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DI GIANFRANCO LA GRASSA
conflittiestrategie.it

1. Interrompo momentaneamente un altro scritto più complessivo perché ritengo questo (il caso Napolitano appena scoppiato) un evento da mettere in rilievo pur se passerà in questo paese di Pulcinella non proprio come una meteora, ma probabilmente senza l’attenzione che merita. Intanto diciamo subito che questo blog aveva subito afferrato il senso di quanto si era svolto in quei mesi del 2011 (non nei particolari, ma nelle tendenze generali) per dare il via al governo Monti, passato come quello dei “tecnici”, mentre era un governo di dissesto nazionale atto a preparare la svolta che stenta a verificarsi ed è ormai in ritardo. Abbiamo subito detto che lo spread era un’indegna bufala, alla quale ha fatto finta di credere l’intero quadro politico di “sinistra” e di “destra”. Inutile che adesso quest’ultima sollevi scandalo; solo dopo un anno ha cominciato a sostenere che lo spread era una scusa, ma lo ha detto ancora in sordina. Adesso si scatena. Intanto, però, il suo leader è stato acquiescente, ha brontolato, elevato qualche protesta, ma in definitiva ha accettato tutto quello che gli veniva inflitto, ma soprattutto veniva inflitto al paese (lui ha ancora meno di quello che si merita per la sua vergognosa e vile complicità).Intanto diciamo che quella di Monti non è la peggiore fra le mosse compiute dal presdelarep. Quando la Nato (su input americano e tramite l’uso iniziale dei sicari francesi e inglesi poi seguiti da altri, fra cui gli ignobili italiani con al governo ancora Berlusconi) aggredì la Libia, Napolitano disse subito, per mettere termine a qualche esitazione, che dovevamo agire da fedeli alleati con la Nato. Già mostrava dunque da chi fosse “consigliato”; inutile gridare adesso al suo Alto Tradimento nei confronti del paese, soggiacendo a pressioni straniere. Allora ci furono ordini perentori di aggredire un paese indipendente, che aveva con noi importanti accordi di tutti i generi (economici, politici, ecc.). La destra berlusconiana, quindi, non protesti troppo: ha accettato aggressione e tradimento, ha accettato lo spread, ha accettato che iniziasse la pantomima atta a sostituire, quale longa manus degli Usa (obamiani), la “sinistra” piciista, scelta vent’anni fa tramite “mani pulite” per guidare il paese alla più perfetta delle servitù allo straniero (Usa). Una scelta rivelatasi infelice anche per tale paese guida e quindi da superare con quella non più ex piciista che viene avanti con Renzi, ecc. (ma per questo rinvio allo scritto che ho interrotto momentaneamente). In ogni caso, la pantomima è condotta con la piena complicità del nanerottolo (politico) della “destra”, pur se con qualche soprassalto di fronte a momenti di disorientamento dei suoi seguaci, molti dei quali all’oscuro delle sue probabili trame proprio con il presdelarep e altri del genere.

Interessante è stato constatare che il siluro a Napolitano proviene proprio da “sinistra”. Si poteva pensare a coloro che stanno perdendo il controllo del Pd, agli ex piciisti. In realtà, proviene da altri lidi; e sembra che il siluro non sia sgradito nemmeno agli ambienti statunitensi (sempre obamiani perché sono questi ad avere la massima presa oggi in Italia). Tuttavia, starei attento a sostenere che la manovra parte proprio dalle principali centrali strategiche Usa. E ancor più la smetterei di semplificarsi i compiti gridando ai “poteri forti” che abbandonano Napolitano, ai potentati finanziari che hanno interesse a succhiare tutto quanto possono della “ricchezza” italiana, ecc. Bisogna rifarsi al duro richiamo e quasi grido d’allarme di Squinzi. Si è avvertito che una transizione così lunga e scombiccherata, con ormai due governi di dissesto del paese, rischia di creare problemi gravi per una possibile ripresina; ma soprattutto può provocare sconquassi in larga parte del ceto medio e piccolo-imprenditoriale e in altri ceti medi di servizio a questo collegati. Nel mentre anche i sindacati ormai sono largamente inefficienti pur controllando ancora abbastanza (ma per quanto?) i loro beoti iscritti. Più ancora che Grillo, sono stati i forconi (pur da considerarsi falliti come movimento) a far capire che non bisogna tendere troppo la corda.

Napolitano non ha affatto agito per conto proprio e nemmeno ha agito stupidamente. Nei vent’anni di demenziale antiberlusconismo – portato avanti da puri e semplici rinnegati di ogni risma, privi quindi di qualsiasi carisma e di ogni pur minima convinzione nelle schifose azioni che stavano compiendo – si è andando consolidando quel “ceto medio semicolto” di cui parlo spesso, palla di piombo al piede per ogni rinnovamento del paese. A meno che non si creda che il rinnovamento passi per le quote rosa, la scelta di donne politicanti carine alla guisa delle veline di Striscia la notizia; che passi per i gay pride e per tutta una scelta di “progressismo”, che a mio avviso non va combattuto ma semplicemente preso per una coreografia senza farne il fulcro di un’azione (a)politica, incapace invece di imprimere una qualsiasi spinta alla crescita economica e all’autentico mutamento sociale.

Tale ceto di poveri illusi – vero decadimento intellettivo di ciò che si mosse, magari a vanvera ma con minore demenza, negli anni ’70-’80 – porta molti voti alla “sinistra”, seguendo tuttavia quelli che ho sopra indicato quali rinnegati di ogni risma. La transizione verso personaggi alla Renzi e simili comporta il rischio di perdere molti voti e favorire Berlusconi o, se anche quest’ultimo perdesse presa, altre “avventure”. In definitiva, la transizione così lunga, e con Berlusconi bombardato ma sempre tenuto sufficientemente in piedi, dovrebbe servire a convincere i semicolti a non abbandonare il Pd pur dotato d’altro quadro dirigente (non più ex piciista); se non altro per non riportare in sella l’odiato cavaliere. Un’operazione che ha proceduto quindi con mille equilibrismi, diecimila volteggiamenti poco comprensibili, disagio crescente, ingrippamento dell’economia, disaffezione totale alla politica.

Qualcuno adesso vorrebbe dare la sveglia e urlare che bisogna far presto. D’altra parte, si può cambiare Letta con Renzi ancora una volta senza alcuna elezione? Rischioso per la disistima crescente che avvolge la cosiddetta Casta. Ma andare ad elezioni significa, allo stato attuale, poter far vincere la “destra”. Probabilmente, si attuerà la “staffetta” cercando di non tirare oltre il 2015; in definitiva, il Pd resta ancora il primo partito, e la “destra” è in vantaggio nei sondaggi ma anche con l’aggiunta di gruppuscoli (come quelli di Alfano, ecc.) che non si sa quante garanzie diano di non ribaltare ancora i risultati del voto. Tuttavia, sembra ricresciuto il movimento “5 stelle”; e senz’altro anche questo è elemento da tenere in considerazione, pur se già si è visto che anche al suo interno si possono verificare tanti balletti e confusioni.
In definitiva, la vicenda Napolitano sembra al momento un bel “ceffone” dato per dire: fate presto perché veramente la corda è tesa al massimo. Tuttavia, dopo tante urla, la destra berlusconiana (F.I.) pare intenzionata a non insistere sull’impeachment. Resterà senz’altro un ulteriore disgusto per i politicanti. Tuttavia, non appena conclusa la transizione, Napolitano probabilmente si dimetterà; se non subito (può essere che occorrano dei ritocchi e magari la sua presenza, sempre gradita a dati ambienti statunitensi, sarà ancora ritenuta utile), non oltre le nuove elezioni, che non dovrebbero essere ritardate, appunto, oltre il 2015.

Adesso non mi dilungo qui in considerazioni circa il carattere di quella che viene definita democrazia. Tanto, al momento siamo ancora tutti “americani”. E la “democrazia” negli Stati Uniti è stata talmente ben descritta proprio da loro stessi, quanto meno dal loro cinema, che se qualcuno ha ancora voglia di nutrire illusioni, perché togliergliele? Lasciate pure che il popolo creda (o meglio ri-creda, perché adesso……) di decidere le sue sorti con le urne. Se per caso, in un domani più fortunato, a causa di disagi e disaffezioni crescenti di fronte agli attuali decerebrati, dovesse esserci un vero ricambio con l’affermarsi di gruppi dirigenti minimamente capaci e convinti delle loro azioni – in quanto più incisive nel conciliare i loro interessi con quelli della maggioranza della popolazione – è molto utile che tali nuovi gruppi siano legittimati dalla credenza popolare nelle “elezzioni”. Come diceva il Nerone di Petrolini (cito all’incirca): “quando dici al popolo le belle paroline, lui si affeziona”. E chi volesse infine far uscire questo benedetto paese dalla sua abiezione attuale, ha bisogno che il popolo “si affezioni”; e sembra che il voto sia l’inoculazione (quanto meno sotto cute) di questo “positivo” sentimento.

2. Riporto:

http://www.ilgiornale.it/news/interni/quellombra-bruxelles-dietro-risiko-quirinale-991114.html

A me sembra che non vi sia da molte altre parti una descrizione abbastanza precisa come questa dei vari passaggi dell’attuale vicenda. Tuttavia, riporto l’articolo soprattutto per sottolineare alcuni punti.

Intanto, finalmente si cita anche Obama tra chi ha ordito il sedicente complotto. Sappiamo che non era tale, sappiamo che tutti i protagonisti, anche quello apparentemente oggetto dello stesso (Berlusconi), erano al corrente dell’operazione. Comunque, almeno si dice che tale operazione vedeva implicato anche il rappresentante degli Usa. Si scrive Obama e Merkel. Errore: il padrone non è alleato con il maggiordomo, gli ordina quello che deve fare. Comunque, tra chi vede quale principale nemico nostro la Germania e chi almeno ricorda che ci sono pure gli Stati Uniti, mi sembra evidente che sia più perspicuo quest’ultimo. Poi, dopo tutte le litanie (soprattutto proprio de “Il Giornale”, forse ancor più che dei giornali di “sinistra”) su quanto è buono e bravo “Supermario” (Draghi), sapere che egli, assieme al suo predecessore, è uno dei principali responsabili del sedicente complotto è molto “riposante”.

Un inciso del quotidiano mi ha molto divertito perché senza volerlo è tanto significativo e carico di storia. Ricorda che una riunione importante di banchieri (con a capo l’Intesa) si svolse il 25 luglio 2011; e si parla di “data evocativa, ecc. ecc.”. In effetti anche nel ’43 su quella riunione estiva aleggiava la “famiglia” Savoia. Anche quella volta, dietro ai cosiddetti “congiurati” vi erano pezzi importanti dell’industria (“privata”) italiana, perché ben si conoscono le simpatie filo-americane della principale nostra industria avente tale caratterizzazione proprietaria e il fatto che intrattenne rapporti con gli Alleati anche durante la guerra. Quella riunione inoltre non era altro che preparatoria, in definitiva, dell’8 settembre, dove – dopo aver trattato tutta l’estate per cambiare campo e passare per “vincitori” nella guerra in corso – una bella quota di fascistoni pretese di diventare la guida dell’antifascismo. E’ appunto quello che chiamo “antifascismo del tradimento” che poi, negli anni ’70, concluse la vergognosa operazione (un episodio della quale fu la fondazione di “Repubblica”) di riduzione della Resistenza a mera “liberazione dalla dittatura” e conquista della “democrazia” (ecco ancora il Nerone di Petrolini in azione verso il “poppolo”). E furono sempre gli stessi protagonisti di allora (con qualche mutamento se non altro perché Signora Morte ha talvolta qualche merito): i già fascistoni cambiatisi di casacca e i soliti industriali “privati”.

Ma c’è di più. Altri traditori si presentarono al nuovo appuntamento con la “storia” (quella con la “s” minuscola, microscopica): i vertici del Pci, mutati soprattutto nel 1972 e che prepararono il viaggio del loro “ambasciatore segreto” negli Usa sei anni dopo. Avvenne anche allora un cambio di casacca; ma essendo una “guerra fredda” e non “calda”, il cambio avvenne in tempi assai più lunghi. Le caratteristiche furono certamente diverse, ma sempre nell’ambito di ciò che ho scritto in un mio libro: “Tutto torna ma diverso”; e ricordando inoltre la famosa massima che la “seconda volta la storia si ripete in farsa”. Cosa intendo dire?

Nel 1945 i falsi vincitori della guerra, i già fascistoni diventati antifascisti, se la presero in saccoccia dai democristiani – favoriti dal cedimento, peraltro giustificato dati i rapporti di forza internazionali, dei piciisti con Togliatti e la svolta di Salerno – i quali si impossessarono dell’industria “statale” (IRI), rafforzandola inoltre con Finmeccanica (1948), Eni (1953) ed Enel (1962). Essi garantirono che il passaggio dalla monarchia alla Repubblica avvenisse con una continuità di dipendenza dagli Stati Uniti, che infatti appoggiarono, nel referendum del ’46, la Repubblica, mentre gli inglesi (ormai divenuti potenza minore) avrebbero preferito la monarchia. Oggi, in tono minore e meno drammatico e viscerale, si ripete la “storia”. Gli antifascisti del tradimento (repubblicani certo), la cui ossatura fu infine costituita dai rinnegati del piciismo (e dagli altri cialtroni opportunisti dell’ultrarivoluzionarismo sessantottardo), pretesero di rappresentare la “nouvelle vague” filo-statunitense innescata dalla ben nota operazione giudiziaria del ’92-’93.

Essi iniziarono lo smantellamento dell’industria “pubblica” e si misero a cantare le lodi di quella “privata” a partire dalla Fiat della “qualità totale”. Furono appoggiati da questi settori industriali e iniziarono a svendere i settori “pubblici” (con funzione precipua di Prodi all’IRI, di D’Alema al governo nel ’99 con l’appoggio dell’ineffabile Draghi, allora Direttore generale del Tesoro, ecc.). Trovarono opposizione – ma solo per motivi personali e di stupidità degli Agnelli, De Benedetti, ecc. che lo provocarono – in Berlusconi; e mostrarono una invereconda incapacità, solo pari a quella dei Savoia (e Badoglio), nel riuscire a diventare i veri paladini degli Usa. Così essi oggi pagano la loro miseria, politica e culturale (il “progressismo” d’accatto), con il progetto di sostituzione da parte dei “renziani”. Anche questi del tutto filoamericani; e per di più appoggiati dalla GFeID (grande finanza e industria decotta di proprietà “privata”). E tale “nuova sinistra” (pagliaccesca) ha bisogno di una benevola attenzione da parte dei “destri” berlusconiani; altrimenti, talmente miserabili e solo furbastri sono questi “sinistri” che sono capaci di perdere le elezioni (come Occhetto & C. nel 1994), mentre Berlusconi ha il terrore di vincerle.

Beh, qualcosa da ridere c’è, ma molto da piangere. Siamo all’osso, la miserabilità di questa Italietta non era forse mai giunta a simili punti. Adesso, vediamo a che svolta sono in grado di prepararci.

Ganfranco La Grassa

Fonte: www.conflittiestrategie.it

Link: http://www.conflittiestrategie.it/chiaro-nevvero-di-glg-11-febbraio-14

11.02.2014

 

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