò corre il rischio (…) di essere rudemente corretto dal capo del governo o dal suo vice”.

(Andreas Rinke: Die EU-Kanzlerin. Angela Merkel überträgt ihren Regierungsstil auf die europäische Ebene; www.internationalepolitik.de 21.01.2011)

A noi italiani, la culona (inchiavabile) ha ordinato tagli, tagli, austerità e austerità, rigore e rigore ordine che sarà eseguito dal governo italiano – qualunque sia di larghe intese o dei tecnici. Naturalmente i politici italiani non taglieranno i propri privilegi, nè si conterranno in una nuova austerità: i ricchi di stato ci resteranno sul collo, mentre il rigore ci porta via ogni possibilità di crescita, e allontana ogni capacità di servire il debito….Stando così le cose, perchè non li lasciamo a casa e preghiamo Angela di mandarci a governarci direttamente i suoi curatori fallimentari? Almeno tutto sarebbe più chiaro, e risparmieremmo pure.

Maurizio Blondet
Fonte: www.rischiocalcolato.it
Link: http://www.rischiocalcolato.it/2011/11/come-ci-governera-lfmi.html
7.11.2011

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