Ci sarà una base militare americana in Uzbekistan?

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di Vladimir Kudryatsev

fondsk.ru

 

Proseguono le manovre geopolitiche intorno all’Afghanistan, sempre più gravi dal punto di vista della possibilità di un’altra grande destabilizzazione della situazione. Che non si tratti di chiacchiere vuote è dimostrato dalle dichiarazioni del presidente russo Vladimir Putin, che ha affermato: “Secondo i nostri dati, solo il numero dei membri dell’ISIS nel Nord dell’Afghanistan è di circa duemila persone. I loro capi stanno covando piani per estendere la loro influenza negli stati dell’Asia Centrale e nelle regioni russe, scommettendo sulla riaccensione di conflitti etno-confessionali e sull’odio religioso. I terroristi si sforzano di penetrare nel territorio della Comunità degli Stati Indipendenti, anche fingendosi rifugiati”[1]. E, secondo il capo della Federazione Russa, in Afghanistan provengono dalla Siria e dall’Iraq.

In altre parole, sta crescendo la probabilità di un tentativo di attacco armato su larga scala da parte di miliziani afgani contro un qualche paese dell’Asia Centrale. Ed è importante che si parli non dei “talebani” banditi in Russia, ma dei terroristi del gruppo dello Stato Islamico sopravissuti in Siria e in Iraq, a loro volta banditi in Russia, e di altri gruppi non meno radicali. Ora confluiscono dove per loro c’è più spazio. Ci sono buone ragioni per ritenere che la loro migrazione stia avvenendo non senza l’aiuto di certe forze degli Stati Uniti, che mirano a destabilizzare la Russia (attraverso l’Asia Centrale), la Cina, l’Iran e lo stesso Afghanistan (è difficile immaginare che i grandi attacchi terroristici che lì di recente hanno iniziato ad accadere siano semplicemente casuali). Perciò per controllare in modo più efficace ciò che sta accadendo in Afghanistan, gli americani non abbandonano i loro tentativi di stabilirsi nelle vicinanze.

La testata “Politico”[2] ha riferito che si sta valutando la possibilità di schierare forze antiterroristiche statunitensi in Uzbekistan. Questo paese non è stato scelto da Washington per caso. In primo luogo, con il Pakistan da tempo l’America ha relazioni che non sono tra le migliori, il che significa che rimane solo l’Asia Centrale. In secondo luogo, l’Uzbekistan non è nel CSTO (Collective Security Treaty Organization – Organizatsiya Dogovora o Kollektivnoj Bezopasnosti ndr.) e recentemente il ministro degli Esteri del paese (Abdulaziz Kamilov ndr.) ha affermato che Tashkent non ha intenzione di rinnovare la sua adesione a tale organizzazione. In terzo luogo, l’Uzbekistan è un paese geograficamente centrale nell’Asia Centrale, quindi che sia questa presenza, o un’altra, consentirà d’influenzare non solo l’Afghanistan.

L’esercito americano potrebbe quindi ritornare in Uzbekistan? Da un lato, lo stesso capo del ministero degli Esteri uzbeko ha dichiarato: “Questo problema non viene sollevato e non viene discusso”[3]. Lo stesso afferma il ministero della Difesa di Tashkent. Anche il ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov ha puntualizzato: “Tutti i nostri amici dell’Asia Centrale dicono che non vogliono questo tipo di visite dagli Stati Uniti o da altri paesi della NATO”[4]. D’altra parte, però, tutto può essere promesso (soprattutto in Asia). E i lunghi giochi del Kirghizistan con la base militare americana all’aeroporto di Manas (che venne presentata come un Centro di transito della U. S. Air Force) durante il periodo del presidente Kurmanbek Bakiyev mostrano che quando c’è la voglia si può sempre farla franca, e il fatto che l’Uzbekistan stia fuori dall’appartenenza al CSTO concede al paese un ulteriore campo di manovra.

Nonostante ciò, ad agosto si sono svolte grandi esercitazioni congiunte di Uzbekistan, Russia e Tagikistan (Tashkent, di fatto, è presente nel sistema di sicurezza comune, per non parlare della cooperazione nell’ambito della CSI e della SCO[Shanghai Cooperation Organization – Shankhajskaya Organizatsiya Sotrudnichestva ndr.]). Inoltre, il viceministro degli Esteri russo Sergej Ryabkov, a seguito di un incontro con il vicesegretario di Stato americano Victoria Nuland, ha affermato che la Russia non ammetterà la presenza militare americana in Asia Centrale (è difficile immaginare un segnale più chiaro, sia per l’America, sia per i paesi della regione). In terzo luogo, dove c’è il bastone, c’è la carota: recentemente, la Russia ha permesso l’ingresso a 158 mila cittadini dell’Uzbekistan, ai quali in precedenza era stato vietato (se necessario, può fare il contrario).

Infine, se l’Uzbekistan non ascolterà la Russia, la stessa cosa gli verrà riservata in maniera comprensibile dalla Cina, che intraprende azioni economiche dolorose se i partner ignorano i suoi interessi strategici (a proposito, negli ultimi tre anni, la Cina ha mantenuto il primo posto nel commercio estero con l’Uzbekistan).

In ultima analisi, è valido dar credito al capo del ministero degli Esteri dell’Uzbekistan, dato che lì, a quanto pare, capiscono che una stretta cooperazione politico-militare con gli Stati Uniti ha molti più svantaggi di politica estera e rischi economici che vantaggi (Mosca e Pechino non staranno a guardare). E la lezione della rivolta di Andijan[5], alla quale gli americani avrebbero potuto porre mano (non invano Islam Karimov li espulse subito dopo dalla base militare di Khanabad) è difficile da dimenticare.

Generalizzando, possiamo dire che il “reinsediamento” di islamisti radicali in Afghanistan (che è molto simile a un trasferimento pianificato), i grandi attacchi terroristici in territorio afghano e le avances di Washington con Tashkent[6]confermano l’ipotesi che nonostante gli americani abbiano lasciato l’Afghanistan, desiderano trasformarlo in una testa di ponte per destabilizzare i paesi vicini. E per controllare meglio il processo si sforzano, con qualsiasi pretesto, d’introdursi in almeno uno dei paesi dell’Asia Centrale. Sul posto i soldi facili sono ben visti, ma, molto probabilmente, capiscono che le relazioni con Russia e Cina sono più importanti, poiché la risposta economica (ad esempio attraverso la sfera migratoria) sarà molto più efficace e in caso di tentativo di sfondamento di miliziani dall’Afghanistan, ad aiutare ci saranno i russi e non i soldati americani.

In conclusione, vorrei attirare l’attenzione su una tendenza pericolosa. Coloro che seguono da vicino lo spazio informativo russo non hanno potuto fare a meno di notare che recentemente su di esso ha iniziato ad apparire materiale su manifestazioni del nazionalismo anti-russo nei paesi dell’Asia Centrale (Kazakistan, Uzbekistan). Questo, ovviamente, provoca indignazione tra i cittadini russi. Tuttavia, nonostante il fatto che in Asia Centrale, questi problemi ci siano davvero e che le autorità stiano flirtando coi nazionalisti, sarebbe comunque sbagliato credere che la russofobia nelle repubbliche della regione sia allo stesso livello dell’Ucraina o dei Paesi Baltici.

Di conseguenza, vale la pena considerare: non può essere che qualcuno abbia lanciato di proposito questa campagna d’informazione per coinvolgere la Russia con i suoi alleati dell’Asia Centrale? Dopotutto, se non c’è unità, sarà più difficile far fronte alla minaccia dall’Afghanistan.

Vladimir Kudryatsev

 

Note:

[1] http://kremlin.ru/events/president/news/66937

[2] https://www.politico.com/newsletters/national-security-daily/2021/10/13/congress-is-full-of-uzbekistan-stans-494691

[3] https://tass.ru/mezhdunarodnaya-panorama/12661241

[4] https://www.kommersant.ru/doc/5030718

[5] Il 13 maggio 2005 una manifestazione di massa esplose nella città orientale di Andijan, raccogliendo le tensioni dovute alla crescente povertà e alla repressione del governo. Secondo le fonti ufficiali, i manifestanti avevano attaccato armati gli edifici governativi e la prigione. Le truppe uzbeke sono intervenute a sedare la rivolta, provocando secondo le fonti ufficiali 187 morti (ndr.).

[6]https://www.fondsk.ru/news/2021/04/21/chto-zadumali-us-v-afganistane-53425.html

 

Fonte: https://www.fondsk.ru/news/2021/10/18/budet-li-voennaja-baza-ssha-v-uzbekistane-54704.html

Traduzione di Eliseo Bertolasi

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