COCA COLA: SI CONOSCE QUELLO CHE SI BEVE?

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DI CARLA DAVICO
Rebelion

La Coca Cola è la bibita più conosciuta nel mondo, il prodotto più capillarmente distribuito nel pianeta e acquistabile attualmente in 232 paesi, molti di più delle nazioni che formano l’Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU).

Nel 1886 il farmacista John Pemberton creò la formula della Coca Cola fidandosi del successo del famoso vino Mariani, una bevanda alcolica corroborante a base di vino e foglie di coca macerate, formulata dal chimico italiano Angelo Mariani.

In seguito, i fratelli Cadler comprarono la bevanda al farmacista e furono loro ad iniziare l’intensa campagna pubblicitaria che fece diventare la Compagnia in quello che è attualmente. Tuttavia agli esordi, la Coca Cola fu presentata commercialmente come “un tonico efficace per il cervello e i nervi”. Si dice che un giorno si presentò un uomo con un forte mal di testa nella farmacia di Jacob, dove si vendeva l’estratto di Coca mischiato all’acqua, che volle, invece dell’acqua, aggiungere soda. L’uomo vuotò il bicchiere e così nacque la Coca Cola con le bollicine tale e quale la conosciamo oggi.

Divenne il fornitore ufficiale di bibite dell’esercito statunitense nella seconda guerra mondiale e fu grazie all’appoggio di questo governo che poté espandersi in tutto il mondo.

La Coca Cola internazionale è un’azienda significativa non solo dell’imperialismo yanki, ma anche di qualcosa di più profondo ed efficace nel dominio culturale che esercita su gran parte del mondo.
Composizione, effetti e conseguenze

Nel 1902 il Dr. Charles Crampton [1] analizzò diversi campioni della bibita imbottigliata dove trovò tracce di cocaina e alcol, così come dichiarò nel suo rapporto al Dipartimento dell’Agricoltura degli Stati Uniti. In base ai risultati di queste scoperte il dottor Harvery Washington [2] stabilì che la Coca fosse considerata come droga e classificata come “veleno per il suo alto contenuto di caffeina”. Tuttavia, la suprema corte degli Stati Uniti si pronunciò a favore della multinazionale e questa dovette presentare solo l’analisi chimica della sua formula, durante il giudizio.

Secondo la AMEDEC [3], la bibita Cola “costituisce la più grave distorsione delle nostre abitudini alimentari, anche perché induce a ingerire calorie vuote, cioè con zero proteine, vitamine e sali minerali”.

Il 10% di ogni bottiglia dà la sensazione di energia, tuttavia non si può dire che la Coca Cola sia una bibita nutriente, è lo zucchero più che la caffeina ciò che produce l’assuefazione; ricevendo cinque cucchiaiate di zucchero in una sorsata di bibita, il pancreas deve secernere molta insulina nel sangue per contrastare questo feroce attacco, l’ironico risultato è un drastico abbassamento del livello di zucchero nel sangue, seguito dalla necessità di ancora più zucchero.

Allo stesso tempo, la caffeina, estratta dalla noce di cola, è uno stimolante del sistema nervoso che produce sensazioni aggravanti, e se si ingerisce in quantità elevata può produrre insonnia, tachicardia, mal di testa e ansia.

La grande quantità di zucchero unita all’acido fosforico altera l’equilibrio del calcio e del fosforo nel corpo e impedisce il normale assorbimento del ferro, che produce malnutrizione e anemia.

L’OMS [4] ha tentato di informare sui pericoli dell’uso eccessivo di zucchero. Le grandi multinazionali legate allo zucchero hanno tentato di impedire la pubblicazione del documento; la Coca Cola minacciò facendo pressioni sul Congresso statunitense per far cessare i sussidi all’OMS se questa non avesse ritirato il documento.

Gli zuccheri che la bibita contiene, gradualmente, fanno sparire lo smalto dei denti, indebolendoli e producendo carie ma non solo, gli zuccheri che l’organismo non arriva ad assimilare si trasformano in grassi producendo come possibile conseguenza soprappeso e anche problemi di obesità.

Nel caso della Coca Light, esistono studi che indicano come il consumo dei surrogati dello zucchero in grandi quantità produce danni cerebrali, perdita della memoria e confusione mentale, dato che l’aspartame è una sostanza che provoca queste disfunzioni.

L’anno scorso, ci fu un test all’università di Delhi: “Chi può bere più Coca Cola?”. Il vincitore si scolò 8 bottiglie e morì all’istante in quanto aveva molta anidride carbonica nel sangue e non sufficiente ossigeno. Da allora, il direttore dell’università ha proibito tutte le bibite.

Marketing

Quasi nessuno lo ricorda, ma Babbo Natale si rappresentava con i colori verde, azzurro, nero e giallo. La riscoperta di Santa Claus fu di Houddon Sundblom di origine svedese, che per diversi anni fu disegnatore della multinazionale, anche se non apprezzava la bibita. Allo svedese venne in mente di rappresentare il personaggio come un vecchio gioviale e simpatico, ma con qualcosa di speciale: i colori del marchio Coca-Cola.

La sua strategia di vendita e l’enorme pubblicità usata sono alcuni dei motivi che rendono più facile incontrare una Coca nel più sperduto e povero villaggio del mondo, che un pò d’acqua. Nella storia, questa è l’azienda che ha speso maggiormente in pubblicità.

Grazie a questo investimento pubblicitario ha ottenuto che l’immaginario collettivo associ la Coca Cola a tutta una serie di valori positivi: amicizia, amore, solidarietà, cooperazione.

Inoltre, secondo quanto dicono i suoi annunci, questa bibita è la migliore che placa la sete e costituisce un elemento essenziale per la pratica sportiva. Gli annunci spettacolari diventano più aggressivi e insultanti. La Coca non toglie solo le incrostazioni e l’ossido dai metalli e bulloni, ma ti toglie anche la bruttezza. Tra le leggende di questi grandi annunci: “Non essere brutto, hai personalità. Prendi il bello, Coca-Cola”.

Perciò, davanti alla quantità di cose che possono accadere nel prendere una lattina di bibita, che importa la formula segreta di questa bevanda? Il mito della composizione chimica della Coca non si considera, dato che il potere di questo marchio è giustamente in tutto ciò che le viene associato e non fisicamente nel prodotto.

Indifferenza

D’altronde, la multinazionale è stata oggetto di indagini da parte di diverse organizzazioni e movimenti sociali di vari paesi che si sono soffermate soprattutto su alcuni impatti: la contaminazione, la distruzione delle falde acquifere e i maltrattamenti dei dipendenti.

Come hanno accertato diverse organizzazioni, la multinazionale vanta una lunga storia di repressione contro sindacalisti in Turchia, Pakistan, Guatemala, Nicaragua, Russia e Colombia. Esattamente il caso delle violazioni dei diritti umani della Coca in Colombia è stato giudicato in sede di tribunale permanente dei popoli. In questa udienza sono stati presentati abbondanti dati e documenti che mettono in relazione la multinazionale statunitense con molestie e intimidazioni ai suoi dipendenti, così come con l’assassinio di nove sindacalisti”. (Pietro Ramiro, La Coca è così, http://www.omal.info/www/artiche.php3?id_artiche=222&var_recherche=coca+cola)

Le accuse alla multinazionale per danni alle falde acquifere di diverse comunità provengono principalmente dall’India.

Attualmente si calcola che la Coca-Cola possegga 1.145 stabilimenti d’imbottigliamento in tutto il mondo.

Il marchio chiede abbondante quantità d’acqua per le sue attività, per cui ha bisogno di controllare le sorgenti. La conseguenza è che sta prosciugando alcune comunità e contaminando i sistemi acquiferi e i campi coltivabili con la creazione di residui tossici.

Ogni fabbrica di Coca consuma 1-2 milioni di litri d’acqua al giorno, questa quantità coprirebbe il fabbisogno di acqua potabile di milioni di persone. La Coca ha bisogno di quasi 4 litri d’acqua pulita per produrre un litro del suo prodotto, perciò la multinazionale trasforma il 75 % dell’acqua pura che usa in acqua di rifiuto, la quale a sua volta contamina la scarsa acqua che resta nel sottosuolo e nella terra. Tutto il ciclo produttivo della Coca dal prelievo dell’acqua fino alla commercializzazione dei suoi prodotti, contaminato dai pesticidi, è pieno di problemi.

In Messico, le fabbriche della multinazionale non pagano l’acqua che consumano, grazie a concessioni governative.

La Coca-Cola ha immesso nel mercato britannico la marca d’acqua imbottigliata “da sani”.

Nel 2004, l’azienda statunitense “riconobbe che ciò che questo marchio vende è in realtà acqua comune e corrente da rubinetto(…)”. L’acqua del suo marchio Desani esce dal sistema d’acqua potabile nazionale di Londra “arriva di fatto alla fabbrica di Coca a Sidcup per mezzo dei tubi del Thames Water (Acqua del Tamigi)” che è la compagnia britannica del servizio dell’acqua potabile.

Non basta, si evidenziò che l’acqua imbottigliata aveva livelli di bromato maggiori di quelli legali in Gran Bretagna. Anche se la Coca-Cola promise una maggiore purezza dell’acqua Dasani, alla fine dovette ritirare quella sua marchio dal mercato.

Tutte queste attività hanno provocato l’attivazione di diverse campagne contro l’impresa multinazionale. Un chiaro esempio di ciò è che il Foro Sociale Mondiale di Porto Alegre definì il 22 di luglio come il Giorno Internazionale contro la Coca-Cola. Inoltre esistono diversi processi di boicottaggio contro la multinazionale in molti paesi del mondo. Ma l’azienda non può sopportare che si danneggi la sua principale attività, e perciò ha messo in moto tutta una strategia di contro-pubblicità, contrapposta al moltiplicarsi di campagne che criticano la sua pubblicità e la confrontano con la realtà degli impatti dell’azienda, creando una pagina web ( www.killercoke.com) dove spiega tutti i suoi effetti positivi.

Attenzione!

Il fiume è per gli indigeni ciò che l’acqua è per la Coca-Cola…

Se si mettesse tutta la Coca-Cola finora prodotta in bottiglie normali e le si mettesse una dietro l’altra, si otterrebbe 1045 volte il percorso di andata e ritorno fino alla luna, cioè un viaggio quotidiano per più di due anni.

Ogni giorno, inconsapevolmente, e per l’atteggiamento del consumatore, si orientano le scelte della commercializzazione verso le multinazionali, tuttavia, la possibilità che queste azioni si trasformino in scelte dipende alla quantità e dalla qualità dell’informazione che circola su questo prodotto. Ma si deve consumare criticamente essendo questo un gesto politico quotidiano.

Se si ha il diritto di scegliere ciò che consumiamo, perché lasciare che questo multimiliardario monopolio decida sulla salute e sulla dignità della vita, senza che nessuno gli abbia mai esplicitamente conferito questo potere?

Carla Davico Laureanda in Biodiversità – UNL –FHUC

Fonte: www.rebelion.org
Link: http://www.rebelion.org/noticia.php?id=58193
28.10.07

Note:

[1] Ingegnere chimico del governo statunitense.

[2] Dirigente di chimica del dipartimento dell’agricoltura.

[3] Associazione Messicana di Studi per la Difesa del Consumatore.

[4] Organizzazione Mondiale della Salute.

Traduzione per www.comedonchisciotte.org di GIAN PAOLO MARCIALIS

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